Luciano Radi, 1. L’omaggio con una sua opera, l’incontro tra “Francesco e il Sultano” 800 anni fa

di Romano Maria Levante

Il 30 maggio 2019 si è tenuto il convegno “Luciano Radi studioso, a cinque anni dalla scomparsa”, nel corso del quale è stato presentato il suo libro del 2006, “Francesco e il Sultano”, insieme al suo profilo “Luciano Radi, protagonista e testimone del nostro tempo”, a Foligno, la sua città che ha rappresentato in Parlamento per 35 anni, in una vita da protagonista che ha voluto anche testimoniare con una intensa attività pubblicistica. La manifestazione si è svolta al Palazzo Giusti Orfini, relatori i docenti dell’Università di Perugia, moderatore  Stefano Brufani,  Mario Tosti per la figura di Luciano Radi e,  per il suo libro, Maria Grazia Nico,  su Riforma e Crociate, inoltre frate Felice  Autieri , storico, sull’incontro tra san Francesco e il Sultano; in conclusione momento musicale di “Assisi Suono Sacro”, al flauto  Andrea Ceccomori, preceduto dalle riflessioni di Katia Ciancabilla sul mondo islamico. La sala affrescata del Palazzo, sede degli incontri di “Nemetria”, affollatissima, con la figlia Chiara cui va il merito dell’organizzazione e gli altri familiari. Inoltre  una serie di presenze illustri, il Sindaco di Perugia Andrea Romizi e il Rettore dell’Università, Sandro Moriconi; presente l’ex suo assistente all’Università di Camerino Odoardo Bussini, e i moltissimi amici ed estimatori di chi ha fatto tanto per la sua terra e il suo paese.

La sala del Convegno

Ricordare Luciano Radi e rendergli omaggio a cinque anni dalla scomparsa avvenuta il 1° giugno 2014, alla vigilia della festa della Repubblica, vuol dire anche sottolinearne la coincidenza simbolica, in quanto la sua figura  riassume alcuni dei più nobili valori della democrazia repubblicana nel suo 73° anniversario: la milizia politica e il servizio nelle istituzioni, l’impegno professionale di docente universitario e l’attività intellettuale intensa e profonda, l’ispirazione religiosa e il valore umano.  

La figura di Luciano Radi

La definizione di “protagonista e testimone del nostro tempo” riassume queste sue vite: ha voluto rendersi utile alla sua terra e alla nazione con un’azione politica nel partito e nelle istituzioni sorretta da uno spirito di ricerca che evidenziava i problemi e prospettava le soluzioni, alimentato a sua volta dalla solida preparazione di economista e statistico, portata ai massimi livelli con la parallela docenza universitaria in cui realizzava il coinvolgimento dei giovani.

E non si è accontentato del ruolo di protagonista, si è anche reso testimone di quanto si muoveva nel paese con un’attività parallela, altrettanto instancabile e inesausta, di pubblicistica politico-economica per condividere i risultati delle sue ricerche dando forma concreta all’enaudiano “conoscere per deliberare”.

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Il prof. Mario Tosti sulla figura di Radi, alla sua dx il moderatore prof. Stefano Brufani

Ma non basta, ha dato testimonianza dell’ispirazione religiosa con le vite dei Santi, anche qui per condividere, coinvolgere e, ripetiamo, testimoniare; e ‘è ancora di più, la testimonianza e il coinvolgimento si sono estesi alla parte più intima e personale del suo sentire, con accorati libri-confessione. “Non sono solo” è uno dei tanti titoli, ma ci sembra riveli la matrice prima del suo modo di essere e di agire.

Quindi,  “protagonista e testimone”, ma non del mondo di ieri, bensì “del nostro tempo”, tanto sono attuali le sue analisi e le sue proposte in campo politico-economico, come le sue riflessioni sui temi religiosi evocati dalle vite dei Santi, e le sue spontanee confessioni dei moti più riposti dell’animo dinanzi ai turbamenti prodotti dalla vita.

Non si pensi, però, alla visione pessimistica di una figura dominata da inquietudini, tutt’altro, lo dimostra un altro filone della sua inesauribile galleria editoriale, quanto mai scherzoso, non solo sugli animali, amici dell’uomo, ma anche sugli onorevoli deputati e persino sul “grappolo di tonache” dei sacerdoti: il tocco dissacrante dell’ironia come parentesi rigeneratrice nella severità dell’impegno quotidiano, di chi aveva anche recitato in ruoli comici in gioventù.

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La prof. Maria Grazia Nico su Riforme e Crociate

Un equilibrio esistenziale evidente nella sua persona: portamento autorevole unito ad un’amabilità disarmante, con il risultato di suscitare rispetto ma anche comunicativa spontanea che dissipava ogni soggezione. E apertura al confronto, ad ogni livello, sempre pronto a cogliere nuovi spunti da approfondire e poi condividere con tutti coloro che avessero la sua stessa ansia di conoscere e di capire i movimenti della società e i moti dell’animo umano.

A queste conclusioni perviene il profilo della sua figura e della sua azione, presentato nella manifestazione, in un nostro ricordo  scritto e nell’appassionata relazione orale del prof. Mario Tosti, che ha ripercorso i momenti principale della vita di Luciano Radi e le principali espressioni del suo pensiero nella ricca galleria editoriale di opere che spaziano su tanti temi.  

La sintesi finale è stata che l’intera sua azione e la sua testimonianza svolta a livelli e su campi così diversi, dalla politica all’economia, dalla religiosità alla interiorità, hanno avuto un motivo comune alla base della sua ricerca inesausta: la costruzione di una società più umana.

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Frate Felice Autieri sull’incontro tra Francesco e il Sultano

Il ricordo di Luciano Radi è stato il momento culminante della manifestazione, preceduto dalle due dotte relazioni sul suo libro, di grande attualità per quanto si muove nella Chiesa rispetto al dialogo interreligioso e nella società rispetto ai rapporti con fedi così diverse dalla nostra. Ci è sembrato di dover parlare prima della sua figura, ben nota a tutti i presenti nella sala del palazzo di Foligno, mentre ad altri che conoscono il politico potrebbe sfuggire lo studioso e il testimone.

Le  Crociate, pellegrinaggi armati poi degenerati 

Francesco e il Sultano” si inserisce in uno dei filoni della sua vasta produzione pubblicistica alimentata da interessi molteplici: le vite dei Santi, con almeno altri 7 titoli. Conferma i grandi pregi di Luciano Radi: rigore di analisi, e non potrebbe essere altrimenti per un economista e statistico che fa i conti con le evidenze reali; assoluta libertà da pregiudizi. Si basa sulle fonti più sicure per rievocare l’incontro, riportate in Appendice, e lo inquadra in una ricostruzione storica lontana dai luoghi comuni ponendo una serie di  interrogativi e dando risposte  aperte alla riflessione e alla valutazione del lettore.  

Al centro c’è quanto di più dibattuto, la storia delle Crociate. divisiva tra la visione positiva di pellegrinaggi, necessariamente  armati  per difendere la fede,  e quella negativa di segno opposto per la loro degenerazione. Ne ha fatto una ricostruzione dotta la prof. Maria Grazia Nico,  partendo dai rapporti tra Papato e Impero, in linea con la rievocazione fatta dall’autore.

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Katia Ciancabilla sul mondo islamico

I tradizionali pellegrinaggi in Terrasanta assunsero necessariamente una forma ben diversa quando i Luoghi santi furono  occupati dai seguaci dell’Islam i quali non solo aggredivano i pellegrini, ma perseguitavano i cristiani indigeni. La situazione fu aggravata dal fatto che dopo l’avvento dei turchi Selgiucidi nel 1076 e le persecuzioni dei cristiani, ci fu nel 1099 la restaurazione del regno latino di Gerusalemme  con i Franchi,  vessatoria  contro gli “infedeli”, cui seguì la riscossa  islamica del Saladino con la conquista di Gerusalemme nel 1187, dopo 84 anni di dominio cristiano.

Una profonda costernazione  colpi il mondo cristiano, in particolare ad Assisi, senza distinzione di censo e di posizione;  nelle chiese aperte giorno e notte si intonavano  lugubri salmi,  quel dramma religioso diventava dramma personale di tutti con sensi di colpa individuali e collettivi, mentre montava l’odio per gli infedeli e la volontà di riscatto. Era cresciuta una classe di cavalieri che non vedeva l’ora di battersi, ma la mobilitazione fu generale anche da parte del popolo.

D’altra parte,  la Chiesa stessa sollecitava a cercare la redenzione dai propri peccati nelle missioni a difesa della fede, che iniziarono anche prima contro i mori in Spagna e lungo le vie percorse dai pellegrini per raggiungere Santiago di Compostela, e in Sicilia nella conquista normanna. Era un periodo turbolento,  e la nuova sfida della liberazione dei Luoghi santi poteva avere anche il risultato positivo di porre termine alle lotte intestine, unificando le chiese locali.

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Andrea Ceccomori al flauto

Nacque così la prima Crociata indetta da papa Urbano II, seguita da altre tre, tutte con esito negativo, finché papa Innocenzo III lanciò la quinta crociata  nel 1219, cui partecipò  Francesco che, nato nel 1182, aveva  37 anni;  morirà 7 anni dopo, nel 1226; aveva vissuto all’età di 5 anni lo shock della perdita da parte dei cristiani di Gerusalemme conquistata dai turchi di  Saladino, evento che aveva suscitato la costernazione popolare e la voglia di riscossa di cui si è detto in precedenza; e c’erano stati già tentativi di Francesco  di andare in missione in terra di infedeli.

Radi cita la testimonianza  di Tommaso da Celano  sui precedenti  tentativi di raggiungere la Terrasanta. Ci provò  via mare, su una nave che lo portò in Dalmazia, ma poi non essendovi partenze per la Siria tornò indietro imbarcandosi di nascosto fino ad Ancona; e tentò via terra, attraversando le coste mediterranee di Italia e Francia per raggiungere la Spagna e poi il Marocco, ma si ammalò e dovette tornare indietro.  Così quando fu indetta la 5^ Crociata era spiritualmente pronto alla missione in Terrasanta, nei luoghi della passione di Cristo dove anelava di giungere.

Aveva fondato l’ordine francescano dei Frati minori, che andavano in missione per annunciare il Vangelo, nella riproposizione di un apostolato di testimonianza e di esempio. In Francia e Germania, Grecia e Tunisia, i frati francescani compivano la loro opera di evangelizzazione pur tra forti ostilità, venendo maltrattati e spesso malmenati, fino al rischio della vita. Il  tentativo  di convertire il Sultano del Marocco da parte di cinque di loro, dopo l’iniziale comprensione del sovrano islamico che li aveva rimandati indietro liberi, si concluse con la loro decapitazione per essere  tornati clandestinamente e aver insistito nella predicazione volta ad ottenere conversioni.

Una missione di evangelizzare così convinta e coraggiosa doveva necessariamente vedere nella Terrasanta una potente calamita, trattandosi della terra dove si era consumata la vita di Cristo.

Un’altra immagine della sala

La presenza di Francesco nella 5^ Crociata

Per cercare di  raggiungere i Luoghi santi per Francesco  c’era un modo, offerto dalla Chiesa: aggregarsi alla 5^ Crociata, bandita nel 1213, e svoltasi tra il 1217 e il 1221. Così,  nel giugno 1219,  si imbarca ad Ancona con 12 frati che gli vengono indicati a caso da un fanciullo, come da lui richiesto dovendo selezionarli  per i pochi posti disponibili senza far torto a nessuno. Prima tappa Cipro, poi in un viaggio di 4-5 settimane San Giovanni d’Acri, dove si trovavano da due anni  dei correligionari, che erano arrivati con le avanguardie della 5^ Crociata.  Dopo qualche giorno eccolo imbarcarsi, con la sua piccola squadra, per Damietta, fortezza islamica assediata dai Crociati

Gli scontri furono sanguinosi, con crudeltà inenarrabili da parte sia dei Saraceni  islamici che dei cristiani;  in mezzo ai massacri i francescani predicavano per la conversione degli infedeli, suscitando la loro ammirazione e il loro aiuto nel provvederli del necessario, quasi incredibile!

E qui Radi risponde alla prima domanda, veramente cruciale:  come potesse trovarsi una persona mite quale era Francesco nell’inferno di Damietta agli antipodi rispetto al suo desiderio di pace? Aveva  cercato invano di convincere i crociati a rinunciare all’uso delle armi – “ma non a deporle”, ci tiene a precisare –  e anche questo poteva essere un motivo sufficiente, pur se non riuscì nel suo intento,  e lo si capisce dalla storia delle Crociate.

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Giotto, “La prova del fuoco”, Assisi, Basilica superiore

Almeno nell’impostazione iniziale, e ideale, erano dei pellegrinaggi, necessariamente armati per difendersi dalle imboscate e dalle persecuzioni degli infedeli,  non delle campagne di conquista, i Luoghi santi si potevano riprendere ostentando, non usando  la forza. Erano però degenerate, e non soltanto per l’uso indiscriminato delle armi, ma per lo scatenarsi dei peggiori istinti che albergano nell’essere umano: sopraffazioni e violenze di ogni tipo, spietati saccheggi  anche verso le popolazioni  ignare e incolpevoli  incontrate  lungo il cammino. Ma non poteva essere questo un motivo per astenersi, anzi era una ragione in più per farne parte svolgendo un ruolo missionario anche  nei confronti dei partecipanti per riportarli sulla retta via.

Inoltre alle Crociate veniva riconosciuto un alto valore religioso. Ogni partecipante si fregiava della croce sull’abito e l’armatura, il corredo veniva benedetto alla partenza, con le armi,  che aveva  a differenza dei normali pellegrini; riceveva dalla Chiesa  privilegi spirituali come  speciali indulgenze per i peccati,  e materiali, addirittura il diritto al bottino, e una protezione estesa alla propria famiglia e ai beni finché non  scioglieva il suo voto; erano previste anche sanzioni nel caso di rottura del voto senza giustificato motivo. Il  Papa ne era l’altissimo promotore,  nominava il legato pontificio e i predicatori, nelle ultime crociate anche il capo della spedizione.

Non si pensi che tutto filasse liscio, tutt’altro, la qualità dei partecipanti, reclutati nei modi più diversi,  era scadente e minacciava di far fallire le spedizioni, per cui la Chiesa creò Ordini religioso-militari specializzati per contrastare gli abusi e difendere  i Luoghi santi: sorsero così i Templari, gli Ospedalieri di san Giovanni – sarà il  futuro Ordine di Malta – e i Cavalieri teutonici.

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Benozzo Gozzoli, “La prova del fuoco davanti al Sultano”, Montefalco

Furono tante le degenerazioni che si perdette lo spirito originario, tuttavia l’importanza delle Crociate fu notevole in quanto ricomposero l’unità del mondo cristiano, fermarono l’espansione dell’Islam nel Mediterraneo e contribuirono all’allargamento degli orizzonti nel mondo occidentale promuovendo anche lo sviluppo dei traffici.

Torniamo a Damietta, Francesco approfitta di una tregua, tra il 29 agosto e il 5 novembre sempre del 2019, per dare corso alla sua missione impossibile: incontrare il Sultano per convertirlo al Cristianesimo, proposito che farebbe  pensare a un gesto suicida nella ricerca del martirio.

Radi, però, si sente di escludere che fosse questo il fine, anche se non era escluso, anzi più che probabile, che avvenisse. Lo scopo era l’evangelizzazione nella consapevolezza del rischio che veniva accettato per seguire la volontà di Dio, ma non era voluto nè provocato. Un coraggio intemerato, rischiare  accettando il martirio se necessario ma per un fine più alto, “l’avvicinarsi  il più possibile all’esempio di Cristo”. Oltre questa motivazione superiore, aveva  il desiderio di aprire un dialogo con il capo dell’Islam, nella consapevolezza che quella era la via maestra,  non la guerra sanguinosa di cui a Damietta aveva conosciuto gli orrori inenarrabili.

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Giotto, “Il presepio di Greccio”, Assisi, Basilica superiore

L’incontro di Francesco con il Sultano

Ed ecco, finalmente, l’incontro con il Sultano al-Malik-al Kamil, la cui verità storica è documentata dalla cronaca del suo consigliere, il teologo e giurista egiziano Fakhz-ad-in-al-Faix, il quale  nella sua biografia parla di una discussione con un monaco cristiano alla presenza del Sultano.  Sappiamo  che Francesco era stato  autorizzato all’ardita missione dal delegato pontificio Pelagio, sebbene questi fosse contrariato dal fatto che il frate, più che mostrare interesse per la Crociata,  voleva ad ogni costo risolvere la guerra convertendo il Sultano; come si svolse l’incontro lo racconta Ernoul, scudiero di Erbelino,  che sembra partecipasse solamente alla fase preliminare, ma poi  raccolse la testimonianza di chi fu presente effettivamente.

Vide personalmente come Francesco, accompagnato da frate Illuminato da Rieti, affrontò gli uomini a guardia della  corte del Sultano nel palazzo sul delta del Nilo,  subendo le loro percosse pur di essere portato al cospetto del sovrano. Rivela che il Sultano, sorpreso di vederli senza armi, laceri e inermi, ebbe questa risposta alla sua domanda del motivo della visita: “Saraceni non ci faremo giammai, ma messaggeri siamo in verità da parte di Dio per salvare l’anima vostra. Se voi crederete in lui noi consegneremo la vostra anima a Dio”. Per aggiungere: “”E vi diciamo in verità che, se morrete nella legge in cui adesso siete, voi siete perduto e Dio non avrà l’anima vostra. Per questo siamo venuti a voi”. E con un coraggio senza pari: “Se vorrete ascoltarci e intenderci, vi dimostreremo sicuramente che la vostra legge è falsa”.

La sfida va anche oltre, perché alla risposta del Sultano che avrebbe chiamato  i consiglieri prima di ascoltare “quanto oserete dirmi”, fa seguire la replica: “Saremo di questo molto contenti, anzi era nostro proposito suggerirvelo. Mandate pure a cercarli e se non sapremo dimostrare che quello che affermiamo è vero, fateci subito decapitare”.  Ed è quello che chiedono i consiglieri sacerdoti accorsi, la loro decapitazione, dato che la legge, data da Dio e Maometto, “vieta persino che si ascolti qualunque cosa  venga detta contro di essa”; perciò non accettano alcun confronto sulla fede.

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Benozzo Gozzoli, “Istituzione del presepio a Greccio”, Montefalco

E qui avviene il miracolo, il Sultano invece di farli decapitare  come avevano richiesto i consiglieri teologici per ossequio alla legge divina, li grazia per l’alto valore umano della loro offerta, “perché sarebbe una assurda ricompensa  a voi che vi siete esposti al rischio di morire per salvare la mia anima”, e nel dire questo invita insistentemente  Francesco a restare con lui.

Secondo Bonaventura  da Bagnoregio ottiene come risposta dal frate che lo farebbe solo se lui e il suo popolo si convertissero a Cristo; altrimenti sfida i suoi sacerdoti  ad entrare con lui nel fuoco, chi supererà la prova avrà ragione; e al diniego e alla fuga di un sacerdote spaventato, Francesco si offre di entrare solo lui nel fuoco, se sarà bruciato sarà per i propri peccati, se uscirà illeso sarà merito della potenza di Dio  e in tal caso il Sultano dovrà  passare al Cristianesimo con tutto il suo popolo.

Il Sultano non accetta la sfida – e come avrebbe potuto? – ma ammirato del suo coraggio e della sua  dedizione voleva coprirlo di doni, subito rifiutati, riproponendoli perché fossero distribuiti ai poveri della sua terra; ma non furono accettati neppure così da Francesco  “poichè voleva restare libero dal peso del denaro e poiché non vedeva nell’animo del Soldano la radice della vera pietà”, sempre parole di Bonaventura. 

Tornando alla testimonianza dello scudiero,  per qualche giorno Francesco e il frate che era con lui furono ospitati nella sontuosa casa del Sultano, tra fiori e bellezze fiabesche  e potettero meditare sull’assurdità della guerra sanguinosa  tra cristiani e mussulmani. Rifiutarono ancora i doni preziosi offerti loro, per cui   “dinanzi al totale disinteresse per le cose terrene il Sultano rimase esterrefatto. Non aveva mai incontrato uomini mossi da così grande amore e da così assoluto distacco dalle cose terrene. Rimase pensoso, intricato in pensieri che gli aprivano nuovi orizzonti”.

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Crocifissione, nel riquadro inferiore san Francesco, Foligno, Museo di Palazzo Trinci

Forse, commenta Radi, il racconto dello scudiero non rispecchia il pensiero di Francesco, più intento a unire che a dividere, non trova convincente la sfida né la negazione dell’altra fede, piuttosto avrebbe sottolineato gli elementi comuni tra  cristiani e mussulmani:  credono  nel Dio unico, riconoscono  entrambi e venerano, pur se in modo diverso, la grandezza di Gesù e della Madonna. “E avrà concluso che era giunto il momento di spogliare la contesa dagli interessi di dominio e di potenza per conquistare la pace non sulla base della spartizione della Terrasanta, ma in nome dell’amore di Dio e della libera venerazione dei Luoghi santi”. C’è tutta l’umanità di Radi in queste parole.

Il presepio di Greccio  e gli ultimi anni di vita 

Come “La tregua” viene dopo “Se questo è un uomo”  – il ritorno tormentato dopo l’inferno di Auschwitz –  nell’evocazione di Primo Levi, così qui “il viaggio di ritorno” viene dopo l’inferno di Damietta con la parentesi di altissimo valore morale oltre che religioso dell’incontro con il Sultano.  

Dopo la tregua in cui si era svolto l’incontro,  il 5 novembre 1219  Damietta fu conquistata dai Crociati a prezzo di stragi spaventose dai due schieramenti, nello scatenarsi dei peggiori istinti. Era una città fortificata, con doppia e tripla cinta di mura, 22 torri, 11 porte e 42 fortilizi, ai vincitori si presentò un cumulo di rovine e di cadaveri, con teste mozzate prese a trofei. sempre da entrambe  le parti:  nella parte cristiana, insieme a coloro che erano animati da ideali, c’erano avventurieri di ogni risma e spietati assassini, per i mussulmani c’era  addirittura un premio in oro per ogni testa di cristiano.

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Il santo riceve le stimmate, Museo Palazzo Trinci

Forse dinanzi a questo orrori nacque l’idea del Presepio di Greccio, che Radi definisce “un sostituto significativo e  popolare della stessa idea di crociata che per troppo tempo aveva assopito nella Chiesa l’autentico insegnamento di Gesù”. Non serviva andare nei Luoghi santi, tanto meno con le armi e la guerra,  per ritrovare lo spirito della Natività e i valori che si possono “possedere e venerare nell’anima”, nella propria terra.

Anche papa Francesco nel Giubileo della Misericordia ha dato analoga indicazione, in ogni località si può trovare la Porta santa senza dover venire a Roma.

Il viaggio di ritorno fa ripiombare Francesco nei problemi dell’Ordine, in sua assenza i due vicari hanno violato la regola in senso pauperistico, come nei catari, non accettando mai il cibo per sottoporsi al digiuno, mentre per Francesco non poteva esserci tale finalità, il povero deve sempre accogliere i doni della Provvidenza anche se è disposto a sopportare  ogni privazione. Ed è proprio la fiducia nella  Provvidenza, alla base della sua spiritualità, che lo aveva portato ad accettare il cibo dal Sultano, pur rifiutandone i doni preziosi, secondo la “qualità della moderazione e del realismo”.

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Giotto, “San Francesco predica agli uccelli”, Assisi, Basilica superiore

La crisi temporanea dovuta alla sua assenza lo portò a chiedere il rafforzamento dell’Ordine a papa Onorio III, che incontrò di persona a Viterbo,  mediante l’istituzionalizzazione di quella che era diventata una vasta comunità anche con una Regola “più ricca e stimolante”.  Poi Francesco nel 1220, pochi mesi dopo la fine della sua “crociata” con visita al Sultano,  passa la mano al successore restando come esempio vivente e collaborando alla stesura della nuova Regola approvata con Bolla papale nel 1223; morirà tre anni dopo, nel 1226.

“Dopo le dimissioni –  osserva Radi – il Serafico  si comportò come aveva promesso: visse gli ultimi anni da semplice frate, povero tra i poveri, emarginato tra gli emarginati”. E’ l’immagine conclusiva di una figura per tanti versi complessa, che attraverso il suo libro abbiamo rivissuto  in un suo momento così significativo,  celebrandone l’anniversario 800 anni dopo, 1219-2019.

Ma, “si parva licet…”,  c’è un altro anniversario che coincide con l’incontro di Foligno del 30 maggio, i 50 anni dalla pubblicazione di un saggio, sempre di Luciano Radi,  questa volta di politica economica, “Potere democratico e forze economiche”, avvenuta nel giugno 1969; ne parleremo prossimamente per la sua forte attualità pur in tempi così profondamente mutati.

L’immagine di san Francesco

Info

Luciano Radi, “Francesco e il Sultano”, Cittadella Editrice, settembre 2006, pp. 90. Per le vite dei Santi, dello stesso autore: “Chiara di Assisi” 1994 e “Angela da Foligno” 1996, “Santa Veronica Giuliani” 1997 e “San Francesco e gli animali” 1999, “Margherita da Cortona” e “San Nicola da Tolentino” 2004; inoltre “Umbria santa” 2001. Nell’incontro è stato distribuito l’Estratto dal Bollettino storico della città di Foligno XXXVIII-XVII (2015-2019)”, Foligno 2019: Romano Maria Levante, “Luciano Radi, protagonista e testimone del nostro tempo”, pp. 12. Pubblicheremo in questo sito altri 4 articoli sulla sua figura. “Luciano Radi, ‘potere democratico e forze economiche’” il 9 giugno;  “Luciano Radi, ‘’i libri dell’anima’, l’umanità e la fede di una ‘personalità limpida’” l’11 giugno, “Luciano Radi, protagonista e testimone del nostro tempo” il 13 giugno; infine , “Luciano Radi, il mio ricordo” il 15 giugno.

Foto

Le prime 7 immagini, della sala e degli oratori, sono state riprese da Romano Maria Levante nel Palazzo Giusti Orfini durante il convegno; le 4 immagini successive, con gli affreschi di Giotto e Benozzo Gozzoli, sono tratte dal libro di Luciano Radi, le 2 immagini seguenti sono state riprese nel Museo di Palazzo Trizzi. In apertura, la sala del Convegno; seguono, il prof. Mario Tosti sulla figura di Radi, alla sua dx il moderatore prof. Stefano Brufani, e la prof. Maria Grazia Nico su Riforme e Crociate; poi, frate Felice Autieri sull’incontro tra Francesco e il Sultano, e Katia Canciabilla sul mondo islamico; quindi, Andrea Ceccomori al flauto e un’altra immagine della sala; inoltre, Giotto, “La prova del fuoco”, Assisi, Basilica superiore, e Benozzo Gozzoli, “La prova del fuoco davanti al Sultano”, Montefalco; ancora, Giotto, “Il presepio di Greccio”, Assisi, Basilica superiore, e Benozzo Gozzoli, “Istituzione del presepio a Greccio”, Montefalco; prosegue, Crocifissione, nel riquadro inferiore san Francesco, Foligno, Museo di Palazzo Trinci, e Il santo riceve le stimmate, Museo di Palazzo Trinci; infine, Giotto, “San Francesco predica agli uccelli”, Assisi, Basilica superiore, e l’ immagine di san Francesco; in chiusura, la Copertina del libro di Luciano Radi.

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La Copertina del libro di Luciano Radi

7 risposte su “Luciano Radi, 1. L’omaggio con una sua opera, l’incontro tra “Francesco e il Sultano” 800 anni fa”

    1. Caro Santo, un nome in carattere con il Santo che incontrò il Sultano… Rispondendo a un “cugino” latino posso rispondere in italiano, ringrazio dell’espressione che evoca l’amore spirituale, tale è anche quello per l’arte e la cultura, tanto più se evocato rispetto al Santo oggetto dell’articolo: nobilita chi lo prova, come il sensibile lettore che ringrazio della sua attenzione.

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