Luciano Radi, 2. Potere democratico e forze economiche, ieri e oggi

di Romano Maria Levante

Nel quinto anniversario della scomparsa di Luciano Radi la manifestazione  di Foligno del 30 maggio sulla sua figura e sul suo libro “Francesco e il Sultano” ad 800 anni dallo storico incontro, ha consentito di delineare qualche tratto del suo modo, documentato e insieme appassionato, di trattare le vite dei Santi, uno dei filoni della sua vasta produzione pubblicistica, con 8 opere, oltre che di ricordarlo come “protagonista e testimone del nostro tempo”. Nel rendere conto della manifestazione abbiamo preannunciato che avremmo celebrato un altro anniversario, i 50 anni dalla pubblicazione del suo “Potere democratico e forze economiche”, uscito nel giugno 1969. Lo facciamo ora per la sua attualità anche in tempi così  mutati.

Copertina del libro

Il libro appartiene al filone legato alla politica in generale, dalla quale Radi trae  ispirazione in diverse  direzioni tra loro collegate: politica economica e  Partiti, personaggi politici e scherzosi bozzetti  sugli “onorevoli colleghi”.

Radi era diventato sottosegretario alle Partecipazioni statali e, nella sua responsabilità istituzionale e sensibilità civile, sentì di dover approfondire i temi legati al confronto tra le forze politiche, espressione della vita democratica, e i grandi gruppi che influenzano l’andamento del sistema economico spesso in contrasto con le esigenze più sentite da parte della comunità.

Luciano Radi è stato sempre aperto alle novità e intento a scoprire i movimenti più nascosti della società per prevenire gli sviluppi  con un’adeguata azione politica.  Come esponente della corrente “Nuove Cronache” aveva contribuito a innestare nella tradizionale politica centrista della DC luna maggiore apertura ai temi sociali  assecondando la spinta che veniva dalla società in profonda trasformazione.  Aveva già pubblicato uno studio approfondito sulla questione mezzadrile, particolarmente avvertita nella sua Umbria, ed ora si trovava ad affrontare il confronto con i potenti gruppi economici, in un clima reso incandescente dalla contestazione re giovanile, Così nacque “Potere democratico e forze economiche”, uno dei 9 libri in tema politico, cui vanno aggiunti  4 libri dedicati a grandi personaggi  sempre della politica.

L’esigenza di un rinnovamento nelle scelte di politica economica

Perché riteniamo che “Potere democratico e forze economiche” sia di grande attualità anche oggi? Lo vediamo dalle accese critiche all’Europa per aver trascurato la questione sociale ed essersi immiserita in un ruolo burocratico e anche oppressivo; e lo vediamo dai tentativi di dare delle risposte all’interno alla questione sociale con misure discusse come il reddito di cittadinanza e la fornitura di materiali di consumo alle giovani madri per alleggerire il peso economico della natalità e rilanciarla; lo vediamo dai timori che suscitano le azioni dei grandi gruppi internazionali; lo vediamo dallo strapotere dei mercati ;  lo vediamo dalla pretesa di una crescita senza fine dei consumi  alla cui stagnazione si  attribuisce la crisi. Tutto questo  avviene, però,  in modo parcellizzato e confuso, senza una visione d’insieme del modello di società cui tendere e degli interventi da operare per muoversi nella direzione ritenuta idonea alle esigenze del paese.  

Ebbene, il libro di Luciano Radi presenta invece un quadro organico di come si dovrebbe procedere  e molte delle sue indicazioni di merito, e non solo di metodo, sono illuminanti e istruttive. Lui coglieva “i fermenti di profondo rinnovamento che agitano la società contemporanea”, e non si può dire che oggi non ci siano, la rivoluzione digitale, la robotica sempre più invasiva  sono soltanto alcuni fermenti, e che fermenti!  Inoltre la globalizzazione ha reso ben più invasiva di allora la pressione sulla vita della comunità nazionale.  Se allora, come scriveva Radi, l’impegno per far fronte  ai radicali mutamenti nella società, non  doveva risultare “da ‘improvvisazioni sul tema’ di cui la grande complessità della materia farebbe rapidamente giustizia”, questo è ancor più validi oggi, quando la  complessità si è moltiplicata.

Le sue “idee per una moderna politica economica nazionale” prendono l’avvio dalla constatazione che  l’impostazione tradizionale della politica economica  è inadeguata rispetto alle nuove esigenze ed ai fermenti della società e alla modificazioni strutturali del sistema economico. Oggi non sono qulle  di 50 anni fa con il passaggio dall’economia agricola a quella industriale, ma “mutati mutandis”, la società postindustriale con la rivoluzione epocale in tanti campi la rende ancora più inadeguata.

Allora “i grandi problemi aperti dalla società” riguardavano “i rapporti tra classe politica e classe economica, le grandi scelte della società e la loro attuazione nella condotta pratica ei gruppi sociali, i rapporti – nell’ambito de sistema produttivo – tra grande e piccola impresa”. La stessa vita democratica ne è fortemente influenzata.

 Radi poneva come primo problema quello dei rapporti tra potere politico e potere economico , dovuto al fatto che “le grandi concentrazioni economiche riescono ad eludere le scelte del potere politico in quanto quest’ultimo non dispone di strumenti adeguati a controllare che l’evoluzione del sistema economico avvenga secondo le linee direttrici determinate  dalla classe politica”.   Oggi a questo problema si è aggiunto quello posto dalle istituzioni europee, portatrici di interessi spesso antagonisti rispetto ai nostri per la concorrenza tra Stati , che di fatto possono commissariare la nostra economia e la nostra politica. Anche qui si reagisce in modo scomposto ed episodico, senza una riflessione di fondo che vada al di là delel opportunità contingenti.

Naturalmente, nei tempi così mutati non si può riproporre una nuova programmazione  economica, dopo la sostanziale inefficacia dei tentativi esperiti in un’epoca con meno variabili fuori  controllo di quella attuale. Però non si possono lasciare senza risposta interrogativi che risuonano sempre più forti.

 Abbiamo accennato al problema dei consumi interni , che si vorrebbero in costante crescita per alimentare la produzione;  oggi si  evoca l’economia keynesiana sul finanziamento in deficit per mettere in moro il moltiplicatore del reddito e l’acceleratore degli  investimenti, e far ripartire il sistema che continua a manifestare una notevole capacità di accumulazione, con un risparmio privato quattro volte il famigerato debito pubblico. Ma non si considera che nelle economie opulente come la nostra, pur nelel sue notevoli disparità reddituali, i consumi  sono saturi.

 “Il tema di fondo su cui la nostra società dovrà decisamente impegnarsi nel futuro riguarda la correzione degli eccessi della società consumistica  e l’orientamento dello sviluppo del Paese verso le più autentiche finalità che una comunità sana ed ordinata non può certo trascurare”. E questo non mediante improponibili interventi autoritari ma modificando la scala di valori e incidendo sula destinazione del processo di accumulazione che già vediamo restio a indirizzare sui consumi privati: “La correzione deve partire dal processo di accumulazione , che va sempre più inteso come una funzione pubblica, quindi finalizzato agli obiettivi che la società si propone”. In effetti oggi l’accumulazione non è distorta, va correttamente indirizzata non in modo dirigistico ma rendendo vantaggioso l’impiego per finalità pubbliche e sociali. E deve riguardare i consumi indotti, che non corrispondono a bisogni ma alla manipolazione dei produttori.

Ne deriva è un’affermazione di Radi  che diventa di grande attualità, anche in senso divisivo: “ La correzione deve riguardare anche i consumi”, dato che le scelte dei consumatori non sono  frutto di scelte individuali coerenti, ma di tale manipolazione: “Il consumatore, in effetti, è travolto da una spirale dei consumi” che riguarda sol,o in parte “il soddisfacimento di autentici bisogni, dato che per lo più sono il riflesso della scala di valori  che presiede alla nostra società consumistica. L’effetto imitazione porta comprendere nei bilanci familiari voci sempre nuove cui hanno avuto accesso altre categorie sociali; e quanto più si è manifestata la mobilità per le categorie suddette, tanto più tumultuoso è risltato tale processo”.

Pensiamo alla levata di scudi in atto sul ventilato aumento dell’Iva sui consumi, per le clausole di salvaguardia, mentre escludendo quelli necessari potrebbe essere un modo di correggere il consumismo esasperato destinando tali risorse a impieghi più utili alla società, ma nessuno ha il coraggio di parlarne, salvo un timido accenno del ministro Tria, subito  rientrato.  . Quali impieghi?

E qui  Radi getta il suo asso, “il soddisfacimento dei bisogni collettivi”, che dovrebbe essere una risposta al “rincorrersi dei bisogni indotti”: “Le carenze nei servizi sociali –  dalla sicurezza sociale alla scuola, all’abitazione, al sistema ospedaliero, alla sistemazione delle infrastrutture urbane ed extraurbane, alla razionalizzazione dello sviluppo urbanistico e dell’assetto territoriale, alla sistemazione del suolo – nonché gli squilibri esistenti nello sviluppo economico sono gravi lacune che soltanto il disordinato sviluppo della società consumistica ha potuto determinare”. Il vice presidente del Consiglio Salvini nei suoi recenti interventi ha sostenuto l’esigenza indifferibile di procedere in questa direzione, sia pure in modo che è sembrato apodittico e privo di una motivazione coerente in un quadro organico di risorse e impieghi. Se manca il quadro di compatibilità si presta ad essere contrastata come idea velleitaria e propagandistica.

Il libro invece  affronta il tema della distribuzione delle risorse perché è avvenuta “senza alcun rispetto per le opzioni prioritarie della collettività ma tenendo conto soltanto delle tendenze meno genuine  e più condizionate di un certo processo di sviluppo dominato dalla produzione”.  E va anche oltre: “La società del benessere è divenuta la società del consumo individuale, che è tanto più lontana dal benessere autentico quanto più priva i cittadini di quelle condizioni di civiltà e di progresso – che si riassumono nelle dotazioni sociali che danno sicurezza al cittadino ed ordine al progredire della società – e di quella autonomia dal mondo della produzione , la quale rappresenta la sola garanzia contro il pericolo dell’alienazione che minaccia le grandi società industriali”.  Contrastare tutto questo vuol dire “correggere gli eccessi della società consumistica e promuovere il generale sviluppo della società”. E lo si può fare . senza eccessi dirigisti in una società come la nostra, anzi è proprio della democrazia far prevalere i diritti collettivi sugli interessi di pochi, facendo prevalere il potere democratico sulle manipolazioni delle forze economiche. 

“Ed è questo il compito che la classe politica deve assumere senza cedimenti né compromessi,  consapevole che dovrà incidere sugli interessi che alla società consumistica sono legati ma nello stesso tempo con la convinzione di avere dalla sua parte la maggioranza del Paese”.  Il sistema democratico, in sostanza, affida “agli organi rappresentativi le opzioni di fondo”,  ma deve dare loro anche gli strumenti necessari.

Si potrebbe obiettare che destinando prioritariamente le risorse agli impieghi sociali si compromette l’efficienza del sistema.  Radi ha subito la risposta: “L’efficienza viene potenziata con una più razionale strutturazione delle attività economiche e con un più equilibrato assetto territoriale, come con le altre realizzazioni di ordine sociale”. Non è questione di numeri e numeretti, va riconsiderato interamente l’assetto economico e sociale per un vero cambiamento, già evocato 50 anni fa in termini così attuali, .e lo si può fare:

“Il mondo della produzione dovrà essere portato ad orientarsi verso quei settori più legati ai bisogni primari della società che sono definiti dalle opzioni di fondo del Paese. L’attività in tali settori dovrà  essere caratterizzata dallo stesso grado di efficienza  raggiunto nelle attività volte al soddisfacimento dei bisogni individuali, in quanto anche in questo caso vi sarà la verifica continua e stimolante della concorrenza estera, nonché dells competizione interna”.

La valorizzazione del “primato dei consumi collettivi” rispetto a quelli individuali indotti dalla produzione  determinerà  una “profonda razionalizzazione del comportamento del consumatore” che va difeso dalle suggestioni consumistiche rispettandone la libertà di scelta, ma facendone una scelta informata.

A questo punto Radi pone il problema della “portata comunitaria delle scelte” rispetto all’idea europea, facendone addirittura il motore del rilancio di un’adesione popolare già allora affievolita: “L’idea ispiratrice centrale che potrebbe rappresentare  la fiaccola di un nuovo e avanzato movimento europeo  potrbbe essere proprio questa visione degli alti fini di civiltà che i paesi membri [allora erano sei] devono sentirsi impegnati rifuggendo dai falsi miti della società consumistica”. Non è un “vaste programme” alla De Gaulle, non lo era ieri, pur se non ha avuto seguito, non lo è oggi, anzi può essere la soluzione per la crisi di ideali e il distacco dalla società civile portata dalla visione miope e ottusa  dei burocrati europei, legata ai “numeretti2 del deficit e dei parametri, e non alla realtà economica e sociale che giustamente va in direzione opposta.

 Radi così conclude: “L’intero discorso sulla politica economica potrà diventare così da nazionale , europeo; e porre le basi concrete e nel contempo permeate dei più elevati ideali, di quella idea europea che fino ad ora non ha ricevuto nuova linfa, dopo i romantici fervori degli anni cinquanta”, Sono parole di cinquant’anni fa, Il presidente Conte e il ministro Tria potrebbero farle proprie negli imminenti contatti con la Commissione europea, dando una prospettiva nuova alle istituzioni europee profondamente rinnovate dopo le recenti elezioni, che dovranno dare un seguito alle spinte al cambiamento dall’opinione pubblica europea.

Ostacoli e difficoltà sulla strada del rinnovamento

Non è un processo indolore, l’autore non si nasconde le difficoltà. L’incessante evoluzione tecnologica, se è fonte di incremento di produttività può avere anche “un significato regressivo sullo sviluppo civile della società, qualora non venga opportunamente inquadrato in un più vasto  contesto di obiettivi  e di vincoli”. Ne parlava Radi  50 anni fa, il tema è attualissimo oggi, ad esempio con la robotizzazione che può ridurre drasticamente la domanda di lavoro richiedendo misure compensative, lo sostiene De Masi che a questo fenomeno riferisce un eventuale reddito di cittadinanza strutturale e allargato.

D’altra parte il cittadino è inerme dinanzi a tali eventi perché come consumatore non ha autonomia nelle sue scelte indotte da quelle dei produttori, a loro volta condizionate dalla competizione oggi a livello globale. Il circuito “produzione-consumi indotti”  riguarda il consumismo individuale del tutto sganciato dalla razionalità relativa ai bisogni autentici,  per cui il consumatore sacrifica “implicitamente, e spesso inconsapevolmente, bisogni più profondi che non possono emergere a livello individuale  in quanto riguardano la comunità nel suo insieme”.

  A ciò si aggiunga che  a dominare non sono neppure i “mercati”  nell’accezione di Adam Smith con una “mano invisibile” con una propria razionalità intrinseca; ma gruppi oligopolistici dominati da tecnostrutture , come le definì Galbraith, “le cui finalità  divergono inevitabilmente sia da quelle dei singoli consumatori che da quelle della collettività”.  Ad entrambi i livelli “le dotazioni di servizi sociali occupano uno dei primi posti nella graduatoria dei bisogni che una società non può soddisfare”.; si pensi che la carenza di strutture di assistenza alla maternità determina addirittura  il drastico calo della natalità che affligge il nostro paese con diminuzione della popolazione e quindi della sua stessa proiezione nel futuro, eppure non si provvede. A ciò si aggiungono “le dotazioni infrastrutturali e e quanto altro attiene alal vita intesa nel suo contenuto più autentico ed essenziale, quale è possibile definire una volta distaccati dai miti persistenti e in continuo  rincorrersi che propone la civiltà industriale”. 

Le forze politiche, che dovrebbero operare assicurando questi servizi e queste dotazioni indispensabili  nell’interesse della collettività, sono bloccate dal contrasto con il  potere economico che le sovrasta per cui devono trascurare il soddisfacimento di quei bisogni che “costituiscono precise necessità della comunità nel suo complesso. Sono bisogni che rappresentano l’autentico contenuto di una convivenza civile e ordinata: e costituiscono il vero contraltare delle suggestioni alienanti che provengono dalla società del benessere”.

A questo punto Radi denuncia l’arretratezza dell’organizzazione politica, nella sua staticità e inadeguatezza,  rispetto alle trasformazioni economiche e sociali, e si riferiva a  una politica organizzata in partiti con programmi e ideologie radicate su dei principi,, mentre oggi prevalgono le forme volatili di aggregazione spesso intorno a leadership effimere. E “la crisi degli organismi rappresentativi” che si è aggravata con un Parlamento sempre più svuotato , mentre  deve essere  “adeguatamente rivalutato rappresentando la più autentica garanzia di vita democratica”.

 In effetti l’uomo come cittadino è privo di partecipazione effettiva ieri e ancora di più oggi che è venuta meno la possibilità di far sentire la sua voce nelle strutture dei partiti politici e delle forze sindacali, già radi ne denunciava la crisi 50 anni fa. Oggi  si sono rarefatte non solo nella sostanza ma anche nella mera apparenza,  fino ad evaporare del tutto  in forme definite liquide, ma ci sembrano piuttosto gassose.

Se il potere sovrano teoricamente è stato trasferito al popolo, la solenne proclamazione in tale senso da parte della Costituzione “trova di regola un limite – osserva Radi – nell’effettività di tale trasferimento… il divario esistente tra democrazia formale e democrazia sostanziale segna la misura dell’opera di costituzione di uno Stato effettivamente democratico”.

La crescita culturale fa sì che cresca la consapevolezza di questi condizionamenti sopportati dall’uomo come cittadino senza adeguata partecipazione e senza possibilità di soddisfare i bisogni più autentici, e come lavoratore  subordinato alle esigenze della produzione fino a calpestare i suoi diritti e la sua dignità. 

Questo faceva sperare Radi anche se le sue speranze non sono state esaudite finora: “E’ solamente per l’attuale migliorata preparazione culturale che la comunità può darsi un assetto  politico autenticamente democratico. L’arricchimento culturale della comunità e il maggior impegno sul piano politico che ne deriva rende il processo suddetto irreversibile.

Esso si alimenta costantemente con i nuovo apporti che provengono dalle forze emergenti nel paese:in particolare l’impulso dei giovani, quali forze vive che la cultura rende maggiormente consapevoli ed impegnate, determina  una accelerazione del processo suddetto anche al di là dei tempi che regolano tali fenomeni”. Scriveva nel 1969, sull’onda della contestazione studentesca  del 1968 che aveva portato alla ribalta i giovani con il loro protagonismo pur tra tante contraddizioni. 

Attribuiva la contestazione verso il  sistema all’impossibilità di trasmettere  e far valere le esigenze più sentite, che la crescita culturale poneva all’attenzione di tutti. Forse quella del ’68 fu una spinta eccessiva, se si è avuto un contraccolpo così forte nella totale astrazione dalla politica, le riflessioni fatte nel 50° anniversario del 1968, lo hanno registrato,  e lo slogan “68, la battaglia continua”, cui si è intitolata una mostra rievocativa alla Galleria  Nazionale d’Arte Moderna di Roma resta vuoto di contenuti.

La situazione di oggi è l’opposto con il ripiegamento dei giovani sul personale e la totale indifferenza rispetto ai grandi problemi, né possiamo considerare una ripresa il movimento ambientalista dei  ragazzini mobilitati intorno a “Greta”, che sembra una parodia di una consapevolezza motivata e matura.

Gli strumenti, la classe politica, l’assetto istituzionale

L’ultima parte del libro  riguarda proposte concrete che evocano un fatto molto recente, il tentativo di ammodernare l’assetto  istituzionale con le modifiche costituzionali bocciate dal referendum con il 60% di voti contrari. Ma le sue proposte si inserivano in un quadro organico e coerente a tutti i livelli, non erano i parziali e per molti versi contraddittori e del tutto insufficienti  interventi che sono stati respinti.

Radi parte dal superamento delle rigidità nell’organizzazione statuale “con una maggiore articolazione dei gruppi, e deve promuoversi una maggiore partecipazione dei cittadini  per dare alla vita democratica un contenuto effettivo  e concreto. In tale azione è necessario dar prova di coraggio e decisione  per fornire un autentico contenuto rivoluzionario ”ad iniziative riformistiche prese nell’ambito del sistema”. E precisa: “Il contenuto rivoluzionario riguarda la scala di valori che presiedono alle attuali scelte della società, scala di valori che deve essere rovesciata perché profondamente distorta”.

Nell’organizzazione dello Stato deve essere assicurato “un effettivo pluralismo, che sia pluralismo di gruppi e nel contempo pluralismo di poteri e di funzioni. In questo senso vanno esaltate al massimo le autonomie locali, quali forme di espressione di quel pluralismo di poteri che riflette la molteplicità di esigenze e di istanze emergenti da una società articolata e composita”. Risuonano molto attuali dinanzi alle istanze di maggiore decentramento di poteri e funzioni ad alcune regioni che ne hanno fatto richiesta, ma senza inserire questo intervento in un quadro organico – come quello delineato dal libro – sono inevitabili gli scontri e le polemiche a cui stiamo assistendo tar le stesse forze della maggioranza di governo.

Radi a questo collega “le autonomie funzionali di altri gruppi in cui si compongono le esigenze della collettività e che non possono essere rappresentate da organismi statali”. Una rete di questi gruppi potrebbe svolgere un ruolo fondamentale garantendo un costante collegamento con le funzioni statuali, perché potrebbe favorire “la rispondenza ai bisogni effettivi  della comunità che trovano appunto nei corpi intermedi la sede più genuina ove manifestarsi”, che non è di certo la struttura monolitica dello Stato centrale.

Naturalmente questi organismi intermedi devono assicurare la partecipazione dei cittadini; e delle loro istanze vanno portate avanti quelle che non si esauriscono in  interessi particolaristici ma concorrono ad un autentico progresso civile e umano  dell’intera collettività  verso le sue finalità superiori. Appositi organismi di consultazione potranno garantire il contatto continuo tra rappresentanti e rappresentati.

Anche gli enti locali possono essere riformati in questa direzione, con una sburocratizzazione  e la creazione di contatti diretti con la base attraverso adeguati organismi assembleari. Ciè sarebbe ancora più importante oggi che si è perduta la volontà di partecipazione, mentre va rilanciata dando forme e strutture adeguate.

La classe politica deve assumere “una nuova funzione nel contesto delle scelte di fondo della società, che sono scelte collettive in relazione  ad istanze comuni a tutti, anche se profondamente diverse dalle scelte che operano i singoli nell’attuale contesto socioeconomico che si è visto essere profondamente distorto”. Non deve assolutamente assumere una “funzione educativa del cittadino”, sarebbe in contrasto con l’essenza stessa della vita democratica, “ma non può abdicare alla sua primaria funzione di salvaguardare i valori della civile convivenza da ogni attentato, sia esso palese od occulto”. Come quello dei pifferai del consumismo.

“In definitiva, il primo  problema è quello di assicurare autentici contenuti umani e civile all’uomo come lavoratore e come cittadino, perché la sua vita possa essere rispondente ai contenuti culturali e alle esigenze spirituali che la sua stessa inalienabile natura postula. Inoltre – ed è questo un aspetto consequenziale delle medesima realtà –  bisogna garantire l’uomo come consumatore in modo che vengano soddisfatti i suoi più sentiti bisogni e che le sue scelte non siano distorte da suggestioni più o meno palesi  che privano di una effettiva libertà rendendolo strumento inconsapevole di un sistema che non è a dimensione di uomo”. L’insistente ritornello che “non lo permettono i mercati” – e non permetterebbe di soddisfare esigenze pressanti della comunità – al quale non si dà una risposta adeguata,  mostra come queste affermazioni di 50 anni fa oggi siano ancora più valide  e suonino come forte ammonizione, anzi come una premonizione. Come lo è quest’ultima affermazione: “E’ sul contesto istituzionale che bisogna operare per rendere effettive le riforme specifiche che verrebbero invece svuotate da ogni portata concreta qualora avulse dal quadro di fondo che si è delineato”.

Ed è quello che manca del tutto oggi, come se Radi lo avesse previsto mettendo in guardia sin da allora. Gli interventi parziali  privi del quadro di fondo che ne assicura la coerenza e insieme la necessità hanno poco respiro, come si vede tutti i giorni. Ma si potrà mai avere un disegno organico per soddisfare i bisogni più autentici della comunità?   La fine delle ideologie ha tolto  ogni possibile riferimento ad impostazioni di carattere generale, per quanto vaghe e generiche, nulla è stato sostituito, neppure un sano pragmatismo però inserito in un  quadro coerente di obiettivi e strategie, interventi e risorse, per le  ineludibili finalità collettive.

Nel quinto anniversario della scomparsa Luciano Radi  ci ammonisce con la sua analisi premonitrice di 50 anni fa. Una guida per i governanti ma soprattutto un richiamo perché siano soddisfatti  i bisogni più autentici della comunità nazionale con una rivoluzione copernicana che potrebbe rilanciare anche l’ideale europeo.  Ci sembra che ce ne sia proprio bisogno, dati i tempi che stiamo attraversando.

Info

Luciano Radi, “Potere democratico e forse economiche”, Edizioni Cinque Lune, collana “Economia e Diritto”, giugno 1969, pp. 98, ”; dal libro sono tratte le citazioni del testo. Sui temi  politico-economici ha pubblicato   anche: “La risi della pianificazione rigida e centralizzata”, 1957 e “I mezzadri:  le lotte contadine nell’Italia centrale dall’Unità al 1960”, 1962, “Partiti e classi in Italia”,  1975, “La grande maestra, la tv tra politica e società”, 1991, “La macchina planetaria, quali regole per la corsa alla globalizzazione”, 2000. Sui Partiti, “Il voto dei giovani”, 1977  “La talpa rossa”, 1979 , fino a “Riflessioni su una sconfitta”  e  il successivo “Riflessioni su una vittoria”. Sui personaggi politici: nazionali, “Tambroni, trent’anni dopo”, 1990, e “Gli anni giovanili di Giorgio La Pira”, 2001, “La Dc da De Gasperi a Fanfani”  e “Gerardo Bruni e la questione finocattolica”, 2005;  locali, “Foligno 1946. Ricordo di Italo Fiattaioli e Benedetto Pasquini in occasione del sessantennio della prima elezione democratica al Consiglio Comunale”, 2006; storici, “Il mantello di Garibaldi”“, 2011. Sugli “onorevoli colleghi” e non solo: .”Buongiorno onorevole”, 1973, e “Gli scarabocchi dell’onorevole”, 1978, “Il taccuino dell’onorevole”,  1985, e “Buonanotte,  onorevole”, 1996, fino a “Un grappolo di tonache”, 1981. Cfr. il nostro articolo uscito in questo sito il 6 gennaio,  “Luciano Radi, ricordato con una sua opera, l’incontro tra Francesco e il Sultano 800 anni fa” dove sono citati  i suoi libri su tema religioso, e i servizi che usciranno l’11  giugno, “Luciano Radi e i “‘libri dell’anima’ , l’umanità e la fede di una ‘personalità limpida’”  con  i suoi libri di introspezione e riflessione personale, e il 13 giugno,”Luciano Radi, protagonista e testimone del nostro tempo” sulla sua figura, fino al 15 giugno “Luciano Radi, il mio ricordo”.

Foto

In apertura, la copertina del libro di Luciano Radi, “Potere democratico e forze economiche”, 1969; in chiusura, un’immagine di Luciano Radi (da spellooggi.it, si ringraziano i titolari del sito).

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