Cultura d’impresa, l’umanesimo industriale nel convegno di Civita

di Romano Maria Levante

A Roma,  il 24 giugno 2019,  si è tenuto il convegno “Umanesimo industriale: creatività, innovazione e cultura d’impresa” promosso dall’Associazione Economia della Cultura e dall’Associazione Civita nella cui sede  a Piazza Venezia sono intervenuti come relatori  operatori del settore e docenti universitari.  E’ stato svolto il tema generale “Costruire l’immaginario nella competizione globale”, moderatrice Elisa Fulco, Heritage communication consultant. Dopo gli nterventi in programma su questo tema è intervenuta Madel Crasta dell’Associazione per l’Economia della Cultura per introdurre la parte speciale, Il Paese e le sue imprese: il racconto dell’unicità”, relativa all’attività di alcune Fondazioni, la cui trattazione è stata rinviata. Ha sottolineato, tra le altre considerazioni, che il nostro è un  paese con tante identità e c’è  difficoltà a farle coesistere e farne una sintesi, ma devono convivere scienza e cultura,  passato e presente  nelle imprese, e non solo; tecnica e umanesimo sono indispensabili ed è stata istituita un’università in cui sono felicemente abbinati. Riporteremo le principali argomentazioni degli interventi sul tema generale.

Il logo del Convegno

Civita da trent’anni prosegue nell’impegno  di collegare la cultura con le imprese e con l’economia, del resto lo ha nella sua origine – salvare un bene culturale, Civita di Bagnoregio –  e nella sua composizione,  fatta di molte imprese associate con una “mission” culturale.  Le diverse ricerche sulle “Imprese culturali e creative”  hanno scandagliato, e continuano a farlo, questa componente del nostro sistema produttivo più legata alla cultura, mentre con la “Cultura di cittadinanza” e il “Soft Power” ha esplorato temi che stanno a monte e a valle del fatto culturale. Nell’ultimo Rapporto ha analizzato anche il tema “I giovani e la Cultura”  nel mondo dei social del Web. In parallelo a questa attività di ricerca di tipo culturale la promozione di iniziative come le vie Francigene e l’incessante organizzazione di mostre d’arte.  

Il tema del convegno,  storia aziendale e  cultura d’impresa come  “asset” immateriale  

Il convegno attuale è stato presentato da Civita come un modo di  “mettere a fuoco la trasformazione, insieme  culturale e produttiva, che vede il mondo delle imprese italiane  interprete creativo del valore della memoria e di un nuovo umanesimo con, al centro, il rapporto con le persone”.  Le imprese sono impegnate  nel valorizzare la loro storia per trasferire i propri valori all’interno e all’esterno e farne un fattore di sviluppo,  mediante  gli archivi storici e le biblioteche, l’impegno in capo museale le mostre e le produzioni artistiche.

E’ un fenomeno positivo accentuatosi   notevolmente  nella moderna società digitale che offre maggiori opportunità di valorizzare i contenuti immateriali e nello stesso tempo presenta crescenti esigenze e richieste. La ricostruzione della memoria aziendale fa emergere “una storia d’idee, di persone e territori intrecciata all’evoluzione dei processi produttivi, delle tecnologie e della ricerca scientifica: una sintesi fruttuosa che interpreta in pieno il bisogno di riallacciare i rapporti fra la cultura scientifica e quella umanistica”.

Le imprese italiane, in quanto  nella loro attività quotidiana producono e utilizzano una serie di prodotti riferiti alla cultura,  rappresentano un sistema culturale con implicazioni  di tipo storico, sociologico ed economico che concorre, con le Istituzioni, alla creazione della cultura del Paese. 

Pertanto il recupero della loro memoria storica, e la sua valorizzazione, può portare a notevoli risultati: da quelli più strettamente aziendali, legati al marketing nella qualificazione  dei prodotti con il “brand heritage”  e alla migliore consapevolezza del “Know how”  aziendale; a quelli più generali, come la condivisione dei  valori con la società e la valorizzazione del territorio con il turismo industriale promosso anche  dall’interesse suscitato per la propria storia.

.Innocenzo Cipolletta nel ricordare questi temi, ha portato il saluto dell’Associazione Economia della Cultura, di cui  è stato Presidente, e ha presentato l’omonima  rivista –  è uscito il 1° numero del 2019 nelle edizioni del “Mulino” – nella quale la materia viene trattata sistematicamente in modo approfondito.

Ha sottolineato che il rapporto tra imprese e cultura interessa tutto il territorio e le comunità  che vi si trovano e vengono investite dai cambiamenti epocali che sconvolgono l’economia. Ha citato il passaggio traumatico dalla civiltà contadina alla società industriale e quello successivo dalla società industriale alla società dei servizi,  il lavoratore non si rapporta più alle macchine ma alle persone.  Cambiano radicalmente le forme organizzative. Sono fenomeni economici ma anche culturali.

Tra cultura ed economia, ha concluso, non c’è  contraddizione né dipendenza, ma  interdipendenza, quindi relazione reciproca.

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La sala Gianfranco Imperatori prima dell’inizio del Convegno

Cultura d’impresa e territorio, la linea della Confindustria

Importante la presenza della  Confindustra con il Presidente del Gruppo Tecnico Cultura&Sviluppo, Renzo Iorio, secondo il quale  bisogna avere  la consapevolezza che fare impresa con  una visione globale oltre i cancelli dello stabilimento è un elemento chiave  di successo.

L’impresa è legata al territorio e alla comunità  che gli dà vita, quindi  l’etica di impresa va portata  nelle grandi occasioni  culturali, come si sta facendo a Matera, l’attuale capitale europea della cultura; in tale modo tale legame, spesso non riconosciuto, può risultare quanto mai efficace.

Nella competizione globale ci si deve basare sui  fondamentali del nostro paese, che sono forti,  per  costruire  l’immaginario. Con la comunità locale va istituito un rapporto di fiducia che solo comportamenti adeguati possono alimentare.

Il vantaggio competitivo si può creare anche con la qualità della vita che il paese sa esprimere, valorizzando gli elementi immateriali.  Però, a dispetto dei fondamentali, ci troviamo al 12° posto nella classifica dei paesi rispetto al “Soft Power”,  altri sanno comunicare meglio di noi questi valori; eppure le indagini svolte  pongono il nostro paese al primo posto come creatività e capacità inventiva, e come destinazione preferita dei viaggi degli stranieri, e non è solo per la bellezza.

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I relatori, con la moderatrice Elisa Fulco, al centro, durante la relazione del presidente Gruppo Tecnico Cultura&Sviluppo Confindustria, Renzo Iorio, secondo da sin.

La Confindustria  cerca di dare consapevolezza dell’importanza di questo aspetto e dei danni che possono derivare da una percezione distorta della realtà che diventa insoddisfazione. “Occorre lavorare a casa nostra su come siamo e su come rischiamo di diventare perché il vantaggio competitivo è legato al nostro modo di essere,  quindi non deve deteriorarsi”. E questo non riguarda soltanto il turismo, anche se è molto importante;  i nostri fattori competitivi immateriali diventano una vetrina straordinaria per il mercato internazionale, e ciò  comporta  scelte più ampie.

Non bisogna guardare solo al proprio interno di produttori ma al modo di comunicare l’idea di impresa,  mediante la valorizzazione del fascino che ne deriva e non dobbiamo disperdere.  L’imperativo è quello dell’erede consapevole del patrimonio ricevuto che deve lasciare a sua volta in eredità.  I soggetti economici e i cittadini della comunità devono essere uniti nel valorizzare l’immaginario per il vantaggio competitivo del nostro paese.

I Musei aziendali, il valore della longevità d’impresa e il “giudizio di autenticità”

Dalla rivendicazione dell’importanza  di valorizzare la cultura d’impresa alle forme in cui questo avviene. Marco Montemaggi, Consigliere di “Museimprese”,  ha descritto l’organizzazione e l’attività di questo organismo. Fondato nel 2001 da Assolombarda e  Confindustria  per supportare musei e archivi, ha  85 associati e una rete europea, con 25 archivi d’interesse per il MiBAC.  La missione è promuovere la politica culturale dell’impresa, scambi e relazioni, la sua attività è rivolta ai musei e archivi e alle imprese per l’apertura di  strutture artistiche e museali; opera anche con seminari residenziali.

Tra le iniziative e realizzazioni ha citato la Settimana della cultura d’impresa, come cultura del cambiamento, il documentario newmuseum(s), la mostra ”Che storie”  che  a Milano nell’ambito dell’Expo è stata una vetrina per gli associati,  “the great industry game” in  Italia e all’ estero.

Il  patrimonio storico aziendale viene considerato uno strumento al servizio dell’impresa, dimostra come le capacità attuali, pur nei forti mutamenti dovuti all’innovazione,  nascono dalle radici del passato, visto come risorsa e non in senso agiografico.

Appartenenza e identificazione fanno parte di questo modello culturale, tradotto nel museo aziendale che ne dà testimonianza conservando la storia e rappresentandola  come veicolo di valorizzazione.

Il museo dell’azienda  come luogo di presentazione ed evocazione della storia aziendale nella quale si manifesta la cultura d’impresa , fa sentire il cliente parte della storia, trasformandolo  in appassionato, quindi fidelizzato; perciò  va considerato un “asset”  aziendale, strumento di  trasmissione e comunicazione tra azienda e comunità presenti nel territorio.  C’è anche un nome, “heritage marketing”.

Nelle ultime “slide” spiccano le immagini dei musei di imprese celebri, tanti documenti, tante produzioni d’epoca, tante storie. Fino alla frase di Mahler: non si tratta di “culto della cenere, ma di custodia del fuoco”.

La parola agli studiosi, Maria Rosaria Napolitano, Professore di Management all’Università di Napoli Parthenope,  approfondisce il tema del valore della storia aziendale nell’ottica della longevità in rapporto con l’orientamento strategico; in particolare parla delle attività di “heritage marketing” esercitate dalle imprese longeve.

Pone una serie di domande sulle imprese longeve: quali i fattori di longevità? Quale il patrimonio di valori, spesso familiari? Quali le linee strategiche? Quali gli strumenti?  Quale il contenuto della comunicazione?  Ebbene, la risposta è stata una e precisa: è un’opportunità che ancora non viene colta, e lo si vede nelle percentuali per classi di età delle imprese viste sotto questo profilo.

L’ “heritage marketing” è un processo manageriale e sociale con varie fasi: nell’“auditing”  si identificano i fattori,  nel “visiting” si fissano gli obiettivi, nel “managing”  le attività, nel “controllino” le verifiche.

Gli strumenti sono di varia natura, in un mix di narrazione con parole e con immagini di prodotti e brand in luoghi come il museo e in apposite celebrazioni.

La relazione di Chiara Paolino, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, a dx

Chiara Paolino, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, si è posto il problema della misurazione di  come  l’impresa esprime la propria cultura chiedendosi se va fatto  rispetto alla prestazione oppure agli “stakeholders”, cioè i portatori di interesse, se deve essere solo una misura quantitativa  e se va considerato anche l’impatto sul sistema culturale e artistico.  

E’ una misura della produzione culturale che nelle imprese di successo fa sorgere l’interrogativo: “sono ricche perché investono in arte e cultura oppure l’inverso”,  cioè  fanno tali  investimenti perché hanno un surplus di risorse?

Quale che sia la risposta, viene sottolineata l’Importanza dell’investimento culturale dell’impresa che emerge dai risultati di un’apposita ricerca sulle imprese italiane, la “corporate collection”. E’ emersa la necessità di una maggiore socializzazione con lo sviluppo di sistemi di gestione della conoscenza assicurando la capacità di supportarli, in una “governance” organizzativa profondamente rinnovata.

Vi è anche un “giudizio di autenticità” che nasce dalla verifica del rapporto integrato tra  “stakeholders” e  valori, “skills” e processi, il tutto storicizzato, che porta a ripartire le imprese in diverse categorie. Importante considerare l’innovazione, con la quale l’impresa impara a fare ciò che prima non faceva, lo vediamo anche in campo artistico dove l’artista apprende pratiche e modalità nuove.

C’è una stretta interazione,  per cui le professioni museali diventano attività d’impresa e viceversa,   parla di “lateral thinking”, pensiero laterale, e del fatto che l’innovazione viene collegata allo “storyrelling” riferendola alle radici della storia aziendale come Montemaggi di “Museimpresa”.

Si  leggono le parole chiave che riassumono  i  motivi anche interiori direttamente toccati:   relazioni fiducia emozioni esperienza estetica storia memoria identità nostalgia identificazione appartenenza ricordi orgoglio autenticità  conservazione restauro valorizzazione.

Per quello che evocano ci sembra possano concludere il nostro resoconto quanto mai sommario dell’esplorazione in un campo nel quale l’ottica aziendale si coniuga con la visione  personale profondamente umana; alla quale tiene in particolare il presidente di Civita Gianni Letta.

Un’altra immagine della sala del Convegno

Info

Convegno nella sede dell’Associazione Civita, Sala Gianfranco Imperatori, Piazza Venezia  11, Roma. Per i precedenti convegni di Civita su temi e iniziative culturali cfr. i nostri articoli in www.arteculturaoggi.com: nel 2019: su “I giovani e la cultura, I ‘Millenials’ nell’XI Rapporto di Civita” 11 e 18  aprile; nel 2018: “WeAct per le Gallerie Nazionali d’Arte Antica” 20 dicembre, sulla “Cultura come diritto di cittadinanza” 20 e 25 ottobre, sulle “Imprese culturali e creative”  14, 18 febbraio, sul “Soft Power”  11 e 15 febbraio, sulla “Via Francigena”  19 luglio; negli anni precedenti: sulla “Via Francigena”, 18 giugno 2017, 29 agosto 2015, 19 luglio 2014, sul salvataggio di “Civita di Bagnoregio”  20 giugno e 9 luglio 2015, sulle “Imprese culturali e creative” 19 settembre 2014, sugli “Itinerari consolari” 16 marzo 2013, sui “Tesori della provincia di Roma” 29 luglio 2013; inoltre, in www.archeorivista.it, sull’ “Archeologia e il suo pubblico”  26 febbraio 2010, e  in cultura.inabruzzo.it, “Appello contro la recessione culturale” 15 luglio 2010,  le “Domus di Palazzo Valentini”  3 dicembre 2009, “Arte, cultura, territorio” 3 novembre 2009,  la “Via Francigena”  5 ottobre 2009, l'”Hotel della cultura” 17 settembre 2009 (i due ultimi siti non sono più raggiungibili, gli articoli saranno trasferiti su altro sito).  Non si citano i numerosi articoli sulle mostre organizzate da Civita.

Foto

Le immagini del Convegno sono state riprese da Romano Maria Levante nella sala di Civita, si ringrazia l’associazione per l’opportunità offerta.  In apertura, il logo del Convegno; seguono, la sala Gianfranco Imperatori prima dell’inizio del Convegno, e i relatori, con la moderatrice Elisa Fulco, durante la relazione del presidente Gruppo Tecnico Cultura&Sviluppo Confindustria, Renzo Iorio; poi, la relazione di Chiara Paolino, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e un’altra immagine della sala del Convegno; in chiusura, dalla terrazza della sala del Convegno, la vista sul Vittoriano.

Dalla terrazza della sala del Convegno, la vista sul Vittoriano.

9 risposte su “Cultura d’impresa, l’umanesimo industriale nel convegno di Civita”

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