Pietracamela, 2019, 2. Il Borgo in Arte, pittura e musica, teatro e tradizioni

di Romano Maria Levante

L’agosto che nei primi giorni ha sollecitato memoria e nostalgia con il ricordo della mitica Luigina a Ponte Arno, l’antica “stazione di posta” al bivio sulla Statale ’80,  negli ultimi giorni ha fatto appello all’arte e alle tradizioni. Il “Borgo in Arte” è diventato un appuntamento costante, quest’anno anticipato al 17 agosto, il giorno dopo la festa di San Rocco del 16, in un abbinamento significativo. Infatti sono nel DNA e nelle tradizioni del borgo arte e cultura, unite alla forte religiosità espressa nella antica  devozione per il santo, sentito come patrono, insieme a San Leucio cui è intitolata la chiesa madre, la chiesetta di San Rocco è posta alla sommità del paese, sulla “Via degli Aquilotti del Gran Sasso” che sale verso la montagna.

La “locandina” del “Borgo in Arte” 2019

L’Arte è impersonata dal pittore Guido Montauti, di cui lo scorso anno è stato celebrato il centenario della nascita, scomparso nel 1979 lasciando una forte impronta con i suoi dipinti evocativi di un “quarto stato montanaro” – come lo abbiamo chiamato – sagome assorte tra le rocce, poi i cespugli, le bande oblique, e la rarefazione finale fino all’Empireo, con due delle ultime opere  in cui torna quasi figurativo per lasciare il testamento pittorico, “Lettera”  e “Pastori”, non più sagome assorte quasi assenti nella loro attesa paziente, ma volti di una comunità consapevole, ben delineati, compunti e in ascolto.

E poi la cultura, che ha una storia, ce la ricorda acutamente Lidia Montauti, l’ideatrice e curatrice anche con sacrificio personale delle due mostre fotografiche di alcuni anni fa “I matrimoni di una volta” e “I bambini di una volta” : ha osservato che le maestre e i maestri di Pietracamela nel ‘900  hanno “alfabetizzato” il comprensorio del Gran Sasso e Monti della Laga, insegnando nei paesi e borghi, anche i più isolati, dove si fermavano in modo stabile nei lunghi inverni sotto la neve, e ne abbiamo avuto esperienza diretta anche a livello familiare.

Su queste antiche radici sono nati nel tempo i libri di autori pretaroli: i libri sulla montagna, dall’antico saggio su Corno Piccolo ristampato di recente di un precursore, fondatore del gruppo “Aquilotti del Gran Sasso”, il primo in Italia, gruppo celebrato nel “Borgo in Arte” dello scorso anno,  alle appassionate rievocazioni di una vita sul Gran Sasso di altri due grandi alpinisti pretaroli, oltre al libro sugli “Aquilotti del Gran Sasso”,  con le conquiste degli alpinisti locali, di un tempo lontano e attuali; i libri sulle memorie e storie  del paese, dai personaggi controversi come Manodoro e dalle  leggende montanare e memorie personali all’epopea dell’emigrazione; i libri su temi di interesse generale, storici sull’Unità d’Italia e sui Carabinieri nella storia italiana, religiosi-filosofici  su Gesù come uomo, sulle contraddizioni e gli interrogativi in merito alla fede e dell’esistenza fino a Dio,  economici sulla globalizzazione, d’inchiesta sul D’Annunzio del Vittoriale nel suo profilo interiore e nella storia d’Italia,  con riferimenti paesani anche premonitori, in particolare alla novella dannunziana “Come la marchesa di Pietracamela donò le sue belle mani alla principessa di Scurcola”.

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Forse un’idea meritevole di essere tenuta presente per le prossime edizioni della manifestazione può essere l’esibizione di questo giacimento culturale paesano, che non sembra modesto;  e, per la novella dannunziana, semplice da rappresentare quanto spettacolare, la messa in scena – anche nel “teatro da strada”- di una versione tra le case di pietra del centro storico, con una voce narrante e due personaggi, il pittore Fiamignano che dipinge un ritratto,  la “marchesa di Pietracamela” che posa e si scambiano poche intense battute, fino all’intrigante quanto suggestiva visione  conclusiva. Il Presidente della Fondazione “Il Vittoriale degli Italiani”, Giordano Bruno Guerri, potrebbe non essere indifferente a una simile iniziativa, avendo rappresentato Van Gogh al Vittoriano a Roma, figurarsi per D’Annunzio del quale – oltre ad essere custode appassionato e dinamico della memoria con continue iniziative culturali  e biografo dell’”amante guerriero” –   sembra la reincarnazione.

Naturalmente, la produzione culturale andrebbe esibita a fianco di quella tradizionale artigiana, è cultura  anch’essa, e  nella festa di quest’anno prodotti artigiani sono stati di nuovo sciorinati: sarebbero i versanti della cultura locale in una felice sinergia.

Romolo Intini impersona il versante artigiano in varie forme, quest’anno  non ha partecipato come maestro cardatore, tuttavia ha esposto  lavori in legno ammirati da tutti, tra cui una scena da osteria di ieri, un tavolo e 4 avventori. Ma ci sono state anche altre esposizioni di semplici appassionate,  nei cui occhi si leggeva la fierezza di presentare oggetti preparati con amore in una tradizione rappresentata anche da loro, che suscita un senso di nostalgia.

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Nulla di nostalgico, ma di molto moderno, invece, nel complesso musicale “Le Galassie” che ha vivacizzato la serata nel “Belvedere Guido Montauti”; anche qui voglia di condividere le proprie emozioni, questa volta musicali, nell’impegno dei musicisti  e delle due cantanti, diverse nell’abito,  nero l’una,  bianco l’altra, ma unite nella passione con cui hanno sciorinato un repertorio travolgente, mentre la notte portava un’aria sempre più fresca che però non raffreddava il pubblico infervorato.

 “Borgo in Arte”  è anche questo, ma è soprattutto Arte. E qui, pur non essendo in senso stretto “Street Art” perché le opere esposte in strada erano compiute e non “in fieri”, si aveva questa sensazione, di vederle nascere “in loco”, essendo in carattere con l’ambiente montanaro.  L’esposizione si è svolta come sempre  nel centro storico, dal largo con vista panoramica sulla vallata di un verde di straordinaria intensità, alla scalinata sotto l’arco che porta alla vecchia sede del Municipio, fino al dedalo di vicoli divenuti una sede espositiva quanto mai pittoresca.

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Tra i pittori nel “Borgo in Arte” c’è la costante di Paolo Foglia, rimastoci impresso per la sua iniziale simbiosi con il poeta Francesco Bernabei, che negli anni scorsi avevamo ritrovato come lettore poetico e narratore di storie, come quelle montanare degli “Aquilotti del Gran Sasso”;  un  “performer”  che con la folta barba di quest’anno ha accresciuto il suo impatto carismatico, e ha scelto il monologo di “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin, con qualche malizioso riferimento alle polemiche politiche accese nell’estate. Un momento suggestivo di forte emozione per tutti, anche per lui  che ha detto successivamente di essersi espresso “nella rabbia della mia voce, nella tristezza del cuore” perché “l’attualità delle parole è terribile, come è terribile tutto quello che l’umanità è divenuta. Circondati da dotti medici e sapienti perdiamo di vista la nostra umanità, restiamo quindi in questo stallo, miopi al vedere avanti, reclusi nelle nostre ruote da criceto”.  Anche nel “dopo performance” c’è la declamazione appassionata con il carisma del profeta.

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Infine le fotografie, non vanno considerate secondarie, sono nel cuore della festa. In primo luogo quelle “storiche”, dove i paesani possono riconoscersi:  Vittorio Giardetti, tornato come ogni anno dalla sua residenza americana sull”Ontario – per una vita è stato tecnico del governo alle cascate del Niagara – ci indica la sua foto da bambino con la madre, “la Stella”, in una vecchia immagine ingrandita; come Aligi Bonaduce, solo lui poteva riconoscersi, si vede in parte la sua testa con la fronte fino agli occhi in una scampagnata ai Prati di Tivo, davanti al padre Francesco che suona la chitarra in un duo con Berardino Giardetti, l’autore di 4 dei libri citati all’inizio,  al mandolino, e tanti intorno, tra cui Osvaldo Trinetti, Mamung, la piccola Rina Filippi figlia del  “guardaboschi” Gianni e della “levatrice” Giuseppina di un’epoca  lontana nel tempo e nei costumi. Lo scorso anno Celestina De Luca si riconobbe in una delle due ceste in groppa a un mulo, nell’altra il fratellino, al lato i genitori, quest’anno Vittorio e poi Aligi.

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Qualcosa si deve aggiungere su Aligi, di cui abbiamo appena parlato citando la foto che ne ritrae parte del viso da bambino, è suo l'”Archivio Bonaduce” accessibile su Facebook. La parte antica dell’Archivio, ci ha confidato, è riuscito a costruirla  negli anni,  presentandosi nelle case degli anziani del paese con uno “scanner”, altrimenti per timore che le vecchie foto si perdessero o non fossero restituite per dimenticanza sarebbe stato difficile averle in prestito, le scansionava in loro presenza, mentre la parte moderna si deve alla passione unita alla maestria sua e del figlio Flavio. Vediamo esposte immagini suggestive del Gran Sasso che assume tante vesti,  e inquadrature speciali come quella in cui il paese è ripreso in una cornice di fronde cariche di neve, e un’altra in cui il “mare di nuvole” sembra la prosecuzione del pianoro innevato, fino a quella con le impronte sulla neve fresca e la montagna di sfondo, una metafisica montanara.

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Vittorio Giardetti indica la sua immagine di bambino davanti alla madre, “la Stella”

Un grande merito di Aligi – oltre al suo nome dannunziano – è la sequenza di immagini del pittore Guido Montauti ripreso al “Grottone”,   ne sono esposte tre di un’ampia serie che lo segue nella sua ascesa alla grotta e nella discesa, poi fino a Vena  Grande; un servizio fotografico il cui già elevato valore è moltiplicato dal fatto che proprio il “Grottone” dove viene immortalato – è il caso di dirlo – tre decenni dopo è crollato nella vallata distruggendo gran parte delle  “Pitture rupestri” – tre si sono salvate e sono state restaurate –  realizzate da lui con il gruppo del “Pastore bianco”,  cui diede un significato simbolico, per cui la sua figura in alto resta come nume tutelare.

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Nella foto in alto a sin. Berardino Giardetti al mandolino, davanti Francesco Bonaduce alla chitarra con, in primo piano, a sin,. la fronte del piccolo Aligi

La parte dell’esposizione fotografica in chiave paesana ci fa ripensare alle due mostre sopra citate svoltesi a Pietracamela negli anni scorsi, nel mese di agosto – con la cura appassionata di Lidia Montauti insieme a volenterose collaboratrici – abbinate all’esposizione di oggetti coevi, specchio di tradizioni secolari.

Il Museo delle Genti e delle Tradizioni Popolari, che si trova nella sede comunale inagibile in attesa di definitiva sistemazione, andrebbe vitalizzato e integrato con un’esposizione permanente delle fotografie presentate nelle due mostre sui matrimoni e i bambini di una volta e di quelle che potrebbero fare oggetto di altre mostre continuando la serie ora interrotta. Perché gli oggetti di una volta, pur evocativi, da soli non rendono ciò che la fotografia trasmette: il senso della vita, della vita di allora.

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Le altre fotografie, tante, fissate sulle porte soprattutto antiche del centro storico, e  sulle pareti esterne in pietra delle abitazioni, spaziano su vari temi, la montagna è presente ma non solo, alcune sono istantanee nate dall’impulso del momento, altre molto ricercate nei loro effetti pittorici.

Arte e tradizioni, musica e cultura, anche fotografica,  dunque. Ma non  poteva mancare la parte culinaria, del resto è cultura la tradizione enogastronomica, molto viva anche nell’antico “nido delle aquile”, come fu definito il borgo di Pietracamela. E non è mancata, con la tavolata nel largo che immette nel centro storico, ovviamente all’insegna della tradizione.

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Al centro Guido Montauti, a sin. una delle “Pitture rupestri” del suo gruppo pittorico “Il Pastore bianco” distrutte dalla frana del “Grottone” dove l’artista è ritratto a dx

Dal  “Borgo in Arte” una prova di vitalità e uno stimolo per il rilancio

Non finisce qui l’impatto della manifestazione, è stato  anche un momento di riflessione, che desideriamo condividere con chi ha a cuore il futuro del paese. Il borgo sta curando le ferite del terremoto, ma senza  cantieri troppo vistosi, a parte alcune ricostruzioni radicali; ci sono passaggi protetti e passaggi interdetti, nel segno dell’ordine e del decoro che trova il Comune molto attento, anche all’erba che cresce nelle aree trascurate per la quale ha emesso apposita ordinanza;  e, sul piano della pulizia stradale, l’addetto comunale Carlo, scrupoloso per formazione familiare, non vuole trascurare neppure l’erbetta ai bordi, nessuna cartaccia, nessun rifiuto, soprattutto per chi viene da Roma come noi  è un miracolo. Anche l’”isola ecologica” all’ingresso del borgo rientra in questa attenzione scrupolosa e benemerita.

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Pietracamela soffre dello spopolamento di quasi tutti i piccoli borghi montani, ma non è abbandonato come molti di essi, abbiamo già sottolineato come la Ruzzo Reti abbia installato lo scorso anno più di 800  contatori rispetto ai residenti stabili che sono poche diecine. Questo perché la nuova forma di presenza dei cittadini, gli autoctoni definiti qui “i naturali”,  è  “a rete”, dal piccolo nucleo dei residenti stabili ai cerchi concentrici che si allargano alla provincia e alla regione, alla nazione e all’estero con gli emigrati. 

Sono così affezionati che uno di loro – Gino Di Venanzo, “nick name” Geppetto – ogni anno torna  e pianta per tre mesi le bandiere di Italia ed Europa, Canada e Stati Uniti su Vena Grande, la roccia identitaria a forma di cammello che domina il paese cui sembra abbia dato  il nome, come segno del proprio attaccamento. Le avevamo criticate come “banderillas” sul  cammello quasi fosse un toro da “matare” credendole un qualcosa di stabile e istituzionale che deforma una scultura naturale, come le pale eoliche sfregiano i contorni del paesaggio in molti altri luoghi, per fortuna non in questi; ma conosciutane l’ origine, diamo atto che per i tre mesi di ritorno dell’emigrato marcano invece una  identità paesana che non si perde in una vita all’estero e viene meritoriamente riaffermata con forza. Bravo, Geppetto, il tuo Pinocchio  di bandiere è un atto d’amore che ti fa onore e rende onore a quelli che come te tornano al paese delle loro origini. Tra questi Matteo Giardetti, con i figli Matthews, Mark, Donna  e famiglie, i nostri nonni emigrarono insieme per le “lontane Americhe” nel giugno 1906 sulla nave “Sicilian Prince”, il sito di Ellis Island ci ha fornito il foglio d’imbarco.

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Si potrebbe  integrare nel Museo delle Genti e delle Tradizioni Popolari un Museo dell’Emigrazione con tante storie di vita e di successo, sarebbe istruttivo ed esaltante per i tanti che sono fieri del loro coraggio e della loro abnegazione. Iniziative per celebrare gli emigrati – i quali rappresentano la storia e l’anima del borgo trasferita da decenni all’estero – accogliendoli con tutti gli onori, sono altamente auspicabili. 

E allora, riprendendo l’intervento a Ponte Arno del presidente della Provincia di Teramo, Diego Di Bonaventura, il territorio dovrebbe diventare il riferimento per ogni iniziativa, né le poche diecine di residenti possono provvedere da soli a tutelarlo, occorre fare molto di più da parte delle istituzioni. E operare senza lo scarico di responsabilità, come avviene tra Parco e Comune sulla manutenzione dei sentieri, indicati da belle frecce in legno con tanto di tempi di percorrenza ma spesso impraticabili.

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I residenti sono una risorsa, un presidio minimo ma indispensabile, e vanno sostenuti nella loro scelta di restare, coraggiosa e meritevole, anche con esenzioni fiscali; da riservare, in particolare, anche alle scarse attività economiche seguendo la via milanese di aiuto ai comuni spopolati, così da creare anche le condizioni per il ripristino del “Bar del Parco” che animava la piazza del paese.

Anche in questo sta il valore dell’annuale “Borgo in Arte” di Paolo di Giosia, nell’esprimere la vitalità del borgo e nel ricordare la sua storia e le sue tradizioni, la sua cultura e la sua arte; ma non soltanto in senso rievocativo, bensì come stimolo ad operare perché torni ai fasti di un tempo nelle nuove condizioni imposte dallo spopolamento.

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Il turismo è sempre stato una leva importante per il benessere della popolazione, quando il numero di abitanti era consistente, ora deve esserlo anche per la salvaguardia del territorio, affinché da paese spopolato non decada in paese abbandonato.  Le energie ci sono e la volontà non manca, “Borgo in Arte” ne è una evidente espressione, il merito è della genialità e della cultura dell’ideatore e curatore – che continuerà ad organizzare la manifestazione sostenuta dal Comune anche dopo aver lasciato la presidenza della Pro Loco – ma anche dello “spiritus loci” che aleggia nelle persone e nelle case di pietra di questo “quarto stato montanaro”.

A Ponte Arno si è detto che non siamo  a un punto di arrivo, ma di partenza, di un nuovo inizio, proposito che ha accomunato tutte le autorità presenti, a ogni livello, anche la massima autorità religiosa. Chi vivrà vedrà, appuntamento al prossimo “Borgo in Arte” del 2020, ma andranno posti in essere programmi efficaci e concreti da parte delle istituzioni competenti  per dare corpo al “punto di partenza”, al “nuovo inizio”. Per ora ha dichiarato di volersi impegnare subito, lo ripetiamo, e speriamo concretamente, il presidente della Provincia di Teramo con i sindaci dei comuni interessati, Pietracamela (che include la frazione Intermesoli), Fano Adriano e Crognaleto, dal Gran Sasso ai Monti della Laga.

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Nell’immediato si dovrà riattare, dopo anni e anni di interruzione, la strada panoramica Fano Adriano-Intermesoli, che oltre a ripristinare il collegamento vitale tra le due località fornisce ai turisti un itinerario per Pietracamela con una spettacolare vista del Gran Sasso,  crediamo sia alla portata se si superano le pastoie che finora lo hanno impedito, come per tanti cantieri bloccati dalla burocrazia.  A livello generale si dovranno creare le condizioni, su tutti i piani, compreso quello promozionale, per il ritorno dei flussi turistici, inariditisi soprattutto dopo il sisma del 2009, nelle nuove accresciute condizioni di sicurezza del borgo dalle incomparabili attrattive naturalistiche. Negli anni ‘60 venivano a villeggiare Marina Berti e Claudio Gora, poi Peppino di Capri e Carla Gravina, perché non invitare nel borgo Andrea Giordana che da ragazzo giocava con i coetanei pretaroli?   

Il divario tra l’offerta di bellezze ambientali e la domanda turistica è troppo elevato, un paese di fiaba merita molto di più, di essere conosciuto e apprezzato come quando entrò nel club Anci dei “Borghi più belli d’Italia” per diventare due anni dopo “Borgo dell’anno”. Si era rispettivamente nel 2005 e  2007, tornare ai fasti di allora deve essere più di un obiettivo, un impegno concreto per tutti.

Il complesso “Le Galassie” nel “Belvedere Guido Montauti”, a sin. la fontana che evoca le sagome montanare del pittore locale di fama internazionale cui il luogo è dedicato

Info

I libri di autori pretaroli cui si è accennato nel testo, a parte involontarie omissioni, sono: sulla montagna, Ernesto Sivitilli, “Il Corno Piccolo. Gruppo del Gran Sasso d’Italia”,  Ricerche & Redazioni, 2013 (ristampa anastatica dal 1930), pp. 120;  “ Aquilotti del Gran Sasso. Pietracamela  1925-75” a cura della “Pro loco” di Pietracamela, 1976, pp.140  (nel cinquantenario, storie e ricordi dei pionieri, poi ristampa anastatica con integrazioni nel 2006, a cura di Lino D’Angelo e Filippo Di Donato),  Clorindo Narducci, “Un vecchio zaino di ricordi”, Andromeda Editrice, Castelli (Te), 2008, pp. 112,  Lino D’Angelo, “Le alte vie di una vita”, Verdone Editore, Castelli, 2009, pp. 160; sulle memorie e storie del paese; Berardino Giardetti, “Memoria su Matteo Manodoro da Pietracamela, generale dei briganti, 1762-1812”, Solfanelli Editore, Chieti, 1981, pp. 143,  “Incontro col diavolo e altri racconti montanari”, Ponte Nuovo, Bologna, 1990, pp. 222 (ristampato), ” Le memorie di un ottuagenario qualunque. Alla ricerca della coscienza”, Ponte Nuovo, Bologna, 1992, pp. 368;  Clorindo Narducci, (Pjitto) “Pietracamela. Tra storia e leggenda”,  Demian Edizioni, Teramo, 2014, pp. 80; Romano M. Levante, “Rolando e i suoi fratelli. L’America!”, Andromeda Editrice, Castelli, 2006, pp. 360;  su temi generali:  storici, Berardino Giardetti, “Grandezza e miserie dell’Unità d’Italia”, Ponte Nuovo, Bologna, 1992, pp. 458, Gelasio Giardetti,  “I Carabinieri nella storia italiana” , Associazione Nazionale Carabinieri Editrice, Roma, 2018, pp. 394; religiosi-filosofici, Gelasio Giardetti”, “Gesù l’uomo”, Andromeda Editrice, Castelli, 2008, pp. 320, “Dio, fede e inganno”,  2013, pp. 242  e  “L’uomo, il virus di Dio”,  2014, pp. 188,   entrambi Arduino Sacco Editore, Roma;  economici, Romano M. Levante (con Luciano Radi), “La macchina planetaria. Quali regole per la corsa alla globalizzazione)”, Franco Angeli, Milano, 2000, pp. 112;  d’inchiesta, con riferimenti al paese, Romano M. Levante, “D’Annunzio, l’uomo del Vittoriale”, Andromeda Editrice, Castelli, 1998, pp. 528 (la novella dannunziana citata nel libro e ricordata nel nostro articolo,  “Come la marchesa di Pietracamela donò le sue belle mani alla principessa di Scurcola” è del  27 ottobre 1887,  da “Grotteschi e rabeschi” del “Duca Minimo” 18 ottobre – 10 novembre 1879). Cfr., in www.arteulturaoggi.com,  i nostri articoli a commento di alcuni dei libri citati: sul libro di Ernesto Sivitilli,  27 agosto 2013, sui libri di Clorindo Narducci, 3 e 7 luglio 2016,  e di Gelasio Giardetti,  4, 6, 8, 10  novembre 2018 per il libro su tema storico, 3, 10 giugno 2015 e 2 febbraio 2014 per due libri su tema religioso-filosofico.            .

Per i nostri servizi su Pietracamela, sulle feste del “Borgo in Arte”  degli scorsi anni e  le mostre sugli antichi costumi del paese, il percorso artistico del pittore Guido Montauti di cui nel 2018 si è celebrato il centenario dalla nascita e il premio “Pitture rupestri” a lui dedicato, v. Info del precedente articolo su Ponte Arno, con indicate le date di pubblicazione dei servizi sul sito www.arteculturaoggi.com e su altri siti.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nel corso della manifestazione, si ringraziano gli organizzatori per l’opportunità concessa. In sequenza, dopo la locandina, 4 immagini di quadri esposti nella peculiare “street art”, seguite da 9 immagini di fotografie esposte, nell’alternanza tra foto d’epoca, per lo più dell'”Archivio Bonaduce”, e foto contemporanee di autori vari, seguite da 3 immagini dell’esibizione di prodotti di artigianato tradizionale, e 2 del complesso musicale “Le Galassie”. Ringraziamo gli autori di quadri, fotografie e coloro che hanno presentato i prodotti artigianali che non citiamo limitandoci a sottolineare con didascalie – oltre alla locandina in apertura e alle due immagini di chiusura del complesso musicale – tre immagini, per il loro valore identitario: l’immagine n. 9 in cui Vittorio Giardetti indica la sua foto da piccolo, con dietro la madre; la n. 10, che mostra alla chitarra Berardino Giardetti – l’autore di 4 dei libri citati all’inizio e in modo più specifico in Info – e al mandolino Francesco Bonaduce con davanti Aligi, la n. 12 con Guido Montauti al “Grottone” e la “Pittura rupestre” nel servizio di Aligi Bonaduce.

Complesso “Le Galassie”, un primo piano del batterista e del chitarrista

13 risposte su “Pietracamela, 2019, 2. Il Borgo in Arte, pittura e musica, teatro e tradizioni”

  1. Dopo il primo ricordo a Ponte Arno della mitica Luigina Trentini, dov’era la sua antica “stazione di posta”, che ha sollecitato memoria e nostalgia nei primi giorni di agosto, il Levante fa appello all’arte e alle tradizioni “Il Borgo in Arte”, appuntamento costante dopo la Festa di San Rocco, che fonde le tradizioni del borgo arte e cultura con la forte religiosità per il santo.
    L’arte è impersonata dal pittore Guido Montauti per aver lasciato una forte impronta con i suoi dipinti evocativi di un “quarto stato montanaro” e, poi, la cultura che ce la ricorda Lidia Montauti, ideatrice e curatrice delle due mostre fotografiche di alcuni anni fa “I matrimoni di una volta” e “I
    bambini di una volta” con sacrificio personale.
    Su queste antiche radici una serie di notizie fornite dall’autore sui i libri di autori pretaroli: i libri sulla montagna, del gruppo “Aquilotti del Gran Sasso” (il primo in Italia, gruppo celebrato nel “Borgo in Arte” dello scorso anno), appassionate rievocazioni di una vita sul Gran Sasso di altri due grandi alpinisti pretaroli, i libri sulle memorie e storie del paese dalle leggende montanare e memorie personali all’epopea dell’emigrazione, i libri su temi di interesse generale, storici sull’Unità d’Italia e sui Carabinieri religiosi-filosofici su Gesù come uomo, economici sulla globalizzazione.
    Poi, il vero servizio culturale alla Levante, idee meritevoli di essere tenute presenti per le edizioni dei prossimi anni come la messa in scena del “teatro da strada” in versione tra le case di pietra del centro storico, il pittore Fiamignano che dipinge un ritratto, il Presidente della Fondazione “Il Vittoriale degli Italiani”, potrebbe non essere indifferente a una simile iniziativa, per quanto rappresentato per Van Gogh e D’Annunzio.
    L’assenza di Romolo Intini del versante artigiano come maestro cardatore, ma ci sono state anche altre esposizioni di semplici appassionati, con la fierezza di presentare oggetti in una tradizione che suscita nostalgia e, ancora musica, cantanti e tanta arte descritta con riferimenti personalizzati e particolari e con le sempre presenti info e foto.
    A questo punto, una mia riflessione sull’autore, giusta e anche suggerita da questo servizio che annualmente si ripete in agosto a Pietracamela, quando viene da Roma per le ferie che non restano tali perché la sua passione non lo consente.
    Io, che lo seguo i suoi servizi da diversi anni e che ritengo unico e valido il suo modo di spiegarli, pur rendendomi conto del suo grande impegno che richiede l’essere residente a Roma, gradirei che qualche volta trovasse tempo di realizzarne qualcuno della provincia di Teramo che meriti di essere illuminato dalla genialità, e dalle altre sue doti di giornalista – scrittore completo, che suggerirei, nell’arte della Danza Classica, in Liliana Merlo: Ballerina, Insegnante, Coreografa e Pioniera della Nuova Danza Italiana, per il tanto che ha fatto per i suoi allievi e per i tanti guidati al professionismo e alla coreografia, rendendo un servizio pubblico e sviluppando arte e cultura insieme.
    Mi piace immaginare, da quanto ho letto su Facebook – Gruppo “Quelli che non dimenticheranno mai Liliana Merlo”, Pagina AISACS “Liliana Merlo” e su YouTube Archivio “Liliana Merlo” come, il Levante, con tutte le capacità che possiede e che ben conosco, riuscirebbe a realizzare un servizio veramente valido e brillante di una grande artista (Alberto Testa la definì “umile e silenziosa” e “Una signora dai modi pacati e gentili …”, Giammario Sgattoni disse di lei “ha donato ritmo, eleganza e sorriso a miriadi di fanciulle …”) e i tanti che l’hanno conosciuta la apprezzano ancora per la divulgazione della Danza e per la crescita culturale e sociale di Teramo.

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