Eduardo Ioele, dal nulla all’infinito, nello spazio di Dio

di Romano Maria Levante

Non è solo un modo di ricordare, nel trigesimo dalla sua scomparsa, l’antico collega  e amico di sempre Eduardo Ioele parlando della sua ricerca volta ad esplorare i “grandi  interrogativi universali” che le anime sensibili come la sua si pongono da sempre: “Che cosa è la materia, da dove viene la vita, chi siamo noi piccoli esseri dotati di coscienza, da dove veniamo e dove andiamo, siamo soli e, infine,  siamo emersi in questo sconfinato contenitore cosmico per un puro accidente o siamo inseriti in un grande progetto?”. Sono le sue parole che introducono il libro nel quale ha condensato  “decenni di studi, ricerche e riflessioni”,  a latere dell’attività  professionale nel più grande gruppo energetico nazionale,  dopo averne esternato i risultati nelle conferenze in sedi qualificate:  Eduardo Ioele, “Fra il nulla e l’infinito. Lo spazio di Dio”  è la sua  opera che portiamo  all’attenzione oggi non solo come nostro personale omaggio alla sua memoria, ma anche come prezioso contributo,  valido tuttora,  alla comprensione dei grandi misteri dell’Universo; parla anche dei “buchi neri” – ed è di questi giorni il Premio Nobel a tre scienziati che li hanno studiati – accennando perfino ai “buchi bianchi”. E tra i misteri dell’Universo il più coinvolgente è il mistero della vita, esplorato alla luce delle prospettive offerte dal pensiero scientifico e dalla fede religiosa.

La copertina del libro di Eduardo Ioele

Eduardo Ioele, l’indimenticabile Dino per chi scrive e per gli altri amici, introduce la sua accurata ricerca ricordando gli atteggiamenti più comuni,  derivanti dalla scelta fra tre alternative: “Accettare serenamente i principi  e le ‘verità’ della fede che c’è stata trasmessa, preferire un comodo agnosticismo non facendoci  carico del problema, abbracciare il materialismo e il positivismo  più rigorosi e attribuire l’universo e la vita al caso”. Ebbene, lui rifiuta tali comode semplificazioni per la scelta più difficile: “Personalmente continuo a pensare che una risposta bisogna pur sempre cercarla, anche sapendo che sarà in ogni caso difficile approdare a una conclusione definitiva”.

In questa ricerca  di una vita intendiamo seguirlo, immergendoci nella rilettura del suo libro proprio nel giorno delle sue esequie, per sentirci vicini all’amico e sentirlo vicino a noi in questo viaggio nella sua esplorazione appassionata. Ma proprio  la sacralità del momento in cui avviene la celebrazione nella quale ci immedesimiamo mentre leggiamo e scriviamo,  ci porta a limitarci a pochi accenni sull’’analisi pur attenta e rivelatrice dei misteri dell’infinitamente grande, il cosmo, e dell’infinitamente piccolo, l’atomo e le particelle, per farci accompagnare dall’amico nel volo verso l’infinito con approdo nello “spazio di Dio”.

L’inizio della prima delle 10 terne illustrative dei temi trattati dal libro di Eduardo Ioele: l’infinitamente piccolo dell’atomo, l’indinitamente garnde del cosmo con i pianeti,
“lo spazio di Dio” con le immagini di Dio creatore

L’infinito

Dobbiamo premettere che non c’è improvvisazione nelle sue conclusioni, del resto la propria formazione scientifica e la stessa attività professionale tecnicamente rigorosa non glielo avrebbero  consentito. Per questo  suo rigore intellettuale parte da un’attenta ricostruzione di quanto acquisito nel pensiero universale dai filosofi dell’antica Grecia, passando per la fisica classica rinascimentale fino alle conquiste del ventesimo secolo.  Su queste solide basi approfondisce la visione sull’origine dell’universo, sulla natura e la composizione dei corpi celesti, fino a  delineare il destino ultimo del mondo nelle concezioni scientifiche più avanzate.  Ed è da qui che spicca il volo verso l’infinito entrando in una dimensione trascendente pur se legata alle evidenze della scienza, dimensione che non può essere ignorata quando la scienza non riesce a dare delle risposte, e implicitamente nella sua dichiarata impotenza fa approdare alla fede.

L’infinito è nella mente di Ioele, il nostro Dino, fino a contrapporre al pensiero di Blaise Pascal, “il silenzio eterno di questi spazi infiniti mi spaventa”, il proprio: “Il mare  e il cielo si fondono all’orizzonte, ma l’uno è nell’immensità, l’altro nell’infinito”,  non ne è spaventato ma ammirato, la sua non è solo una precisazione, è una sublimazione.  E di Pascal  evidenzia il pensiero che ha ispirato il titolo del libro, e colloca l’uomo “fra il nulla e l’infinito”: “Che cos’è l’uomo nella natura? Un nulla in confronto con l’infinito, un tutto in confronto al nulla, qualcosa di mezzo tra il nulla e il tutto”.

Non evita i passaggi più ardui, nell’infinitamente grande, il cosmo, esplora “i paradossi dell’infinito” secondo cui sia l'”infinito spaziale” che l'”infinito temporale” postulerebbero che ogni parte dell’universo sarebbe infinita, “compresi noi stessi” e ogni evento sarebbe eterno mentre invece il tempo scorre dinanzi a noi. E gli “enigmi del finito” , che porrebbero il problema “su come finisce l’universo e cosa ci sia oltre, cioè all’idea di un confine cosmico”, mentre invece l’universo è in continua espansione. ma prima del “finito” in un universo ipotetico c’è il finito dell'”infinitamente piccolo”.

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L’infinitamente piccolo

Esplorando l’infinitamente piccolo entra “nel cuore dell’atomo”, partendo dall’antica Grecia, con Talete, Democrito e Lucippo, fondatori della teoria atomistica; per saltare al 17° secolo, con l’anglo-irlandese Boyle e il francese Lavoisier, uno dei padri della chimica che confermò l’esistenza degli atomi, “il suo grande genio non gli evitò di finire ghigliottinato a soli 51 anni, dopo un processo sommario a seguito di false accuse”, ricorda anaramente Ioele. E poi la scoperta del “peso atomico” da parte dell’inglese Dalton, cui seguì la Tavola periodica degli elementi in base al peso atomico del russo Mendeleiev, la scoperta che il calore è provocato dall’agitazione degli atomi del trio scozzese-austriaco-statunitense Maxwell, Bolzmann, Gibbs; e l’atomo ha componenti che verranno chiamate elettroni da parte dell’inglese Thomson, mentre l’inglese Rutherford premio Nobel per la chimica trovò sperimentalmente la struttura planetaria dell’atomo con il protone al centro e gli elettroni ruotanti intorno a tale nucleo. Fino al nuovo modello di atomo, per il quale ebbe il premio Nobel, del danese Bohr che sviluppò le intuizioni dei fisici Plank ed Einstein “sulla duplice natura di onda e di particella dell’energia” dell’atomo.

Con Plank la rivoluzione della meccanica quantistica e con Einstein della relatività, in processi scientifici descritti analiticamente da Ioele il quale approfondisce con la sua competenza unita a grande capacità divulgativa i “principi quantistici e relativistici” con “le imprevedibili stranezze della meccanica quantistica” fino alle “particelle elementari e le forze che le governano”, approdando ai “suoni, luci e colori”.

E’ una ricostruzione appassionante la sua, in cui non possiamo seguirlo, con le “costanti della natura” fino alla “ricerca di una teoria del tutto”, come sulla “macchina del tempo” della quale non manca di parlare rievocando le intuizioni di Godel, basate sulla relatività di Einstein di cui era amico e collaboratore, l’ideazione di Tipler basata sul campo gravitazionale, e di Weeler con l’ingresso nei sui “buchi neri”, fino all’italiano Regge con la macchina biologica fondata sull’antimateria dell’americano Feynman.

Ioele mette in guardia dalle false illusioni generate da film fantascientifici anche nell’ipotesi avveniristica del viaggio nel tempo: “Per evitare paradossi storici, un nostro ipotetico ritorno al passato dovrebbe vederci unicamente quali osservatori che non interferiscono nelle vicende e che non sono percepiti dai cittadini dell’epoca visitata”. E conclude: “A questo punto forse è meglio chiudere il rubinetto della fantasia e lasciare che il tempo prosegua nel suo normale decorrere, lasciandoci il presente come unica possibilità”.

L’infinitamente grande

L’immersione nell’”infinitamente grande”  porta alla nascita del cosmo e al suo “destino ultimo”, con le rappresentazioni cosmologiche dopo il “Big Bang” e le varie teorie, da quella “inflazionistica”  all’ “universo oscillante”, fino al “destino delle stelle”, con le “nane”, le “pulsar”  e  i “buchi neri”, la “materia oscura” e  l’”antimateria”.  Tutto in chiave prettamente scientifica,  nella accurata ricostruzione di quanto la mente razionale dei ricercatori di ogni tempo ha potuto scoprire al di fuori di ogni semplificazione fideistica. 

Sono venute tante risposte, ma non “tutte” le risposte. Ed è emerso soprattutto l’ordine che regna nell’infinitamente grande come nell’infinitamente piccolo. Un ordine che non può venire dal “caso” da cui non sarebbe potuto nascere un universo come il nostro, regolato da precise leggi. La teoria del “multiverso” – cioè di molti universi, anzi un numero infinito di universi, e non solo il nostro che pure ci appare infinito –  darebbe una risposta, nel senso che tra infiniti universi  emersi dal “caos cosmico”  uno, il nostro, sarebbe  uscito perfetto.  Analizza attentamente questa teoria, che pure  ha un illustre precedente nell’ “infinità di mondi” di Epicuro, sia pure in accezione più limitata,  e laicamente critica il “rasoio di Ockam” secondo cui “la natura nelle sue scelte opta sempre per la soluzione più economica”.

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Il “multiverso” andrebbe contro tale principio di economicità ipotizzando l’esistenza di un numero illimitato  di universi al fine di pervenire a quello perfetto.  Ma non sempre, commenta Eduardo, questo principio in natura è rispettato, in particolare nella “prosecuzione della specie”  viene sprecato un numero enorme di fattori riproduttivi. Pur con questa precisazione che conferma un’obiettività senza partito preso, conclude così: “In ogni caso, ipotizzare l’esistenza di un numero sconfinato (forse infinito) di universi insensati per giustificare l’unico buono dovrebbe apparire un’enormità anche al più accanito anticreazionista”. Dove l’aggettivo “insensati” ammonisce a non perdere il buon senso e non farsi prendere da vertigine pseudoscientifica, una cosa è lo “spreco” di uova e spermatozoi, peraltro tutti “buoni”, un’altra lo “spreco” di universi, solo uno dei quali  buono, commentiamo in modo irriverente per i “multiversisti”.

Il passaggio dalla scienza alla fede

Ed eccoci alla parte  che maggiormente ci interessa, in questo momento particolare di intensa meditazione. Abbiamo premesso un sommario “excursus” per dare un’idea della ricerca approfondita che ne è alla base.  Il passaggio “dalla scienza alla fede” è introdotto da due citazioni:  “Il caso puro è, non meno del determinismo, una negazione della realtà e della nostra esigenza di capire il mondo” ; “Interrogarsi su un significato, questo è lo zoccolo duro della vita”. Sono parole di Ilya Prigogine e di Anna Carelli, significative dell’orientamento ideale di Ioele il quale dinanzi alla freddezza dell’analisi scientifica, che pure riporta con  rispetto e fiducia,  sente di dover ricercare qualcosa di più, “più alto e più oltre” secondo un motto di D’Annunzio, se ci è consentito aggiungere questa personale citazione cui siamo particolarmente affezionati.

E andare “più alto e più oltre” significa riconoscere i limiti della scienza  quando la ragione non ottiene  le risposte che cerca nell’immanente attraverso l’osservazione, la ricerca  e la sperimentazione che pure consente di svelare molti segreti del mondo reale. Limiti che non vengono meno con l’evolversi anche tumultuoso del pensiero scientifico, anzi si accentuano perché  con il progredire della conoscenza sorgono interrogativi sempre nuovi  e alle risposte ottenute si aggiungono ulteriori domande ancora più difficili da soddisfare. Gli stessi scienziati, ad esempio il fisico italiano Regge e l’americano  Dyson, hanno riconosciuto che “ogni scoperta scientifica alla fine crea più problemi di quelli che risolve”, facendo eco ad affermazioni di scrittori come Goethe secondo cui “il progredire della conoscenza  accresceva i dubbi”, e di filosofi come Norberto Bobbio con il suo socratico “più sappiamo e più sappiamo di non sapere”.

Sembra,  inoltre, che alla scienza siano “preclusi obiettivi finalistici, teleologici, che vengono rimandati al pensiero filosofico e teologico”, in un percorso che Ioele descrive così: “La fede, pur partendo dal pensiero,  sembra collocata ai confini della ragione, ed oltre; essa persegue obiettivi finalistici e percorre una via irrazionale, attribuendo a una ‘Causa Prima’  l’origine e il fine di tutte le cose”.

Ed ecco come si manifesta: “Appare come se la ragione, di fronte all’incomprensibilità di fondo dell’immanente, abbia postulato  il trascendente che colloca il ‘mistero’  in una dimensione non accessibile alla ragione stessa. La fede, dunque, sembra iniziare dove la ragione non arriva”: è un confine mobile, di natura “soggettiva”,  che si sposta sempre in avanti con il progredire della conoscenza per cui, invece di avvicinarsi, la “verità assoluta” sembra allontanarsene di continuo. “Più allarghiamo le nostre conoscenze e più il mistero che ci circonda sembra infittirsi, lasciando sempre aperto lo spazio della fede”.

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Dalla ragione alla fede, la ricerca di Dio

Il filosofo dell’esistenzialismo Kierkegard diceva: “La fede  comincia proprio là dove il pensiero finisce”, mentre Bobbio cerca di resistere a questo inevitabile passaggio quando la ragione lascia irrisolti i grandi interrogativi dell’esistenza: “Io non mi sono mai nascosto di non avere una risposta, e non so chi sappia darla a questa domanda ultima se non per fede… la mia intelligenza è umiliata. Umiliata. E io accetto questa umiliazione. La accetto. E non cerco di sfuggire a questa umiliazione con la fede, attraverso strade che non riesco a percorrere”.

A questa resa del filosofo, Ioele contrappone la propria  orgogliosa reazione: “Perché la ragione dovrebbe  sentirsi umiliata in assenza di una risposta razionale al tutto?  Siamo certi di voler sapere la verità assoluta?” E aderisce al pensiero di Seneca: “Il mondo sarebbe ben piccola cosa se in esso tutto il mondo non trovasse materia per le sue ricerche”.  

Di qui la ricerca di Dio, prima su base razionale, partendo dalle speculazioni filosofiche sull’essere superiore. A cominciare dal sopra citato fisico Dyson  che dice: “Non faccio una netta divisione fra mente e Dio. Dio è ciò che la mente diventa quando ha oltrepassato la scala della nostra convinzione…”.   Fino alla risposta del robot intelligente immaginato da Lem in “Golem IV”, il quale dà questo responso dopo aver esplorato l’intero scibile umano: “L’Universo è un’incomprensibilità totalmente visibile e Dio è un’incomprensibilitù nascosta postulata per spiegare l’incomprensibilità visibile”.

Incomprensibilità che non spaventa Ioele, il quale come sempre fa precedere le sue conclusioni da uno scandaglio in profondità ed estensione che risale  all’avvento della coscienza nell’uomo primitivo alla ricerca di spiegazioni sugli eventi che lo circondano, trovate nelle divinità, miti, mitologie.  Poi il grande Platone, con il mondo “passeggero, effimero e illusorio” dell’esperienza e la realtà vera, “collocata in un mondo trascendente, di idee o forme immutabili, perfette e astratte che è il regno dell’Essere puro, inaccessibile ai nostri sensi”; lo segue Aristotele, con il “primo motore immobile” , il suo Dio “non è creatore” ma oggetto di perfezione cui tendono tutte le cose, così “non può che contemplare se stesso”.

A un certo punto  nella storia millenaria irrompe il Cristianesimo, la cui concezione di Dio creatore  dal nulla di tutte le cose fornisce  una risposta ferma  e convinta ai dilemmi esistenziali irrisolti, il tutto spiegato nelle Sacre Scritture da far rispettare anche con i fulmini dell’Inquisizione. Poi le carte si rimescolano con l’ingresso della scienza, che in un primo tempo assume il compito di rendere manifesto il piano razionale di Dio, con le leggi della fisica viste come prodotto di una mente suprema, tanto che viene considerata una branca della teologia.  Ma  poi  lo spirito di ricerca, con l’osservazione sapiente dei fenomeni naturali,  prende il sopravvento, la rivoluzione copernicana abbatte il sistema tolemaico della centralità della terra, mentre la legge di gravità nel tenere in equilibrio l’universo con il sole e la luna, le stelle e i pianeti, sembra sostituire  la legge divina, di conseguenza si comincia a contestare “il ruolo  e lo spazio del Creatore”.  

Materialismo e positivismo con la negazione di Dio

La perfezione delle leggi naturali che vengono rivelate  progressivamente ma di continuo dalla scienza non è più  ricondotta a una mente superiore, ma a principi meccanicistici e deterministici come quelli di Laplace  che risponde a Napoleone di non aver bisogno  di immaginare Dio, perché “tutto  era determinato in anticipo, e quindi il futuro era contenuto nel passato e nel presente”. Testualmente: “Per un intelletto che a un dato momento conoscesse tutte le forze che animano la Natura… nulla potrebbe essere incerto e il futuro, così come il presente, sarebbero presenti ai suoi occhi”,  In altri termini, commenta Ioele la citazione, “l’idea di Dio sarebbe sostituita con l’idea di natura  e quindi la legge divina con quella di legge naturale”. Intanto la  concezione evoluzionista di  Darwin  definiva la specie umana come risultato della selezione naturale togliendo ogni riferimento all’atto creativo che la faceva risalire alla volontà di Dio.

Seguono, in un crescendo ateistico, il “materialismo” che considera illusione la trascendenza, il “riduzionismo” che riconduce tutto all’istinto, e il “positivismo”  per cui “Dio è un’ipotesi inutile”. Anzi, per Marx, “la fede è qualcosa di peggio della sola illusione o inutilità: essa è dannosa per l’uomo come una malattia che va combattuta e debellata”, e la religione “è l’oppio del popolo”.

Al coro ateista si uniscono Camus e Sartre nel nome della libertà dell’uomo, per la quale “gli dei  non hanno più alcun potere su di lui”, e Nietsche  che proclama la morte di Dio e afferma: “Il concetto di creazione non è per niente definibile né realistico; non è che una parola che proviene dai tempi della superstizione”.  Freud addirittura  definisce la fede come una “nevrosi ossessiva universale”.

Ioele non si ferma qui nell’esplorazione, questa volta non nel mondo naturale ma nelle concezioni materialistiche. Cita Bertrand Russel, secondo cui  “l’origine dell’uomo, il suo sviluppo, le sue speranze e i suoi timori, i suoi amori e le sue convinzioni, non siano altro che  il risultato di configurazioni accidentali di atomi”; e il fisico teorico americano Weinberg che  si muove sulla scia di Russel  nel ritenere la vita umana “il risultato più o meno curioso di una catena di eventi accidentali” e l’universo “senza scopo”.  Fino al biologo francese Monod, direttore dell’Istituto Pasteur e nel 1965 Premio Nobel per la medicina e la fisiologia, il quale “rifiuta la concezione finalistica del mondo e dell’uomo e il suo obiettivo è quello di eliminare qualsiasi tentazione vitalistica e teistica della scienza, spiegando il regno della vita e del cosmo senza alcun ricorso  al trascendente e all’immateriale”, nelle sue parole “l’uomo ormai sapeva di essere solo nell’immensità da cui era emerso per caso”.

Gli scienziati aperti alla trascendenza

Ma poi “arrivano i nostri”, gli scienziati che specularmente  hanno posizioni diverse, e in base a una visione non meccanicistica ma aperta alla vita e ai suoi significati non negano la trascendenza. Il biologo belga De Duve rappresenta l’universo “non come uno scherzo cosmico, bensì come un’entità dotata di significato, fatta in modo da generare la vita e la mente in grado di discernere la verità, di apprezzare la bellezza, di  sentire amore, di desiderare il bene, definire il male, sperimentare il mistero”, e si sente come Ioele nel riassumerne il pensiero con queste parole lo senta vicino. Poi i filosofi, il britannico Popper il cui “realismo metafisico” lo allontana da Marx e Freud, il tedesco Heidegger il cui approccio metafisico dopo il materialismo fa sì che “invoca Dio come unica speranza di salvezza”, mentre l’inglese Wittgenstein  scrive che “il senso della vita possiamo chiamarlo Dio” e lo spiega dicendo: “Credere in Dio vuol dire vedere che i fatti del mondo non sono più tutto… il senso del mondo deve essere fuori di esso”.

Questi orientamenti vengono  confermati dai capisaldi  della “nuova scienza”, sempre più consolidati in antitesi al determinismo,  nella consapevolezza che “i principi della fisica classica non descrivevano in modo corretto il mondo reale, ma solo quello percepibile”, oltre il quale “c’è un mondo invisibile che la nuova fisica rende finalmente comprensibile”.  A questo ha contribuito molto la relatività di Einstein  che nello svelare i misteri della natura ne ha sottolineato il carattere imponderabile e impenetrabile avvicinandosi a una concezione religiosa di tipo panteista, “la sua idea di Dio è la presenza di una razionalità suprema che si rivela nell’universo incomprensibile”. E vi ha contribuito anche Godel, il logico statunitense il cui teorema matematico portava  alla “sconcertante conclusione che la ragione umana ha dei limiti e che non le è permesso di accedere a una verità ultima, ‘assoluta’”.

Così commenta Ioele queste citazioni da lui presentate, dopo le tante altre,  con certosina accuratezza: “In un periodo storico caratterizzato da false sicurezze e che vedeva  l’affermarsi di correnti filosofiche e scientiste profondamente atee, il limite posto da Godel al pensiero razionale , riapre ‘lo spazio di Dio’”. Un problema, quello del Creatore, che  i filosofi teologi risolvono con i loro principi di certezza metafisica, gli scienziati con le concezioni probabilistiche sul “grande Progettista”, dalla cui volontà nascerebbe il tutto, e non dal caos primordiale. Lo vedono non in chiave mistica  ma come spiegazione dell’armonia della natura, della perfezione delle sue leggi e della finalità dell’universo. Per gli astronomi Dio è la “causa prima della perfezione del mondo”, in particolare per Copernico  è “il supremo architetto”, e per Keplero il “supremo geometra” , per Brahe “il supremo legislatore”,  per Galileo “l’intelletto  matematico” e per Newton il “creatore ordinato e finalistico” .

Analogamente  per i grandi scienziati moderni, per Planck Dio è “intelligenza ideale” e per Einstein la  “razionalità suprema” di cui abbiamo parlato. Gli scienziati contemporanei vanno ancora oltre, con l’americano Dyson  entra in campo la coscienza , che porta alla ragione e gli fa sostenere come “la conoscenza scientifica debba integrarsi  con un ‘pizzico’ di fede”; mentre l’inglese Davies,  nel constatare che “l’universo fisico è costruito con un’ingegnosità così sorprendente”, cerca “un livello più profondo di spiegazione”, e conclude: “Se si desidera chiamare questo livello Dio è una questione di gusto e di definizione”. Fino a Zichichi il quale considera  la scienza “come un dono di Dio” e sostiene che “la scienza e la fede sono espressione dei due componenti di cui siamo fatti: l’immanente e il trascendente”. Vediamo altri scienziati cimentati in complesse ricostruzioni dell’universo: secondo il tedesco Plichta  non c’è casualità ma un ordine nel quale “si evidenza l’intelligenza di fondo dell’universo, e quindi l’esistenza di Dio”;  mentre il già citato Tipler addirittura “descrive con grandi dettagli una teoria fisica, a suo avviso sperimentabile, di un Dio onnipresente, onnisciente e onnipotente”, che ci farà risorgere fino al Paradiso, a tal fine si basa sul “Punto Omega” del francese Teilhard de Chardin, che sarebbe “la comunione con Dio”.

La vita nell’Universo e la sua organizzazione, il problema del male

Dopo il suo “excursus” colto e  approfondito  nel pensiero filosofico e scientifico, Ioele esplora  temi molto elevati come la necessità della vita, nata  nel cosmo secondo alcuni come l’irlandese Berkely quale finalità dell’Universo, secondo altri come lo statunitense Coman quale tendenza della materia. Un tema così vasto  porta negli spazi cosmici sconfinati  nei quali non possiamo addentrarci, come invece fa l’autore nella sua inesausta e appassionata ricerca.

Al problema della vita nell’Universo è collegato quello della sua organizzazione,  nel contesto probabilistico e non più meccanicistico della scienza moderna, sul quale Ioele conclude che è “una sapiente miscela di ordine e caos” nella descrizione del già citato fisico Prigogine “equidistante” tra due rappresentazioni opposte:  “Quella di un mondo deterministico e quella di un mondo arbitrario soggetto al solo caso”.  

Il concetto di libertà  e di libero arbitrio che ne discende viene così enunciato da Ioele: “La nuova visione porta a un Legislatore universale che affida le sue leggi a una Natura munita di una propria libertà d’azione”. La visione si allarga: “La libertà della natura si manifesta nelle meraviglie che ci circondano, nella straordinaria biodiversità, nei fantastici paesaggi, nella fantasmagoria dei colori, dei suoni, degli odori, dei sapori e tanto altro”. A chi è destinato tutto questo? “Fra le creature viventi, l’uomo appare quella dotata del maggior grado di libertà e ciò lo rende in buona parte arbitro del proprio destino”.         

Si avverte l’apprezzamento di Ioele per le cose belle della vita, che sono tali perché c’è la libertà, e possono giustificare anche il male. ‘L’esistenza del male, la cui spiegazione nell’ottica creazionista è quanto mai ardua, viene da lui analizzata, non fermandosi a ciò che dice Bobbio il quale non vi trova “nessuna giustificazione”, con un’accorata evocazione delle grandi tragedie personali e collettive  che a prima vista sembrerebbero incompatibili con l’esistenza di Dio. Ma ecco la sua spiegazione: “Dalla libertà della natura e dall’imprevedibilità delle cose sembra che origini il male. Allora il male è parte del tutto ed è ineliminabile? Dobbiamo accettarlo e basta?”. 

Restiamo senza fiato in attesa della risposta a tale interrogativo cruciale: “L’unica  risposta possibile  è che l’eliminazione del male per legge naturale (o per legge divina) avrebbe come conseguenza inevitabile la privazione della libertà, ossia del ‘libero arbitrio’ trasformando la natura e tutti i suoi attori in semplici automi”. Per concludere: “L’interesse della natura non è nella sicurezza degli eventi, come il puntuale sorgere e tramontare dl Sole, ma nell’imprevedibilità degli eventi e nella stupefacente varietà degli scenari che essa propone”.  A questa visione collega la considerazione che “ancora più amaro è angosciante appare il male che deriva dall’uomo, dal suo libero arbitrio, la violenza della ragione, consapevole  del male che arreca”, fino ad affermare: “La sofferenza estrema, ancor più quella innocente, può far perdere la fede al più convinto dei credenti, così come al contrario, anche il non credente può trovare conforto e rifugio dalla sofferenza proprio abbracciando la fede”.   

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La ricerca di Dio

A questo punto entra nel vivo la “ricerca di Dio”  basata sempre sull’approfondimento culturale che Ioele porta avanti con la solita accuratezza da ricercatore unita a passione autentica e umanità profonda. Risale addirittura ad Agostino di Ippona, con la “’prova filosofica e psicologica’ basata sull’istinto che porta l’uomo a Dio” e ad Anselmo d’Aosta che nell’anno mille lo ha seguito  con la dimostrazione “a posteriori” dell’esistenza di Dio  basata sulla perfezione dell’universo, e la dimostrazione “a priori”  secondo cui all’idea di  massima perfezione non può non seguire la realtà altrimenti non sarebbe massima, è la “prova ontologica”  nella definizione di Kant. Invece Tommaso d’Aquino a tale semplificazione sostituisce  cinque “prove cosmologiche”, cioè movimento e causalità,  contingenza, gerarchia per gradi  e ordine, quest’ultimo in particolare “conduce a un’intelligenza creatrice”. Ci torna in mente la poesia  di Aleardo Aleardi della nostra infanzia, dove alla domanda “che cosa è Dio?”, “ordine rispondono le stelle”, comprendiamo perché ci colpì tanto sin da allora.

La ricerca di Dio prosegue senza sosta, Blaise Pascal considera la fede una “scommessa” soggettiva,  di assoluta convenienza, un dono che si può accettare soprattutto se si segue “la ragione del cuore piuttosto che la ragione della ragione”; nelle parole del filosofo-scienziato “è il cuore che sente Dio, e non la ragione… Dio sensibile al cuore, non alla ragione”.  In epoca contemporanea il filosofo francese Bergson “trovò la sua prova dell’esistenza di Dio non accessibile alla ragione umana proprio nella testimonianza dei mistici, nel loro slancio verso l’alto”. E la scienza ha dato la  prova dell’improbabilità assoluta dell’opera del caso, ritenuta infinitesima dal fisico teorico Simolin che l’ha misurata in duecentoventinove zeri dopo il decimale. “Tale probabilità – commenta Ioele – è talmente piccola da rendere la comprensione dell’evento casuale non meno problematica di quella richiesta dal disegno divino”. Simolin ha elaborato al riguardo la teoria dei “multiversi” di cui abbiamo già parlato, gli infiniti universi dei quali uno, il nostro, sarebbe venuto perfetto, teoria che nega qualsiasi trascendenza adottata dall’italiana Margherita Hack  

Ioele dà una risposta come sempre puntuale: “Riflettendo bene, però, anche in quest’ipotesi è sotteso un indirizzo teleologico: appare una natura ‘intelligente’ che prova infinite volte allo scopo di pervenire in ogni caso a un risultato che generi l’ordine, la vita, l’intelligenza e la coscienza”. Mentre resta aperto “il problema del punto zero con tutti i suoi risvolti, anche metafisici”.  Da questa immersione nel pensiero di secoli  trae la seguente considerazione finale: “In conclusione, sia il ‘caso’ che il  ‘disegno provvidenziale divino’ sono ipotesi non dimostrabili  razionalmente. Con riferimento al pensiero di Blaise Pascal, la scelta tra l’una e l’altra posizione sembra appartenere più alla ragione del cuore’ che alla ‘ragione della ragione’”.  Ma  aggiunge in modo significativo: se l’origine fosse il caso “dovremmo inevitabilmente accettare l’amara conclusione che siamo privi di una vera finalità”, e in assenza di uno scopo perderebbero di significato “i sentimenti di amore e di odio, l’armonia dei colori, il piacere dei sensi…”.

E anche il ben noto filosofo del nostro tempo Paolo Flores d’Arcais, pur nella sua visione atea, deve ammettere: “Non c’è solo il tutto o il nulla fra cui scegliere, infatti. C’è il qualcosa. C’è il finito… Perché o Dio o il nulla’ Semmai, o Dio o il finito”, cioè l’esistenza stessa.   Ma Ioele replica: “Il senso del finito ha certamente una sua logica, ma è pur certo una visione che sfocia nel nulla”, toglie ogni speranza dinanzi ai mali del mondo, “e lascia l’uomo solo con se stesso e con i problemi della vita”, per esclamare infine: “Accanto a questa possibile risposta, emerge la visione religiosa che affida il tutto a un mistero supremo che, pur partendo dal pensiero, sta oltre la nostra stessa ragione”. Con il sigillo finale: “Questa ipotesi, piena di speranza, in fondo non appare meno credibile di quella opposta, ritenuta razionale, del ‘dio caso’”. 

Questa  la scelta definitiva di Ioele? Forse, ma  in precedenza ha mostrato di apprezzare il fatto che la “verità assoluta” è irraggiungibile perché “il raggiungimento del traguardo finale’ ci priverebbe del grande stimolo che induce alla ricerca, allo sviluppo e al progresso e che dà un senso e uno scopo alla vita”.  Anzi ha affermato chiaramente che “l’acquisizione della verità assoluta potrebbe essere devastante  per la nostra visione filosofica e teleologica dell’esistenza”. Perfino “se un’Entità suprema si rivelasse, fugando ogni dubbio sull’origine trascendente di ogni cosa, l’umanità potrebbe perdere ogni interesse per il mondo materiale  ed essere portata  a uno sterile misticismo, diventando schiava del suo Dio”.

La  sua visione è illuminante e, in qualche modo spiazzante: “Una conclusione infine sembra emergere, e, con un gioco di parole, possiamo dire che la conclusione è che ‘non c’è una vera conclusione’. La verità assoluta, se c’è, si colloca oltre i confini della nostra ragione e tale preclusione, in fondo, sembra la migliore strategia della natura: essa non appare per niente casuale ed è alla base della libertà di tutti noi”.  Una prospettiva di grande apertura nel nome della libertà, dunque: “In quest’ottica, la fede è una speranza che nasce anche dai limiti della ragione umana e che si nutre nel dubbio”.  Fede e speranza, dunque,  con una terza virtù cardinale, la libertà! E’ questo l’approdo del lungo viaggio di Ioele, lì lo portano le ragioni del cuore dopo aver fatto tanto appello alle ragioni dell’intelletto nel suo appassionato itinerario culturale.

Termina così la nostra rievocazione della sua approfondita ricerca condotta con la passione che lo ha accompagnato in tutta la vita  per i grandi misteri dell’universo e dell’esistenza  da lui affrontati con la forza dell’intelletto e la spinta di una volontà indomabile e inappagata, senza però mettere a tacere il cuore.

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Un ricordo personale di Ioele, l’amico Dino

Vogliamo concludere con una nota strettamente personale, rievocando la visita che facemmo insieme alla mostra “Astri e particelle” al Palazzo Esposizioni” nel 2010, due anni dopo la pubblicazione del suo libro. E la rievochiamo riportando dei passaggi della nostra recensione sulla mostra pubblicata allora, con la citazione testuale delle parole riguardanti l’amico Dino che ci accompagnava, nella loro immediatezza.

“E’ un mondo che non vediamo ma dalle cui regole siamo dominati, riassunto nel titolo “Tra il nulla e l’infinito”, Edizioni Ripostes, Salerno 2008, 192 pagine fitte dove si trova anche una sintetica storia della scienza e si arriva a quello che viene definito nel sottotitolo “lo spazio di Dio”, e spiega come non solo la fede, ma anche la scienza oltre alla filosofia possono portare fino al Creatore.  Ebbene, l’autore Eduardo Ioele che era con noi, ha definito la mostra ‘straordinaria, meravigliosa’ ed è stato uno spettacolo nello spettacolo vederlo dinanzi alla pioggia, anzi al tornado, di sollecitazioni visive e uditive, come uno scrittore – e nel libro avvincente come un romanzo dimostra di esserlo – che vede tradotta in film la propria fatica e gioisce nel sentire prendere vita e assumere una consistenza reale personaggi e vicende che aveva soltanto descritto. Tanto più trattandosi dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo, di per sé non rappresentabili, ma qui raffigurati ed evocati con straordinari effetti di forte suggestione”. Continua così:

L’inizio dell’ultima delle 10 terne illustrative dei temi trattati dal libro di Eduardo Ioele: l’infinitamente piccolo dell’atomo, l’indinitamente garnde del cosmo con i pianeti,
“lo spazio di Dio” con le immagini di Dio creatore

“Dinanzi all’uomo di scienza entusiasta come un bambino nel paese dei balocchi il cronista si trova disarmato, fidava nelle sue spiegazioni, si trova dinanzi ai suoi entusiasmi: ci sottoponiamo insieme alla ‘pioggia cosmica’, ci facciamo fotografare dalla macchina cosmica che spedisce subito le immagini alle nostre caselle elettroniche, entriamo nella grande sfera planetaria dove ci sono le voci degli scienziati e dove l’esperto Ioele ritrova le sue profonde speculazioni filosofiche e scientifiche. Perché nel mondo in cui ci troviamo filosofia e scienza sono strettamente intrecciate e a loro si unisce la religione, in un affascinante viluppo che cerchiamo di sbrogliare mentre viaggiamo nello spazio. E sbrogliare questo viluppo vuol dire non soltanto gettare lo sguardo sui misteri del cosmo e dell’atomo, ma anche penetrare nei propri interrogativi esistenziali, aprire l’animo e la mente”. Poi le parole sull’amico con cui concludevamo:

“Dinanzi alle ‘macchine del tempo’ l’esperto Ioele ci dice che le macchine così chiamate sono state ‘progettate’ dalla scienza e non solo dalla fantascienza; potrebbero veramente riportare all’indietro attuando i principi della relatività einsteiniana che collega spazio-tempo ed energia-materia, solo se si riuscisse a far viaggiare la persona alla velocità della luce; l’attuale impossibilità è dovuta all’assenza di propellenti e materiali adatti, non alla incompatibilità in astratto con le leggi naturali. Non gli facciamo più domande. Siamo immersi in pensieri intimi e profondi: sull’infinitamente piccolo e infinitamente grande che è in noi, nella nostra vita. E non possiamo non pensare, sulla base di un sentimento del tutto personale, a quello che Ioele chiama ‘lo spazio di Dio’”.

Queste parole scritte dieci anni fa riecheggiano tra i ricordi dell’amico Dino che ci ha lasciati. Aggiungiamo che nello “spazio di Dio” è arrivato, con la sua dolorosa scomparsa, lasciandoci una consolazione:  che ha toccato il culmine della inesausta ricerca che lo ha appassionato in tutto il corso della sua vita, ed è entrato in contatto con la “verità assoluta” ritenuta irraggiungibile. Ora siamo certi, caro Dino, che l’hai raggiunta!

Info

Eduardo Ioele, “Fra il nulla e l’infinito. Lo spazio di Dio”, Rispostes 2008, pp.192, dal libro sono tratte le citazioni del testo. Il nostro ricordo dell’autore è uscito in questo sito, “In mamoria di Eduardo Ioele” , il 16 settembre 2020, giorno dei suoi funerali. Per il libro cfr. i nostri articoli su due mostre in cui è citato: in cultura.inabruzzo.it  sulla mostra “Astri e particelle” 12 febbraio 2010, dall’articolo è tratto il brano riportato al termine con la rievocazione della nostra visita  alla mostra insieme all’autore;  inoltre in www.arteculturaoggi.com  sulla mostra “Numeri. Da zero all’infinito”  23, 26 aprile 2015, dal sottotitolo che riecheggia il titolo del libro. Sui temi trattati nel libro cfr., in questo sito, “Human”, 20 giugno 2020 ripubblicato dal sito precedente www.arteculturaoggi.com dove era uscito senza immagini il 17 maggio 2018; in www.arteculturaoggi.com, “Dna” 17 marzo 2017, “Meteoriti” 5 ottobre 2016; in archeorivista.it, “Homo sapiens” 7 gennaio 2012; nel sito cultura.inabruzzo.it, “Darwin” 29 aprile 2009. Su D’Annunzio, citato incidentalmente nel testo, cfr. i nostri articoli in www.arteculturaoggi.com il 12, 14, 16, 18, 20, 22 marzo 2013. I due siti precedenti, cultura.inabruzzo.it e archeorivista.it non sono più raggiungibili, gli articoli, disponibili a richiesta, saranno trasferiti su altro sito.

Dalla Cappella Sistina la creazione di Adamo

Foto

Le immagini non fanno parte del libro, che non ne contiene e – a parte quella della copertina in apertura, e la fotografia del suo autore in chiusura, fornita dalla figlia Maria Ioele che ringraziamo – sono state inserite per illustrare i tre ambiti su cui si sofferma l’accurata ricerca dell’autore: l’infinitamente piccolo con gli atomi, l’infinitamente grande del cosmo con i pianeti, e “lo spazio di Dio” con Dio creatore. Le relative immagini sono in 10 terne successive, ciascuna con un’immagine dell’atomo, dei pianeti, e di Dio creatore; si precisa che hanno finalità meramente illustrative senza alcun intento di altro tipo, tanto meno intento economico, commerciale o pubblicitario.  Sono state tratte da siti web di dominio pubblico, si ringraziano i titolari per l’opportunità offerta, pronti ad eliminarle su semplice richiesta se la loro pubblicazione non fosse gradita. I siti, cui va il nostro grazie, sono i seguenti, nell’ordine di inserimento delle immagini nelle 10 terne con atomi, pianeti e Dio creatore in ognuna: Terna 1 – skuola.net, lofficina.eu, sabinopaciolla.com; Terna 2 – festacienzafilosofia.it, gds.it, utopia.it ; Terna 3 – focustec.it, tecnoandroid.it, gliscritti.it; Terna 4 – imparalachimica.it, ilfaronline.it, cercarelafede.it; Terna 5 – studenti.it, laltragenesi.it, focusjunior.it; Terna 6 – beat5.it, bluplanetheart.it, paolotescione.altervista.org; Terna 7 – chimicare.org, it.wilkipedia.org, paolotescione.altervista.org; Terna 8 – focusjumior.it, techeveryeye.it, guidasogni.it; Terna 9, penultima – ripetizioni.skuola.net, nextime.it, culturacattolica.it; Terna 10 – wired.it, uccmline.it, itquote.it; infine, dalla Cappella Sistina la creazione di Adamo, e in chiusura l’ autore del libro Eduardo Ioele, per gli amici Dino. 

L’autore del libro Eduardo Ioele, per gli amici Dino

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