“The Economy, stupid!”, dal salario minimo alla crisi salariale e oltre, con le polemiche politiche

di Romano Maria Levante  

La citazione virgolettata del titolo si riferisce alla campagna elettorale di Bill Clinton del 1993, quando il più giovane candidato alla Presidenza degli Srati Uniti, poi eletto, coniò questa autoesortazione per concentrarsi sui temi più sentiti dall’elettorato americano, e pensiamo siano i più sentiti anche dagli italiani. Torniamo momentaneamente al giornalismo economico, dopo tanto giornalismo culturale che continua, anche su Facebook, per una esauriente risposta a questa evocazione – proprio su tale sede a larga diffusione – dei problemi economici del nostro paese, partendo dall’assenza di “salario minimo” garantito per legge, tanto invocato.

Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni,
al Congresso della Cgil del 2024, in cui è intervenuta

Rispetto delle promesse elettorali e limiti imposti dalla realtà

Iniziamo  con il  mancato rispetto imputato alla  presidente del Consiglio Giorgia Meloni delle “mancate promesse sbandierate in campagna elettorale”. Lo troviamo invece  molto positivo, anche  se fosse così,  come prova di affidabilità e di sano realismo, perché se mantenute nell’immediato avrebbero potuto danneggiare gravemente il Paese nella difficile situazione economica che affligge l’intera Unione europea alle prese con la guerra ai confini seguita dalla minaccia dei dazi.  D’altra parte, soltanto gli elettori che hanno dato il voto al centro-destra proprio per quei programmi che si dicono inapplicati possono lamentarsene, gli altri di certo  non si sentono traditi, anzi esauditi avendoli contrastati come dannosi.

Ma risulta il contrario dai continui sondaggi, che per il partito della presidente Meloni superano stabilmente il 30% dopo il 26% delle elezioni politiche del 2022, quando i suffragi scendono alle prese con la realtà, tanto più se le promesse elettorali non sono mantenute. Il  Ministro dell’Economia è stato premiato come migliore nell’Unione europea,  un’importante Agenzia di rating ha migliorato il livello dell’Italia, la presidente del Consiglio ha avuto un premio internazionale prestigioso e vasto apprezzamento nel suo governo più stabile tra i magggiori paesi dell’UE.  Perchè usare termini negativi se siamo a metà della legislatura, e nella parte restante si potrebbero creare le condizioni per realizzare quanto reso impossibile dall’attuale  carenza di risorse, dalla  riduzione forte  delle imposte alle pensioni minime a 1000 euro, per  ora una chimera. Ma “de gustibis”……

I leader dell’opposizione che hanno chiesto con molta forza il “salario minimo”:
da sin., Fratoianni AVS, Magi + Europa, Calenda Azione, Conte M5S, Schlein PD

Il basso livello delle retribuzioni, “piove governo ladro…”

Riguardo al basso livello delle retribuzioni – sia in senso assoluto, sia rispetto agli altri paesi dell’UE – sorprende che si dia la “colpa” al governo, negli anni ’60 scrivevamo articoli sul continuo fallimento dei Piani quinquennali dell’Unione sovietica che fissavano in modo imperativo i salari con il risultato di  una competitività così scadente da portare al totale isolamento fino al fallimento del sistema molti anni dopo con il crollo dell’Unione sovietica. E’ il caso di evocare il “piove governo ladro!” che dà al governo ogni “colpa” possibie, anche in modo insensato.

Il livello delle retribuzioni deriva dalla libera contrattazione  tra le organizzazioni dei datori di lavoro e i sindacati dei lavoratori nei contratti collettivi  nazionali periodicamente rinnovati, senza che il governo possa ingerirsi; c’è anche la contrattazione aziendale che può migliorarli nelle imprese più valide e disponibili. Il governo può agire sulla fiscalità che grava in modo eccessivo su imprese e lavoratori, e sembra abbia iniziato a farlo con il sia pure timido intervento sul cuneo fiscale;  ma  deve rispettare i limitati margini disponibili in un paese che ha il terzo debito pubblico del mondo, e deve rispettare gli stringenti vincoli del patto di stabilità europeo,  se non lo facesse i mercati ci punirebbero, mentre lo “spread” viene mantenuto a livelli bassi, in una gestione dell’economia che appare  virtuosa anche se forzatamente restrittiva.  

Se ci sono risorse insufficienti, come sembra, occorre stringere la cinghia tutti, e non dare la colpa al governo che non allarga i cordoni della borsa non potendo farlo, per evitare guai peggiori: un maggiore intervento sul cuneo fiscale, da tutti auspicato, al momento porterebbe alla riduzione della spese per la protezione sanitaria, il welfare e il resto, con maggiore danno per tutti.

L’accanimento sul “salario minimo”, per legge, non risolutivo e in tanti casi controproducente

Detto questo, sorprende anche l’accanimento sul “salario minimo” da garantire, quasi fosse la soluzione del pur evidente problema salariale, che non riguarda soltanto le retribuzioni minime, ma anche, e soprattutto si direbbe, le retribuzioni  medie e più diffuse,  che portano all’impoverimento del ceto medio,. Un grave handicap questo, per il quale una media di almeno 100 mila italiani, ampia parte dei quali ad elevato livello di istruzione, lasciano il nostro paese ogni anno da tempo, alla ricerca di retribuzioni migliori. Ma  non soltanto nei  2 anni  e mezzo del governo Meloni, tutt’altro, anzi il numero in questi anni sembra  diminuito, a stare ai  dati del “Rapporto sugli italiani nel mondo 2024” della “Fondazione migrantes”. Ecco i dati deli ultimi 10 anni:  2014, 94 mila; 2015 , 101 mila; 2016; 108 mila; 2017, 124 mila; 2018, 128 mila; 2019, 129 mila; 2020, 131 mila; 2921, 109 mila; 1922, 84 mila; 2023, 82 mila; 2024, 89 mila.

.

Pensare che le retribuzioni sarebbero garantite dal “salario minimo” a nostro avviso sarebbe un errore marchiano, ma anche restando nella sua limitata applicazione, si sentono tante inesattezze, anche da parte del noto giornalista e direttore Marco Travaglio, generalmente ben documentato, il quale ha detto che siamo inadempienti con l’Unione europea la cui direttiva impone tale misura dal 2022. E’ vero in parte, anzi nella situazione italiana diviene un errore, la direttiva la richiede espressamente solo ai paesi che hanno una copertura da contratti collettivi inferiore all’80%, mentre tale copertura in Italia risulta del 96%. e l’UE in questi casi non ha nulla da obiettare, anzi incoraggia l’azione delle parti sindacali.

E non si  capisce come sia stato individuato il livello di  9 euro lordi l’ora, pari  a1500 euro lordi mensili, 1200 euro al netto delle imposte:  in paesi come la Germania ci sono commissioni apposite con le relative rappresentanze anche per l’aggiornamento periodico, e sono giunti al salario minimo nel 2015 dopo prove limitate e parziali dalla fine degli anni ’90 per sperimentare una misura molto delicata.

In Italia la proposta è di origine solo politica e non sindacale, l’unica condivisa dall’intera opposizione che ne accentua il carattere politico, la Cgil in passato era contraria, la Cisl tuttora non sembra favorevole. Il livello di 9 euro lorde l’ora, della proposta legislativa, forse è riferito alla retribuzione adeguata a una vita dignitosa, indicata dalla Costituzione, ma non tradotta in normative, bensì affidata ai risultati della contrattazione collettiva per tenere conto dell’elemento fondamentale: la sostenibilità del livello richiesto nell’economia aziendale. E, se non è sostenibile, anche se moralmente auspicabile, può portare al risultato opposto: nell’impossibilità di rispettare la norma o l’attività viene chiusa oppure può esercitarsi nel lavoro nero, con la cessazione di ogni tutela normativa, cosa che nel nostro paese riesce agevolmente, non siamo tedeschi….

E verrebbero danneggiati gli aspiranti  lavoratori a più bassa qualifica e in condizioni di vita peggiori perché non potrebbero “concorrere” – con la loro maggiore disponibilità ad accettare una paga più ridotta – ad ottenere un posto di lavoro spinti dalla necessità e resterebbero esclusi dal mercato del lavoro. E’ vero che ci sono abusi e sfruttamento da parte di datori di lavoro disonesti, che speculano sulla necessità, ma lo farebbero ugualmente con la norma sollecitata,  assumendo in nero e negando così le garanzie normative su sicurezza, assistenza, e tant’altro.   

Quindi, il salario minimo garantito per legge sarebbe una norma tutt’altro che provvidenziale come mistificano i fautori, d’altro canto la Cgil che tanto strepita ontro il governo Meloni – verso i governi precedenti con le sinistre non era stata così aggressiva – con la Cisl e l’Uil ha stipulato contratti con paga oraria molto inferiore a quella di 9 euro che si chiede di imporre per legge, fino a soli 5 euro l’ora, il che vuol dire che, non essendo opera dei sindacati gialli collusi con i “padroni”, vi erano condizioni obbligate dalla situazione come massimo salario sostenibile, altrimenti sarebbe venuto meno il contratto e la tutela sindacale del posto di lavoro offerto in nero.

ll parere contrario del Cnel con la proposta alternativa inascoltata

Il tema del salario minimo è stato affidato nel 2023 al Cnel, uno degli organismi intermedi previsti dalla Costituzione, lodati come argine allo strapotere  di chi, come la Meloni, viene accusata di voler “comandare e non governare”. Del Cnel ricordiamo la nostre visite nella sede di Villa Lubin, a Villa Botghese, all’indimenticato  prof. Guido Macera, responsabile del suo Ufficio studi a fine anni ’60 e primi anni ’70, e direttore responsabile del mensile di politica economica e cultura “Realtà del Mezzogiorno” in cui, per diversi anni, fino  alla chiusura avvenuta alla scomparsa del suo direttore a metà anni ’70, avevamo una collaborazione fissa con un articolo ogni mese, come negli anni precedenti con il mensile “Rivista di politica economica”, diretta da Franco Mattei.

La sede del Cnel, Villa Lubin, a Villa Borghese a Roma

Scusandoci per la parentesi personale, torniamo all’oggi. Il Cnel, dell’art. 99 della Costituzione e aggiornato anche sotto il profilo normativo, è costituito da 64 consiglieri in carica per 5 anni, 48 rappresentanti delle categorie produttive – 22 dei lavoratori dipendenti pubblici e privati,- tra cui 3 di dirigenti e quadri, 9 del lavoro autonomo e delle professioni, 17 delle imprese – 6 del terzo settore, più 10 esperti di cui 8 nominati dal Presidente della Repubblica e 2 dal Presidente del Consiglio.

Il tema del salario minimo è stato affidato dalla presidente Meloni al Cnel per il parere consultivo di sua specifica comptenza, informalmente l’11 agosto 2023,  formalmente il 21 settembre subito dopo il rinnovo dell’organismo, con il termine di  60 giorni, ampiamente rispettato dalla pronta approvazione del parere il 12 ottobre 2013,  con  47 favorevoli e 15 contrari su 62 votanti. Considerando che 29 sono rappresentanti dei dipendenti, risalta che la metà di loro è stata favorevole al parere, e questo sembra molto significativo, a meno che si pensi che vadano contro gli interessi dei loto rappresentati; e fa capire come sia strumentale politicamente l’accanimento delle opposiziomi unite su questo contro il governo. .

Il portico d’ingresso del Cnel

ll parere del Cnel, approvato a così larga maggioranza e con tali adesioni, non ha valutato in modo positivo il “salario minimo” garantito – reclamato con accanimento dalle forse politiche di sinistra – ma ha proposto invece che il complesso problema dell’insufficiente livello salariale venga considerato e affrontato nei suoi molteplici aspetti, cosa che non avviene per la ossessiva testardaggine sul “salario minimo”, sostenuto solo a livello politico e non condiviso,come detto sopra, neppure dai lavoratori rappresentati nel Cnel, e tanto meno a livello tecnico dagli esperti qualificati. Il parere del Cnel contrario a tale misura, dopo la votazione è stato lodato, con precise motivazioni, sia dal rappresentante dei datori di lavoro, sia da quello della Cisl. E ci sembra chiuda il discorso.

I riferimenti ai 22 paesi dell’UE con il “salario minimo” garantito a livelli diversissimi

Oltretutto, nell’incertezza sul livello della “salario  minimo” da garantire, non di certo indicato dall’UE, perde senso anche il richiamo ai 22 paesi europei che hanno tale disciplina. In primo luogo  perché nei 5 restanti –  Austria, Danimarca, Finlandia, Svezia,  e Italia –  a differenza di molti altri ci sono le condizioni non solo formali ma sostanziali per non renderlo  necessario, e forse neppure opportuno, essendo garantiti i lavoratori  dalla  quasi totale copertura della contrattazione collettiva.

Una seduta del Cnel, nell’apposita sala della Assemblee

Si potrebbe agire sul “quasi” – il 4% in Italia – ma non con una misura che può incidere negativamente sul resto; si potrebbe, in particolare, lavorare per estendere la copertura della contrattazione collettiva anche alla parte, pur molto ridotta, rimasta scoperta. In secondo luogo, il riferimento agli altri paesi per validare i 9 euro l’ora reclamati per l’Italia, sembra avere poco senso, data la netta differenza dei valori tra di loto, ecco i dati più recenti: Lussemburgo 14,86 euro l’ora, Paesi Bassi 13,27, Irlanda 12,70, Germania 12,42 portati ora a 12,82, Francia 11,68; valori inferiori in Spagna 7,82 e Slovenia 6,92, fino a scendere ai più bassi, Lettonia 4,14, Ungheria 4,0, Romania 3,99, Bulgaria 2,85, sempre euro l’ora.a mobilitazione fino alla rivolta sociale del segretario della Cgil Landini, contro il governo  

Ciò precisato, va ripetuto che il “salario minimo” riguarderebbe un limitato numero di addetti a settori marginali, o in difficoltà, mentre il serio problema salariale investe l‘intera vastissima platea di lavoratori, nessuno escluso. Tanto più che viene sbandierato  contro il governo  il dato secondo cui il livello delle nostre retribuzioni è dell’8% al di sotto di quello del 2008, mentre per tanti  paesi  dell’Unione europea  è notevolmente aumentato  in tale periodo. Allora “che c’azzecca” in questo grave ritardo retributivo  la presidente Meloni, al governo da ottobre 2022,  se il livello è inferiore addirittura a quello del 2008?

Ma non per un crollo improvviso nei suoi 2 anni e mezzo di governo, al contrario nel 2024 si è avuto l’unico aumento dei salari – il 4% intorno al 2,3% in termini reali – dopo quello del 2009, quando presidente del Consiglio era Berlusconi, mentre con al governo le sinistre sembra non sia mai avvenuto….., senza che a Cgil scatenasse le piazze come oggi, si perdoni questo sconfinamento politico, ma nasce dalla mera osservazione giornalistica. Si vede nella apposita tabella che nel 2022, all’avvento della Meloni al governo, si era al di sotto dell’8% anche rispetto al 2012, oltre che al 2008.

Non solo per questo, sorprende come il segretario della Cgil Landini strepiti tanto e annunci la mobilitazione contro il governo fino alla “rivolta sociale” sul tema salariale, affidato da sempre alla contrattazione collettiva della quale il governo non fa parte, quindi è demandato a lui stesso con gli altri leader dei sindacati dei lavoratori, oltre ai rappresentanti della controparte datoriale.

Mentre gli interventi governativi sul lato fiscale sono limitati a quanto fatto finora per le condizioni della finanza pubblica, non volendo ridurre altri fondamentali capitoli di spesa come quelli per la sanità e istruzione; e la lotta all’evasione fiscale, che pure sta dando dei risultati, non può fornire la risposta al problema apportando sufficienti risorse aggiuntive per ridurre l’imposizione fiscale e contributiva sulle retribuzioni, con il costo per l’impresa doppio del netto per il lavoratore.

Solo adesso si mobilita in modo così forte il sindacato sulla questione salariale – non nei tanti anni intercorsi dal citato 2008, allorché si è arrestata la crescita salariale in Italia e non in tutti i paesi europei – in una azione politica più che sindacale come dovrebbe essere per il rinnovo di contratti scaduti, in alcuni mancante per l’opposizione massimalista senza sbocco in particolare della stessa Cgil.

I lavoratori dovrebbero mobilitarsi per far valere i propri diritti non contro il governo che non può interferire nei contratti collettivi – se non nel far dare loro efficacia “erga omnes”, a parte l’aspetto fiscale di cui si è detto – ma nel confronto con la controparte imprenditoriale della contrattazione se rifiuta l’adeguamento retributivo e si ritiene esserci tutte le condizioni per un incremento salariale economicamente sostenibile.

Il record nel numero degli occupati e della bassa disoccupazione, quasi “frizionale”

Chi svaluta l’aumento del numero degli occupati di ben un milione di posti di lavoro, largamente a tempo indeterminato, nei 2 anni e mezzo del governo Meloni,  dimentica che quando Berlusconi ne fece la mirabolante promessa elettorale di raggiungerlo in 5 anni, fu onsiderato propagandista visionario. Mentre l’incremento  rivendicato dal governo in base ai dati dell’Istat, viene riferito  dalle opposizioni a un lavoro povero….. forse preferirebbero non ci fosse per attaccare il governo con maggiori argomenti.. Inoltre si critica la composizione, per l’80% di cinquantenni, con una percentuale ben più ridotta  di giovani, mentre questo può essere un dato  positivo data la maggiore difficoltà che hanno di trovare lavoro a tale età, si preferirebbe vederli ai giardinetti?

E per svalutare tale risultato è stato osservato da una emerita professoressa già direttore dell’Istat, che con il governo Draghi oltretutto di più breve durata,  c’era stato un aumento equivalente, anzi di 1,2 milioni di occupati, senza precisare che era stato “drogato” dal rigonfiamento dell’edilizia con il Superbonus 110%, supercostoso. Cosa che invece rende ancora più straordinario il nuovo aumento che non segue una stasi ma un “boom” di occupati, quando con la pronta cancellazione del Superbonus da parte del governo ci si attendeva  un calo altrettanto drastico e non un aumento storico che porta l’occupazione ai livelli massimi da sempre e la disoccupazione ai livelli  minimi, anche con l’apporto della occupazione femminile: il 6% di disoccupati  è vicino alla percentuale del 5% attribuita alla “disoccupazione frizionale” ineliminabile per i  passaggi da un lavoro a un altro e ulteriori motivi, così ci insegnavano nei lontani studi economici. .

Anche su questo non mancano agli oppositori argomenti in contrasto, come  il pesante divario rispetti agli altri paesi europei  come partecipazione al lavoro, occupazione femminile e tanto altro; dimenticando che sono dati strutturali, presenti da sempre, quindi non  c’entrano con i 2 anni e mezzo del governo Meloni, e non sono stati contrastati e neppure denunciati  nella misura attuale, nei  tanti anni di governo di colore diverso dall’attuale.

La situazione generale di stagnazione produttiva, da dove nasce e come affrontarla

Sulla situazione generale è difficile sparare sentenze in una materia complessa e controversa, come fanno tanti con una sicumera degna di miglior causa. L’elevato livello delle nostre esportazioni, con un rilevante saldo attivo della bilancia commerciale, a differenza del lontano passato,  si deve alla competitività data dai costi contenuti sui quali incidono i bassi salari, che  probabilmente – sempre  nei ricordi dei nostri lontani studi economici – sono stati nell’ultimo ventennio l’unico strumento disponibile, con la produttività peraltro molto  scadente essa stessa.

Questo perchè l’euro  impedisce le svalutazioni competitive della moneta di cui ci siamo avvalsi fino a 25 anni fa;  però con gravi ripercussioni sul tasso di inflazione, nella rincorsa prezzi-salari provocata dalla scala mobile,  per questo giustamente abolita con la bocciatura referendaria; e se la Lega pensasse di reintrodurla, come da alcune anticipazioni,  sarebbe una misura pericolosa da evitare, per tanti motivi, tanto più con la moneta unica.  

I giovani laureati nell’espatrio in cerca di un lavoro migliore,, 2018

L’opposto negli Stati Uniti, i quali nonostante lo stratosferico debito pubblico, infinitamente più elevato del nostro pur se siamo il terzo paese più indebitato al mondo, con il dollaro moneta di riserva hanno potuto  permettersi alte retribuzioni, e quindi  alti consumi  interni, ma bassissime esportazioni; e sul pano fiscale le retribuzioni non hanno l’altissima nostra tassazione a carico di datore di lavoro e lavoratore  per sostenere la protezione universale del nostro sistema sanitario e scolastico, pur con tutte le sue lacune, e un “welfare” a loro sconosciuto, con i presidi assistenziali, pur se con le carenze giustamente lamentate.

E allora quale può essere il necessario rimedio alla negativa situazione salariale? Non ce n’è soltanto uno, e il “salario minimo” garantito tanto meno, per tanti versi, potendo cosiderarsi inefficace, anzi  rischioso come si è osservato in precedenza.  Si dovrebbero esplorare tutte le strade, con una ricognizione  a 360 gradi in una intesa costruttiva tra i sindacati dei lavoratori, i rappresentanti dei datori di lavoro e il governo, magari nella sede a ciò deputata, il Cnel, tenendo conto della complessità della materia: che riguarda l’insufficiente “performance “ economica del nostro paese, fin dall’avvento dell’euro che ha impedito, come si è accennato, di far ricorso allo strumento monetario per ristabilire la competitività quando veniva compromessa dall’insufficiente produttività.

I giovani laureati in espatrio, all’imbarco aereo, immagine recente

Va considerato che la nostra struttura produttiva è basata soprattutto sulle piccole imprese, in passato  molto dinamiche e flessibili, che rappresentavano  una forza, le definivamo “il tessuto connettivo” dell’intera economia. Ma tale stuttura è stata molto indebolita dalla globalizzazione,  per la difficoltà che le piccole imprese incontrano su  mercati divenuti così vasti e spesso con retribuzioni ben più basse senza la solidità delle maggiori dimensioni come quelle delle grandi  imprese europee. Ciononostante il sistema ha retto alla concorrenza divenuta quanto mai aggressiva,  mantenendo un attivo commerciale ragguardevole, ma a scapito delle retribuzioni, quindi della domanda interna, con pesanti ripercussioni negative sulla produzione di ricchezza, quindi sul  Prodotto interno lordo in stagnazione, e conseguentemente sul livello retributivo statico da sempre o in flessione in termini reali.

Tutto ciò richiede una attenta ricognizione nel concorso delle parti interessate, quelle sociali, oltre al governo,  che finora non c’è stata, come proposto dal Cnel e magari in tale sede legittimata dalla Costituzione, che a questo punto viene ignorata; il Cnel resta inascoltato per l’accanimento politico sul “salario minimo” che – lo ribadiamo ancora – rispetto alla situazione complessiva non potrebbe fare nulla, anzi potrebbe peggiorare alcune situazioni nella sua genericità e improvvisazione di matrice politica, né tecnica né con  le classi sociali interessate.

Un corteo a una recente manifetazione per i referendum sul lavoro,
al centro il segretario della Cgil Landini e la segretaria del Pd Schlein

Ci fermiamo qui sui temi economici, ed è stato anche troppo, ma è difficile resistere ai “talk show” così partigiani  senza reagire con argomentazioni evidenti quanto ignorate o -nei casi in cui qualcuno  prova ad accennarle – tacitate per una faziosità vistosa e scostante. Viene citato che più di 6 milioni di persone non arriva alla fine del mese pur avendo un lavoro: non si è  mai capito cosa significhi non arrivare alla fine del mese – qualcuno dice neppure a metà mese – pur avendo un lavoro, facile artificio retorico che per di più mette insieme situazioni diversissime, il single e la famiglia monoreddito  magari numerosa, chi è proprietario o meno di una abitazione, ecc.

I dati sui ponti del 25 aprile e del 1° maggio, con 14 milioni di persone in viaggio – un italiano su quattro – e una spesa stimata in oltre 7 miliardi di euro, confermano la diversità delle situazioni, da non generalizzare, anche considerando l’elevato livello del lavoro nero con il suo reddito aggiuntivo,  nascosto alle statistiche ufficiali, nella forma deprecabile dell’assenza delle garanzie normative.

Il segretario della Cgil, Mautizio Landini, a una manifestazione del sindacato da lui diretto

Al riguardo ricordiamo che agli inizi dell’esperienza lavorativa della nostra  generazione, ai primi anni ’60, nell’impiego pubblico la retribuzione dei laureati assunti con concorso in un Ministrero , era di 50 000 lire al mese – meno di 26 euro mensili – da non consentire alle giovani coppie di pagare il mutuo o l’affitto per l’abitazione se lavorava solo, e non si aveva l’automobile e quant’altro la cui assenza oggi evoca la povertà.

Secondo i criteri dell’Istat, la povertà assoluta si verifica ai seguenti livelli di reddito al mese ai livelli estremi di Nord e Sud: per un apersona, 940 euro al Nord, 630 al Sud; per una coppia, rispettivamente 1.320 e 1.120 euro, per una famiglia di 4 persone, 2.100-2.300 e 1.850-2.000 euro, sempre mensili al Nord e al Sud. In generale, si ha la povertà quando il reddito è del 60% inferiore a quello medio nel paese. Ciò si verifica per quasi 6 milioni di persone, quasi il 10% della popolazione di 59 milioni, a livello familiare per 2,2 milioni di famiglie sui 26 milioni totali. Ma non sono certo i poveri dei tempi antichi….. che mostravano visibilmente il loro stato, ed è bene che sia così, in questo un vero progresso.

Un tavolo di consultazione governo-sindacati, nov. 2024, lato sin,. al centro, la presidente Meloni

Le  spese della difesa al 2% del Pil, impegno ineludibile, non assolto finora da dieci anni

Un ultimo commento sulla protesta sollevata da più parti per la conferma da parte della presidente Meloni dell’impegno a destinare maggiori risorse alla difesa, assunto e ribadito  da altri governi  sin da dieci anni addietro per adempiere agli obblighi con la Nato destinandovi il 2% del Pil, per partecipare all’Alleanza atlantica, mentre  ne siano ancora al di sotto, con l’1,57% del Pil; rixordimo che nel 2002 eravamo al 2% tondo. Sono obblighi finora disattesi, divenuti cogenti per la drastica sollecitazione del presidente degli USA, Trump, che potrebbe disimpegnare il proprio paese,  se deve sopportare il peso della difesa comune, e comunque farebbe perdere la protezione a chi non adempie.

Ne deriverebbero spese molto maggiori e una minore sicurezza, senza l’ombrello atomico, rispetto ai paesi che potrebbero minacciarci e ne sono forniti.  L‘alternativa invocata, anche con manifestazioni di piazza, è di riservare le risorse da non impiegare nella difesa.  ad investimenti industriali, alla sanità, e magari a una maggiore riduzione del cuneo fiscale a vantaggio dei salari. Per gli investimenti industriali non sappiamo se l’intervento governativo trovo precisi  limiti nel divieto di aiuti di Stato nell’UE, di certo si possono creare condizioni più favorevoli, tanto più nella lunga stasi della produzione industriale alla quale comunque non è unita la stasi delle esportazioni.

Nei nostri lontani ricordi di giornalismo economico c’era il “mantra”, sempre ripetuto, del”disavanzo strutturale della nostra bilancia commerciale, compensato dall’avanzo delle partite correnti, movimenti di capitali, noli  e rimesse gli emigrati”, che portavano all’attivo della “bilancia dei pagamenti”. Oggi l’avanzo della bilancia commerciale  sembra stupefacente data la bassa produttività e tutto il resto. E’ un elemento positivo, come tanti altri, perché non citarli? Fa bene il governo a ricordarlo, anche per incidere positivamente sulle aspettative. Allora perché protestare se la presidente Meloni dice che “i dazi non sono una catastrofe?”

 Cosa succederebbe se drammatizzasse,  come le opposizioni e i loro tanti “supporter” predicano che dovrebbe fare, in tal caso cosa avverrebbe nei mercati finanziari e  non solo? Forse cioè che capitò circa  15 anni fa con lo “spread” oltre i 500 punti mentre oggi è a 110 punti, quando il giorno dell’entrata in carica del governo Meloni era a 236 punti. Un dato positivo che va sottolineato, come prova della fiducia nel nostro paese anche  a seguito della prudenza nella tenuta dei conti economici che pure impedisce maggiori interventi di sostegno, ma la coperta è corta, quindi……

 L’adeguamento della spesa per la difesa adempiendo agli obblighi con la Nato,  ci sembra doveroso per quanto si è detto sopra. E se si dice che  “attualmente il pericolo di una guerra globale è tutt’altro che scongiurato”,  il nostro modesto incremento di spesa militare al 2% del Pil ci consente di non perdere lo scudo difensivo dell’Alleanza  atlantica.

E se è più facile restare amici degli USA acquistando gas naturale da loro, nostri alleati,  in forma liquefatta, e meno da provenienze incertedati i loro regimi, e se collaboriamo maggiormente sul piano economico con gli USA sembra un fatto  positivo,  anche per scongiurare la persistenza di orientamenti ben più dannosi per noi su tanti altri fronti, e non solo i dazi. E ci fermiamo qui con questa momentanea ripresa del nostro giornalismo economico di altri tempi e su altre sedi, allora cartacee, oggi nel web senza confini. .

Il palazzo dove si trova la sede della Nato, a Bruxelles

Info

Questo articolo in materia economica rappresenta una eccezione rispetto agli articoli del presente sito giornalistico in campo artistico, culturale e anche socio-politico, come risposta alla sollecitazione ricevuta nel commento dell’affezionato “follower” Gelasio Giardetti al secondo articolo sul 25 aprile, condiviso su Facebook il 1° maggio, sulla nostra pagina “Romano Maria Levante”. In tale commento, l’amico Gero poneva il problema del “salario minimo”, nel quadro della crisi salariale, con riferimenticritici alal situazione economica alle misure govetnative, fino all’aumento delle spese militari. A tutto questo si risponde in un confronto rispettoso e costruttivo.

Photo

Le 23 immagini illustrano i diversi contenuti dell’articolo. La carrellata si apre con il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini e la presidentedel Consiglio Giorgia Meloni intervenuta al Congresso del sindacato, seguono i 5 leader dei partiti di opposizione che sotengono con forza il “salario minimo”; poi, 3 immagini illustrative dei livelli di “salario minimo” in UE, e 4 immagini del Cnel, l’organismo costituzionale a ciò deputato, che ha approvato il parere el quale si avanza una proposta alternativa al “salario minimo”; quindi, 5 immagini con grafici sulla crisi salariale e sull’andamento di occupazione e disoccupazione, bilancia commetciale e bilancia dei pagamenti, gli ultimi disponibili non del tutto aggiornati; inoltre, 2 immagini sull’espatrio di giovani laureati in cerca di migliori condizioni di lavoro all’estero, 2 su manifestazioni con al centro la Cgil e 1 sul tavolo di consultazione tra Governo e Sindacati; si passa, infine, a 3 immagini sulla Nato in merito al problema delle spese militari; in chiusura, un’immagine del Consiglio dei Ministri, prima di una seduta. Le immagini sono tratte dai siti di seguito indicati nell’ordine in cui sino inserite nel testo, precisando che sono poste a mero scopo illustrativo, e non vi è alcun interesse di natura economica; pertanto, se qualche titolare dei siti non gradisse la pubblicazione, l’immagine tratta dal suo sito verrebbe subito eliminata, basta che lo richieda “on line” nello spazio in fondo a questo sito riservato ai commenti. Si ringraziano, per l’opportunità offerta, i titolari dei siti web che sono i seguenti: assoutenti, fanpage, euronews, corrieredella sera, tgla7, euronews, raiplay, wikipedia, cnel, cnel, lastampa, italpress, ticonsiglio, heraldo, ilfattoquotidiano, ilsole24ore, ilmessaggero, ilmanifesto, ilsole24ore, dreamstime. forzearmate, comitatoatlanticoitaliano, governo. Di nuovo, grazie a tutti i titolari dei siti citati.

Una seduta del Consiglio dei Ministri, in primo piano la presidente Giorgia Meloni,
di spalle il sottosegretario alla Presidenza con delega, Alfredo Mantovano