Cartier Bresson in mostra con 44 fotografie commentate, al Palazzo Incontro

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Al Palazzo Incontro a Roma, la mostra “Henri Cartier Bresson – Immagini e parole”, dal 20 gennaio al 6 maggio 2012, offre una selezione di 44 immagini dell’“occhio del secolo”, con le parole di commento di scrittori e intellettuali amici e ammiratori. Nata alcuni anni fa per celebrare un suo compleanno, l’iniziativa si è sviluppata diventando una mostra innovativa: promotrice la

Roma. Cartier Bresson

E’ doppio il motivo di interesse della mostra: vedere le 44 fotografie selezionate e leggere a lato il commento di altrettanti uomini di pensiero che si esprimono nei riguardi dell’autore sia nella selezione dell’opera sia soprattutto nel commento che cerca di penetrarne l’essenza e il significato.

Di questo ha parlato il presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti, nel presentare la mostra: “La fotografia – ha detto – nasce come stimolo alla riflessione, e la mostra, a differenza di ciò che avviene con Internet dove spesso l’immagine sostituisce le parole, qui invece le suscita proponendosi ancora di più come strumento di cultura”. Non solo cronaca e testimonianza, dunque, e neppure soltanto arte in senso estetico, anche cultura per la capacità maieutica ed evocativa.

La curatrice della mostra Alessandra Mauro fornisce un’ulteriore chiave di lettura, riguarda il periodo al quale si riferisce gran parte delle fotografie, percorso da forti inquietudini sfociate nella guerra civile spagnola prima e nel grande conflitto mondiale poi. C è la fotografia con il bambino cieco che si appoggia a un muro scuro screpolato, Valencia 1933, è la premonizione della guerra che infurierà poco più tardi, mentre il muro anticipa le tendenze astratte che si avranno nell’arte; nel movimento ricorda l’atteggiamento di “Morte del legionario”, la celebre foto di Robert Capa, con lui e altri tre colleghi nel 1947 fonderà l’agenzia “Magnum Photos”, che ora organizza la mostra. Nel commento Milan Kundera vede “il cieco guidare il cieco”, il bambino ”avanzare senza la minima difesa”, prefigura il popolo spagnolo ed europeo, “per lui avanzare vuol dire immolarsi”. Anche nella foto con la breccia sul muro e i bambini che giocano alla guerra, Siviglia 1933, Sciascia vede “qualcosa di prodigioso”, un’“ineffabile, misteriosa premonizione”. della tragedia.

Tra i commentatori italiani troviamo l’appena citato Leonardo Sciascia, con Antonio Tabucchi e Alessandro Baricco, poi Gae Aulenti, Mario Giacomelli e Ferdinando Scianna ; tutti gli altri sono soprattutto francesi ma ci sono anche americani e cileni, inglesi e spagnoli. E’ l’ammirazione del mondo intorno ai capolavori di Cartier Bresson, come i suoi sono stati occhi aperti sul mondo.

La mostra ne dà conto pur nella selezione estremamente ristretta nella quale troviamo comunque le situazioni più disparate nelle terre più lontane: Dei grandi muri fanno da spartiacque, abbiamo visto quello con il bambino cieco, c’è anche il muro dell’ultimo imperatore della Cina e quello di Berlino, fino al grande muro di san Pietroburgo con la piccola figura del ridicolo uomo nudo che, secondo Baricco, “divora la foto e, in definitiva, diventa la foto”, la bassa parete di Trieste che somiglia a una successione di cabine balneari con corpi sdraiati sull’erba, i muri di scorci metafisici e quello bianchissimo che abbaglia interrotto solo da buchi neri. E poi le aperture sui vasti orizzonti, la spiaggia con funi e ancore che disegnano ombre per il gioco dei bambini cui Tabucchi riserva pensieri patriottici, “salveremo sempre l’onore della nostra patria, perché è invincibile”, come la campagna punteggiata che l’artista copre “come con una leggera seta grigia , perché nessuno di questi figli della natura non abbiano a perdersi”, secondo Giacomelli; le figure velate in primo piano su uno sfondo lontano fanno dire a Jean Clair, ”se Giotto rinascesse, le riconoscerebbe subito”.

Roma. Cartier Bresson

E poi le persone, i primi piani di gente assorta e angosciata, allegra e ridente, in scene collettive e in solitudini individuali. Sempre istantanee che colgono il momento, anche se vi sono interferenze anomale da cui anzi risulta accresciuta l’autenticità: un galleria umana impressionante. Due foto “acquatiche” vanno sottolineate: “Dietro la gare Saint Lazare” con Quenaau che scavalca con un balzo la pozzanghera in un contesto surreale, e l’ultima sua fotografia, l’unica con un suo commento, scattata 15 anni dopo essere tornato al disegno, che sembra un quadro impressionista.: il disegno fu l’altra passione coltivata, con pittura e cinema, oltre al grande amore per la fotografia.

Se poi si guarda il filmato in mostra, in quasi mezz’ora di ininterrotta successione di fotografie, senza commenti, null’altro che immagini, si fa un giro del mondo, anzi dell’umanità perché nulla viene trascurato né come zona geografica né come atteggiamenti e umori singoli o collettivi: c’è tutto, la gioia e il dolore, la miseria delle periferie e l’opulenza, l’Est e l’Ovest, il potere nella sua oppressione e l’umanità nelle sue espressioni liberatorie e festose: c’è la vita di ieri e di sempre.

Un elemento comune colpisce nelle immagini animate dalle persone, l’assoluta spontaneità, l’attimo fuggente colto dall’obiettivo, che Leonardo Sciascia così ha definito: “La straordinaria capacità di Cartier Bresson a cogliere in una sola fotografia la sintesi di una particolare condizione umana, di un particolare avvenimento”. La stessa capacità che Steve Mc Curry – nella mostra parallela che Roma Capitale tiene aperta al Macro per lo stesso periodo di questa della Provincia al Palazzo Incontro – esprime con un approccio diverso, non soltanto nel colore, mentre Bresson è il maestro del bianco e nero e sono tutte così le foto in mostra, ma soprattutto nell’“aspettare la vita” con pazienza, gli occhi del soggetto fissi sull’obiettivo piuttosto che colti al volo e di sorpresa.

L’immediatezza dell’istantanea di Cartier Bresson non giunge per caso: vanno colti, diceva, “attimi decisivi”, e per farlo riusciva a “mettere sulla stessa linea di mira il cuore, la mente e l’occhio”. In tal modo riesce a realizzare “la magia della fotografia” che Erik Orsenna, nel commentare la foto “Alicante”, 1932, definisce così: “La vista, ben lungi dall’addormentare, attiva l’immaginazione. Vedere non acquieta, non risolve, non consuma nulla. Vedere è un richiamo. Per chi vuole vedere. Prima, dopo, sempre di più”. E più direttamente: “Ma la fotografia è qui, per lasciare sospeso il desiderio. E il cosiddetto ‘presente’ della fotografia. Si immerge nel fiume del tempo”.

Cartier Bresson, scomparso nel 2004 a 96 anni, così commentò la foto inviata nel 1988 a un amico 15 anni dopo avere smesso: “Non è male, vero? Ti piace? … Alberto [Giacometti] diceva sempre che bisogna fare il punto, ogni giorno, per sapere dove si è arrivati con il proprio lavoro. Bene, io sono qui…” Anche questo è un insegnamento che attraverso la mostra ci lascia il grande fotografo.

Ph: Le immagini sono state riprese all’inaugurazione della mostra al Palazzo Incontro da Romano Maria Levante, si ringrazia la Provincia di Roma, Fandango di Palazzo Incontro, Contrasto – a cui si deve anche il Catalogo – Magnum Photo,Fondation Cartier Bresson, Civita e i titolari dei diritti per l’opportunità concessa.

Autore: Romano Maria Levante – pubblicato in data 24 gennaio 2012 – Email levante@guidaconsumatore.com