Auschwitz-Birkenau, “la morte dell’uomo”, al Vittoriano

di Romano Maria Levante

Il giorno della memoria nel 65° anniversario della liberazione di Auschwitz del 27 gennaio 1945 si inaugura al Complesso del Vittoriano a Roma la grande mostra , aperta fino al 21 marzo 2010, su “AuschwitzBirkenau”, i campi di sterminio per la “soluzione finale” con il genocidio degli ebrei, nell’orrore degli eccidi e nel degrado umano, in base a documenti, reperti, fotografie e video.

“La morte dell’uomo” è la risposta che ci ha dato Bruno Vespa, in esclusiva per Abruzzo Cultura, alla nostra richiesta di fornire, lui curatore della mostra insieme a Marcello Pezzetti, una definizione che la riassumesse, quasi dovesse fare il titolo di “Porta a Porta”. Conosciuta la nostra provenienza ce l’ha data con molta cortesia, dopo un attimo di riflessione, con espressione pensosa.

Abbiamo cominciato dalla fine, l’incontro con Vespa è stato nell’intrattenimento dopo la visita alla mostra su Auschwitz-Birkenau e la presentazione con le autorità, una celebrazione sobria e toccante. Ospiti d’onore, anzi veri protagonisti circondati di attenzioni e di affetto, tre sopravvissuti, tra cui il premio Nobel Elie Wiesel.

Un aggettivo e un sostantivo simboli della memoria

Due parole si ritrovano nel messaggio del Presidente della Camera Gianfranco Fini e in quello del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, che da un anno presiede il Comitato di Coordinamento per le Celebrazioni in ricordo della Shoah. Le parole sono: un aggettivo, “vivido”, un sostantivo, “monito”. Il primo si riferisce al ricordo e alle testimonianze, è vivo e livido insieme; il secondo è per il presente e il futuro, non dimenticare perché l’orrore non si ripeta.

Vivida è la testimonianza piena di sgomento per “tutti gli atti disumani” il cui ricordo, è sempre Fini, “non cesserà mai di indignarci e di turbare le nostre anime”. Atti consegnati alla cronaca prima, tanto erano visibili, alla storia poi, tanto sono laceranti, dinanzi alla vista, ha ricordato Letta, di “milioni di oggetti personali quando non di frammenti di corpi umani accatastati; volti e corpi di uomini, donne e bambini, deturpati e annientati solo perché ebrei, sinti o rom o politicamente non omologati”.

Il monito per Fini viene dalla coscienza del passato per garantire il futuro contro simili barbarie: “Considero, infatti, la memoria collettiva una conquista morale e civile per ogni Paese autenticamente democratico”. Gianni Letta si è posto in una dimensione problematica e sofferta: “Tutto ciò ad opera di persone considerate normali, comuni, e sotto gli occhi di un’umanità che non vedeva , non capiva”. In questa agghiacciante “normalità” il monito viene dalla “banalità del male” che “individua nella sospensione :della facoltà di pensare la causa del progressivo cedimento da parte di persone, del tutto normali, a compiere atti altrimenti inconfessabili, visti esclusivamente in funzione di un progetto criminale di cui non si è stati capaci di percepire la gravità”.

L’inferno e il buco nero, il monito per l’umanità intera

Evocare il “sonno della ragione” sarebbe troppo poco, viene evocato l’ “inferno”, lo fanno Gianni Alemanno e Sandro Bondi, le autorità che hanno parlato nell’inaugurazione, gli altri sono stati presenti e i loro interventi all’apertura sono messaggi scritti. Il Sindaco di Roma lo annuncia agli studenti romani che vanno a visitare quei campi di sterminio: “Ragazzi, sappiate che sarà un viaggio verso l’inferno. Andrete nel punto più buio dell’animo umano, un sorta di viaggio dantesco”.

Il Ministro per i Beni e le Attività Culturali , ricordando i 1.022 ebrei romani deportati ad Auschwitz il 18 ottobre 1943, di cui solo 17 fecero ritorno, dice: che “persero la vita in quell’inferno al quale tutti noi dobbiamo avere il coraggio di volgere lo sguardo per non doverci un giorno ritrovare a riviverlo.

Il “buco nero nella storia del XX secolo” per Alemanno è “una discesa nel lato oscuro dell’umanità”, per Vespa è la rimozione fatta da una generazione per difetto di conoscenza, la mostra colmerà il vuoto. Dinanzi alle omissioni di allora l’umanità, per Bondi, “si interroga su quel silenzio, sull’impotenza di Dio” e conclude che “la risposta alle ideologie del male risiede in noi, nell’essere capaci di una conversione, un rinnovamento interno per costruire una società più umana”.

Marcello Pezzetti, curatore con Vespa della mostra, dà all’esposizione una funzione pratica: “Comprendendo i processi che dalle prime persecuzioni hanno condotto poi alla sopraffazione violenta e allo sterminio, si imparerà a riconoscere i germi dell’intolleranza al loro primo manifestarsi, onde combatterli e impedirne lo sviluppo prima che sia troppo tardi”.

Il presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna sottolinea che “tali crimini non furono commessi solo contro il popolo ebraico e le altre categorie giudicate ‘inferiori’, ma contro tutta l’umanità”. E conclude dicendo che Auschwitz è stato “uno spartiacque della storia. Dopo Auschwitz l’Europa è completamente cambiata, ora è retta da quei principi e quel valori che Auschwitz cercò di annientare. Il monito è per l’umanità intera”.

Uno sguardo d’insieme alla mostra

Tutto questo si è svolto nella sala monumentale del Vittoriano, anche le parole scritte sembrano riecheggiare tra quelle colonne con i capitelli dalle volute ioniche, la platea per gli invitati e la piccola galleria per la stampa, la solenne scalinata e la quadriga con la vittoria alata dietro agli oratori che si sono succeduti a un microfono isolato, una presenza sobria e spartana come dovuto.

Parole, quelle scritte e quelle dette, che si sostanziano nelle testimonianze quanto mai vivide esposte in mostra, nelle immagini agghiaccianti che rappresentano quel monito che più di uno ha evocato. Negli ambienti dell’esposizione il monito viene dai documenti, spesso di fonte tedesca, dagli oggetti, come le lugubri divise rigate del lager, dalle lettere ricolme di tenerezza e dai tremendi elenchi di internati di una burocrazia dell’orrore; c’è anche un frammento del ghetto di Varsavia.

Si visita la mostra in un’atmosfera tesa, tra video e filmati, si guardano le immagini, fotografie e disegni, agghiaccianti nella loro spaventosa evidenza. Ci colpiscono i disegni sulla “selezione”, fatta separatamente per donne e uomini, all’aperto, quei corpi nudi appena abbozzati sembrano ancora più inermi e indifesi nei pochi tratti che li delineano, torna subito alla memoria “se questo è un uomo”; e il tarlo dell’anima che ha fatto soccombere il sopravvissuto Primo Levi schiacciato molti anni dopo da un peso, rinnovatosi con la visita al lager, che il tempo non aveva alleggerito.

Ripensavamo al suo dramma perché, anche se in forme e con esiti diversi lo hanno vissuto tanti, forse tutti i sopravvissuti venendone fuori. Si sono rinchiusi in se stessi perché troppo grande era l’orrore per essere comunicato; c’era addirittura il timore di non essere creduti. E questo silenzio ha reso temerari i revisionisti, fino a cercare di accreditare il negazionismo, ne ha parlato Bruno Vespa.

Fino a quando si è aperta la fontana dei ricordi, il tabù è stato superato, il revisionismo-negazionismo schiacciato dall’evidenza della realtà provata e testimoniata direttamente.

La rapida visita alla mostra

L’ultima sezione della mostra è dedicata ai processi per Auschwitz, svoltisi dopo il processo di Norimberga ai più alti gerarchi per i crimini di guerra insiti nella loro responsabilità complessiva. E’ l’approdo, la dolente nemesi che giunge purtroppo tardi, quando milioni di vite sono state schiacciate, un milione nel solo campo di Auschwitz, con duecentomila bambini la cui vita è stata spenta il giorno del loro arrivo al lager. Sono sconvolgenti quegli occhi che sembrano guardarci dalla fotografie esposte alle pareti, la “vita è bella” in un cupo bianco e nero senza finzione cinematografica è davanti a noi. Alla bestialità della guerra si aggiunge l’infamia inenarrabile dell’olocausto, il genocidio di un popolo da eliminare nell’aberrazione dell’inferiorità o superiorità razziale.

La mostra non fa salti, Ci fa ripercorrere le tappe di un itinerario allucinante per la lucida follia che lo pervade in quella “sospensione della facoltà di pensare” di cui ha parlato Gianni Letta. Birkenau, oltre Auschwitz, viene preso come espressione criminale di un disegno consapevole definito nei suoi particolari non come obnubilazione temporanea e folle. Aveva un ruolo ben preciso nel meccanismo perverso della “Shoah” nazista.

In sette sezioni, ulteriormente ripartite al loro interno, si attraversa il museo degli orrori dell’Europa prima metà del novecento. C’è il cosiddetto “sistema concentrazionario” con i suoi campi da lavoro e le sue regole, viene descritta la nascita di Auschwitz.

Dalla persecuzione degli ebrei nella Germania nazista ai ghetti polacchi, inizia lo sterminio prima in Unione Sovietica, poi in Polonia; oltre a quello degli ebrei il “destino parallelo dei sinti e dei rom”. Il piano Auschwitz-Birkenau è lo strumento perverso per realizzare l’obiettivo aberrante. A seguito del piano tali campi diventano i terminali delle deportazioni di ebrei dall’Europa e anche dall’Italia.

Nella mostra si vede come fosse pianificato lo sterminio: dalla selezione al massacro nelle camere a gas, fino al trasporto dei corpi e al saccheggio dei beni delle vittime.

La vita nel lager e le condizioni di lavoro sono ben documentate con scritti e immagini: dopo l’immatricolazione la quarantena e l’inserimento nella vita del campo, con il lavoro; poi le selezioni interne e i criminali esperimenti medici. Particolare attenzione va ai bambini e ai giovani presenti nel campo, dove ci sono anche le altre categorie perseguitate. E poi l’“arrivano i nostri”: evacuazione, liquidazione e liberazione del campo, fino alla scoperta dei crimini contro i tentativi di occultarli, infine i processi di Auschwitz. Siamo tornati al punto dal quale avevamo iniziato il giro.

Una ricorrenza per la memoria di tutti noi e dell’umanità intera

Abbiamo raccontato la cerimonia ma non la mostra, della quale abbiamo indicato soltanto i contenuti per fugaci accenni. Lo faremo in modo più meditato di quanto consentito in una serata d’inaugurazione, ripercorrendo il museo degli orrori che rappresenta e cercando di leggere nella lucida follia che lo ha architettato le tracce del disegno delirante e del meccanismo infernale.

Oggi la cerimonia è stata un’intensa immersione in una tragedia epocale resa insostenibile dai visi dei bambini che sgranano gli occhi nelle immagini esposte. Erano così, pensiamo, i visi dei tre sopravvissuti presenti,quegli occhi potrebbero essere del Premio Nobel Elie Wiesel che tutti riveriscono. Si sente un tuffo al cuore, i morsi della memoria sono laceranti, scavano dentro.

Però per questa sera l’ingresso dell’inferno può bastare, il viaggio dantesco nella mostra lo faremo un’altra volta e lo racconteremo come sempre. Possiamo uscire a riveder le stelle. E certo, la terrazza del Vittoriano ce le presenta con la vista mozzafiato unica al mondo . Sono le ore 20, ha smesso di piovere, attraversiamo la grande terrazza, possiamo dinanzi all’ascensore trasparente che porta in vetta al Vittoriano. Scendiamo a Piazza Venezia, non c’è più la fila davanti al palazzo per “Il Potere e la Grazia”, la grande mostra ha chiuso i battenti per questa sera.

Ci affrettiamo a tornare a casa per scrivere il servizio. Vogliamo essere sulla rivista quando sorgerà il sole del sessantacinquesimo anniversario della “liberazione” di Auschwitz, il 27 gennaio 2010. Sentiamo il dovere di celebrare, con la solennità che merita, una ricorrenza così importante per la memoria di tutti noi e dell’umanità intera.

Tag: Bruno Vespa, Gianni Letta, Roma

4 Comments

  1. Claudio Vespa

Postato marzo 22, 2010 alle 3:23 PM

Ogni volta che si ricordano questi eventi della Storia dell’Uomo mi tornano alla mente alcune parole scritte da un ragazzo ebreo fatto prigioniero nei campi di sterminio, rivolgendosi alla madre :
anche se il mare fosse d’inchiostro ed il cielo di carta non basterebbero a descrivere l’angoscia ed il dolore che sto provando…….

  • laformiotodidac

Postato gennaio 27, 2010 alle 8:30 PM

Ricci :

I ricci/
Del giorno/
Cadute a vostro piedi/
Carezzano/
Le notti/
Delle nostre memorie bruciate./

Auschwitz 3 settembre 1941, Polonia.
Di Anick Roschi

  • Francesca

Postato gennaio 27, 2010 alle 7:48 PM

la guerra e stata terribile io ho sentito le storie di Luigi Bozzato e sono terribili perfino lui piangeva a forza di parlare di quella ssua bruttissima esperienza nei campi di concentramento. ora luigi bozzato e morto a Ponte Longo il luogo in cui abitava e è morto l anno scorso 2009 . mi dispiace per tutto questo e anche luigi e spero che non si ripeta mai più questa guerra. bruttissima e stata … ciao

  • Nemo profeta

Postato gennaio 27, 2010 alle 3:42 PM

Cerchiamo di non dimenticare:
Il genocidio del popolo Palestinese ad opera dei Nazi-Israeliani;
I milioni di anticomunisti massacrati dall’Unione Sovietica;
I 70 milioni di europei morti nella seconda guerra mondiale;
I cittadini di Dresda bruciati vivi dalle bombe al fosforo;
I milioni di Giapponesi arsi dalle radiazioni atomiche;
Lo sterminio dei Kurdi;
I bambini Iracheni e Afghani vittime innocenti delle guerre democratiche;
Le migliaia di Storici imprigionati nelle galere di tutta Europa, a causa della loro ricerca sulla verità Olocaustica.
Io non dimentico!