Vermeer, 2. Esterni e interni nell’arte olandese, alle Scuderie

di Romano Maria Levante

Abbiamo già inquadrato la mostra aperta a Roma,  alle Scuderie del Quirinale, dal 27 settembre 2012 al 20 gennaio 2013, “Vermeeer. Il secolo d’oro dell’arte olandese”,  organizzata insieme a  MondoMostre, curata da W heelock  Jr, Liedtke, Bandera  con Paolucci presidente del Comitato scientifico. Dopo aver parlato della vita e dell’arte di Vermeer, nella temperie artistica del “secolo d’oro olandese”, raccontiamo la visita alle opere esposte,  50  dipinti di artisti olandesi che fanno corona a 8 opere di Vermeer, delle 35 esistenti: piccole dimensioni dalla grande forza.

Vermeer, “Ragazza con il cappello rosso”, 1665-67 

Il pensiero  dei realizzatori su Vermeer

Prima della visita il giudizio dei realizzatori della mostra, che si aggiunge ai pensieri del poeta e dello scrittore riportati in precedenza: è la migliore preparazione alla visione delle opere.

Wheelock Jr. afferma che “in ogni sua pennellata si ravvisa il segno del genio, ogni opera appare insuperata per la qualità dell’esecuzione”. Ma non basta, perché “come dimostra la presente esposizione, Vermeer operava in un ambiente artistico particolarmente dinamico, insieme ad altri pittori di talento come lui dediti all’esplorazione di tematiche simili a quelle trattate nelle sue opere. Molti di essi erano in grado di eguagliare la sua straordinaria abilità nel catturare gli effetti di luce e nel  rendere le superfici per creare immagini della realtà”, e questo valorizza la scelta della mostra di inquadrare gli 8 Vermeer in 50 opere di contemporanei vicini a lui nella vita e nell’arte.  E di consentire anche un confronto diretto nei soggetti corrispondenti delle rispettive sale. “Ciò che differenzia Vermeer dagli altri, e lo rende unico, è la capacità di conferire una qualità atemporale a scene di vita quotidiana. Le sue opere trasmettono contenuti e interessi comuni all’umanità, che continuano a riecheggiare in noi a distanza di secoli dalla loro creazione”.

Entrando nel suo stile  Liedtke scrive: “Nelle maggior parte delle opere di Vermeer lo schema prospettico si percepisce appena, gli interni appaiono del tutto naturalistici e lo spazio sembra la conseguenza dei mutevoli effetti di luce”. D’altra parte “Vermeer ha creato un mondo suo, una realtà più perfetta rispetto a quella che lo circondava”. Nei suoi quadri non vi è nulla dei drammi che lui stesso ha vissuto, “le sue figure sono invece alle prese con l’amore, la speranza, l’arte, la scienza e un piacere privo di eccessi”.  Lo studio della realtà “era considerato dall’artista in modo soggettivo: non un semplice interesse, ma una passione e una fede”, e lo coltivava con grande attenzione per gli artisti vicini alla sua Delft e per l’arte italiana. “Eppure, con tutta la cultura pittorica di cui sono pervase, è probabile che le tele di Vermeer venissero ammirate dai contemporanei per gli stessi motivi per cui le ammiriamo oggi: la bellezza assoluta e la creazione di mondi che appaiono  al tempo stesso reali eppure troppo sereni per esistere al di fuori dell’immaginazione”.

La Bandera va ancora oltre: “Vermeer mostra una capacità notevole di trasformarsi e soprattutto di saper esprimere attraverso una nitida percezione ottica non tanto la realtà quanto un’idea etica, un messaggio di ampie vedute e, attraverso una lettura interiore dei personaggi rappresentati, l’estrema sintesi di un pensiero filosofico”.  Al di là del reale cerca di penetrare “le leggi armoniche che governano la realtà, anche quella quotidiana”. Ma non avviene in modo automatico: ” Questo percorso di identificazione delle leggi armoniche con la realtà si fonda su una serie di processi. La semplificazione, la tecnica, la capacità di rendere la diffusione anche materica della luce, la compattezza smaltata delle superfici”. Il risultato: “Naturalezza, comprensibilità, grandezza che fanno dei dipinti di Vermeer non delle rappresentazioni domestiche, ma immagini universali”.

Per Paolucci “atemporale vuol dire fuori dal tempo, o meglio sopra il tempo”, che mentre scandisce ogni attimo della vita umana ” sospende i suoi effetti nei quadri di Vermeer. Per il maestro di Delft non è importante il tempo. Importante è la contemplazione delle cose. Sapendo bene, tuttavia, che le cose sono inafferrabili. Nessuno lo aveva capito come lui”.  Ecco la conseguenza: ´”Il vero è dunque inafferrabile. Anzi, è un enigma. Di tutto questo Vermeer era consapevole”; per lui e gli olandesi del secolo d’oro, “il vero svelato dall’ombra e dalla luce”  è un’astrazione, “è ascolto del silenzio che abita i luoghi e le cose”. Perciò “lo sguardo a lunga posa di Vermeer è la cosa più grande regalataci, alle origini della Modernità, dal naturalismo e dallo Spiritualismo d’Occidente”.  Seguiamo fino in fondo questo sguardo per coglierne il significato:  “L’autentico carattere distintivo della sua arte è un’approssimazione lenta, implacabile, e incessante, all’ultimo confine della ‘rappresentabilità’, fino al punto estremo in cui la mimesi della realtà si affaccia all’insondabile enigma dell’essere. Per questo la sensibilità moderna ha così amato Vermeer”.

Metsu, “Donna che legge una lettera”, 1664-66

Dagli esterni e interni di chiese a Santa Prassede

La visita inizia alla grande, si entra subito  nella “Stradina”, ci si consenta l’immedesimazione. Il celebre quadro di Vermeer ci accoglie introducendoci nel mondo dell’artista, vicino c’è la “Veduta del Municipio nuovo di Amsterdam” di Van der Heyden,è il mondo degli altri artisti del secolo d’oro. Entrambe le opere ritraggono gli esterni di edifici, la prima è divenuta un simbolo della vita di comunità e della quotidianità,  con le figure di donne al lavoro nel piccolo cortile  e dentro il portone di una casa popolare dalla tipica facciata in mattoni rossi modesta e segnata dal tempo. Imponente invece la facciata del Municipio di Amsterdam, che spicca in piazza Dam rischiarata dalla luce del sole con delle ombre discrete che ne esaltano la tridimensionalità e sormontata da una cupola deformata dalla prospettiva. Sono i due esterni,  privato e pubblico, entrambi presenti.

Ci si chiede come sia lo scenario complessivo, la città di Delft, e si è presto accontentati. Nella 2^ sala ci sono quattro dipinti che ce la mostrano, prima nella panoramica in campo lungo, la “Veduta di Delft  con l’esplosione  del 1654”, di Van der Poel, poi a distanza sempre più ravvicinata con le due opere di Vosmaer, “Veduta di Delft da una loggia immaginaria”, dove il porticato dal cui interno si scopre la cittadina non esiste, è  creato dalla fantasia del pittore in una prospettiva architettonica rinascimentale; e ancora di più con  “Veduta di una città olandese (forse Delft)”  con in primo piano un muro di mattoni diroccato di un casa di campagna che si intravede di lato. Si torna nel vivo dell’ambiente cittadino con “Il canale Oude Delft e la Oude Kerk a Delft”, ritroviamo Van der Eyden in una scena da “città sparita” con molta attenzione a dettagli tipici in una luce calda e avvolgente solcata da ombre leggere.

La curiosità di conoscere l’interno di questa chiesa dal campanile svettante, il cui culmine è circondato da quattro punte come minareti, è anche questa soddisfatta. Vicino troviamo il dipinto  di De Witte,  “Interno di chiesa gotica con motivi della Oude Kerk di Amsterdam”, che pur non essendo quella di Delft ne mostra la struttura forse non dissimile, tenendo conto che l’artista aveva sviluppato il suo stile nella cittadina tra il 1650 e il 1652 prima di trasferirsi ad Amsterdam dove lavorò tra il 1652  e il 1663 continuando a ispirarsi a Delft in contaminazioni immaginarie.  La sorpresa è la luminosità della grande navata che dà un senso di spaziosità orizzontale diverso dalla verticalità gotica, in un interno reso familiare dai fedeli ritratti nei diversi angoli della chiesa;  la scena  la fa sentire accogliente sotto l’aspetto ambientale oltre che  spirituale.

E’ esposto, autore lo stesso DeWitt,  anche “Interno della Nieuwe Kerk a Delfi con Tomba di Guglielmo il Taciturno”:il soggetto è il più importante monumento olandese  con le spoglie del condottiero vittorioso della guerra di indipendenza, assassinato nel 1584. Anche qui la scena è animata da un pittoresco gruppo di visitatori, non manca nulla, uomini e donne, bambini e tre cani: le persone sono ben vestite, quasi un simbolo di pace e prosperità, insieme alla fede e all’orgoglio nazionale per il personaggio di cui si vede la statua e  il sacello. Come nell’altro interno, lo spazio  è dilatato dalla luce sulle grandi colonne e le piccole arcate.

Il medesimo tema nel dipinto dal titolo identico di Van Vliet, reso con maggiore ufficialità, dove sono evidenziati gli stemmi gentilizi e le bandiere, mentre le persone presenti sono della Guardia civile e rendono omaggio all’eroe.

Un altro personaggio è celebrato nel dipinto di  De Lorme, “Cappella della Laurenskerk a Rotterdam, con tomba dell’Ammiraglio Witte de With”:anche lui inserisce elementi immaginari  nella realtà delle chiese, peraltro stravolta dal passaggio dal rito  cattolico al calvinismo, dopo l’ondata protestante. I  monumenti pubblici, come questo per l’eroe della marina olandese, sono immessi nelle cappelle laterali al posto  degli altari e delle statue di santi che vengono rimosse.  

Ci siamo dimenticati di Vermeer, presi dalle visioni architettoniche degli altri artisti gravitanti su Delft? Se fosse così la mostra ce lo ricorda subito in un dipinto in carattere con i luoghi di culto fin qui visti da vicino. Ecco nella 3^ sala il dipinto di maggiori dimensioni rispetto agli altri, “Santa Prassede”, che fa parte del primo periodo in cui si dedicò a soggetti religiosi e mitologici, poi abbandonati per i temi di vita quotidiana. L’opera deriva da un quadro dell’artista fiorentino  Felice Ficherelli, vissuto tra il 1605 e il 1670 circa, che lo realizzò nel 1650, cinque anni prima di quello di Vermeer datato intorno al 1655.  In mostra sono esposti affiancati, non si intravedono differenze evidenti né nel modo con cui è raffigurata la santa – a parte il crocifisso aggiunto in quello di Vermeer forse per richiesta di una possibile committenza ecclesiale o per la sua conversione all’atto del matrimonio con la giovane cattolica Catharina Bolnes –  né nel formato;  guardando bene, però, la mano del maestro olandese rifulge nella luce che fa risplendere il volto della santa, nei lineamenti  idealizzati, nei colori più intensi e nelle pieghe che marcano la veste in modo più deciso.

Vermeer,“La suonatrice di liuto”, 1665-67

Scene di vita quotidiana nei cortili e negli interni di case olandesi

Dopo questo intenso primo piano che ricorda le tradizionali immagini sacre, nella 4^ sala  si entra non più nelle chiese ma nelle case olandesi, sono riprese scene di vita con figure caratteristiche quali  “Il tamburino disobbediente” di Maes, “Il suonatore di violoncello” e “Donna che legge una lettera” di Metsu, “Due soldati e una cameriera con un trombettiere” di De Hooch e “Due uomini che fumano e bevono” di Van Ostade.  Il motivo militare è associato a quello musicale, molto importante all’epoca. C’è anche il motivo della  scrittura, l’Olanda era tra le nazioni più alfabetizzate e l’invio delle lettere molto diffuso. Vediamo “Ufficiale che scrive una lettera”  e “Donna che sigilla una lettera”, di Ter  Borch. Scene intime e raccolte di interni con la cura dei particolari, dal pavimento all’arredamento,  a volte primi piani delle persone. Più corali, anche se restano intime e raccolte, “La visita” di De Hooch e “Compagnia musicale” di Van Loo.

Ritroviamo alcuni di questi artisti con scene di vita quotidiana  nella 5^ sala, con “Curiosità” di Ter Borch,   e  altri quattro di De Hooch: due nei cortili, “Ritratto di famiglia in cortile a Delft” e “Donna con bambina in cortile”, due in interni, “Giocatori di carte in una stanza illuminata dal sole”  e “La camera da letto”: in entrambi la luce entra da grandi vetrate illuminando una scena corale e una più raccolta.

Ma ecco il prezioso Vermeer, “Giovane donna con bicchiere di vino”, in realtà il soggetto è una scena galante: un intraprendente corteggiatore  offre alla fanciulla il bicchiere di vino, lei lo prende nella mano,  ma respinge con grazia l’ “avance”  girando il volto e distogliendo lo sguardo, mentre è seduto in disparte un giovane malinconico con la testa appoggiata sulla mano destra. Nella vetrata c’è l’immagine allegorica della Temperanza, mentre  un  tavolino con della frutta, una brocchetta e un tovagliolo, e il quadro alla parete completano l’arredamento della stanza  con il pavimento a mattonelle alternate chiare e scure; un’ambientazione  ricondotta a De Hooch.  Opposte le interpretazioni date al sorriso della fanciulla: di accettazione delle attenzioni oppure di cortese distacco nel pieno controllo della situazione; comune il riferimento al clima petrarchesco,  anche se la donna non appare irraggiungibile, vi è il legame con una realtà  non  ispirata dalla moderazione, ricordata nella figura allegorica della temperanza che con una briglia tiene a freno le passioni.

Vita quotidiana con un’intensa introspezione psicologica, dunque. Ne vedremo prossimamente altri esempi significativi nel seguito della visita.

Info

Roma, Scuderie del Quirinale, Via XXIV Maggio, 16, Roma,  Domenica-giovedì ore 10,00-20,00; venerdì-sabato ore 10,00-22,30, lunedì chiuso, la biglietteria chiude un’ora prima.  Ingresso: intero euro 12,00, ridotto euro  9,50. Tel. 06.39967500. http://www.scuderiequirinale.it/; http://www.mondomostre.it/.  Catalogo “Vermeer. Il secolo d’oro dell’arte olandese”, a cura di Sandrina Bandera, Walter Liedtke, Arthur K. Wheelock Jr.  Skira 2012, pp. 248, formato 24 x28 , euro 38; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Il primo articolo sulla mostra è uscito in questo sito il 14 novembre 2012 con le immagini di “La stradina” e “Santa Prassede” di Vermeer, di “Veduta di Delft con l’esplosione del 1654” di Van der Poel e  “La camera da letto” di De Hooch; il terzo e ultimo articolo uscirà il 27 novembre 2012.  

Foto

Le immagini sono state fornite dalle Scuderie del Quirinale, si ringrazia  l’Ufficio stampa con i titolari dei diritti per la cortese concessione. In apertura “Ragazza con il cappello rosso”, 1665-67, di Vermeer;  seguono “Donna che legge una lettera”, 1664-66, di Metsu e “La suonatrice di liuto”, 1665-67, di Vermeer; in chiusura “Giovane donna con bicchiere di vino”, 1659-60, di Vermeer.

Vermeer,“Giovane donna con bicchiere di vino”, 1659-60