Klee, 1. La sua arte e l’Italia, alla Gnam

di Romano Maria Levante

Alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, dal 9 ottobre 2012 al 27 gennaio 2013, la mostra “Klee e l’Italia” espone circa 100 opere, di cui oltre 30 di Klee, e le altre di artisti italiani e stranieri come Kandinsky e Nagy,  Licini e Soldati, Perilli e Novelli, per non parlare dei reperti classici. La mostra segue i percorsi dei suoi viaggi in Italia analizzando l’influenza ricevuta in quattro momenti della sua biografia artistica, nel tempo e negli stili pittorici, che corrispondono ad altrettante sezioni della mostra curata da Tulliola Sparagni e Mariastella Margozzi.  Produzione e comunicazione: Civita, Arthemisia, “24 Ore Cultura”, Electa,  editrice del Catalogo. 

“Ritratto della signora P. al  sud”, 1924

Una mostra su Paul Klee è un evento – quella precedente c’è stata sempre alla Gnam 30 anni fa, organizzata da Palma Bucarelli – e lo è in particolare questa per l’accurata ricerca su cui si basa, volta ad esplorare i suoi percorsi italiani in modo da approfondire l’influenza del nostro paese nell’evoluzione della sua arte. Non si è trattato di mettere insieme le opere riferite esplicitamente all’Italia, non ce ne sono se non per i paesaggi siciliani; ma di tracciare un itinerario artistico legato ai ripetuti viaggi di Klee nella penisola in alcune fasi cruciali della sua vita, fin dal 1901 a 22 anni.

La linea senza peso, elemento tipico della sua arte

L’arte è legata alle esperienze personali e agli ambienti dove l’artista è vissuto e si è mosso. Per Klee l’atmosfera provinciale che lo circondava non è estranea alla sua pittura semplice e minuta,  cui il cubismo doveva dare l’occasione per fare a meno della profondità prospettica e sfruttare appieno la superficie piana liberandosi dal vincolo naturalistico.  Lo aiutarono in questo affrancarsi dall’arte rinascimentale ed europea i contatti con la pittura francese d’avanguardia, che accettava forme d’arte diverse e con l’arte africana ed islamica nei suoi viaggi nel Mediterraneo, in Tunisia.

Da questa apertura la gamma dei segni, ideogrammi e geroglifici per comporre le sue figurazioni  fatte di linee con divisioni e interruzioni senza dare corpo alla forma né marcare contorni.

E’ la linea l’elemento leggero che dà sostanza senza avere peso, collega e divide, allaccia e scioglie; lui la utilizza come nell’arte primitiva facendosi portare dal segno e passando dallo scarabocchio all’immagine in un processo spontaneo, ben diverso da quello espressionista.

Così lo descrive Clement Greenberg: “Egli incominciava a disegnare senza avere in mente alcun soggetto preciso, e lasciava che il segno si muovesse spontaneamente  finché non era colpito, il segno stesso, da accidentali rassomiglianze; a questo punto tali rassomiglianze potevano essere sottolineate, elaborate. Una rassomiglianza, magari, ne suggeriva una seconda; la seconda una terza, e così via.  A poco a poco l’artista scopriva il soggetto, la scena o l’aneddoto, e con essi il titolo del dipinto”. Soltanto negli ultimi anni “la linea perde l’antica spontaneità calligrafica, diviene più pesante e ferma, è condotta in maniera stilizzata”, anche per la malattia, e spesso è “soltanto e gravemente ornamentale”.

Nella mostra un’apposita sala è stata adibita all’applicazione da parte dei visitatori di questo metodo creativo, con due postazioni, una per adulti, l’altra per bambini, nelle quali si producono disegni alla Klee. Tutto questo facendosi portare dalla linea nel disegnare figurazioni che assumono un significato quando si determinano e rivelano assonanze e somiglianze fino a dar luogo a composizioni degne di essere esposte al pubblico. Le pareti sono ricoperte dei disegni così ottenuti.

Il risultato raggiunto da Klee è un’arte intima e privata,  che si apre alla comunicazione semplice ma ricca di contenuti, li vediamo anche nei titoli tanto elaborati quanto i soggetti sono essenziali. Non manca una vena d’umorismo  e di ironia però senza cinismo o nichilismo: “Lungi dal costituire una protesta contro il mondo – è ancora Greenberg – la sua arte è un tentativo di adattarlo a sé; prima lo respinge; poi, dopo averlo reso innocuo mediante la negazione, lo richiama amorosamente. Non dimentichiamo che l’ironia di Klee  non è mai amara, mai spietata”.

La fase iniziale con il primo viaggio in Italia

Come si inseriscono i viaggi in Italia nel percorso esistenziale ed artistico di Klee?  Basta ripercorrere  le principali fasi della sua vita per metterne a fuoco il ruolo e l’importanza.

I suoi precoci interessi andavano dal disegno alla musica alla scrittura autobiografica espressa nei “Diari”  scritti dai 18 ai 38 anni.  Ma nonostante la passione, i suoi risultati nel disegno della figura all’inizio non furono positivi, tanto che in un primo tempo non fu ammesso  all’Accademia e si iscrisse a una scuola privata; è un periodo di formazione importante dove dà sfogo allo spirito umoristico  e ricerca un proprio stile basato sulla linea e non sul colore manifestando personalità artistica e forza inventiva. Dalla Svizzera all’Austria il passo è breve, sono i suoi primi viaggi; nel 1900 viene ammesso all’Accademia, tra gli allievi suoi compagni di studi c’è Kandinsky.

Subito dopo il primo viaggio in Italia, sulle orme di Goethe e Burckhardt: tra il 1901 e il 1902  visita Genova e Milano, Pisa e Livorno, Firenze e Roma arrivando fino a Napoli. A Firenze il contatto con il ‘400 di Botticelli, a Roma l’arte antica e quella cristiana nei Musei vaticani, nonché il primo contatto con le opere grottesche di Rodin, esposte alla Galleria nazionale d’Arte Moderna che ospita la sua mostra 110 anni dopo. Molti schizzi e disegni sui taccuini in questo viaggio.

Tra il 1903 e il 1905 le prime vere opere d’arte, 15 incisioni  del ciclo “Invenzioni” – ce ne sono alcune in mostra – con figurazioni deformate, in parte reali e in parte immaginarie, di satira alla società borghese. Altri viaggi, tra cui quello del 1905 a Parigi nel quale fa conoscenza del mondo degli impressionisti, mentre a Monaco studia le opere di Goya.  Vi si trasferisce nel 1906 dopo il matrimonio in un appartamento di sole tre stanze, dove la cucina diventa il suo laboratorio: alla mancanza di spazio vengono fatte risalire le piccole dimensioni dei suoi quadri. C’è molta vita artistica, a Monaco visita la nostra di Van Gogh e conosce le opere di Cezanne scomparso da tre anni: tra il 1908 e il 1911 la sua pittura “en plein air” diventa “neo impressionista”, i tratti spezzati e i colori puri. Dopo una serie di incisioni sul “Candide” di Voltaire le prime mostre personali. 

Termina l’isolamento e Klee si apre alle avanguardie, in un viaggio a Parigi ne conosce le opere più importanti, da Braque a Picasso, da Delaunay a Matisse. Sono di questo periodo i disegni del “Candide” di Voltaire  e la formazione di un gruppo con Schiele e Kubin  per riportare all’essenziale l’espressione artistica. Si avvicina, con Macke e Kandinsky al gruppo la “Nuova associazione artistica monacense”,  impegnato nell’almanacco “Il Cavaliere azzurro” che terrà  una mostra che Klee recensisce senza parteciparvi,  apprezzandone il carattere primitivo  con il ritorno alla purezza dell’infanzia; è ammesso alla seconda mostra del “Cavaliere azzurro” con 17 opere.

“Composizione urbana con finestre gialle”, 1919 

La fase centrale con il nuovo viaggio in Italia

E’ una fase fondamentale nella quale è preso da diverse sollecitazioni stilistiche e di contenuti, dall’espressionismo al cubismo, compreso il futurismo di origine italiana. Dei primi due movimenti prenderà molti stimoli e motivi, mentre sono estranei alla sua visione i motivi ispiratori del futurismo, dal vitalismo esasperato alla ribellione, dal meccanicismo al movimento; ma ne condivide l’interesse per l’architettura urbana e gli spazi, nonché le concezioni base sul valore del segno per esprimere anche gli stati d’animo, reso esplicito nelle chiare enunciazioni futuriste.

Nel 1914 un viaggio di due settimane in Tunisia con due artisti amici, Moillier e Macke, con i suoi colori naturali e le architetture delle case  lo porta a rinnovare il suo stile nel cromatismo e nella  struttura compositiva:  i colori diventano tenui e gli accostamenti su linee frammentate e forme geometriche mostrano una certa tendenza all’astrazione.

Fa una minuziosa catalogazione delle proprie opere quasi per dare una sistemazione alle sperimentazioni compiute fino ad allora.  Con Kandinsky, Kokoscha ed altri si avvia  il progetto ambizioso di illustrare la Bibbia, lui sceglie i Salmi. Siamo al 1915, le guerra mondiale allontana gli artisti suoi amici, il re di Baviera lo esenta dal fronte e nelle retrovie continua a dipingere in uno stile vicino agli ideogrammi; nel 1916 e 1917 due sue mostre hanno molto successo.

In questi anni scrive un testo pubblicato nel 1920 considerato un suo manifesto artistico, “Confessione creatrice”, secondo cui “l’arte non restituisce il visibile. Rende visibile”. Massimiliano De Serio ricorda come per Klee “il visibile non è che un elemento tra i tanti di cui il reale si compone”. Anche gli altri elementi devono entrare nella rappresentazione artistica: “Il piano, il segno, lo spazio e la linea sono gli elementi che l’artista ha a disposizione per tradurre in linguaggio grafico le sensazioni fisiche e psichiche dell’uomo”. E’ fotografata così l’arte di Klee.

Nel 1921 viene incaricato dal fondatore Gropius dell’insegnamento di disegno presso la scuola  Bauhaus di Weimar, la cui idea di base era la fusione delle varie discipline, artistiche ma anche artigianali,  in una visione unica secondo il concetto di “arte totale”. Non trasmette indirizzi stilistici vincolanti, e spinge verso l’apertura al mondo scientifico e alle leggi della natura di cui l’uomo  è un “frammento”. L’importanza di questa scuola nella sua vita  e nella sua arte è notevole, nella  mostra  viene ricordata in un’apposita sala con una gigantografia celebrativa.

La sua ricerca dell’essenziale lo porta nel 1923 ai “quadrati magici”,  ai quali approdava anche Mondrian che aveva attraversato tutti i principali stili pittorici della sua epoca, dal realismo al cubismo passando per il “pointillisme”; in Klee c’era anche l’influsso del costruttivismo di Nagy, insegnante al Bauhaus. In questo periodo le sue opere si ispirano pure al ritmo musicale.

Nel 1924 torna in Italia e visita la Sicilia, dipingerà la località della vacanza, “Mazzarò”, e diversi paesaggi siciliani con titolazioni esplicite.  

“Croci e colonne”, 1931

L’ultimo quindicennio, di nuovo in Italia più volte

Nel 1926 ecco il nuovo viaggio in Italia, oltre a Firenze e Pisa visita Ravenna, ed è colpito dai mosaici bizantini fortemente colorati, tanto che ad essi si fa risalire la fase divisionista della sua pittura che inizia intorno al 1930.

L’anno successivo va in Egitto, visita Il Cairo e Tebe, Alessandria e Assuan ma resta deluso, a differenza del viaggio in Tunisia del 1914: “Di Tunisi ho serbato tutt’altre impressioni – disse – sono convinto che Tunisi sia molto più pura”. Un effetto si nota, comunque, nella sua pittura che diventa ancora più geometrica e astratta, accentuando la tendenza seguita al viaggio in Tunisia.

Intensifica l’attività artistica, nel 1929 espone più di 100 acquerelli a Dresda, la mostra si trasferisce poi a  Parigi e a Berlino. Sempre più impegnato, entra in contrasto con la direzione del  Bauhaus per l’impossibilità di garantire una presenza assidua; nel 1930 passa all’Accademia di Dusserdolf con meno vincoli.  Nello stesso anno torna in Italia a Viareggio e due anni dopo, nel 1932, di nuovo nel nostro paese, visita Venezia.  Nel 1931 aveva interrotto i rapporti con il Bauhaus. La pittura diviene divisionista, ma senza l’approccio scientifico di Seurat nell’accostare i punti di colore.

L’avvento di Hitler al potere in Germania – divenne Cancelliere nel gennaio 1933 – lo espone a pressioni e persecuzioni, per l’accusa di giudaismo a cui reagisce con forza, alla moglie scrive che non abbandonerebbe mai la sua opinione, allora coraggiosa  “secondo la quele un ebreo e uno straniero in quanto tali non sono di valore inferiore a un tedesco originario di questo paese”. Si trasferisce in Svizzera dopo un viaggio in Francia: torna a Berna la città della sua infanzia. A questo punto le sue opere catalogate si avvicinano al numero di 500.

Nel 1934, mentre in Germania i nazisti sequestrano il libro di Grohmann sui suoi disegni tra il 1921 e il 1930, espone a Londra alla Mayor Gallery; mostre e consensi crescenti anche in Francia e Belgio, e pure negli Stati Uniti, espone a Berna nel 1935 con una grande mostra.

La sua produzione pittorica continua, tuttavia sente la mancanza di quanto lo gratificava in Germania, inoltre si ammala di una malattia progressiva, la sclerodermia, che lo limita notevolmente, impedendogli anche di suonare il violino, sua grande passione. I suoi quadri, che continua a dipingere, tendono ad esprimere in varie forme il senso della morte; i segni rimandano a una realtà riconoscibile e le composizioni sono più unitarie e meno frammentate.

L’ostracismo nazista diventa sempre più paranoico, vengono espulse le sue opere da tutti i musei della Germania, e 17 di esse sono esposte nell’irridente mostra del 1937 sull'”Arte degenerata”. Non gli manca la solidarietà degli artisti, come Picasso e Braque che lo visitano a Berna, e dopo un breve rallentamento del 1936 riprende la produzione in modo frenetico: nel 1939  effettuerà 1200 disegni. La sua pittura aggiunge i “colori a colla”, su supporti dalla carta al cartone alle stoffe.

Muore nel giugno 1940, sei mesi dopo la scomparsa del padre, mentre a Zurigo venivano esposte oltre 200 sue opere degli ultimi cinque anni.

Un percorso di vita e di arte che andava ricordato, sia pure molto sommariamente,  in alcuni tratti salienti per meglio inquadrare i suoi rapporti con l’Italia cui è dedicata la mostra alla Gnam. Li analizzeremo prossimamente nella visita alla mostra articolata in cinque sezioni che raggruppano i dipinti esposti in base alle fasi  cronologiche in cui questi rapporti possono essere considerati.

Info

Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, Roma, Viale delle Belle Arti 131, da martedì a domenica ore 10,30-19,30; la biglietteria chiude alle 18,45. Lunedì chiuso. Ingresso intero euro 12,00, ridotto 9,50 (cittadini UE tra 18 e 25 anni e docenti scuole statali); ridotto speciale solo mostre euro 7,00 (minori di 18 anni e maggiori di 65), Gratuito museo: minori di 18 e maggiori di 65 anni. Tel. 06.32298221; http://www.gnam.beniculturali,it/. Catalogo “Paul Klee e l’Italia”, a cura di Tulliola Sparagni e Mariastella Margozzi,  Electa, 2012, pp. 184, formato 21×27, euro 25; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Il secondo e ultimo articolo sulla mostra uscirà,  in questo sito, il 5 gennaio 2013.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione della mostra alla Gnam, Si ringrazia l’Ufficio stampa della Galleria con gli organizzatori e i titolari dei diritti per l’opportunità offerta. In apertura “Ritratto della signora P. al  sud”, 1924; seguono  “Composizione urbana con finestre gialle”,  1919, e “Croci e colonne”, 1931. In chiusura  “Il Torso ed i suoi con la luna piena”, 1939.

Il Torso ed i suoi con la luna piena”, 1939