Klee, 2. I suoi rapporti con l’Italia in 5 sezioni, alla Gnam

di Romano Maria Levante 

La mostra “Paul Klee e l’Italia”  espone alla Galleria nazionale d’Arte Moderna di Roma, dal 9 ottobre 2012 al 27 gennaio 2013, circa 100 opere, di cui oltre 30 di Klee, e le altre di artisti italiani e stranieri raggruppate in 5 sezioni tematiche volte ad esprimere l’influsso dell’Italia sulla sua arte attraverso le opere esposte e l’analisi delle curatrici Tulliola Sparagni e Mariastella Margozzi che ne hanno dato conto nel Catalogo con saggi critici particolarmente approfonditi.  Le sezioni sono “Il viaggio in Italia 1901-02” e “Tra espressionismo e futurismo”; “Le vacanze d’artista 1924-32” e  “Gli anni della nostalgia. L’opera tarda 1934-40”. L’ultima sezione si intitola “L’Italia e Klee”.

“Mazzarò”, 1924

Dopo aver tratteggiato in termini generali lo stile pittorico di Klee e il suo percorso di vita e di arte, nel racconto della visita all’esposizione si possono evidenziare in modo particolare i rapporti con l’Italia. Infatti la mostra si articola in 5 distinte sezioni in cui sono collocate le 30 sue opere esposte insieme a quelle di altri artisti e degli ambienti da lui frequentati nel nostro paese.  Seguiremo questa ripartizione che consente di mettere in luce gli aspetti specifici della sua arte nei diversi momenti collegati all’influenza che ha avuto su di lui l’Italia con la sua cultura e la sua gente.

E’ bene premettere, come fanno le curatrici della mostra, che solo 100 delle opere di Klee sono riconducibili direttamente all’Italia, mentre il numero aumenta considerando gli effetti indiretti, come quelli legati all’archeologia e al classicismo della Magna Grecia da lui ammirato in Sicilia. Il “solo” si riferisce all’immenso suo “corpus” di opere, circa 10.000, e fa un certo effetto pensare che di Vermeer sono note meno di 50 opere, di cui 8 esposte nella mostra in corso in questo  stesso periodo alle Scuderie del Quirinale. Due grandi artisti, così diversi in tutto, così simili nella fama.

I riferimenti diretti riguardano soprattutto il paesaggio dei luoghi visitati, in particolare la Sicilia, mentre nei diversi viaggi ha toccato tutte le principali città artistiche, dal Nord al Sud d’Italia. Ma proprio questo aspetto accentua l’interesse: “In definitiva Klee non ha illustrato l’Italia, come non ha illustrato la Francia (altra meta ricorrente dei suoi viaggi) – affermano le curatrici della mostra e quindi la suggestione del nostro paese è da ricercare in un percorso interiore e di meditazione in generale sull’arte e sulla cultura italiane”; e nel rapporto con la gente italiana che “trova probabilmente riscontro nell’animazione teatrale delle sue figure”; un rapporto all’inizio di diffidenza, poi di ammirazione per un popolo dalla natura “potente e misteriosa al  tempo stesso”.

Le opere legate al primo viaggio in Italia (1901-02) e al futurismo

E’ un viaggio di formazione umanistica, con l’amico Haller, mentre quello di formazione artistica lo farà in Francia nel 1905. Segue l’itinerario di Buckhardt, che nel 1837 era entrato  dal Gottardo, per cui incontra per prime Milano e Genova; mentre Goethe – il suo “Viaggio in Italia” è un prezioso vademecum per Klee – era entrato dal Brennero visitando per prima Verona. Di Genova lo colpiscono l’impianto urbanistico e il porto, con la vita che vi si svolge, e il mare di notte. Visitata Roma farà delle comparazioni tra le due città,Genova drammatica, moderna  e visiva; Roma epica, storica, narrativa. Ma Napoli, pur “degenerata”, le supera entrambe per vitalità: “Napoli ha tutto: splendore e miseria, vita portuale e vita mondana, addirittura un pezzo di Roma, il Museo  nazionale. La sua natura è paradisiaca”. A Firenze lo colpisce la grande pittura rinascimentale e il Teatro della Pergola con due danzatrici famose, e anche la vita ben più tranquilla che a Roma.

Di questo viaggio sono rimasti alcuni disegni e schizzi con riferimenti espliciti in particolare a Roma: era ancora incerto sulla via da intraprendere  e cercava idee e motivi su cui lavorare innanzitutto sul piano teorico, come risulta dai “Diari”.  Dall’anno successivo al ritorno a casa si vedono gli effetti nelle “Invenzioni”, una serie di incisioni su zinco di carattere satirico create tra il 1903 e il 1905 ed esposte a Monaco nel 1906  al suo debutto artistico. Sono incentrate su 4 temi: la donna e l’artista, le relazioni sociali e la condizione umana. La mostra ne presenta alcune, dal tono fortemente satirico, le figure sono deformate e in atteggiamenti eccessivamente caricati.

Vediamo  “Vergine sull’albero”, figura contorta adagiata su rami altrettanto contorti e “Donna e animale”, figura eretta e rivolta all’indietro con la mano verso il muso dell’animale che la segue, slanciato come il levriero di cui fece lo schizzo a Roma. Poi“Comico”,  una testa allucinata  con casco e maschera e “Due uomini, reputando ognuno l’altro di rango superiore, s’incontrano” sprofondati in un inchino reciproco: qui oltre alla satira c’è il suo senso teatrale e il gusto per l’intitolazione. Sono tutti creati nel 1903 anche se “Donna e animale” e “Comico” vengono ultimati nel 1904. Del 1905 “Eroe con l’ala”, che lui stesso definì “un nuovo antico Don Chisciotte”, visto come simbolo della sua condizione sociale, nella figura immaginaria – monumentale ma mutilata – con le ali del mondo animale e la gamba arborea del mondo vegetale.

L’attenzione di Klee per il futurismo è un altro legame con l’Italia: non solo ne visitò le mostre, compresa la grande collettiva  del 1913 in tournée europea tra Germania, Francia e Olanda;  ma ne incontrò alcuni esponenti e  questo avveniva nella fase iniziale della sua ascesa artistica in cui, tra l’altro, scrisse “La confessione creatrice”. Conosceva l’impostazione futurista, radicalmente diversa dalla sua perché basata sul vitalismo e sul movimento, ma c’erano punti in comune nell’uso della linea. Così nel manifesto al pubblico dei grandi futuristi italiani, testo riportato sul catalogo della mostra in Germania: “Nella descrizione pittorica dei diversi stati d’animo di uno stesso tipo linee verticali ondulate, attaccate qui  e là a silhouette di vuoti corpi esprimono facilmente la nostalgia e la mancanza di coraggio. Linee confuse, sussultanti, rette o curve che si fondono con gesti appena abbozzati, di richiamo e di fretta, esprimeranno un’agitazione caotica  di sentimenti. Linee orizzontali, sfuggenti,  rapide e convulse, appena interrotte, che taglino brutalmente visi dai profili vaghi e lembi di campagne balzanti, daranno l’emozione plastica che suscita in noi colui che parte”.

Tulliola Sparagni, nel riportare questa citazione, ricorda che il critico Nordhausen “lo commenta ironicamente evocando una ‘misteriosa stenografia, una stenografia futurista del sentimento'”; e aggiunge che  “l’equivalenza del disegno come trascrizione immediata dell’emozione attraverso il movimento del polso era un tema assai vicino a Klee che già nel 1908 aveva teorizzato la linea ‘come zona originaria dell’improvvisazione psichica’”. L’assonanza è evidente, e già abbiamo visto l’importanza centrale della linea nelle sue opere. Sempre la Sparagni ne trae le conseguenze: “Sotto l’impulso delle scomposizioni cubiste e delle linee frammentate futuriste Klee abbandona le lunghe linee ricurve delle illustrazioni per il ‘Candide’ a favore di nuove ricerche lineari che privilegiano soluzioni appuntite e frantumate. Anche nei soggetti è possibile rintracciare un’eco, fors’anche ironica, del futurismo”.

Lo si vede nelle opere esposte, soprattutto acqueforti, nelle quali la linea ha caratteristiche di questo tipo, con un’associazione tra impressionismo, cubismo ed espressionismo, in qualche caso verso l’astrazione. Così “Piccolo mondo”, e “Astratto guerresco”, entrambi del 1914: nel secondo l’associazione della guerra all’astrazione la spiega lo stesso artista scrivendo nel 1915: “Tanto più è spaventoso questo mondo, come oggi, tanto più astratta è l’arte”.  Il motivo è il seguente: “In questo mondo in rovina vivo soltanto nel ricordo, siccome capita di pensare al passato. Perciò sono ‘astratto nei ricordi’”. La guerra mondiale era alle porte, eviterà il fronte e disegnerà nelle retrovie.

Non più astrazione ma figurativo essenziale con linee assolutamente dominanti, rette e spezzate in “Paesaggio con canale”, 1917, linee anche ricurve in “Suonatore di fagotto”, 1918. Dello stesso anno “Americano-giapponese”, alle linee si aggiunge una tonalità giallo pastello di fondo, che sarà più accentuata in “Scena fiabesca alla Hoffmann”, 1921.

Dalle linee si passa ai piccoli riquadri con esplosione di colori già nel 1919 in “Composizione urbana con finestre gialle”,  l’architettura futurista c’entra senz’altro come anche il viaggio in Tunisia in cui lo colpirono le case squadrate e colorate; ci piace pensare che alla svolta cromatica oltre che geometrica non fu estranea la reazione gioiosa alla fine della guerra.  In “Aiuola colorata”, 1923, vediamo una conferma di questa nuova forma espressiva: i fiori diventano tessere di vari colori e tonalità intense, il giardino una sorta di scacchiera colorata a tinte forti e omogenee.

“La raccolta dei limoni”,1937 

Le opere nelle “vacanze d’artista” (1924-32) e negli anni della nostalgia (1934-40)

Sono periodi molti diversi quelli delle due ultime sezioni cronologiche della mostra, prima di quella conclusiva sull’attenzione che l’Italia ha dedicato a Klee con particolare riguardo alla Gnam.

I periodi che sono definiti “vacanze d’artista”, riguardano i soggiorni estivi e i viaggi che la posizione acquisita  nel Bauhaus e il crescente successo gli consentivano; erano momenti di serenità dalle pressanti incombenze di insegnante che terminarono nel 1930 divenendo incompatibili con gli impegni artistici; gli anni della nostalgia vengono quasi in sequenza, sono quelli della fuoriuscita dalla Germania nel 1933 per la persecuzione nazista fino alla malattia e alla morte nel 1940.

Le sue vacanze, come quelle di altri artisti, avvenivano sulla costa baltica,  in località tipo Baltrum che già in passato avevano ispirato pittori, come Kirchner, autori di apprezzati paesaggi marini. E’  il 1923, ecco come Klee descrive l’ambiente: “Alberi non ce n’erano,  Piccoli giardini, profondamente nascosti nella sabbia. Montagne in miniatura e valli – dune e sempre una sabbia fine senza pace. La spiaggia era tutta per noi e offriva uno spettacolo impressionante”.  E aggiunge: “Il bagno però non era piacevole… di nuotare poi non se ne parlava”.

Anche per questo già l’anno successivo la sua vacanza si sposta verso le terre più calde della Sicilia, incurante della distanza, a dieci anni dalla sosta del 1914 rientrando da Tunisi; ci tornerà  nel 1931.

La vacanza del 1924 dura sei settimane  con soste all’andata a Genova e Napoli e al ritorno  a Roma, per nove giorni,  e a Milano per due.  E’ tutto preso dall’ambiente siciliano e dalla natura, come si vede dalle testimonianze pittoriche, mentre mancano quelle scritte, a differenza di altri viaggi come quello del 1901 in Italia e del 1914 in Tunisia. “Mazzarò”, 1924, intitolato alla località balneare più rinomata, ci mostra subito il luogo dove soggiornò, in uno stile figurativo con gli alberi e il villino, la giara e la vegetazione ben riconoscibili, sembra dipinto “in strada”. Così “La costa meridionale di sera”, 1925, ha una precisione quasi fotografica nella raffigurazione, i colori ci riportano al trasferimento notturno in nave tra Napoli e la Sicilia. In altri invece  torna alle sue astrazioni grafiche, lo vediamo in “Alberi coltivati”, 1924, dove case e alberi sono compenetrati, e in due acquerelli non in  mostra ma molto significativi, “Sicilia”  e “Paesaggio siciliano”, entrambi del 1924, fatti di tasselli dal cromatismo delicato con poche tessere che evocano visivamente case e vegetazione.  La linea torna dominante in “Con il serpente” – è curva per il rettile e la palma – e in “Facciata”,  un fitto intarsio di linee che disegnano finestre e arcate: sono entrambi a penna e inchiostro su carta. Un intarsio più raffinato di fregi in “Quartiere di ville ‘fiorentino'”, 1926, in un fondo dal cromatismo variegato e leggero. Fin qui nessuna figura umana, la troviamo in “Ritratto della signora P. al sud”, 1924, una  “bambolina” – titolo di un’altra sua opera – dai  tratti primitivi.

Nel 1931 è preso dai reperti della classicità, il nuovo viaggio diventa “archeologico”  alla riscoperta della Magna Grecia e di Bisanzio tra Agrigento e Siracusa, Gela e Ragusa, Palermo e Monreale. Era già stato nel 1926 a Ravenna, folgorato dai mosaici che lo avevano già interessato nel gruppo del “Cavaliere azzurro”, e lì il suo stile aveva preso un deciso orientamento “pointillista”, i suoi quadratini cromatici si erano ridotti a punti colorati vicini, come si vede in “Croci e colonne”, 1931. Nel 1929, invece, in “Costruzioni portuali” – il ricordo del porto di Genova – la penna  su carta segue una precisa grafica fatta di cubi e parallelepipedi; che aveva prodotto l’anno precedente, quella volta su fondo ocra di varie tonalità, “Prospettiva di città”, non in mostra.

C’è anche il soggiorno a Viareggio, tra spiaggia e pineta,  e a Venezia, tra i ponti e le calli. Vediamo esposto “Angolo di castello”, 1932, dove l’atmosfera veneziana si sente nei forti colori con insoliti contrasti che prevalgono sull’architettura, ridotta a sezioni cromatiche dalla geometria variabile. Infine “Arlecchino addormentato”, 1933, gessetti con  colori scuri e freddi, tema cui ha dedicato  acquerelli nel 1920-23 e prima della scomparsa nel 1940; qui la maschera è presa da stanchezza, simbolo delle preoccupazioni dell’artista nell’anno in cui il nazismo lo costrinse ad espatriare.

“Pesce asello del fango”, 1940

Gli anni definiti della nostalgia vengono subito dopo, tra il 1934 e il 1940. La nostalgia del Sud è nei diversissimi “Ulivo”, 1934, e “La raccolta dei limoni”, 1937; il primo un viluppo di linee arrotondate sul celeste, nel secondo invece, il ritorno dei segni grafici tra l’infantile  e il primitivo. Ancora segni in “Rannuvolato”, 1934, e “Foglio d’album per Y”;  mentre in “E’ ardente”, 1939, e “Pesce asello nel fango”, 1940, i segni diventano strisce nere su cromatismi opposti: caldo il primo, freddo  il secondo. “Sibilla”, 1934,  ricorda “Arlecchino addormentato” dell’anno precedente, però in un colore rossastro caldo con una scomposizione cubista.  Dedica altre grafiche  alla Sibilla, forse come retaggio del viaggio nel napoletano dove si trova l’antro della Sibilla cumana, e all’Inferno dantesco, con i 16 disegni di “Parco inferno”,1939,viluppi grotteschi di animali, vegetali e minerali; fino a “Torso ed i suoi con la luna piena”, dello stesso anno, il ritorno alla luce dopo le tenebre con i corpi abbozzati in forme stilizzate e mitiche.

Dalla luce sia pure lunare si torna nella penombra con “Un parco la sera tardi”, 1940: nel suo verde cupo con i pesanti volumi e il suo senso di oppressione rimanda alla meditazione sulla morte, Conclude la Sparagni: “Un parco solitario e deserto dove in breve apparirà l’immagine della morte è un dipinto incompiuto e senza titolo che Klee non ebbe il tempo di inventariare”.

L’Italia verso Klee, termina la carrellata di opere

L’ultima sezione  ripercorre i rapporti tra l’Italia e Klee sotto il profilo dell’attenzione riservatagli fino alla mostra alla Galleria nazionale d’Arte Moderna nel 1970. Si ricorda che fu la celebre rivista “Valori plastici”  – tra i fondatori  De Chirico e Carrà – a presentarlo nel nostro paese nel 1920.  Nel dopoguerra ebbe la piena consacrazione alla Biennale di Venezia del 1948, otto anni dopo la sua morte, con l’esposizione di una diecina di acquerelli di diversi periodi della vita artistica e di due opere della collezione del Guggenheim, la Galleria ne acquistò due, “Afide gigante” e “Con la lampada a gas”, ora esposti in mostra. Nel Catalogo,  così Giulio Carlo Argan parlava della sua tendenza all’astrazione: “La si raggiunge attraverso un processo interiore, cioè attraverso il superamento graduale e controllato della nozione storica e naturalistica”. La “sottile ricerca di Klee” veniva così descritta: “Trascrive nella dialettica di segno e colore, nel loro reciproco determinarsi, gli episodi della vita interiore”. Il pensiero torna al segno futurista nella pittura degli stati d’animo.

La Margozzi compie un’accurata rassegna delle attenzioni della critica italiana a Klee, ricorda anche la “Mostra didattica Klee” della Gnam tra l’ottobre 1959 e il febbraio 1960 e quella parallela al Goethe Institut, poi la pubblicazione del suo libro “Teoria della forma  e della figurazione” e dei  “Diari di Paul Klee” nel luglio 1960, fino a “Klee. Studio biografico-critico” di Nello Ponente nel 1968. Arriviamo così alla  grande mostra della Gnam nell’aprile 1970 con 136 opere della collezione privata del figlio dell’artista Felix, più 62 da un museo di Dusserdolf, 198 opere dal 1901 al 1940, l’intero arco della vita artistica.  Con accurata introduzione tematica di Palma Bucarelli.

Non aggiungiamo altro, se non il rapido resoconto delle opere esposte in questa sezione della mostra, quasi una summa della sua arte. Si va dalla grafica sottile di “Spiriti di galli”, 1919, a quella più elaborata di “Afide gigante”, 1920, a quella a sagoma di burattino in “Più liberamente in precisa ripartizione”.  Dai colori contrastanti ma leggeri di “Con la lampada  a gas”, 1915, si passa al cromatismo intenso e uniforme di “Festa notturna”, 1921; fino alle due opere più nette e definite, “Superscacco”, 1937, con forti contrasti tra le caselle della scacchiera, e “Mimica di uno sguardo”, 1939, il segno marcato per una tenera figura infantile tra volti da cui traspare tristezza.

E’ l’anno prima della morte, seguiranno altre opere, ma quest’ultima immagine con “Il parco la sera tardi” del 1940 dà il senso dell’addio: nell’ombra tenebrosa del parco da lui amato, ma con la tenerezza di uno sguardo timido e sereno, che sembra rifugiarsi nell’innocenza dell’infanzia,  tra gli occhi abbassati e la testa china di chi resta. Così l’abbiamo sentita al termine della visita, dopo l’immersione nella sua vita e nelle sue opere: in un’arte del tutto particolare, unica e coinvolgente.

Info

Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, Roma, Viale delle Belle Arti 131, da martedì a domenica ore 10,30-19,30; la biglietteria chiude alle 18,45. Lunedì chiuso. Ingresso intero euro 12,00, ridotto 9,50 (cittadini UE tra 18 e 25 anni e docenti scuole statali); ridotto speciale solo mostre euro 7,00 (minori di 18 anni e maggiori di 65), Gratuito museo: minori di 18 e maggiori di 65 anni. Tel. 06.32298221; http://www.gnam.beniculturali,it/. Catalogo “Paul Klee e l’Italia”, a cura di Tulliola Sparagni e Mariastella Margozzi,  Electa, 2012, pp. 184, formato 21×27, euro 25; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Il primo articolo sulla mostra è uscito, in questo sito, il 1° gennaio 2013 con le immagini delle opere di Klee “Ritratto della signora P. al sud” e “Composizione urbana con finestre gialle”,  “Croci e colonne” e “Il Torso ed i suoi con la luna piena”.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione della mostra alla Gnam. Si ringrazia l’Ufficio stampa della Galleria con gli organizzatori e i titolari dei diritti per l’opportunità offerta. In apertura “Mazzarò”, 1924; seguono  “La raccolta dei limoni”, 1937, e  “Pesce asello del fango”, 1940. In chiusura,“Mimica di uno sguardo”, 1939. 

“Mimica di uno sguardo”, 1939