Micucci. la ricerca pittorica dal Dna al Borromini “occulto”, al Vittoriano

Romano Maria LevanteIl Borromini occulto è stato evocato nella mostra “Luce, spazio, armonia il Divino”, di Laura Gabriella Micucci, svoltasi al Vittoriano, sala Giubileo,  dal 10 al 15 settembre 2011, con due nuove opere aggiunte a quelle esposte  dal 4 al 28 maggio nell’ anteprima al Chiostro di san Carlino alle Quattro Fontane, nel cuore della chiesa la cui facciata è del grande architetto. Altre sue opere insigni san Giovanni in Laterano e sant’Andrea delle Fratte, l’Oratorio e il Convento dei Filippini, sant’Ivo e  La Sapienza, i Palazzi Carpegna e Confalonieri, Spada e Propaganda Fide. Vale la pena tornare sulla mostra dopo oltre due anni per i motivi e significati non solo pittorici che ha evidenziato.

“Stella Danzante  (tò àstron orchoùmenon)”

“La mia è la ricerca di qualcosa che vada oltre il terreno, in una prospettiva di più mondi”, ci disse l’autrice prima della presentazione, parlandoci anche di Dna che si diversifica e rappresenta “il ceppo dell’Universo”.  La sua ispirazione è stata il simbolismo del Borromini, alchimista e astronomo oltre che architetto dal forte senso religioso, portato ad “andare oltre” con i suoi simboli e le sue forme espressive protese verso qualcosa  di superiore come si vede nelle sue chiese.

Ascoltando queste parole e ci guardammo intorno, le opere dominavano la sala, ci attirarono tre scritte: “Bisogna avere il caos in sé per partorire una stella danzante”, ha scritto Nietsche; a questo messaggio se ne aggiungeva uno altrettanto misterioso: “La verità non è venuta nuda in questo mondo, ma in simboli”, è tratta dal Vangelo di S. Giovanni.  Fino all’espressione del Borromini, che ne dà l’interpretazione autentica: “Tutto ciò che disegno e creo porta il sigillo dell’essere mio. Se sai quel che fai puoi essere beato”. Per lui è valso anche l’inverso, l’inattività e il disorientamento della vecchiaia lo portò all’opposto, la disperazione, di qui la morte che si diede trafiggendosi con una spada. Ma nulla di tutto questo traspare dalla magnificenza delle sue opere che hanno ispirato i quadri dell’artista Micucci, rivolti verso altri mondi in una sublimazione festosa e spettacolare.

“Spazio (tò diàstema)”e “Luce (tò phos)”

L’immagine della spirale della vita e il Dna

L’intervento di Claudio Strinati  preparò all’interpretazione delle opere esposte spaziando dall’occulto del Borromini a Mondrian della cui mostra romana abbiamo dato conto a suo tempo.  Il Borromini  era stato  protagonista assoluto nella suggestiva anteprima al Chiostro di san Carlino in cui si era materializzata una simbiosi tra l’architettura e la pittura della Micucci che ad essa si ispira; al Vittoriano  le opere hanno avuto una dimensione autonoma in un  contenitore museale neutro, senza essere sovrastate dalla spettacolare architettura del grande maestro del barocco.

Obiettivo dell’artista è stato legare all’opera di un architetto la propria opera pittorica moderna. . Il punto comune è il senso di ascesa verso qualcosa che va oltre e ci sovrasta, una visione metafisica alla base dell’ispirazione. Ha utilizzato una tecnica molto particolare, ridando vita all’encausto e servendosi di molti materiali;  lo stile creativo si vede anche nella forma delle opere, molto diverse, dal quadrato esposto con gli angoli come fosse un rombo, all’ottagono, fino alla stella ed altre configurazioni che danno il senso dello spazio multiforme.  “Approfondire e innovare nella tecnica, prestare attenzione alla forma esteriore, alle posizioni, tener conto di tanti influssi, dal caso alla necessità”, questo ha fatto l’artista, disse Strinati.  E citò Mondrian, nella  sua evoluzione, non per creare un rapporto diretto con lui, ma per richiamarne il rigore geometrico che alla fine evolve in una nuova percezione della forma: dai compartimenti e dalla staticità della prima fase a un dinamismo che si può ricondurre perfino alle meditazioni dei mistici olandesi.  Il dinamismo si vede nelle opere della Micucci, sembrano lanci di oggetti rotanti, in una visione cosmica che porta “oltre”, una pulsazione che eleva l’opera d’arte verso una suprema armonia.

La pianta delle chiese del Borrominigenera delle immagini inserite nei quadri dell’artista, del resto il grande architetto si ispirò anche a Michelangelo. “La storia dell’arte  è come una corsa a staffetta, concluse Strinati, ognuno raccoglie e porta avanti qualcosa dei predecessori, questo è un bell’esempio di un’artista che ha raccolto il testimone e si è messo a correre sui sentieri dell’arte”.

Affermò anche : “La suprema meditazione genera la forma e porta verso l’alto con la spirale della vita senza fine”. Colleghiamo queste parole  a ciò che ci aveva detto l’artista sul Dna “ceppo dell’universo”. Ebbene, l’immagine del Dna è la doppia elica, rivelata per la prima volta da Rosalind Franklin con la celebre “fotografia  51”,  che diede la conferma decisiva a Watson e  Crick,  insigniti con Wilkins per  la loro scoperta  del Premio Nobel  nel 1961 a lei negato dalla morte prematura del 1958, senza neppure una citazione.  La doppia elica del Dna evocato dalla Micucci corrisponde alla spirale della vita senza fine di Strinati: tutto si tiene in questa assonanza di temi e di motivi.  Che ci fa ripensare alle opere esposte con  interesse misto a soggezione perché fanno penetrare il mistero delle origini della vita proiettandolo negli immensi spazi dell’universo.

“Luce (tò phos)”

Il simbolismo del Borromini  cui si ispira la Micucci

Claudio Strinati  ha indicato la direzione giusta per interpretare le opere della Micucci. Completiamo l’inquadramento con l’analisi della simbologia borrominiana compiuta da Leros Pittoni  nel libro “Francesco Borromini, l’architetto occulto del barocco”,al quale si è ispirata l’artista: “Il simbolo è legato all’uomo che ha bisogno di simboli per mettere la creatività  e la conoscenza in relazione al trascendente”. Per Borromini era complesso e aveva valore teleologico, alimentato dalla sua vasta cultura che spaziava tra astronomia e filologia,  fisica e musica, geografia ed egittologia; e dalla sua osservanza religiosa, al punto di essere definito “ascetico”.

Per questo la sua architettura ha una forza ascensionale che esprime l’elevazione dell’uomo verso Dio e il suo ritorno sull’uomo, “non fa pesare la materia che adopera ma l’alleggerisce al limite dello stabile, quasi a filtrare la luce”,  in modo che “entrando nel tempio si debba lasciare ogni ombra per sentirsi leggeri”.  E ancora: “Tutte le religioni hanno attribuito alla luce l’ascensione verso la divinità”, fino alle parole del filosofo gnostico Proclo: “Vita e luce sono unite , allora è nato il numero dell’Unità dello Spirito”. L’illuminazione non ha soltanto il valore intellettuale dei platonici, ma anche un valore profondamente spirituale che avvicina al divino: “Nelle sue cupole troviamo la costante discesa di una dynamis, un ‘processo’ d’illuminazione che vuole coincidere con l’acquisizione della Rivelazione”.

Su questa base filosofica e teologica così ricostruita da Pittoni,il grande architettoha fondato i suoi simboli geometrici, il cerchio che rappresenta l’infinito, l’eterno e porta al divino; il quadrato che esprime “la materializzazione dell’Idea” e riconduce all’uomo; e la stella a cinque e più  punte. “La croce è normalmente iscritta in un quadrato e contenuta in un cerchio”, mentre “tre cerchi saldati tra loro evocano la Trinità”, al centro Borromini colloca il sole.

E poi i simboli delle palme come “durata nel tempo” e sono il segno dell'”operosità che lascia l’uomo, quella ispirata dal Cristo risorgente”,  mentre i petali dei rosoni “sono il simbolo della durata terrestre, quindi breve”, e le melograne simboli di fede. Gli angeli onnipresenti,cherubini e serafini,  con le ali spiegate sono, nelle sue parole, “conservatori immutati della propria luce, del proprio potere d’illuminazione  per la facoltà di respingere e di abolire ogni tenebra offuscatrice”.

“Armonia (tò àrma)”

Le opere di Laura Gabriella Micucci

Come si cala tutto questo nelle opere della Micucci?  La storica dell’arte Chiara Proietti  le ha analizzate osservando innanzitutto che la luce porta a “comporre la tela come fosse un mosaico. Pensarla come un insieme di tessere, scoprire che dentro ognuna di esse ne esiste sempre un’altra”, come le figure geometriche iscritte nel cerchio con i raggi “simbolo del Cristo che discende nella materia”. Nello spazio, tra turchese, viola e striature bianche  si vede “fissare nelle costellazioni celesti la dolcezza delle linee curve volute da Borromini per le sue chiese romane”.   I pianeti e le galassie  tinte di azzurro esprimono l’armonia universale. Fino al divino, nella “comunione di due mondi, legati tra loro dalla presenza dell’occhio divino, dallo sguardo di Dio”.

Una visione laica, come quella espressa dal latinista-grecista  Gianluca Sarapo, il quale vede nella luce anche “l’irraggiamento universale che dal mondo superiore informa di sé ogni elemento sottostante”, nello spazio l’elemento intermedio per cui “chiunque può abbracciarlo con la mente e con i sensi”, nell’armonia ” la “simbiosi e sintesi di umano e divino”, nel divino un “elemento dinamico, in perenne movimento” e non solo “ciò che sta semplicemente al di sopra”.

Con queste visioni nella mente, parliamo ora delle opere, realizzate nel 2011 in tecnica mista su tela, con vari materiali, acrilico e vinavil, lana di vetro e paste vitree, titanio al laser e oro zecchino, fino all’encausto su cera, che riporta all’antico. Come fanno i titoli, in greco antico per esprimere  con vocaboli di genere neutro la dimensione universale e l’estraneità rispetto a ogni appartenenza.

“Il Divino (tò théion)”

Cominciamo con la serie intitolata allo Spazio (tò diastema)”, il marrone terrestre è segnato dalla pianta delle chiese del Borromini, quasi  astronavi lanciate nell’universo.,

Poi il dipinto intitolato alla Luce (tò phos)”,, una tela ad ottagono irregolare con al centro il cerchio che irraggia in cui è iscritto il triangolo,  su un fondo variegato tra il giallo e l’amaranto in una finissima lavorazione quasi a mosaico.

Ed ecco le opere sull’“Amonia (tò àrma)”, dei quadrati con i vertici come basi,  di un  celeste siderale nel quale galleggiano pianeti e costellazioni.

Il “Divino (tò théion)” è rappresentato in una tela a ottagono irregolare divisa da uno scettro nella sfera terrena, con segni cuneiformi di civiltà del passato, e nella sfera divina con un Angelo la cui ala visibile è costituita da una miriade di  doppie eliche del Dna,  considerato da Strinati “cellula divina che tutto genera”  con questo significato: “L’idea di fondo è quella della cellula da cui l’immensità dell’Universo trae origine” precisa lo studioso.

Fino alla “Stella Danzante”  (tò àstron orchoùmenon)”  l’ottagono della forma del dipinto è arrotondato, “le comete convergono verso l’idea del Divino”: sono tre in una composizione spettacolare con forme rosse e gialle sullo sfondo celeste.

Non finisce qui,  l’esposizione del Vittoriano ha aggiunto a quella del chiostro di San Carlino un nuovo tema, connesso ai precedenti  ma espresso per la prima volta direttamente in due dipinti,  Il primo è “Lo scudo di Atena (e aspìs tès Athenàs”, con la forma di ottagono regolare, reca al centro un’eclisse di sole con l’alone intorno e filamenti di eliche di Dna mentre lo “scudo” è percorso da costellazioni legate ad Atena, dalla forma ben definita.

Il secondo, “L’arco della Sapienza (tò tòxon tès Sophias)”, a triangolo rovesciato, mostra due archi dorati, mentre all’interno di un viluppo di eliche di Dna c’è il serpente simbolo di continuità infinita, che si guarda riflesso in uno specchio di zirconio”

Come concludere questa  coinvolgente immersione nelle immensità cosmiche legate a spazio, luce, e armonia in termini fortemente terreni?  Dopo avere evocato il divino torniamo all’umano con l’espressione posta da Pittoni a sigillo delle sue considerazioni sulla simbologia di Borromini. E’ una citazione del “Corpus Hermeticum”, la poniamo a sigillo della nostra riflessione sulla mostra della Micucci perché è il messaggio che ne abbiamo tratto in un dimensione universale: “L’uomo, da vita e luce, divenne anima e intelletto, dalla Vita originandosi l’Anima e dalla luce l’Intelletto”.

Info

Per la mostra su Mondrian al Vittoriano, citata nel testo, cfr. in questo sito, i  nostri 2 articoli: “Mondrian. Il percorso d’arte e di vita” il 13 novembre  2013e “Mondrian. L’approdo nell’‘armonia perfetta’”  il 18 novembre.

Foto

Le immagini delle opere, tutte del 2011, sono state  fornite dall’Ufficio stampa di “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia che si ringrazia con i titolari dei diritti, in particolare l’artista Laura Gabriella Micucci.  In apertura, “Stella Danzante  (tò àstron orchoùmenon)”;seguono “Spazio (tò diàstema)”e “Luce (tò phos)”, poi “Armonia (tò àrma)” e “Il Divino (tò théion)”;in chiusura “L’arco della Sapienza (tò tòxon tès Sophias)”.

“L’arco della Sapienza (tò tòxon tès Sophias)”