Russo, dai ritratti femminili ai fiori e alla natura, al Vittoriano

di Romano Maria Levante

Concludiamo la rievocazione della mostra di Mario Russo, svoltasi al Vittoriano dal 1° al 25 febbraio 2011,  intitolata  “La pittura e l’emblema”, che ci ha presentato una pittura carica di mistero e di significati simbolici tali da farne un emblema, anzi tanti emblemi. Delle sue raffigurazioni pittoriche, che si ispirano alla realtà ma cercano di penetrarne i motivi reconditi, abbiamo già commentato i ritratti di personaggi; terminiamo il racconto con i ritratti femminili e le altre raffigurazioni di soggetti umani, per finire con i fiori e la natura, le diverse corde dell’artista. Parliamo al presente, come se visitassimo ora la mostra, perché la carrellata abbia immediatezza.

I ritratti femminili

Un altro tipo di ritratti-cammei è quello dei dipinti con le attrici  rappresentate entro un cerchio che sembra un proscenio, con un grande cappello rotondo a larghe tese. “Diva”  ha un copricapo più elaborato, mentre “Attrice di cabaret che fuma”  al verde scuro che inquadra la prima aggiunge il colore delle guance arrossate. “La diva del cinema” il rosso lo ha nelle labbra procaci. Non c’è solo la bellezza, in “Vecchia diva allo specchio”, il cappello nero a larghe tese sovrasta un volto da mummia che contrasta con l’ermellino avvolto sul busto come una bambagia o l’ultima illusione.

C’è poi l’immagine di bellezza muliebre in “Le tre grazie”, il cappello nero a larghe tese chiude in alto uno sfondo oscuro dove spicca nel suo morbido chiarore il busto fiorente della sua nudità. Che abbiamo ritrovato nel dipinto “Nello studio”: non siamo più nei cammei né nelle istantanee, è una composizioni elaborata, lo stesso cappello a larghe tese sull’intero corpo nudo, quasi un’immagine simbolica – ripensiamo al dipinto risorgimentale di Hayez – con il tricolore formato dai colori sul letto, il velo sulle gambe e il muso del cane, a lato un guerriero chiuso nell’armatura tranne il viso.

“Donna che si veste” è una istantanea, quasi mossa per il movimento delle braccia mentre cerca di indossare la veste leggera sopra la biancheria intima in realistica esibizione; con molte analogie “La modella”, in entrambe si vedono i contorni sfumati di un’altra figura. C’è un  velo a coprire appena il corpo femminile mollemente disteso in “La bella e la bestia”, immagine quasi onirica; e in “Modella attrice”, su un divano in attesa. Attesa che cessa in “Convegno”, le figure avvinghiate, il morbido corpo femminile semicoperto da quello maschile e per questo accresce il proprio erotismo.

E’ una parentesi di erotismo in una galleria di immagini pudiche e rappresentative: una giovane Carla Fracci a braccia levate nel gesto della danza ci porta alle figure a  busto quasi intero dopo tanti cammei: cominciamo a conoscere certe “citazioni” misteriose nel busto scuro che si intravede dietro, quasi una scultura classica che sembra accompagni il suo movimento di braccia. In “Due epoche” la citazione è esplicita, sono affiancate la donna d’oggi nell’elegante abito da sera nero con il solito largo cappello e la Venere statuaria, mutila delle braccia ma non dei segni della bellezza. “Ritoccata a mano” è una figura semisdraiata, il vestito di raso bianco aperto sul seno scoperto, il solito largo cappello nero e dietro di lei un’immagine di sogno con una sorta di berretto frigio.

La galleria femminile continua con figure quasi intere sempre più vivaci e colorate, sarà perché sono ritratti di personaggi veri come “Marina Ripa di Meana”, ha un copricapo di velo nero ritto sulla testa con un fiore rosso al centro, i suoi lunghi boccoli poggiano sul peplo violaceo con due cagnolini in bianco e nero posti in primo piano. Anche “Giovanna Bellini con cane” è raffigurata avendo dinanzi il fedele amico a quattro zampe, tutta in verde, senza il solito cappello nero a larghe tese ma con dei fiocchi verdi come il vestito sui capelli. C’è anche un vero ritratto di cane, “Lillo”.

Il largo cappello nero ritorna nel “Ritratto di Daniela Soriapparella”, dolce e serena, e dopo tanti colori torna il nero nel vestito e nel soprabito; è verde scuro tendente al nero il lungo abito in “Ritratto di Adriana”, figura magrissima dallo sguardo penetrante, quasi attonito. E tornano i fiori in primo piano, colorati e festosi, nel “Ritratto della signora Sassone attrice di teatro” in camicetta bianca e nel “Ritratto di Caroline Meersseman” in nero che lascia scoperte spalle e decolleté;  nel “Ritratto di donna attrice”, anch’esso molto colorato nel rosso della casacca con il bianco piumato al collo e nella “Giovane donna romana con fiori e velo”, immagine delicata in un riquadro con abito e cappello in una trasparenza raffinatissima. E nel “Ritratto di Adriana e Maura”, dove i fiori dividono due teste accostate in modo insolito per la nuca come siamesi, però nettamente diverse.

“Ritratto di attrice romana” e “Attrice allo specchio” hanno la nota dominante verde, il primo nel divano, il secondo nella veste che lascia le spalle scoperte in un’immagine femminile in cui il solito largo cappello nero fa risaltare la delicatezza e il candore del viso.

Guardano nella stessa direzione alla loro destra le donne raffigurate in “Ritratto della signora con il cappello nero”, che sembra piuttosto un velo sui capelli mentre il vestito è bianco bordato di scuro e Ritratto della signora Rossana maestra di danza:l’abito è di un rosso intenso, l’unico tra i dipinti esposti, con l’immagine onirica appena delineata dietro il volto dallo sguardo assorto, sempre verso la sua sinistra, questa volta senza il largo copricapo nero di quasi tutti gli altri ritratti.

L’attenzione per la donna prende anche altre forme, come in “Visita al museo” dove la figura prevalente è la grande statua alla destra della visitatrice, ma anche lei si fa guardare per la sua eleganza e il viso altero; e nell’inconsueta immagine della “Nuotatrice”, quasi un’istantanea nelle corsie della verde piscina, il gesto richiama “Donna che si veste”. C’è poi “Il Pittore e la modella” dove le falde del solito cappello nero diventano larghissime e occupano metà della scena, sotto ci sono i profili paralleli delle due figure; e “Giovane modella con pittore”, una figura appoggiata forse in posa mentre dall’ombra emerge la testa del pittore che la guarda. E’ dimessa, mentre è imponente “Modella con il guanto”, un nudo di notevole efficacia nella sua morbida sensualità. Come “Nudo allo specchio”, uno squarcio su un’immagine di bellezza e sensualità prorompente.

I due dipinti “Senza nome” offrono una sequenza sensuale ed erotica pur nella loro severità di forme e di linee: un nudo in piedi che poi appare sdraiato mollemente, quindi offre prima la vista anteriore e poi quella posteriore di un corpo che si mostra nella sua esuberante forza vitale. Ci ha ricordato i due nudi dell’artista russo Aleksandr Deineka, rispettivamente “Bagnante” e “Modella”.

Altre raffigurazioni di soggetti umani

L’eleganza e la dignità, la bellezza e l’eleganza muliebre, con qualche tocco di sensualità, è forse il più cospicuo tra i motivi dell’artista, uno dei due temi perseguiti in modo sistematico e insistente; l’altro è il tema dei volti dei grandi personaggi classici e contemporanei, che abbiamo già  trattato.

Non mancano, tuttavia, i motivi più vari, dove troviamo quella curiosità ma anche quella fantasia che nei dipinti fin qui citati è limitata dalle forme convenzionali, anche se in tutte l’introspezione psicologica è evidente: basta lo sguardo, è l’espressione degli occhi a rivelare il mondo interiore.

Le figure umane dominano ancora la scena, ma sono le più inaspettate. C’è l’anima teatrale in “L’arlecchino sardo” e “Clown giocoliere”, “La maschera rossa” e “Burattinaio”; e il senso ludico della vita in “Ragazza col cerchio” e nei due “Ragazzo” e “Ragazza con l’aquilone”. Poi “Signora con cane” e “Ragazza con tube”  offrono inquadrature diverse, mentre il “Profeta con tuba” e “Vecchio pescatore” declinano in modo poetico l’immagine della terza età. “Senza nome” questa volta non intitola un nudo seducente, ma un volto allucinato dal tocco impressionistico che fa eccezione rispetto alla consueta nettezza di linee, ed esprime la confusione di una mente forse malata, se fosse di pelo rosso potrebbe essere un Van Gogh moderno. C’è anche “La Famiglia Guitti” in questa umanità, con una ringhiera in primo piano e le tre figure quasi in posa dinastica; guardano alla loro sinistra  i due anziani di “Senza nome”, circondati dai fiori e dalle erbe di un giardino luminoso e non spuntano da fondali neutri oppure oscuri come altri soggetti raffigurati.

“Ritratto di Francesco” e “Leggenda cremisi”  mostrano due mondi diversi, il primo la tranquilla serenità del giovane, anche qui nell’ambiente naturale del mare e il Vesuvio sullo sfondo; il secondo il bersagliere con elmo piumato sulla neve forse in battaglia. Il dramma esplode in “Morte di un giovane drogato”, un’istantanea alla Robert Capa, e “Omaggio alle vittime del terremoto del sud”, sembra di sentire il grido disperato della donna che alza la mano al cielo e il pianto del figlio al suo fianco, il morto che le si accascia sul seno è senza dubbio suo marito. “L”urlo nero’ delle antiche madri mediterranee” è la definizione data da Domenico Rea a queste forti espressioni di dolore.

Una certa inquietudine suscita “Paesaggio”, un veicolo su una strada sull’orlo del precipizio sotto un monte che sembra minacciarlo; e “La roccia”, dove la minaccia dei massi sospesi  incombe sulla persona fragile e indifesa che ne è inconsapevole. E chissà se dietro lo sguardo di “Uomo con macchina” si può percepire la consapevolezza di una condizione umana altrettanto minacciata!

L’arcadia della classicità, i fiori e la natura

Dopo la disperazione e l’inquietudine, si ritrova la pace nell’arcadia scultorea di “Gruppo marmoreo nel parco” e “Statua in un fresco angolo di verde”, tra i putti e la bellezza muliebre;  nella fontana e nella rigogliosa vegetazione nei due dipinti su “Villa Phanphili” e in “Villa Sciarra”, la statua classica tra alberi e verde, fino allaPalma con testa di marmo antica” e all’evasione verso l’oriente scolpito in “Bue in ghisa del fiume giallo”.  La palma la ritroviamo in “Chiostro di Fondi – S. Domenico”.

E’ l’ambiente che rasserena anche senza suggestioni classiche oppure orientali: “Il paesaggio marino e fiori”,un golfo incantato dai colori accecanti e “Mare della Sardegna”, roccioso e spumeggiante; il mare è anche in “Vela”, che viene ammainata sotto un cielo blu intenso. E’ un colore che vediamo in “Isola Bisentina” e “Capodimonte”, il blu in entrambi è del lago di Bolsena; fino all'”Albero (Porto paglia)”, il fogliame come vela nel cielo con il mare di sfondo e un sentiero nel verde per raggiungerlo; e in “Albero della Sardegna”, contorto e tormentato come l’ulivo.

E dopo la vegetazione e il verde, il mare e il lago, ecco in primo piano i “Fiori (Porto Cervo)”, bianchi striati di rosso sulle foglie verdi, in un dipinto luminoso; è invece oscuro “Balcone con fiori”,dal buio della finestra monumentale una figura misteriosa. Poi “Conchiglie sulla spiaggia” e “Conchiglie con ortaggi”; la grande conchiglia dall’eco marina con mezzo cocomero e uva nera compone “Natura morta”, colorata come il “Gruppo di pesci”, in due parti cromatiche, l’ocra della sabbia e il verde del cielo, con le macchie di colore dei pesci che fanno sentire la loro freschezza.

“L’attore e le grandi conchiglie d’argento” riassume l’amore per il mare e per questo suo simbolo, in un ritorno alle radici napoletane da cui è partita la vicenda umana di Mario Russo. E’ un’immagine luminosa come è tenebroso il suo “Autoritratto” dove solo metà del viso e dell’abito emergono dal buio, quasi in un’oscura scena del Macbeth shakesperiano. Nella luce delle due grandi conchiglie d’argento e nel buio dell’autoritratto si rachciude la figura dell’artista con i suoi contrasti e la sua versatilità: l’amore per la realtà come appare e come si disvela oltre le apparenze.

Ne abbiamo riproposto l’itinerario artistico tra temi e soggetti tratti dalla realtà e dalla vita, rivissuti nella sensibilità e nell’arte. E siamo approdati nel mondo che si può immaginare con la fantasia ma l’artista ha trovato nella realtà e trasfigurato nell’arte. E’ un mondo di classicità e di bellezza, fatto di arte e di natura; e di amore per la vita, la cifra ultima del percorso artistico di Mario Russo.

Info

Cfr., in questo sito, il primo articolo il 2 agosto 2013.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante al Vittoriano, si ringrazia Comunicare Organizzando di Alessandro Nicosia, con i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta.