Augusto, nel Bimillenario, alle Scuderie del Quirinale

di Romano Maria Levante

Alle Scuderie del Quirinale dal 18 ottobre 2013 al 9 febbraio 2014, la mostra “Augusto” espone circa 200 reperta inseriti in sezioni che scandiscono le varie fasi di un’attenta ricostruzione storica: dal sorgere e consolidarsi dell‘imperium”, alla nuova classicità nell’arte e alla nuova età dell’oro nella vita. Realizzata dall’Azienda speciale Expo insieme ai Musei Capitolini, hanno collaborato il Museo del Louvre e il Grand Palais di Parigi, che sarà sede della successiva esposizione in Francia. Curatori della mostra e del Catalogo Electa, di notevole impegno iconografico e documentario, Eugenio la Rocca, Claudio Parisi Presicce, Annalisa Lo Monaco, Cécile Giroire, Daniel Roger.

Le mostre precedenti

Augusto è stato al centro  di alcune grandi mostre nel passato, quando  la sua figura è stata considerata  da diversi punti di vista, compreso quello propagandistico di esaltazione dell’impero che fu alla base della mostra nel 1937 al Palazzo Esposizioni,  nel Bimillenario della nascita: il fascismo non perse l’occasione per celebrare l’espansione  della potenza e della cultura romana nel mondo  allora conosciuto, andando anche oltre il periodo augusteo. E’ stato un precedente che aveva scoraggiato finora iniziative in Italia ispirate a una visione priva di retorica.

In Germania nel 1988 ci fu a Berlino una mostra su Augusto e il tramonto della Repubblica romana, da un’idea di Eugenio La Rocca, basata su una revisione critica dove nulla vi era di agiografico; l’esposizione, tuttavia, era articolata per generi artistici, senza che vi fosse un collegamento diretto tra la ricostruzione storica e i reperti archeologici, per cui sezioni diverse erano dedicate ad architettura e scultura, gemme e cammei, ceramica e monete, che risultavano avulse dal contesto.

Dieci anni dopo, nel 1999, in un’altra mostra sempre in Germania divisa in tre settori, Imperio, Conflitti e Mito, in tre località diverse, l’approccio fu incentrato sull’integrazione tra componente romana e germanica; il settore “Imperio” era diviso in sezioni tematiche, dalla formazione di Roma e poi l’ascesa a potenza mondiale alla politica estera augustea, dall’edilizia monumentale nell’Urbe e nelle province all’amministrazione dell’impero, in specie i rapporti con la Germania, i trasporti.  Questa mostra fu organizzata nel  Bimillenario della sconfitta dei romani nella selva di Teutoburgo.

L’impostazione della mostra

Il  Bimillenario della morte di Augusto ha fornito l’occasione per questa mostra la cui grandiosità ripaga, per così dire, dei settant’anni di  attesa:  per realizzarla si sono uniti alle Scuderie del Quirinale non solo la Soprintendenza per i beni archeologici di Roma e i Musei Capitolini, che detengono molti dei reperti esposti, ma anche il Museo del Louvre, e il Grand Palais di Parigi.

L’esposizione è incentrata sulle arti figurative, quindi sculture e terrecotte, bronzi e rilievi,  gemme e cammei,  ma senza divisioni di generi, come era nella mostra tedesca del 1988; non vi sono  neppure divisioni in tematiche avulse dal tempo, si è preferito seguire la storia augustea nel suo sviluppo cronologico inserendo in questo percorso  i reperti dei diversi generi artistici. Ad eccezione della pittura parietale che si è ritenuto non ridurre a qualche frammento essendovi a Roma le case di Augusto e di Livia e i musei con pannelli per lo più inamovibili; e ad eccezione dell’architettura che,  a parte alcuni fregi, si può ammirare nella città di Roma nella sua grandiosità.

L’excursus storico,  cui le opere esposte forniscono evidenza visiva, non ha frazioni settoriali, e spazia per  la lunga vita di Augusto: si è voluta rendere con il massimo approfondimento la cultura artistica nell’età augustea, quindi  non ci si è dispersi su temi quali l’amministrazione dell’impero, l’esercito e i trasporti,  anche a causa di problemi di spazio e logistici. Ciò non incide  sulla completezza dell’esposizione perché il campo di osservazione è globale e non settoriale.

I  titoli delle 9 sezioni della mostra sono più eloquenti di ogni ulteriore introduzione: si inizia con Ottaviano e il tramonto della Repubblica romana per passare alla conquista da parte sua del potere assoluto; segue la costruzione di una nuova classicità  e il sorgere di forme di celebrazione del principe; l’escalation vede  gli dei protettori di Augusto e l’avvento di una nuova età dell’oro; il tema viene declinato con il lusso nella vita privata, espressione dell’aristocrazia al potere  e rispetto all’eco di Roma nel mondo provinciale; infine la morte e l’apoteosi, Augusto sale all’Olimpo.

La visita alla mostra è un’immersione nel mondo augusteo particolarmente suggestiva per l’effetto altamente spettacolare di un numero di reperti così vasto,  sono oltre 200: dalle grandi statue ai piccoli cammei si passa di emozione in emozione, presi da una romanità che è insieme storia e arte. Per la prima volta sono riunite le statue più celebri come Augusto in toga con il capo velato e l’Augusto di Prima Porta divenuto una vera  e propria icona augustea; e poi rilievi decorativi riuniti della battaglia di Azio riuniti per l’occasione,  cammei preziosi, oggetti in ceramica e vetro, crateri e urne, fino ai pezzi pregiati del tesoro di Boscoreale, il più prezioso servizio di argenteria dell’epoca.

La conquista e il consolidamento del potere

Una ascesa politica quella di Ottaviano che inizia con una sua iniziativa militare raccontata nelle “Res Gestae”:  mise insieme un esercito per difendere la Repubblica dall’urto delle fazioni, poi alla morte di Cesare, nel 44 a. C., adottato nel suo testamento, prese il nome di Gaius Julius Caesar (Octavianus). Come console non si segnalò in modo particolare, ma fu pronto a divenire capopartito duro e determinato e poi principe rispettoso della tradizione; quando Cesare divenne “divino” nel 42 a. C. colse a volo l’occasione  cambiando il nome in Gaius Iulius divi filius Caesar. Ebbe dal Senato l’appellativo di Augusto nel 27 a. C., il princeps diviene così l’Imperator Caesa Augustus.  

Nella prima sezione viene ricordata la figura di Cesare,  e anche di Pompeo Magno e Crasso, mediante busti di marmo e monete, e si fa la conoscenza di Ottaviano con una testa di marmo e delle monete d’oro tra il 36 e il 42 a.C.

Dal 43 al 33 a. C. nel secondo triunvirato si impegna nel difendere  le tradizioni  e le istituzioni romane e italiche qualificandosi come alfiere della romanità con un’intensa attività politica, mentre Antonio si era ellenizzato ad Alessandria d’Egitto, con la regina Cleopatra, lontano da Roma. Lo scontro tra i due si concluse con la sconfitta di Antonio nella battaglia navale di Azio del 31 a. C., e fu seguito da un lungo periodo, dal 31 al 23 a.C., in cui ad Ottaviano fu rinnovato il consolato ogni anno perché portasse avanti la propria azione di restauratore dell’ordine repubblicano. Nel 27 a.C. ebbe il titolo di Augustus e l’imperium provinciale per dieci anni, e nel 23 a. C. rinunciò al consolato per la tribunizia potestas a vita, da novello tribuno della plebe aveva il diritto di veto.

Questa inarrestabile scalata al potere assoluto viene espressa da un gran numero di reperti, tra i quali alcuni con la Vittoria  –  un frammento di rilievo, una antefissa e  una gemma – e altri con immagini quali il trofeo con prigionieri. Dopo questo inizio una serie di suoi ritratti marmorei, dalle teste ai busti fino alle grandi statue e, d’altra parte, con piccoli espressivi cammei. Vediamo anche raffigurata nel marmo la sua famiglia, dalla  moglie Livia a Giulia e Ottavia, fino ai nipoti Gaio e Lucio, accostati ad una sua Statua togata nel gruppo molto espressivo della basilica di Corinto; altri busti ritraggono Agrippa, Tiberio, Marcello  e Druso Maggiore.

La nuova classicità e le forme celebrative del principe

Particolare rilievo viene dato nella mostra alla costruzione di una nuova classicità, soprattutto da parte di uno dei curatori, Eugenio La Rocca, che ne spiega i canoni sottolineando che anche nei casi in cui l’imitazione dai modelli greci era massima, le nuove opere venivano inserite in un contesto ben diverso che dava loro un altro significato.

Il riferimento ai grandi maestri era indispensabile per dare agli dei e ai grandi personaggi raffigurati l’autorità e la dignità morale richiesta; nel nuovo linguaggio figurativo, scrive La Rocca, “gli elementi formali di derivazione classica si amalgamavano con estro e fantasia con altri desunti dallo stile arcaico, severo, e del primo ellenismo”. A tal punto che “severo, classico e tardo-classico sono fusi in un insieme armonico che supera la mera imitazione: si arriva  talvolta a dubitare che siano effettivamente esistiti determinati prototipi”.  La Rocca così conclude: “La cultura augustea non è classicistica, ma nei suoi momenti più alti modifica la tradizione classica  innestandone taluni lemmi in un insieme linguistico, il cui impasto è profondamente innovativo, al punto da dare avvio ad una nuova classicità”. E in modo ancora più esplicito: “Imitazione ed emulazione non sono considerati riferimenti negativi alla tradizione classica, ma una maniera per ripensarne il linguaggio creando nel contempo opere del tutto originali”.

Nella sezione sono esposte statue di marmo dove si può verificare tale assunto: si va dalla statua arcaista di Priapo, e dalle teste di Centauro e di Ulisse al gruppo “Oreste e Pilade” , da un originale greco di netta impronta classicista. I  motivi evocati da La Rocca sono espressi nelle grandi statue esposte, Oreste ed Elettra,  Claudio Marcello e AfroditeDiana e Livia come Cerere o Fortuna. Del  “princeps”, tra le tante sculture, vediamo la Statua togata di Augusto con il capo velato  e la famosa Statua di Augusto da Prima Porta, con il braccio destro levato, divenuta una icona: è altta più di 2 metri, come quella di Livia, e nella mostra a questa è stata accostata una replica del Doriforo di Policleto per un raffronto diretto.

L’arte viene di nuovo associata al consolidamento del potere nella sezione in cui sono esposti i segni della nascita di una sorta di culto di Augusto, beninteso in senso lato, cioè frutto della sconfinata ammirazione per il suo genio, venendogli riconosciute qualità eccezionali, e per la sua persona fisica, il numen, rappresentata nel vigore, prestanza e autorità unita a benevolenza. Di qui il passaggio delle statue con la corazza, come l’Augusto di Prima Porta, a statue in cui è assiso come Zeus Olimpio, l’omologazione alla divinità era implicita nella raffigurazione; in una moneta con in mano lo scettro tiene il globo sotto al suo piede. Sono esposti dei cammei che lo ritraggono  n re di Macedonia, e su una quadriga, come Mercurio e come Apollo.

Gli dei protettori di Augusto e la nuova età dell’oro

Dalla divinizzazione mediante omaggi che superavano l’ammirazione umana, alle divinità considerate suoi protettori: Apollo sin dalla battaglia di Azio, poi anche Mercurio, Marte e Venere. Certamente la sua attenzione per la religione tradizionale mediante campagne di restauri di templi e la ripresa di riti in disuso contribuì a questa ulteriore “escalation” dell’immagine di Augusto: reintrodusse i Ludi secolari nel 17 a. C. e nel 12 a. C. morto Lepido fu eletto Pontefice Massimo. 

In questa sezione sono esposte  lastre campane con le divinità, in particolare Apollo in contesa con Eracle per il tripode delfico, poi  Demetra-Cerere in trono e una scena di iniziazione ai i misteri eleusini, tre erme femminili di marmo nero, forse danzatrici che adornavano  il tempio di Apollo , fino all’altare dei “lares”  di Augusto.

E siamo alla sezione sulla nuova età dell’oro conseguente alla fine dei conflitti interni: non più scontri politici e soprattutto non più le devastanti guerre civili del passato,  un lungo periodo all’insegna delle  virtù civili e della giustizia con la prosperità diffusa. La” pax, felicitas temporum, pietas” viene evocata dai grandi poeti Virgilio, Orazio e Ovidio con immagini di tono idilliaco. Sembra realizzarsi il sogno utopico di  frutti della terra copiosi senza lavoro umano, e tutto questo si esprime nelle decorazioni e nei fregi che evocano l’abbondanza  di doni della natura. Vengono citati i rilievi dell’Ara Pacis con le immagini di pace e  giustizia, vediamo le figure floreali nelle lastre campane esposte. Di particolare importanza i rilievi “Grimani”, con animali ritratti mansueti mentre allattano, siano essi la pecora o la leonessa e la cinghialessa. Non manca il richiamo alal realtà, sono le  sculture degli Horti Sallustiani, sulla Niobe in fuga, ferita e morente.

Il lusso nella vita privata e l’eco nelle province

Prosperità e benessere, insieme alla pace e serenità si traducevano in forme di lusso nella vita privata, in particolare nelle ville degli aristocratici, che peraltro avevano comportamenti da soggetti pubblici anche nelle loro abitazioni perché ricevevano tutte le mattine i clientes come loro patroni. In mostra non vediamo le grandi pitture delle Ville romane, visibili in loco o nei musei dove sono esposti grandi pannelli di affreschi staccati, ma una vasta oggettistica di gran pregio:

Una serie di crateri di varie forme e coppe in ceramica sigillata, poi oggetti in alabastro e cristallo di rocca nonché in vetro monocromo e in vetro-cammeo fino ai prodotti di oreficeria, dalle armille agli orecchini, dalle collane alla “Bulla aurea” contro l’invidia; e poi tripodi, sedie e sgabelli. E soprattutto i pezzi pregiati della collezione di Boscoreale, di tale valore da essere definito il Tesoro, costituito da vasellame in argento lavorato di elevata fattura e qualche pezzo d’oro. Questo si trasmetteva anche nel culto dei defunti, sono esposte urne funerarie con vasto corredo di oggetti.

Le province sottomesse a Roma si ispiravano alle realizzazioni scultoree e architettoniche del centro dell’impero. Si ricorda che  per ornare il triportico della capitale della Lusitania in Spagna fu preso a modello il foro di Augusto. Sono esposte in mostra le statue di Anchise, Enea ed Ascanio in fuga da Troia e viene affermato che si sono rinvenute nella provincia statue togate  e abbigliate con un mantello di lana come a Roma  per i summi viri e i Re.  Ciò è stato riscontrato anche in Gallia e in Italia meridionale. Sono esposti anche l’altare dei cigni e l’altare ad Apollo ad Arles in Gallia e un rilievo da Pozzuoli con la personificazione di una provincia sottomessa.

La morte di Augusto  e la proclamazione a “divino”

L’ultima sezione è dedicata alla morte di Augusto, il 14 d. C.  a Nola,  in presenza della moglie Livia e del figlio Tiberio,  aveva 76 anni.  Esequie di grande solennità, prima il trasporto della salma fino a Roma per alcune settimane, poi la processione dalla casa al Palatino fino al Campo Marzio dove avvenne l’incinerazione., infine la deposizione dei resti al Mausoleo il 6 o l’8 settembre. La divinizzazione fu pressoché immediata, mentre per Cesare si attesero due anni, per lui soltanto una settimana, il 17 settembre fu proclamato divino, un testimone dichiarò di averlo visto ascendere in  cielo.

Questa sezione conclusiva della mostra vede esposti reperti che riassumono in un certo senso il ciclo augusteo. C’è una statua di Augusto e una di Livia del tipo “orante”, poi la serie di rilievi Medinaceli sulla battaglia di Azio ricomposti per l’occasione, evento questo unico perchè provengono da musei di varie nazioni, Budapest e Madrid. Ci sono soprattutto le navi ma anche varie figure come il generale e il suonatore di tuba, Marte e il personale di culto.

Concludere con la battaglia di Azio, che è stato l’inizio, è una idea originale di una regia che è riuscita nel compito molto difficile di coniugare l’esposizione dei reperti con la narrazione storica. In questo modo si è potuto rivivere un periodo tanto significativo nella storia e nella  vita romana con il corredo delle raffigurazioni nelle forme più varie.

L’arte e la storia, tramite l’archeologia, unite  nel far tornare in vita l’età augustea. Non è più una civiltà sepolta, è apparsa in piena luce con  i suoi valori civili ed artistici che restano impressi nella memoria: l’effetto spettacolare delle sale con le grandi statue non si dimenticherà facilmente.

Info

Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio, 16, da domenica a giovedì ore 10,00-20,00, venerdì e sabato 10,00-22,30, la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso: intero  12,00 euro, ridotto 9,50 euro, per minori di 26 anni e maggiori di 65, particolari categorie e  gruppi; scuole 4 euro ad alunno, gratuito per disabili e accompagnatore. Tel. 06.39967500; info.sdq@palaexpo.it. Catalogo: “Augusto”,  Electa Editore, 2013, a cura di Eugenio La Rocca,, Claudio Parisi Presicce, Annalisa Lo Monaco, Cécile Giroire, Daniel Roger, pp. 336, formato 21×28. Un altro nostro articolo sulla mostra sarà pubblicato prossimamente nel sito specializzato in archeologia e arte antica “notizie.antika.it” con il titolo “Roma, i reperti di Augusto alle Scuderie del Quirinale”.

Foto

Le immagini sono state riprese alla presentazione della mostra alle Scuderie del Quirinale da Romano Maria Levante, si ringraziano gli organizzatori, in particolare l’Ente speciale Palaexpo, con i titolari dei diritti,  per l’opportunità offerta. In apertura, Statua di Augusto da Prima Porta, età tiberiana, seguono Statua togata di Augusto,  Gaio e Lucio Cesare dalla basilica di Corinto, fine I sec. a. C.-inizi I sec. d.C.  e   Statua togata di Augusto con il capo velato, stessa data; poi Statua di Niobide in fuga e di Niobide ferita,  440 a. C., e  Statua di Afrodite detta del Frejus,  V sec. a. C. , quindi Frammento di rilievo dell’Ara Pacis, 13-9 a. C., e Rilievo “Grimani”con la pecora, fine I sec. a. C.; in chiusura, Rilievi Medinaceli con navi, Età claudia.