Chagall, dalle favole agli innamorati, al Chiostro del Bramante

di Romano Maria Levante

Abbiamo già ripercorso la vita e l’arte dell’artista cui è dedicata la grande mostra  “Marc Chagall. Love and Life. Opere dell’Israel Museum di Gerusalemme” ,  al Chiostro del Bramante, dal   16 marzo  al 26 luglio  2015. Ora diamo conto della visita alle opere esposte che riguardano i temi salienti del suo mondo immaginifico: i  ritratti di personaggi  e i luoghi a lui familiari, le illustrazioni dei  libri della moglie Bella  e di Gogol e quelle delle favole di La Fontaine, il suo straordinario bestiario, fino al culmine degli innamorati, con gli splendidi dipinti in cui spicca il suo grande amore. La mostra è realizzata da Dart e Arthemisia Group con  The Israel Museum di Gerusalemme, e curata da  Ronit Sorek.. Catalogo Skira .

Prima di immergerci nella visione delle opere esposte, che spaziano dai dipinti alle illustrazioni per libri e alle scenografie teatrali, ricapitoliamo per brevi tratti quanto abbiamo più diffusamente ricordato sulla sua arte, strettamente collegata alla vita in una poetica espressiva fatta di realtà e ricordi,  sogni e memoria in cui sono presenti i motivi salienti della propria esistenza, come la madre Russia,  rivissuta da lontano nelle sue lunghe permanenze in Francia e in America, le figure familiari e i personaggi tipici della sua terra, fino all’immagine più amata, la donna di cui si innamorò e poi sposò, Bella, divenuta la personificazione stessa dell’amore inteso in senso universale.

Chagall  attraversa le correnti artistiche del ‘900  traendone gli spunti che ritiene utili per la sua peculiare forma espressiva, ma non aderisce a nessuna di esse, anche se è stato definito “fauvista”, ma essenzialmente per renderne la ribellione rispetto ad ogni visione limitata: la liberà espressiva è stato il suo imperativo.

In tal modo ha potuto rendere le proprie emozioni, in un figurativo che non è realismo né stretta aderenza a quanto rappresenta,  ma non ha neppure l’automatismo psichico dell’espressionismo né la provocatoria illogicità del surrealismo, anche se la sua libertà espressiva si traduce in immagini volanti fuori dal comune.

La sua inconfondibile cifra stilistica si manifesta in un molteplicità di forme d’arte, i dipinti dal forte cromatismo sono la più spettacolare, ma ci sono anche i cicli illustrativi di libri e di opere teatrali, le scenografie e le vetrine, fino alle sculture. La mostra dà conto della sua pittura attraverso pochi  ma fondamentali dipinti, e soprattutto attraverso le multiformi opere grafiche, anch’esse spettacolari nel narrare delle storie in modo di volta in volta arguto, nostalgico, ispirato.

Cominciamo con i “Ritratti“, di “Baa ‘I Makshoves” e “Ala Elishev”, 1918, un “pensatore” e un ragazzo, con un tratteggio chiaroscurale sottile e delicato, cui accostiamo “Autoritratto con sorriso”, 1924-25, che portò con sé in diverse copie nel 1931 nel viaggio in Palestina,, evidentemente si identificava con quest’immagine sorridente. Ben diversa dal grottesco “Autoritratto con smorfia”, 1924-25, .che peraltro fu utilizzato come copertina dell’edizione francese dell’autobiografia “Ma Vie”, segno che si riconosceva anche in questa figura dissacrante: la bocca è distorta, l’occhio è asimmetrico, la selva di capelli sembra quasi un vello, è al limite della deformazione cubista.

Invece un precedente “Autoritratto”, 1923, è calligrafico  e preciso, il viso appena delineato è sovrastato da una casetta sopra i capelli, quasi ad evocare il ricordo dell’abitazione natale in Russia da cui si era allontanato per lungo tempo, precede la visualizzazione analoga del pensiero di Frida Kahlo che espresse la fissazione amorosa dipingendo l’immagine di Rivera sulla propria fronte nell’autoritratto, Qui ci sono anche le due famiglie della sua vita, quella dei genitori e la propria, riprodotte in  piccolo ma con precisione alla base della sua testa, davanti al collo.

La vita familiare è rappresentata nei suoi tanti momenti, con particolare riguardo alle cerimonie rituali della religione ebraica, nelle illustrazioni per  l’autobiografia, “Ma vie”  e per i libri di Bella, “Burning Light”, “First Encounter”: nel Catalogo le immagini sono corredate dai brani del testo che intendono rappresentare, in una sequenza che richiama le trasposizione di romanzi in film.

Dell’Autobiografia sono esposte 15 opere a puntasecca. Le sue parole: “Il mio mondo, la  mia vita, tutte le cose che amavo, tutte le cose che sognavo, tutte le cose che non ho saputo dire a parole, le ho dipinte”. Indica anche quali sono: “Ho dipinto la mia amata Russia, la mia città Vitebsk, la comunità ebraica nella quale sono cresciuto, il modo in cui vedevo ogni cosa quando ero bambino”.

Fa questo con lo stile che gli è proprio in quel periodo, inizio anni ’20,  dalla linearità assoluta alle composizioni più complesse. Rievoca gli anni dell’infanzia con lo spirito del “figliol prodigo”, ha detto Mayer, che ritrova la sua terra con le emozioni della riscoperta di se stesso e insieme con  la sorpresa che si prova dinanzi a un mondo nuovo dopo tante esperienze diverse, nuovo e antico.

Vediamo  celebrati gli affetti familiari in “Nascita” e “Madre e figlio”, “Mio padre” e “Accanto alla tomba di mia madre”,  “La nonna” e “La casa del nonno”;  i luoghi della sua infanzia in “Casa  Podrovska a Svibek” e “Casa a Pescovatik”; i personaggi pittoreschi in “Il rabbino” e il  “Musicista”, mentre l’ “Automobilista” ha in testa il veicolo con la stessa scelta figurativa del pensiero fisso del suo Autoritratto con la casa sul capo.

E l’amore? Non manca in questa galleria, lo vediamo in “Innamorati sulla riva del fiume” con le figure maschile e femminile giustapposte,  una è rovesciata, e “Il Cancello”, con due piccole figure schiacciate nel momento del bacio. La più straordinaria è “La passeggiata”, dove la figura maschile in piedi con il braccio alzato e tiene per mano la figura femminile in volo, un’icona: è una puntasecca che ritroveremo in un dipinto ad olio con una sorpresa finale per il visitatore.

Non mancano neppure opere che, a differenza di quelle ora citate, per lo più calligrafiche, hanno un forte impatto cromatico: sono  le acqueforti “Studio per il mercante di bestiame”, dove troviamo gli animali da lui tanto amati, la mucca sul carretto, il vitello sulle spalle della donna, addirittura un puledro in grembo alla giumenta che traina il carro; e  “La caduta dell’angelo”, dove l’artista raffigura se stesso evocando dei sogni ricorrenti;  un tema analogo in “L’apparizione”, anche qui si rappresenta nella veste di un pittore sorpreso dalla comparsa dell’angelo, in una sorta di annunciazione laica.

La vita familiare nel clima tradizionale attraversato dai rituali religiosi dell’ebraismo è al centro pure delle illustrazioni per i libri di Bella, di cui la mostra presenta un vasto campionario, circa 40,  la maggior parte in china in tratto calligrafico, e alcune con ombreggiature in acquatinta e gouache.

I libri sono “Burning Lights” e “First Encounter”, dai titoli si evince il contenuto, tenendo conto che  le candele accese richiamano i rituali ebraici,  e il primo incontro evoca immagini dell’adolescenza.

Nel primo, dopo la figura di “Bella” e “Il bagno”,  “Il negozio” e “Ora di pranzo”, che presentano l’autrice e momenti di quotidianità,  abbiamo la sfilata di immagini su feste rituali: le due di “Shabbat” e le tre dello “Yom Kippur, il giorno dell’espiazione“, le cinque di “La quinta luce di Chanukkah” con l’accensione progressiva delle candeline, “Capodanno ebraico” e  le due sulla “Festa delle Capanne o dei tabernacoli”, con la capanna in cui le famiglie consumano il pranzo rituale, una in forti colori; “I commedianti di Purin” e “I dolci di Purin”, riferiti a una festa gioiosa, “Il libro di Ester” e “Vigilia del Pesach”, la Pasqua ebraica, e la “Cena rituale pasquale”, fino al “Profeta Elia”.

In “Primo incontro”, invece,  tutte le illustrazioni riguardano la vira familiare senza riferimenti religiosi: vediamo “A spasso con il babbo” e “Le nozze di Aaron”, fratello di Bella, le due di “Visite” ed  “Estate  in campagna”, “L’orologiaio” che evoca il negozio del padre al quale si riferiscono le quattro su “La collana di perle”, una vera sequenza cinematografica dell’acquisto di una signora elegante ripresa prima fuori dal negozio, poi al banco, infine in volo su un animale mitico, non il Pegaso, come sulle ali della felicità.

L’evocazione diventa più personale in “Il treno” e “La barca”, entrambi con l’immagine di Bella in alto, che vola sopra ai mezzi di tarsporto, nel secondo è abbracciata dall’innamorato; come lo è in “Regali di nozze”. La sequenza inizia idealmente in “Il ponte”, la prima volta che lei lo vide, poi “Primo incontro” mostra i volti congiunti in modo del tutto particolare, tema sviluppato nelle quattro di “Il compleanno” in cui compare anche la posizione acrobatica con la testa rovesciata all’indietro per cercare il bacio, torna in mente “Il cancello” dell’autobiografia in cui invece l’attrazione irresistibile era resa dalle figure schiacciate.

Le illustrazioni per “Le anime morte” di Gogol, seguono quelle per “Ma vie” e per i libri di Bella , ci lavorò dal 1923 al 1927, si tratta di 96 incisioni realizzate per l’editore francese Vollard, ma furono pubblicate solo nel 1948 dall’editore Tériade. Definita da Gogol  “poema epico in prosa” e “romanzo in versi”, l’opera è una visione satirica della società russa portata fino all’assurdo. E’ imperniata sul paradosso della ricerca di agiatezza con l’acquisto delle “anime morte” dei  servi della gleba, sulla cui presenza in vita  venivano tassati i proprietari terrieri.  Per questo la rappresentazione di Chagall è caricaturale, ma soffusa di nostalgia condivisa con Gogol perché i due artisti russi erano entrambi lontani dal loro paese, dopo il 1840 Gogol,  dopo il 1920 Chagall.

Il segno resta abbastanza sottile, anche se meno che nelle illustrazioni precedentemente commentate, ma le figure  sono evidenziate da forti macchie scure che danno loro grande rilievo. Questo per  le acqueforti in bianco  e nero intenso, con i diversi personaggi: “L’arrivo di Cicikov” e “Manilov e Cicikov sulla soglia”, “Il cocchiere Selifan” e “Nazdrev”, “Sobakevic” e “Sobakevic a tavola”, “La signora Sobakevic” “la signora Korobocka”, fino a “Petrucka”; “La piccola città” crea l’ambiente in cui si svolge la vicenda, “Una folla di contadini” e “Gli imbianchini” popolano in modo  pittoresco la scena, “Chiedendo la strada”,  “Le carte da gioco”  e “La tavola scricchiolante” fotografano momenti particolari. E’ un campionario delle 96 illustrazioni, esposto nelle vetrine in una penombra che fa risaltare le tonalità scure delle acqueforti.

Ci sono anche delle esplosioni di colore, sono 3 stupende “gouache” e pastello su carta, con una dominante verde e blu brillante che illumina la scena: “Fisarmonica” e “Acrobata disteso su un ramo” , con due figure, la prima raccolta in un interno, la seconda quasi in volo all’esterno; “La chiesa di Chambon-sur-Lac” dietro un granaio cadente, con una donna e un bambino vicini alla scala  a pioli, è l’ambiente dove si era recato per preparare le illustrazioni di La Fontaine.

Nelle acqueforti per le Favole di La Fontaine si esprime in modo fantasioso, in composizioni più dense di quelle ora descritte, in una ulteriore escalation di ombre e macchie scure dopo la linearità calligrafica  delle illustrazioni per “Ma vie” e la maggiore  intensità grafica di quelle per “Le anime morte”. Dai disegni leggeri alle acqueforti con macchie scure a una impostazione grafica più pesante e netta, con colori solo accennati, quando ci sono., sovrastati dal nero della forma grafica..

Il mondo degli animali è per l’artista insieme favolistico e reale, perché lo riporta alla sua infanzia nella campagna russa e all’attrazione che ha avuto per loro, spesso presenti nei suoi dipinti. 

Ha scritto nell’autobiografia: “Spesso dicevo: io non sono un artista. Piuttosto una vacca o cos’altro?”. Rafael Alberti ricorda: “Quando, col poeta Jules Supervielle, entrammo nella casa del pittore Marc Chagall, vedemmo che era una vacca quella che ci aveva aperto la porta. Una volta dentro, vacche da  tutte le parti: su armadi, tavoli, sedie, libri. ‘Chagall, ma il suo atelier è una stalla”. E prosegue in una visione immaginifica dell’incontro in cui l’artista dice: “Bisogna amare le vacche. Bisogna amarle molto. Per me l’universo intero è popolato di vacche. Mi perseguitano anche in sogno. Sì, vacche da tutte le parti. Non esistono persone al mondo. Solo vacche”.

Nelle  favole  di La Fontaine “la scena è l’universo”, con  gli animali di ogni specie, e un campionario umano pittoresco ed espressivo.  Chagall è come se rappresentasse la commedia umana, il serraglio in cui uomini e bestie sono rinchiusi in un clima tra la realtà e l’immaginazione.

Erano state già illustrate da  Gustave Dorè, ma l’editore Vollard volle affidarne l’illustrazione all’artista russo: “Perché Chagall? Disse. La mia risposta è: ‘Semplicemente perché la sua estetica mi pare in certo modo affine a quella di La Fontaine, solida ma al contempo delicata, realistica ma anche fantastica”. Del resto la Fontaine era anche lui un emigrato a Parigi,  e condivideva con Chagall la visione serena e distaccata, all’insegna della fantasia e dell’umorismo.

L’artista per meglio immedesimarsi in quel mondo, che pure ben conosceva, nel 1926 si spostò da Parigi nei paesi di campagna, e nel 1928 aveva realizzato un centinaio di illustrazioni a colori.  Poi, per superare le difficoltà editoriali, passò alle acqueforti in bianco e nero che sarebbero state colorate  successivamente a mano, fino a formare dei veri originali; usò bulino  e pennello per ottenere un maggiore chiaroscuro. Furono pubblicate in un’edizione di 200 cartelle solo nel 1952.

Chagall  vi trova l’ideale per le sue metafore immaginifiche e la personificazione degli animali nei soggetti umani, lo fa con amore e arguzia, più interessato a questo che alla morale della favola. Vediamo esposte circa venti grandi tavole. 5 coinvolgono solo gli animali a coppie: “Il Corvo e la Volpe” e “La Volpe e la Cicogna”, “L’Aquila e lo Scarabeo” con “I due Galli” e “I due Muli”; altre  5 tavole,  animali con figure umane o altro: “Il Cigno e il Cuoco” e “Il Contadino e il Serpente”,  “Il Pavone e Giunone” e “La Gallina e la Perla”;  altre ancora con il campionario umano, “Il Ragazzo e il Maestro di scuola” e  “La Vecchia padrona e le due Serve”, “Il Contadino e il Banchiere” e “Il Ciarlatano”; fino alle penetranti “La Morte e il Disgraziato” e “L’Uomo e la sua Immagine”,  “Il Vaso di terra” e il “Vaso di Ferro”, e alle personificazioni più esplicite, “La Gatta cambiata in Donna”  e “Il Leone innamorato”.

I colori sono utilizzati per sottolineare l’aspetto saliente del soggetto rappresentato, semplici macchie cromatiche  in un impasto compositivo molto denso, che dà una particolare profondità alla rappresentazione con il senso onirico dato dall’emergere spesso da un fondo oscuro.

C’è il trionfo del colore, invece, nelle illustrazioni della Bibbia, che gli furono commissionate dallo stesso editore Vollard prima che ultimasse quelle della favole di La Fontaine, ne realizzòe 66, poi l’interruzione della  Seconda guerra mondiale e nel 1952 le altre 39., per un totale di 105 acqueforti che saranno pubblicate nel 1956 dall’editore Tériade. 

Superfluo sottolineare l’attrazione esercitata in lui dalla Bibbia in  termini religiosi, abbiamo visto nelle illustrazioni per “Ma Vie”  quanti fossero i riti ebraici seguiti e rappresentati con amorevole trasporto.  Inoltre considerava l’artista non solo portatore del messaggio da trasmettere, bensì anche una sorta di “creatore”  dell’opera artistica.

Ma c’è di più: “Sono stato affascinato dalla Bibbia sin dalla prima infanzia – ha detto l’artista – Mi è sempre sembrata la più grande fonte di poesia di tutti i tempi. Da allora ho sempre cercato di trovarne il riflesso nella vita e nell’arte. La Bibbia è come un’eco della natura e questo è il segreto che ho cercato di trasmettere”. E per meglio immedesimarsi si recò in Palestina, come abbiamo ricordato,  nei luoghi della rivelazione biblica che lo colpirono con il loro fascino ambientale, così da divenire una parte fondamentale della sua rappresentazione. Le tragiche vicende della persecuzione nazista degli ebrei e della guerra che sconvolgeva l’Europa trovano un’eco nella sua rappresentazione dell’odissea del popolo di Israele, fino alla definitiva liberazione.

Sono esposte acqueforti da diversi capitoli della Bibbia:  “Il sacrificio di Noè” e “Sara e Abmelek”,  “Il sacrificio di Isacco” e “La tomba di Rachele”; “Daniele” e “”Davide”,  “Davide e Samuele” e “Davide e Betsabea”,  “Mosè” e “Mosè riceve le tavole della legge”,  “Il passaggio del Mar Rosso” e “Sansone solleva le porte di Gaza”, fino a  “Il canto dell’arco”.

Quelle su Mosè, Davide e  Davide e Betsabea hanno il cromatismo più intenso, ma la maggiore efficacia drammatica l’abbiamo vista plasticamente in due acquerelli del 1944: “Crocifissione” con una selva di crocifissi e cartelli sulla loro origine ebraica,  corpi a terra,  una figura inerme in alto su una paesaggio di stragi in una strada innevata; “La cavalcata”, come un Cristo in alto benedicente una folla attonita, con tre destrieri bianchi dietro di lui e figure in volo nel cielo.

E così siamo giunti a quello che per noi è il “clou” dell’esposizione e, in un cero senso, la cifra peculiare dell’universo artistico e ideale di Chagall. Ai dipinti sugli innamorati, posti nella vasta sala al piano superiore del Chiostro  del Bramante, a conclusione del percorso espositivo che si snoda tra i numerosi ambienti piccoli e raccolti tra i quadri alle pareti e le illustrazioni nelle vetrine.

Il sentimento d’amore viene espresso attraverso immagini in un intenso cromatismo, con la dominante blu del cielo e il verde e il rosso, il giallo e il bianco dei fiori, spesso presenti.  Due dipinti esposti presentano soltanto fiori, sono “Albza (i fiori”, e “Natura morta con fiori  e frutta”.

E’ solo la premessa, i fiori  circondano  le immagini degli “Innamorati”, due figure piccolissime al centro della composizione costituita da una imponente fioritura, in alto un angelo in  volo, in basso una scena agreste, tutto quasi in miniatura rispetto ai fiori. In “Coppia di innamorati con i fiori” le due figure in volo abbracciate nel cielo blu sopra i tetti cittadini sono affiancate da un gigantesco mazzo di fiori che sembra poggiato sulla campagna sovrastando di gran lunga il campanile della chiesa. 

C’è anche  “Coppia di innamorati con gallo”, immagine onirica, come un’altra immagine di “Innamorati”, due volti sognanti accostati con un contorno di fronde e di bacche.

Sono immagini dal forte effetto cromatico che carica di una luce speciale le figure dolcemente abbracciate oppure librate in volo.

Non è finita, ritroviamo “La passeggiata”, già  descritta nel disegno per “Ma vie”, qui c’è il dipinto su fondo giallo, con la figura maschile in piedi, il braccio sinistro proteso in alto, la mano stringe quella della sua donna librata nel cielo. E’ di piccole dimensioni, ma la mostra regala la sorpresa di un’installazione speciale, che proietta alla parete l’immagine a grandezza naturale, con un particolare accorgimento che permette al visitatore di fotografarsi al posto del soggetto in piedi, in modo da essere lui a tenere per mano la figura librata in cielo.

“Quest’immagine dell’innamorata che vola – scrive Efrat Aharon – è  un simbolo perfetto della felicità condivisa, esprimendo sia l’estasi dell’appagamento fisico sia una percezione cosmica di unione con la natura”.   Il volo è la figurazione maggiormente espressiva dello stato d’animo di estasi vissuto nel suo grande amore per Bella che resterà anche dopo la morte della moglie trasformandosi in una idealizzazione che la vede continuamente presente nelle sue opere.

Fu un vero colpo di fulmine, lo descrive nell’Autobiografia: “Sebbene questa sia stata la prima volta che l’ho vista, io sento che è lei la mia donna”. E lo spiega: “Il suo silenzio è il mio. I suoi occhi i miei. Sento che mi conosce da sempre, che conosce la mia infanzia, la mia vita di oggi, il mio futuro. Come se avesse sempre vegliato su di me, intuendo il mio più intimo essere”.

Poi a Parigi per quattro anni, torna in Russia, la sposa, hanno la figlia Ida, vi resta otto anni quindi di nuovo in Francia, dopo un anno a Berlino, è il periodo più bello in cui percorrono la Francia in lungo in largo, vivono il loro amore in paesaggi e atmosfere suggestive.

 “Quei viaggi – prosegue la Aharon – non mancarono di influire sul suo modo di trattare il tema dell’amore. L’artista eseguì  dipinti dai colori intensi e dalle forme liriche che esprimevano il rinnovato spirito amoroso  e giovanile che lui e Bella avvertivano nella terra che li ospitava”. E ancora: “Il suo interesse per l’amore non si limitò più al forte sentimento per Bella, ma si dilatò ad abbracciare un sentimento universale”.

E’ questa universalità che riesce ad esprimere rendendo il trasporto estatico sulle ali dell’amore. Farne partecipe il visitatore al punto di farlo entrare all’interno del dipinto con l’installazione descritta è una vera magia che la mostra regala al visitatore, con altri segni di attenzione come i timbri e le calcomanie chagalliane  a disposizione i tutti. Così ognuno può portare con sé dei segni tangibili, quasi testimonianze della sua immersione nel mondo incantato di Chagall, che resta nel cuore per la sua straordinaria carica suggestiva ed evocativa nel suo stile personalissimo di straordinario livello  artistico.

Info

Chiostro del Bramante, Via Arco della Pace, 5, Roma. Tutti i giorni, dal lunedì al venerdì ore 10,00-20,00; sabato e domenica  ore 10,00-21,00, la biglietteria chiude un’ora prima.  Ingresso,  intero euro 13, ridotto  euro 11  (aani 11-18 e oltre 65, studenti oltre 26 anni), euro 5 (anni 4-11, e nei lunedì di “promo” per studenti universitari). Tel. 06.68809035, www.chiostrodelbramante.it , www.ticket.it/chagall.  Catalogo: “Chagall. Love and Life. Opere dall’Israel Museum di Gerusalemme”, Skira, marzo 2015, pp. 190, formato 24 x 28. Cfr. anche  “Chagall”, collana “I Classici dell’arte, il Novecento”, Rizzoli-Skira 2004,  pp. 190, formato 17 x 21.  Il primo articolo,  “Chagall, amore e vita al Chiostro del Bramante”,  è uscito in questo sito il 30 maggio 2015 con 11 immagini. Cfr., per la citazione di  Frida Kahlo, gli articoli sulla mostra a Roma 24 marzo, 12, 16 aprile 2014; inoltre, per l’arte contemporanea, l’articolo “Israel now, 24 artisti israeliani al Macro Testaccio”  6 febbraio 2013. Per altre citazioni cfr. il nostro primo articolo.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nel Chiostro del Bramante alla presentazione della mostra, si ringraziano gli organizzatori, in particolare  Arthemisia Group e Dart, con i titolari dei diritti, in particolare l’Israel Museum, per l’opportunità offerta.  In apertura, “Gli innamorati”, 1954-55; seguono,  “Nazdrev”, 1948 da “Le anime morte”, e “Crocefissione”, 1944;  poi,  “Coppia di innamorati con gallo”, 1951, e  “La cavalcata”, 1944″; quindi, “Natura morta con frutta e fiori”, 1956-57, e “Sobakevic a tavola”, 1948 da “Le anime morte”; inoltre “Davide e Betsabea”, 1955 dalla “Bibbia”, e “La vecchia padrona e le due serve” , 1927-30 dalle “Favole” di La Fontaine; infine, “Sara e Abmelek”, 1960 alla “Bibbia” e, in chiusura, la proiezione con l’immagine della “Passeggiata” in cui si può inserire il visitatore ( me stesso) al termine del percorso, nella sala con i dipinti degli “innamorati” posta   al secondo piano dell’esposizione.