I Martini e i Gianselmi, storie aziendali e lezioni di vita

di Romano Maria Levante

Il romanzo “I Martini. Una famiglia, un’azienda: leadership fra istinto e ragione”, “Libreria Utopia Editrice”, pubblicato nel novembre 2016  inaugura  “Libri di bordo”, una collana di letteratura con l’ambizione di parlare di impresa e far parlare chi fa impresa”. L’autore Piercarlo Ceccarelli   appena due anni fa,  nel novembre 2014, ha pubblicato il suo romanzo di esordio, precursore del nuovo filone narrativo, “I Gianselmi, Una storia famigliare”, Mind Edizioni.  Il nuovo filone narrativo possiamo chiamarlo “Company Thriller” anche se la sua “suspence” è diversa da quella dei  “Legal Thriller” di John Grisham, mentre è paragonabile l’approccio  di due autori ben addentro al mondo molto particolare dei loro racconti.

Non siamo soliti recensire romanzi,  bensì  mostre d’arte ed eventi culturali, ma  non è un’eccezione se ci dedichiamo a questi due libri, uno dei quali recentissimo, perché si tratta di vero e proprio evento culturale: un nuovo filone narrativo irrompe in campo letterario con i due romanzi di Piercarlo Ceccarelli, legati a vicende aziendali apparentemente  riservate a una categoria ristretta ma in realtà fonti di insegnamento per tutti: le sue storie familiari fanno  riflettere, sono lezioni di vita.

Nei  “Libri di bordo”  i “Company Thriller” di Piercarlo Ceccarelli

Al  nuovo filone narrativo viene data la dignità della collana editoriale “Libri di bordo. Narrazioni del mondo dell’impresa vista dall’interno”, il precursore di questa serie è dunque Piercarlo Ceccarelli con un anticipo di due anni. I “libri di bordo” che nascono con il suo secondo romanzo, “I Martini”, riflettono l’interesse anche della letteratura per l’economia e la finanza, i cui temi sono entrati nei pensieri, e anzi nelle preoccupazioni di tutti, a livello generale e personale. E  “solo la letteratura è in grado di dare voce ai personaggi, indagandone il carattere, la psicologia, le motivazioni profonde,  in una parola il fattore umano”, questa la motivazione della nuova collana.

Ma può  raccontare questo mondo dall’interno soltanto chi ne ha vissuto tutte le manifestazioni e  penetrato  i risvolti  più nascosti. Può farlo l’imprenditore che ripercorre la sua “case story”;  ancora meglio chi non conosce soltanto la propria azienda ma può spaziare nel vasto panorama del mondo imprenditoriale. per averlo scandagliato  a fondo in tutta la sua estensione con un’attività di alto livello ad ampio raggio.

Il  precursore del nuovo filone narrativo, Piercarlo Ceccarelli,  ha questa peculiarità, come titolare da 35 anni di una primaria società di Consulenza Direzionale a carattere internazionale e in quanto tale lo  abbiamo accostato a John Grisham, che da avvocato di grido è diventato l’espressione del “Legal Thriller”, il fortunato filone narrativo di ambiente giudiziario cui accostiamo il “Company Thriller”  di Piercarlo Ceccarelli; un “thriller”  diverso, ma pur sempre emozionante,  che nasce dalla “suspence” creata da intrecci aziendali e familiari aggrovigliati fino all’ “agnitio” conclusiva.

“I  Martini”, i “Gianselmi”,  nei sottotitoli c’è sempre il riferimento a vicende familiari,  che farebbe pensare a una precisa scelta  dell’autore di tipo sociologico e psicologico se non familistico, in contrasto con la razionalità che dovrebbe presiedere alle vicende aziendali, basate su dati e parametri oggettivi di valutazione e di raffronto con la concorrenza sul mercato.

Invece è proprio l’approccio razionale a far considerare determinanti e spesso decisivi i fattori umani che nella consulenza corrente spesso vengono sottovalutati se non ignorati, portando a conclusioni magari gradite alla committenza perchè non mettono a nudo i suoi condizionamenti e limiti,  ma non rispondenti alle esigenze dovute a  tali connotati psicologici.

Ceccarelli è giunto a queste conclusioni dopo una vita di imprenditore prima, nell’industria e nel terziario avanzato, poi di  titolare della società di Consulenza di Direzione internazionale da lui fondata, che porta il suo nome, fino ad essere ideatore  e animatore del “Club Impronte” che al contatto  con imprenditori e manager per le consulenze aggiunge  un dialogo quotidiano con una platea quanto mai vasta su temi di management ed economia che vengono sottoposti con continuità a un forum permanente competente e motivato.

E’ intrigante che un imprenditore e manager così impegnato su vari fronti tutti ancorati alle fredde valutazioni  tipiche della consulenza aziendale, dopo aver scritto dieci libri di management abbia sentito la spinta e abbia avuto la forza di trasferire questo mondo nel campo letterario con due romanzi in cui la dimensione familiare e quella psicologica sono dominanti.

Immaginiamo che i contatti quotidiani attraverso il “Club Impronte” abbiano avuto un ruolo non secondario in questa scelta, perché ha potuto cogliere ancora di più i fattori umani che presiedono alle opinioni e alle scelte aziendali, al di là dei dati tecnici pur essi fondamentali. La consulenza aziendale penetra all’interno delle strutture, ne sono interlocutori i responsabili delle diverse funzioni mentre l’imprenditore committente può sembrare il “dominus” da orientare nelle scelte senza poter superare i tratti caratteriali che pure ne condizionano fortemente le decisioni finali.

Ma c‘è qualcosa di peculiare che rende ancora più intrigante la svolta di Ceccarelli. Si potrebbe pensare che voglia ovviare alla carenza dei dati  sulla posizione dell’azienda sul mercato rispetto alle caratteristiche interne e alle proprie strategie, da cui  una loro sottovalutazione forzata, mentre avviene tutt’altro. La sua società di Consulenza Direzionale ha avuto da sempre un “asso nella manica”, il metodo PIMS, “Profit Impact of Market Strategy”,  imperniato su una grande banca dati in cui sono immagazzinati i dati sensibili di una miriade di imprese internazionali in tutti i settori produttivi, che misurano la posizione dell’impresa sotto esame nel vastissimo campione disponibile, con assoluta precisione,  mediante tutti i parametri rilevanti. Sembrerebbe in grado di dare le risposte necessarie ai problemi aziendali mediante il confronto costante e “matematico” con le esperienze vissute, individuando soluzioni e interventi. Forse è stato questo strumento scientifico e oggettivo a far emergere la seconda gamba delle decisioni, quella soggettiva, relativa agli interventi sulle risorse umane e, nelle aziende dinastiche, ai complessi  rapporti familiari.

E così, Piercarlo Ceccarelli che da Londra ha guidato lo sviluppo del metodo PIMS in Europa, fornendo uno strumento oggettivo prezioso, ha sentito il richiamo irresistibile verso l’elemento soggettivo quale decisivo protagonista nell’azienda e nella vita, con in più la considerazione che per gli imprenditori si aggiunge “il peso delle responsabilità”. Lo spiega così: “Per questo ho deciso di indagare l’impatto psicologico – a livello personale, sociale, famigliare e professionale – delle varie situazioni che il capo azienda deve affrontare. E per renderlo più chiaro e vivido l’ho inserito in un romanzo, nella speranza di trasmettere il caleidoscopio di sentimenti, di emozioni, di aspirazioni, di dilemmi e di drammi che il capo azienda deve vivere per fare bene il suo lavoro”.  

Possiamo dargli atto di esserci riuscito, il suo racconto  fa entrare nelle più diverse situazioni:  liete e distensive come tese e drammatiche, nella vita aziendale e nel tempo libero, a livello personale e familiare, mediante descrizioni così accurate da far rivivere, come se vi si assistesse, ambienti e protagonisti. Dagli  ambienti di lavoro a quelli domestici e per il tempo libero, che poi non lo è mai,  i diversi tipi umani, molto ben  caratterizzati, compongono uno psicodramma collettivo  avvincente perché  l’impatto delle diverse mentalità con la razionalità delle scelte  diventa un “thriller” appassionante. Senza togliere rigore alla visione propriamente aziendale, resa con precisione e professionalità, si crea interesse a questi temi considerati specialistici anche per il lettore comune, che partecipa al “reality” rappresentato in modo coinvolgente e a tratti emozionante.

Ecco come sono nati “I Gianselmi”, ed ora “I Martini”. Cominciamo da questi ultimi, che dopo l’apripista del 2014 inaugurano la nuova collana “I libri di bordo”  della “Libreria Utopia Editrice”.  

“I Martini”, uno  psicodramma familiare illuminante

Ci sono dei film nei quali si attende che avvenga qualcosa mentre si dipanano scene interminabili che sembrano prive di interesse, ma quando l’impazienza raggiunge il massimo ecco  il miracolo: il film prende quota,  diviene avvincente e ciò che prima era apparso un diversivo trascurabile diviene centrale nella vicenda. E allora viene voglia di rivedere la prima parte  che si era trascurata.

Una sensazione analoga si prova nella lettura de “I Martini”. Non perché  sia poco scorrevole, tutt’altro, la scrittura è piana e  vivace, le situazioni vengono evocate in modo brillante, sono curati i particolari soprattutto  nelle descrizioni dei diversi soggetti,  che diventano figure familiari; ma perché le confessioni dei membri della famiglia, che si susseguono come sedute psicanalitiche, sembrano momenti interlocutori rispetto alla vicenda vera e propria, e quindi da doversi superare rapidamente. Invece, come nelle vicende classiche,  nell'”agnitio” finale diviene quanto mai importante ogni passaggio psicologico, ogni rievocazione di fatti apparentemente secondari ma che sono carichi di significati. Tutto si scopre “dopo”, e fa tornare il lettore sui propri  passi  con il senso di colpa di avere sbrigativamente trascurato passaggi rivelatisi invece decisivi.

Ma non è questa la maggiore sorpresa del romanzo. Non è solo la vicenda dei personaggi a rivestire un interesse che prima faticava a manifestarsi per il carattere interlocutorio delle loro confessioni che occupano gran parte del libro; è  la vicenda umana  del lettore a entrare in gioco all’improvviso, perché viene coinvolto nella psicodramma in cui si cala la storia narrata.

Gli atteggiamenti e comportamenti della storia aziendale,  analizzati e sezionati con  gli strumenti avanzati della Consulenza di Direzione, mostrano la loro forza paradigmatica e il loro valore simbolico in quanto l’elemento umano e soggettivo diventa prevalente anche risoetto ai fattori razionali ed oggettivi, pur se inequivocabili. Questo perché tali fattori vengono filtrati e interpretati dalla persona, e sulla razionalità aziendale prevalgono  i  condizionamenti personali, di cui fanno parte le “certezze” su cui si basano le decisioni senza che ci si renda conto che diventano opinabili quanto le posizioni contrarie. I  “Legal Thriller” di John Grisham non escono dalla pagina per entrare nella vita del lettore, il “Company Thriller” di Piercarlo Ceccarelli invece penetra nell’anima. E spinge a riconsiderare tante nostre scelte e decisioni delle quali siamo stati sicuri ma ora ci appaiono opinabili. Perché abbiamo avuto la dimostrazione lampante, con gli strumenti analitici più raffinati apparsi quanto mai affidabili e coinvolgenti, che non dobbiamo riposare su certezze forzatamente dipendenti  dai nostri condizionamenti mentali, ma dobbiamo aprirci al confronto per superare i nostri limiti di cui non ci rendiamo conto.

E questo vale quale che sia il nostro carattere, visto come il fattore che alla fine prevale anche sull’oggettività delle dimostrazioni tecniche e scientifiche, perché è il filtro non neutrale ma altamente soggettivo attraverso il quale viene distillata la decisione finale.  Quindi la vicenda aziendale che divide  la famiglia  Martini diventa la metafora della vita anche del lettore, chiamato a riconsiderare le proprie vicende familiari misurandosi con se stesso, le proprie aperture e le proprie impuntature di carattere di cui non è consapevole credendo di essere nel vero, mentre la sua è solo una parte del vero.. E’ capitato a noi, crediamo che capiti a tutti, fino a provocare una sorta di catarsi interiore

Non rievochiamo la vicenda della famiglia Martini e dell’impresa “Martini Legnami” per mantenere la  “suspence”. Diciamo solo che la narrazione procede come se si sfogliassero le pagine di un diario, la maggior parte dei capitoli si apre con il luogo e la data in cui si svolge la vicenda, nell’arco di poco più di quattro mesi, dal 28 maggio all’8 ottobre.

I  protagonisti: dal capostipite Alvise ai decani dell’azienda, opposti come carattere e risultati ottenuti, in perenne disaccordo, i fratelli Stefano e Federico con la moglie Mariuccia, Simone figlio di Stefano, attuale Amministratore delegato,  alle prese con un serio problema aziendale, l’acquisizione di un importante concorrente sul mercato americano, con la moglie Marta;  il figlio Filippo alle prese con una tesi a Boston per il master in “Business Administration” con cui coronerà i suoi studi, e la sua ragazza Kathy, i professori dell’MIT  Sanders e i colleghi Rudin e Greenberg. Poi gli altri membri del Consiglio di amministrazione, il precedente Amministratore delegato Martello, Schmidt e la Ferrandi, il direttore di produzione Ferrello e il consigliere commercialista Treviretti. E, in un ruolo determinante, il consulente di direzione Nicola Fabbroli, con il suo team, Buoninverno, Silvy Kubert e Venturo, fino al titolare dell’impresa da acquisire, Clayton,  e Delpio, possibile partner. Aggiungiamo soltanto che si incrociano i due  percorsi, e da paralleli diventano convergenti: la preparazione della tesi del Master del più giovane della famiglia, Filippo, e la preparazione dell’offerta per l’acquisizione dell’importante concorrente per sbarcare sul mercato americano. Entrambi imperniati su rigorose procedure di analisi aziendale, con il primo percorso rivelatore dell’importanza dei risvolti umani, il secondo  basato sulla pura tecnica rivelatasi necessaria ma non sufficiente.

La chiave di volta è il collegamento dei tratti caratteriali con l’atteggiamento verso le problematiche aziendali, come l’innovazione e il rischio, le opportunità e il coordinamento organizzativo. Se i tratti caratteriali vengono semplificati nelle due categorie di “introverso” ed “estroverso”, ecco aprirsi un ventaglio di reazioni contrapposte corrispondenti agli impulsi prevalenti. E di regola  neppure i dati oggettivi hanno la forza di prevalere quando il condizionamento caratteriale è così forte. Né si può fare una distinzione come tra buoni e cattivi, ogni tratto caratteriale ha i suoi pregi e i suoi difetti, in comune hanno l’errato convincimento di essere sempre nel giusto in entrambi i casi, che può portare a sbagliare inconsapevolmente. 

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Guardiamoli questo tratti prevalenti,  per conoscerli in modo non superficiale anche in relazione ai rispettivi punti forti e  deboli non solo nelle scelte aziendali ma anche e soprattutto in quelle personali che si pongono di continuo nella vita di tutti.

Dunque, l’introverso è spinto da creatività e idealismo, con un umore variabile, timidezza e senso di autocritica, per questo in lui c’è  pessimismo e cautela verso le novità e nei rapporti sociali che sono scarsi ma importanti; i suoi traguardi sono proiettati nel lungo periodo. All’opposto, l’estroverso ha spirito di adattamento e  tendenza alla concretezza, umore stabile e socievolezza, pertanto è ottimista e attratto dalle novità,  cerca popolarità e un’affermazione sociale rapida se non immediata.

Ne deriva la netta diversità negli atteggiamenti. Verso l’innovazione l’introverso procede ad accurati studi preliminari per valutarla ed, eventualmente, programmarla; l’estroverso tende ad adottarla  in modo spontaneo e con immediatezza, anche se si basa soltanto su un’idea brillante senza approfondirla. Nei riguardi del  rischio, all’avversione o comunque alla neutralità dell’introverso che lo porta ad evitarlo se non riesce a minimizzarlo data la sua propensione per il certo rispetto all’incerto, corrisponde la reazione opposta dell’estroverso il cui ottimismo istintivo lo porta a sovrastimarne i benefici anche se cerca di minimizzarlo e comunque finisce per accettarlo. 

Ma ci sono anche le opportunità da considerare quando si presentano. Ebbene, l’introverso anche qui procede ad accurate valutazioni, spesso seguendo uno schema preordinato, mentre l’estroverso  segue il proprio istinto per coglierle al volo senza verifiche e senza chiedere consigli anche a rischio di errori.

Come comportamento generale l’introverso tende a dotarsi di tutto quanto può aiutarlo nelle decisioni che si presentano nell’azienda come nella vita, su piani diversi ma con delle costanti comuni; l’estroverso fa più affidamento sulle proprie percezioni e tende  a trasmettere la sua visione egocentrica, che è proiettata sui risultati piuttosto che sulle metodiche.

Da tali considerazioni che nel romanzo avvicinano alla conclusione della vicenda aziendale si ricava un insegnamento per tutti, inaspettato quanto illuminante, che scuote  intimamente e porta a riconsiderare  atteggiamenti e  decisioni alla luce di questa suggestione rivelatrice.  E’ dunque un ausilio prezioso non solo per i capitani d’industria e le loro decisioni, ma anche per la vita di tutti i giorni che pone dilemmi e scelte non meno basilari alle persone nei campi e  momenti  più diversi.

“I Gianselmi”, una storia appassionante tutta da vivere 

Molto diverso “I Gianselmi”, nell’impostazione e nello svolgimento, anche se si tratta ugualmente di una famiglia di imprenditori di più generazioni alle prese con decisioni vitali per l’azienda meccanica di produzione di giunti ad alta specializzazione che ne porta il nome. Non si avverte la forma narrativa che rende impaziente la prima parte della lettura nei “Martini”, non per la scrittura, sempre scorrevole e vivace, ma per l’interesse al prosieguo della vicenda rallentato nell’altro romanzo  dalle confessioni familiari considerate come dispersive prima che  risaltino decisive  e anche istruttive.

I Gianselmi avvincono fin dall’inizio,  la trama è aggrovigliata e questo crea “suspence”, l’analisi minuziosa e diffusa è dedicata ai meccanismi dell’impresa più che ai fattori psicologici. Per l’autore, questo che è il suo primo romanzo aziendale è stato dunque più aderente al suo approccio immediato alle problematiche dell’impresa alla luce della razionalità, anche se  l’elemento umano nella dimensione familiare è ben presente. Soltanto non è debordante e risolutivo come nei “Martini” che in questo senso si allontanano di più dalla matice aziendale  nell’elaborazione drammaturgica dell’autore. Ciò che crea un motivo aggiuntivo di  attesa e interesse per il prosieguo della serie con l’auspicabile terzo romanzo dell’autore.

Qui i meccanismi dell’impresa si dipanano in modo piano e avvincente inseriti in situazioni ambientali e personali gradevolissime che diventano cariche di “suspence”.  Il merito va alla scrittura dell’autore  e all’interesse della storia,  più che narrata rivissuta nei  minimi dettagli e passaggi, senza la fretta di andare “al sodo” ma con la pazienza di descriverne tutti i contorni. L’accuratezza di una scenografia cinematografica è un suo grande pregio, e non è solo un  merito formale, ma un valore sostanziale,  il lettore si sente “convitato di pietra” delle varie situazioni.  

Sono tante e le più diverse come ambientazione e come protagonisti, la storia si apre e si chiude con la festa natalizia dell’impresa, nell’arco di tempo di un anno si formano e si sciolgono tanti nodi. Tutto avviene in una integrazione continua dei personaggi, descritti con precisione salgariana, con gli ambienti anch’essi descritti con analoga cura, si sente il gusto che prova l’autore nell’usare un linguaggio piano, diverso da quello tecnico freddo ed essenziale, anche nelle parti specialistiche. 

Siamo a livello di “top class” e quindi ci si muove in ambienti consoni, siano quelli di lavoro, con i saloni dei Consigli di amministrazione e gli studi direzionali, che quelli dei tempo libero, dal golf  alla vela, anche i pranzi e le consumazioni al bar sono all’altezza, ma i personaggi centrali non sono su un piedistallo, mostrano tutta la loro umanità nei comportamenti scanditi dai loro diversi ruoli.

Il problema aziendale viene enunciato subito in tutta la sua complessità, mentre viene descritto in parallelo Alfio, il titolare dell’azienda di famiglia che sente su di sé il peso della responsabilità di fare la scelta giusta per sé e per l’impresa. Vendere l’azienda che perde i colpi, con la sollecitazione dei cugini consiglieri-azionisti che premono per l’accettazione dell’offerta pervenuta, volendo monetizzare la loro parte, o impegnarsi in un  rilancio con i rischi e gli oneri che comporta?  Una decisione che Alfio non si sente di prendere da solo, anche se in qualche momnento pensa seriamente di cedere tutto deluso dal disinteresse del figlio Artù, che vede prospettive per lui preferibili a Londra dove è stato mandato per una formazione poi tradotta nell’inserimento nella finanza in cui intende lanciare con dei colleghi una banca d’affari per progetti innovativi.  

Anche qui, come nei “Martini”, entra in scena la Consulenza di Direzione, ritroviamo lo stesso Nicola Fabbroli “testaquadra”, e il suo team di esperti, il coordinatore Buoninverno con la bella Silvy Kubert e il più giovane Venturo; si aggiunge il tecnico  Cecchetti. Con  loro, da parte  dell’impresa, il timoroso Amministratore delegato Gabriolo, i responsabili di settore, dal brillante  Cerrati della produzione al dinamico Smith del commerciale, fino alla protettiva Santin del personale e allo stakanovista Tagliatelli dell’amministrazione. L’inappuntabile segretaria Anna completa il “cast”.

Si  dipana a ritmo incalzante la metodologia dell’intervento fino alle proposte conclusive dopo la “multintelligence” di gruppo, si seguono le diverse  fasi senza lentezze che suscitino impazienza nel lettore. L’autore si sente nel suo elemento, e lo si nota dalla padronanza  in cui  spiega complessi passaggi consulenziali unendo all’aspetto tecnico  reso in modo piano e accessibile, quello psicologico e umano ai vari livelli, in un approccio che gli risulta altrettanto congeniale.

Al livello del protagonista Alfio, che non dà nulla per scontato, nemmeno dinanzi alle assicurazioni dei consulenti, e anche al loro livello, nulla vi è di preconfezionato,  del resto anche nella realtà la società di consulenza dell’autore si definisce “una boutique che confeziona abiti su misura”. Le soluzioni nascono dall’analisi rigorosa delle potenzialità dell’azienda rispetto alle sue carenze, superate le diffidenze  iniziali rese magistralmente. Come sono resi magistralmente i diversi passaggi, ognuno dei quali apre ai momenti successivi, con i problemi affrontati uno dopo l’altro con ordine senza arrendersi dinanzi alle difficoltà  facendo tesoro degli insegnamenti dai quali emerge la necessità di aprirsi sempre più al cambiamento.

Ma non è facile, dato che si può rimanere chiusi in concezioni superate e inadeguate senza rendersene conto, soltanto perché non si sono colte  appieno le nuove esigenze. E quelle  portate dalla globalizzazione mutano radicalmente il quadro aziendale:  le competenze specialistiche come l’impegno indefesso e quindi accentratore, da valori assoluti possono diventare handicap,  se le prime limitano la visione manageriale d’insieme e il secondo  contrasta con la necessità di delegare che l’accresciuta complessità rende ineludibile. 

Altrettanto istruttive le modalità, nelle imprese multinazionali, per conciliare gli opposti, cioè gli aspetti identitari delle concezioni nazionali e una visione unitaria condivisa necessaria per far muovere le varie  componenti nella stessa direzione. La soluzione trovata da Fabbroli risiede nell’individuazione dei punti comuni delle singole concezioni in modo da far convergere l’impegno di ciascuno in base ai valori condivisi nei quali tutti si possano riconoscere e motivare.

Nelle imprese familiari, c’è l’alternativa della formazione ad esserne azionisti invece che imprenditori e manager per gli eredi che non sono portati a continuarne la gestione diretta nella dinastia familiare; e i  Consigli di Amministrazione vanno aperti ad esterni competenti e non limitati ai membri della famiglia. La vita dell’impresa, che investe tanti  aspetti economici, sociali e umani del territorio in cui opera, va ben al di là dei soli aspetti familiari e dinastici, pur se rilevanti. .

Ci sembra bene non aggiungere altro sulla trama del romanzo perché ogni nuovo capitolo, e ce ne sono trentatre,agili e scorrevoli, si apre con delle novità avvincenti nell’ambientazione e nei protagonisti, anche quando  non cambiano ma muta il loro stato d’animo e il clima di “suspence” resta coinvolgente.

Dei protagonisti abbiamo citato il titolare dell’impresa Alfio con il suo Amministratore Delegato, il titolare della Consulenza di Direzione Fabbroli, e i cugini azionisti e consiglieri, Elena e Pietro. Della sua famiglia c’è anche la moglie Luisa e il figlio Artù,  personaggio fondamentale che compare nei momenti topici, con la fidanzata Liz, il fratello Ottorino e il figlio Paolo, ma nessun altro, mentre nei “Martini”  erano tre generazioni a confronto diretto.  Poi c’è Federico, consigliere azionista molto fidato e preparato, che fornisce ad  Alfio consigli preziosi, come quello della consulenza direzionale, oltre ad  essere con lui nelle partite di golf settimanali e suo commensale, fino all’implacabile burocrate Minestrucci, che imperversa dalla locale Azienda municipalizzata..

Abbiamo solo accennato ai personaggi e agli ambienti, leggendo il libro li abbiamo visti in azione senza potercene staccare, fino all'”agnitio” finale, perciò per noi è un vero “Company Thriller”. “I Martini” e  “I Gianselmi”, paradigma umano

I  sottotitoli dei due romanzi che abbiamo descritto sommariamente, potrebbero essere invertiti,  “Una storia famigliare” sembra particolarmente aderente ai “Martini”, mentre “Una famiglia, un’azienda, leadership tra istinto e ragione” fotografa perfettamente la vicenda dei “Gianselmi”. Entrambe sono imprese di medie dimensioni di respiro internazionale, con diverse centinaia di occupati. .

Istinto e ragione, carattere e razionalità, sono i poli tra cui si muovono i protagonisti nel proscenio dell’azienda e della famiglia, in situazioni intricate di cui non si intravvede la soluzione fino a che i nodi si sciolgono quando questi  poli si avvicinano fino ad integrarsi, per una visione illuminata che non deve mai mancare, nella vita aziendale ma anche, e soprattutto,  nella vita familiare.

Non ci riferiamo all’azienda come alla grande famiglia delle visioni paternalistiche; ma alla compresenza nel corpo aziendale come nel corpo familiare, delle sollecitazioni spesso di segno opposto  che vengono dalla razionalità e dall’istinto, conciliabili soltanto a livello psicologico.

E’ proprio questa l’operazione-verità compiuta dall’autore. Gli dobbiamo essere grati per aver portato a conoscenza di tutti  quanto ha acquisito nel corso di una lunga attività nel microcosmo dell’azienda che diventa rivelatore per il microcosmo della famiglia e il macrocosmo dell’umanità.

Info

Piercarlo Ceccarelli, “I Martini. Una famiglia, un’aziernda: leadership tra istinto e ragione”, Libreria Utopia Editrice, Milano, novembre 2016, pp. 224, euro 19,50. Piercarlo Ceccarelli, “I Gianselmi. Una storia famigliare”,  Mind Edizioni, novembre 2014, pp. 182, euro 19,00. Entrambi i volumi sono rilegati con sovracoperta a colori. 

Foto

Le immagini, a parte naturalmente le copertine dei due romanzi, sono state tratte da siti Internet i cui titolari si ringraziano per l’opportunità offerta, pronti ad eliminarle se il loro inserimento non è gradito dai proprietari dei diritti, considerando che tale inserimento è meramente illustrativo, ideato esclusivamente dall’autore della lunga recensione per alleggerirla, e senza la benchè minima motivazione economica, essendo tutto senza fine di lucro. Evocano gli ambienti in cui si svolgono i romanzi:  in particolare domina su tutto l’elemento umano variamente rappresentato, oltre a questo ugualmente per entrambi gli stabilimenti indistriali e le sale da riunione dei Consigli di amministrazione, mentre per “I Martini”  anche la villa per  i colloqui rivelatori di Filippo e per “I Gianselmi” il campo da golf per il tempo libero e la regata,  di cui si parla nel libro.