Turner, 2. Dalle opere giovanili al viaggio in Italia, al Chiostro del Bramante

di Romano Maria Levante

Visitiamo la mostra “Turner – Opere della Tate”, aperta dal 22 marzo al 26 agosto 2018 al Chiostro del Bramante, che espone una selezione della collezione di acquerelli e “goauche”,78 opere su carta, per lo più  incompiute e bozzetti preliminari, più 7 oli su tela, che fu assegnata alla Tate come “patrimonio nazionale” da una Corte inglese salvandola dalla dispersione. La mostra è  promossa dalla Regione Lazio e da Roma Capitale, dall’Ambasciata Britannica di Roma edalBritish Council, ed è prodotta e organizzata da DartChiostro del Bramante in associazione con Tate. Curatore della mostra e del Catalogo di Skira Editore, David Blayney Brown della Tate.

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Abbiamo delineato in precedenza la figura di Turner e la peculiarità della sua espressione artistica, quasi esclusivamente legata al paesaggio, un tema quanto mai diffuso, ma da lui declinato in modo del tutto personale con una delicatezza e insieme un’intensità non riscontrabile in nessun altro autore. Esprime immediatezza ed autenticità delle percezioni che l’hanno ispirato e insieme il sentimento alla base di manifestazioni così intime e interiori da penetrare nell’animo.

Inoltre abbiamo sottolineato la peculiarità di una mostra che presenta quasi tutti acquerelli e “gouache”, su carta – con pochi anche se significativi oli su tela –  incompiuti o perché abbandonati in itinere o per costituire studi preliminari di opere più o meno portate  a termine; anzi,  la discriminazione tra le diverse ipotesi è uno dei motivi intriganti che viene proposto al visitatore.

Pannelli esplicativi ne documentano l’influenza su artisti come Twombly per “le campiture di colori e le atmosfere indefinite” da cui nasce “una visione immersiva, che mette in contatto lo spettatore con una dimensione intima e suggestiva”, Rothko  per i “livelli galleggianti di luce velata” che configurano i suoi “infiniti senza forma” astratti; Turrel, per la comune definizione dello spazio mediante la luce in cui “i confini spaziali sono dissolti, i contorni “indefiniti e impalpabili” liberandosi dalla forma per “un accesso diretto alla dimensione spirituale dell’essere umano”.

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E soprattutto viene ricordata l’influenza che ebbe sugli impressionisti e in particolare su Monet, che vide le sue opere alla National Gallery nel periodo in cui si era rifugiato a Londra con Pizzarro per fuggire dalla guerra franco-prussiana, e sentiva l’artista molto vicino per la comune attitudine a ricercare con viaggi nel proprio paese e all’estero i paesaggi ispiratori; e a rendere il fascino delle condizioni mutevoli nelle ore del giorno con “la registrazione en plein air del dato atmosferico e degli effetti di luce e colore” in modo suggestivo, di qui gli “effetti di nebbia” su Senna e Tamigi.

La visione delle opere esposte nelle varie sezioni fa entrare in un mondo fluttuante ed evanescente, proiettato nell’interiorità dell’artista mentre rappresenta l’esteriorità della natura, una sorta di ossimoro che Turner riesce a declinare con una delicatezza e un’efficacia veramente straordinarie.

Le opere giovanili, dall’architettura al paesaggio

Abbiamo già accennato ai primi passi del  suo percorso formativo, con l’iscrizione alla Royal Academy School, fu però determinante la collaborazione da disegnatore topografo a studi di architetti, tra cui Thomas Malton, che considerava il suo “vero maestro”; e con James Wyatt, con il cui nome firmò anche una propria opera, non si sa se per rendergli omaggio oppure per prendere le distanze  dai lavori topografici sentendosi spinto verso la pittura paesaggistica.

Infatti i suoi disegni di prospettive degli edifici erano comunque impreziositi da sfondi paesaggistici che  presero sempre più il sopravvento fino a diventare l’oggetto esclusivo del suo interesse e della sua arte. Si può pensare che l’attenzione al modo con cui presentava gli edifici lo fece soffermare sulle differenze nelle varie ore del giorno, da Michael Angelo Rockler prese la “pratica graduale” dei colori, inseriti uno per volta iniziando dal più chiaro, mentre fu formativa l’abitudine di fare copie e “d’aprés” di altri artisti  nella Adelphi Accademy” del collezionista Thomas Monro.

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L’altro elemento formativo, una volta manifestata la sua vera vocazione pittorica, furono i viaggi estivi alla ricerca di ispirazione per le opere da esporre all’Accademia o richieste su commissione. Inizia dai dintorni di Londra, poi visita la parte meridionale e occidentale dell’Inghilterra, il Galles e la Scozia meridionale, nella prima fase non può andare oltre la Manica per la guerra con la Francia, poi all’inizio dell’800 potrà  approdare in Europa, dalla Svizzera all’Italia.

Le prime opere esposte, molte  di 20 x 30 cm fino a un massimo di 60 cm, con qualche eccezione, presentano già le caratteristiche che diverranno poi evidenti allontanandosi sempre più dalla forma.

“Veduta della gola dell’Aniene” 1791, e “Mulino a vento su un colle che domina un ampio paesaggio con fiume tortuoso” 1794-95, riflette l’impressione avuta in una visita nei luoghi, nel primo un albero in primo piano si sporge su un torrente, nel secondo un mulino a vento svetta nel cielo, le immagini sono nitide e nei dettagli, ma è solo l’inizio.

Tra loro, nell’anno intermedio, “Il Pantheon, la mattina dopo l’incendio” 1792, un’opera inconsueta, omaggio a Wyatt –  l’architetto del celebre teatro londinese con cui collaborava – di tipo topografico per la prospettiva dettagliata della facciata, ma con in primo piano vigili del fuoco e la gente che si affolla nella luce dell’alba, l’atmosfera è livida con colori diffusi appena accennati.

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Tra il 1795 e il 1797due  acquerelli di dimensioni minuscole, intorno ai 20 cm, insoliti per motivi diversi, “Donna anziana nella cucina di una casa di campagna” è un interno intimistico, molto raro per lui, che ricorda i dipinti sulla quotidianità del periodo d’oro dell’arte olandese; mentre “Chiaro di luna sul mare e scogliere in lontananza” non è romantico come sembrerebbe dal titolo, ma fosco, un cielo minaccioso e acque altrettanto cupe, con uno squarcio di luce tra cielo e mare.

Nel triennio successivo, 1798-1800, cominciamo a vedere il Turner dal cromatismo delicato e dai toni soffusi  nelle visioni paesistiche con castelli o altri insediamenti appena delineati: “Castello di Norham, studio a colori ”  e “Richmond, Yorkshire, studio a colori”, “Veduta del lago a Stourhead con mlino ad acqua” e  l’interno senza paesaggio della “Cattedrale di Durham”con le navate gotiche,  “Veduta di Fonthill Abbey” e “Il  castello di Caernarvon, Galles del Nord”, i due di maggiori dimensioni, 1 m x 70 cm. .

Siamo entrati nel 1800, solo paesaggio con larghe campiture sempre più chiare in “Bardo altre figure e un gruppo di danzatori” e “Il massacro dei bardi da parte di Edoardo I”, “Blair Athall, veduta verso Killiecrankie” e “Lach Long, mattino”,  un equilibrio compositivo tra pieno e vuoto, chiaro e scuro che produce  un bell’effetto d’insieme.

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Il primi acquerelli sul  paesaggio inglese e i suoi colori  

Nei suoi viaggi dei primi dell’800 per conoscere paesaggi cui ispirarsi, riesce a fare  anche una puntata nelle Alpi Svizzere e in Francia, approfittando della pace di Amiens. Ma poi l’inasprirsi dei rapporti dell’Inghilterra con il continente  gli impedirà di raggiungere il continente fino al 1815, quando con la caduta di Napoleone si riaprono  le frontiere. Fino ad allora esplorail suo paese, in particolare la costa meridionale.

Rispetto alle opere precedenti scopriamo il colore, prima appena accennato in tonalità neutre, ora ben più evidente, anche per l’uso frequente della carta celeste che costituisce la base cromatica sucui lavorare con i toni chiari e i toni scuri  mantenendo ampi squarci del coloredifondo.

Nel 1804  apre a Londra una mostra personale di una propria galleria dove preferisce esporre le sue opere invece che nella Royal Academy perchè ritiene che in questa sono collocate troppo in alto o troppo fitte sulle pareti o addirittura in sale secondarie, quindi con scarsa visibilità per i visitatori.

Il 1805 lo vede soggiornare in campagna sul Tamigi, e dipingere addirittura “en plen air”: cosa eccezionale per lui, solito fare schizzi che solo raramente colora, tale è la sua capacità di mantenere nella memoria le tonalità cromatiche delle situazioni ambientali da riportare nel dipinto finale..

Di tale anno vediamo esposti 4 acquerelli, tutti con persone o animali  a vivificare paesaggi ameni: 2 sul fiume londinese, “Il Tamigi nei pressi di Isleworth con una barca in primo piano e alcune chiatte” e “Il Tamigi e il Kew Bridge con Brentfort Eyot in primo piano e Strand-on-Green che si intravede tra le arcate, Bassa marea”; due sulle campagna alberata, in un clima arcadico: “Veduta di Syon House e Kew Palace da Isleworth (Il nido del Cigno)” e “Il guado”.

E, sempre del 1805,  2 oli su piallaccio di mogano con il cielo da protagonista, “Il Tamigi nei pressi dei Walton Bridges”, spettacolare commozione della distesa d’acqua con case, alberi, e un cielo che sembra riflettere la luminosità dell’acqua; “Veduta di Windsor da Lower Hope”,  il cielo come una scenografia dove si addensano le nuvole con uno squarcio di azzurro che fa da sfondo e cornice a una pianura con alberi sparsi e un profilo abitativo appena delineato.

Due dipinti a olio sono esposti, sempre del 1805: “Del biennio successivo, 1806-07,  sono esposte 2 opere pressoché monocromatiche, seppia, da antica stampa sia nella forma che nel contenuto, “Ponte e capre”  e “La quinta piaga d’Egitto”; e il dipinto a olio su tela “La chiesa e il mulino di Goring” dal cromatismo ugualmente spento; analogo carattere  La cattedrale di Lindisforne”  e “Molino nei pressi della Grande Chartreuse”, quest’ultima del 1812-15, invece in “Gordale Scar” 1808, tra le rocce spunta l’azzurro del cielo..

Viene nominato  professore di prospettiva alla Royal Academy nel 1807, anno  in cui realizza l’olio su piallaccio di legno esposto in mostra, “St Catherine Hill, Guildford”, il cielo con le nuvole e lo squarcio di azzurro occupa metà della composizione, nella metà inferiore una collinetta con gruppi folti di alberi e i consueti vaghi profili abitativi sullo sfondo.

Negli anni seguenti realizza alcune grandi opere per illustrare le sue conferenze annuali, chiamate “Lecture Diagram”: vediamo esposte “Immagine n. 26 per la conferenza:  interno della Great Room presso la Somerset House, Londra”  e “Immagine n. 65 per la conferenza: interno di prigione”, entrambe del 1810, nella cura minuziosa dei dettagli  appare evidente la sua formazione di disegnatore topografico..

Ben diverse 3 opere del 1816-18, “La cascata di Mill Gill nei pressi di Askrigg Wensleydale”, Il faro di Eddistone” e “Studio per ‘Il Naufragio di una East Indiaman”  in cui i volumi hanno  contorni tanto indistinti da sconfinare nell’astrazione.

Sono molto diverse, questa volta non nella forma ma nel cromatismo,4 opere realizzate tra il 1814 e il 1817: irrompe il colore, soprattutto il celeste della carta utilizzata, nel cielo e nell’acqua in “Relitto o relitti sul fiume Tamar: crepuscolo”, nel cielo in “Il castello di Hylton”  e, più sfumato, in “Kirkby Lonsdale”, nell’orizzonte in Il Brent Tor e la valle di Lydford Devon”.

La varietà delle manifestazioni artistiche – nella forma da definita ad astratta, nel colore dal monocromatico seppia al celeste abbagliante – si trova nel “Liber studiorum”, che dal 1808 le ricomprende classificando i vari tipi di paesaggio – come architettonico o storico, marino o montuoso, fino al pastorale – nei loro aspetti naturalistici e  ideali piuttosto che in quelli realistici, per questo il titolo dato a questa sezione è “Natura e ideali. Inghilterra”. Modello per la raccolta  motivata di acquerelli e pitture a olio di Turner fu il “Liber veritatis” in cui Claude Lorrain, al quale il nostro artista si ispirava, aveva raccolto le incisioni tratte dai suoi disegni paesaggistici;

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La riapertura delle frontiere, il viaggio in Italia

Dopo il 1815, con la pace che consentiva finalmente  di spostarsi nel continente, Turner poteva dare alimento alla sua vocazione paesaggistica con una serie di viaggi, iniziati nel 1817  e ripetuti per il trentennio successivo,  i paesi in cui soggiornò più a lungo il Belgio e i Paesi Bassi, la Germania e l’Italia, storicamente  meta dei “Grand Tour” di artisti e letterati. Nei suoi viaggi non sempre seguiva gli itinerari consueti, si muoveva anche tra le catene montuose e il corso dei maggiori fiumi alla ricerca di scorci paesaggistici nuovi e insoliti.

Il primo soggiorno in Italia si svolse dal novembre del 1819 alla metà del 1820, venne a Roma per la nomina ad accademico d’onore dell’Accademia di San Luca e si fermò per sei mesi. Ma non fu questo soggiorno a fargli conoscere le antichità e la campagna romana,  nella sua formazione aveva attinto alle collezioni  di disegni, incisioni e dipinti  risultanti dai “Grand Tour”, e si era impegnato nel copiare maestri antichi e moderni del paesaggio romano.

Ciò era avvenuto soprattutto tra il 1794 e il 1798 allorché – con l’aiuto di Girtin che disegnava mentre lui colorava ad acquerello – aveva  prodotto copie della collezione di disegni di Thomas Monro,  lo psichiatra nella cui dimora a Londra, all’Adelphi Terrace, aveva soggiornato a questo fine. Molti di questi disegni erano di John Robert Cozenz, curato da Monro, che  aveva fatto due  viaggi in Italia nella seconda parte del ‘700  con  una serie di disegni e dipinti del paesaggio, senza dettagli realistici, ma con una luce che sfumava i contorni creando un’atmosfera di sogno. Sarà la caratteristica peculiare degli acquerelli di Turner che – scrive Curzi – “si pone da subito su percorsi molto lontani da quella ‘strana’ esigenza di restituire il resale esattamente come appare e dunque, il confronto con il contesto romano, culla del paesaggio classicista, della visione arcadica della natura non avrebbe dovuto riservare per lui particolari sorprese”.

Invece, l’impatto delle evocazioni artistiche e letterarie – comprese  le “rimembranze” di autori classici – di monumenti e ambienti, con la realtà che finalmente aveva sotto i suoi occhi dovette essere così sconvolgente che fece pochi acquerelli e nessun quadro a olio, bensì  moltissimi disegni.

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Valter Curzi scopre che nell’itinerario verso  Roma lungo la via Flaminia, aveva attraversato l’Umbria, e si era fermato tra Osimo, Loreto e Recanati facendo degli schizzi del paesaggio marchigiano; osserva che,  contemporaneamente,  in quegli stessi luoghi Giacomo Leopardi componeva “L’infinito“, ma non lega l’accostamento a questa occasionale coincidenza, bensì  al fatto che “i due artisti condividano sorprendentemente lo stesso sentimento lirico nei confronti del paesaggio”. Nel senso che la visione della natura e la sua “restituzione”, con lo strumento letterario o pittorico, sono “per entrambi, occasione di un’immersione nella dimensione interiore più profonda e insieme riflessione sul tempo, sulla storia, sul destino dell’uomo”. E spiega: “Se a Turner è estraneo il pessimismo esistenziale del poeta di Recanati, tangenze con la pittura dell’artista inglese si ritrovano nella concezione dell”indefinito’ e della ‘rimembranza’”. Per concludere: “Ne risulta uno spazio ‘vago’ e ‘indefinito’, per dirla alla Leopardi, particolarmente efficace nel rendere l’idea di uno smarrimento dell’anima di fronte alle forze sovrastanti della natura”.  

Prima di Roma era stato a Venezia, visita anche Napoli, e la luce mediterranea gli ispira una brillante tonalità cromatica, accentuando la tendenza a un maggior uso del colore, già notata in precedenza, sarà un momento importante nel suo percorso artistico. Questo aspetto appare evidente in “Veduta dell’arco di Tito e del tempio di Venere e Roma dall’arco di Costantino e dalla Meta Sudans, Roma” 1819, con l’azzurro abbagliante tendente al blu del cielo, mentre “Venezia, San Giorgio  maggiore, primo mattino”, dello stesso anno, è  molto sfumata, con il cielo che albeggia sul giallo soffuso .e l’effetto suggestivo del campanile che si riflette delicatamente sulla laguna.  

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Sarà ancora a Roma nel 1828, e addirittura farà un’esposizione di due suoi dipinti “italiani”; che richiamarono molti visitatori ma  la novità del suo approccio al paesaggio non fu apprezzata, tanto che non tornerà più nella città eterna. Vediamo esposte 4  opere di piccola dimensione, 20-30 cm,  ad acquerello, penna e grafite, del 1826-27, realizzati per illustrare il poema “Italy” di Samuel Rogers: “Marengo”  e “Banditti” [sic]  “Il Foro” e “Una villa al chiaro di luna”,  e un’altra, ugualmente piccola, del 1832, con “Castel Sant’Angelo”  e il ponte monumentale contornato di statue con lo sciamare del popolo sulle rive del Tevere dove due barchette che scendono lungo il corso del fiume si avvicinano alle arcate. Del 1835 l’olio su tela “L’arco do Costantino, Roma”, a differenza di Cstel Sant’Angelo, e del Foro, che sono al centro nitidamente riprodotti, qui in primo piano spicca l’albero a sinistra, che richiama quello molto meno folto del “Paesaggio italiano  idealizzato…” del 1828-29, mentre l’arco di Costantino si individua appena sulla destra  quasi incorporato nell’atmosfera che trascolora, una visione certamente suggestiva.  .

L’attrazione che esercita su di lui la città antica con i suoi spazi soprattutto ideali che danno il senso della storia appare evidente in quest’ultima opera e  nel tondo sul Foro romano, mentre la città moderna è evocata dallo scorcio notturno della villa, con i segni della festa da ballo;  nelle altre due illustrazioni Napoleone sul cavallo bianco alla testa del suo esercito nella celebre battaglia, raffigurato come il celebre ritratto di David che aveva visto nel viaggio a Parigi del 1802; e i banditi nel loro bivacco tra le rocce, un’immagine suggestiva, ricordo delle sue escursioni in montagna.

Non fu solo Italia nel periodo che precede gli anni ’30, c’è ancora il suo paese attraverso una serie di opere sul Sud dell’Inghilterra. Ne parleremo prossimamente nella prosecuzione della visita, insieme alle opere degli anni successivi,  in cui proseguiranno i viaggi e si rafforzerà luce e colore, fino alle opere della maturità artistica ed esistenziale. 

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Info

Chiostro del Bramante, Via Arco della Pace 5, Roma. Tutti i giorni, dal lunedì al venerdì ore 10,00-20,00; sabato e domenica  ore 10,00-21,00, la biglietteria chiude un’ora prima.  Ingresso,  intero euro 13, ridotto  euro 11  (aani 11-18 e oltre 65, studenti oltre 26 anni), euro 5 anni 4-11, e nei lunedì di “promo” per studenti universitari). Tel. 06.68809035, http://www.chiostrodelbramante.it   Catalogo: “Turner. Opere della Tate” , a cura di David Blayney Brown, , Skira, marzo 2018, pp. 150, formato 28,5 x 24,5, dal catalogo sono tratte le citazioni del testo.  Il primo articolo è uscito, in questo sito, il 17 giugno u.s., il terzo e ultimo uscirà il 7 luglio p. v., con altre 10 immagini ciascuno.  Per gli autori citati, cfr.  i nostri articoli,  in questo sito, su  Hiroshige 14, 19 giugno 2018, 5 luglio 2018, su  Hokusai il 2, 8, 27 dicembre 2017, su Monet 9 gennaio 2018.

Foto

Le immagini sono state riprese nel Chiostro del Bramante alla presentazione della mostra, si ringrazia la Dart con la Tate e i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta. In apertura, “L’arco di Costantino, Roma” 1835;  seguono, “Veduta dell’arco di Tito e del tempio di Venere a Roma  dall’arco di Costantino e dalla Meta Sudans Roma” 1819, e “Veduta di Folkestone dal mare” 1822-24; poi, “Le elezioni a Northampton, 6 dicembre 1830” 1830-31, e “Il castello di  Harlech”  1834-35; quindi, “Marly-sur-Seine. Inizio a colori” 1829-30, e “Passo montano” 1830; inoltre, “Land’s End, Cornovaglia” 1834, e  “Il Tamigi nei pressi di Isleworth con una barca in primo piano e alcune chiatte” 1805; infine, la vista dall’interno del Chiostro del Bramante. 

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