Martellotti e Fava, Bosco magico e Libri d’Artista alla Casina delle Civette

di Romano Maria Levante

Due mostre che si chiudono entrambe il 30 settembre 2018 animano la Casina delle Civette  di Villa Torlonia a Roma: “Bosco magico, gli alberi sciamanici di Paolo Martellotti” , aperta il 9 giugno, espone 30 sculture lignee  di parti di alberi veri con effetti cromatici e 25 dipinti,  inseriti nell’ambiente naturale; “Libri d’Artista di Vittorio Fava”, aperta il 21 giugno, presenta circa 20 opere che compongono un’ideale quanto immaginaria Biblioteca del Principe, inserite nelle diverse stanze creando per altri versi un clima magico all’interno, come il Bosco magico lo crea all’esterno. Promosse da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale, realizzate con Zètema progetto Cultura, curate da Maria Grazia Massafra, la prima con Tiziana Gazzini, la seconda con Stefania Severi, Per “Bosco magico” un Catalogo con i saggi delle due curatrici. 

Vittorio Fava con un suo “libro d’artista” 

L’attività espositiva alla “Casina delle Civette”  prosegue sfornando sempre nuove sorprese coerenti con la sua caratteristica, dove l’arte nella forma più congeniale si associa alla magia: negli interni, una fuga di sale e salette, anditi e pianerottoli , scale e scalette con le straordinarie vetrate liberty, nel parco che si trasforma come nelle favole  in giardino incantato quando vengono esposte le installazioni.  Lo abbiamo verificato con le Civette, con le speciali porcellane della Amedeo e le altrettanto speciali creazioni luminose di Gentili per gli interni, con le sculture favolistiche di Wal per il  giardino dove erano collocate le grandi figure presenti in piccole dimensioni all’interno.

Si ripropone questa doppia magia nelle due mostre aperte da giugno al 30 settembre 2018, l’una che ha popolato il giardino  di alberi sciamanici evocando il bosco incantato e la sala espositiva di piccoli modelli, l’altra che ha impreziosito le salette e gli anditi di “Libri d’artista” creati per un’immaginaria “Biblioteca del principe”.


Inizia una selezione di “Alberi sciamanici” di Paolo Martellotti

Paolo Martellotti e i suoi “alberi sciamatici”

Iniziamo dalla mostra aperta per prima, “Bosco Magico. Gli alberi sciamanici di Paolo Martellotti” “, 30 installazioni per lo più all’esterno e 25 dipinti più modelli lignei nella “dependance”, ben inseriti nell’ambiente, come in tutte le mostre nella “Casina”, collimanti per i motivi più diversi, ma sempre nuove e sorprendenti. 

L’autore è artista e insieme architetto, e le due qualifiche, insieme a una specializzazione museale, concorrono  in questa sfida  appassionante che utilizza un elemento  come il legno nella sua essenza naturale di albero per creare un ambiente magico nel quale si sente la maestria architettonica.

La direttrice della “Casina” Maria Grazia Massafra, curatrice della mostra  insieme a Tiziana Grazzini, ne approfondisce come il solito l’oggetto,  come fece per le Civette spiegandone significati reconditi e credenze antiche. Questa volta è il legno e l’albero al centro della sua analisi colta che ne illustra il valore ideale a pratico.

Nelle mitologie l’albero  viene visto come collegamento tra il sottosuolo,  dove affondano lee radici, l’aria con la chioma che cerca la luce, la terra con il fusto ben piantato, quindi si va dagli inferi al cielo passando per la  realtà presente; mentre nella psicologia  le radici rappresentano l’inconscio, il fusto la coscienza in cui risiede la personalità, la chioma la parte spirituale che si eleva  spinta dall’energia vitale. Negli alberi, come tramite tra  la terra e il cielo, veniva visto il passare del tempo, inciso nei cerchi concentrici del tronco.  Gli antichi sacerdoti invocavano la divinità vicino agli alberi secolari dove si riteneva convergessero linee di forza soprannaturali, e il bosco era il luogo di culto dove si riunivano le tribù:  “radici, tronco,  chioma  raffiguravano le tre dimensioni del sacro, strettamente connesse e complementari tra oro”.

A queste credenze si aggiungono qualità straordinarie: “Il legno è il grande dono che gli alberi hanno fatto all’uomo: è fuoco che illumina e riscalda, è fumo odoroso che sale verso il cielo, ma anche materia prima per l’artigiano/artista, che lo lavora con perizia teorica e pratica”. utilizzandolo nella scultura e nell’architettura sin dai tempi più antichi.  

E qui la Massafra compie un excursus colto, citando “De Architectura” di Vitruvio,  “Naturalis Historia” di Plinio,  “Historia Plantarum” di Teofrasto , e poi la “Vita di Baccio d’Agnolo” di Vasari  il quale, riferendosi alla storia del legnaiolo vissuto tra la metà del ‘400 e la metà del ‘500, afferma che coloro i quali lavorano il legno per realizzare colonne e ornamenti “diventano in spazio di tempo architetti”. Vasari considera i vari tipi di legno  e, oltre a vantare le peculiarità del tiglio, “perché egli ha i pori uguali per ogni lato, ed ubbidisce più agevolmente alla lima e allo scalpello”,   ricorda che “si sono vedute ancora opere di bossolo lodatissime ed ornamenti di noce bellissimi; i quali, quando sono di bel noce, appariscono quasi di bronzo”.

Anche Leon Battista Alberti fa l’elogio del tiglio, e cita altri legni – il pioppo e il salice, il carpine e il sorbo, il sambuco e il fico – come “meravigliosamente docili e facili sotto  lo strumento dello scultore per esprimere tutti i modi delle forme”. 

Come per l’arte della pittura, per l’artigianato  del legno fiorivano botteghe nelle quali oltre ai normali utilizzi venivano fatte sculture, intagli e intarsi, a Firenze, nel ‘400, c’erano più di 80 botteghe artigiane; in Abruzzo l’impiego del legno nell’arte ha raggiunto il culmine con le straordinarie Madonne lignee, che si possono ammirare nel Museo dell’Aquila.

L’opera di Martellotti ha, dunque, antiche radici – è il caso di usare questa parola – inoltre utilizza tronchi e rami che trova nei boschi, in una sorta di riutilizzo che restituisce la vita a un materiale di per sé vivo, ma condannato all’irrimediabile  deterioramento quando viene abbandonato. E’ un’operazione analoga, pur nella evidente diversità, a quella di Louise Nevelson, l’artista americana che utilizza i mobili e le parti lignee dei comuni arredamenti dismessi e da lei reperiti casualmente per trasformare in installazioni spettacolari; per non parlare di Alessio Deli, anche lui scultore con materiale di recupero, soprattutto ferro preso nelle discariche e fatto rivivere al tocco dell’arte, e di Wak Wak, che utilizza reperti bellici della guerra di Libia.   

Cosa fa il nostro artista? Reperisce nei boschi gli “alberi” a cui dà “una seconda vita, realizzando sculture sacre e musicali”: sacre perché sembrano “totem di area tribale”, musicali perché in molte di esse inserisce corde e cordini come fossero strumenti da cui trarre dei suoni, “che ci ricordano le mitiche arpe celtiche, attributo del Dio del Fuoco, il quale con il loro suono governava lo scorrere delle stagioni”, è la precisazione colta della Massafra.  In pratica, “utilizza la materia legno ricollegandosi a una tradizione antica, pur rielaborandola in chiave contemporanea… con il rinnovamento dei linguaggi della scultura figurativa”.

L’altra curatrice, Tiziana Grazzini, introduce la visita alle singole opere affermando che, come “artista e architetto dotato di sapienza letteraria e umanistica” con una formazione  legata all’arte antica, Martelletti supera gli schemi consueti,  è “primitivo e contemporaneo, antico e nuovissimo”.

Poi, partendo da una identificazione antropomorfa del volto con l’albero in cui è raffigurato, semplifica questa duplicità vitale nella forma binaria più antica, quella della vita, e più moderna, quella dei computer; per la studiosa allo 0 e 1 corrisponde la luce e il buio, la luce e l’ombra che rendono binarie le sue opere nel bosco incantato: “Per comprendere la sacralità di questo Bosco non basta un solo giro di visita. L’ombra porta con sé delle variabili. Prima di tutto il tempo che deve trascorrere almeno un po’ prima di dedicarsi a un secondo giro. Solo allora si vedranno cose nuove”. Ecco come vengono rivelate: “Le ombre appartengono agli oggetti animati o inanimati che le proiettano,  cambiano direzione, si allungano, si dilatano”. E non è semplicemente un fenomeno visivo, fa riflettere “sulla transitorietà del reale e sul tempo. Sono tutte meridiane le sculture en plein air di Martellotti alla Casina delle Civette”. 

Inizia una selezione di “Libri d’artista” di Vittorio Fava 

Ma come nel binario 0 e 1 coesistono gli opposti in una compresenza vitale, così nel gioco d’ombre dell’artista  si consuma un’altra contrapposizione  che diventa compresenza altrettanto vitale: “E’ un restitutore, Martellotti. Restituisce le ombre  col suo Bosco magico… mentre realizza una mostra che esalta l’ombra, crea le condizioni per cui le ombre vengano nuovamente rubate”.  In questo modo: “Regolarmente, quotidianamente, quando il sole è allo zenit le ombre scompaiono, rientrano negli oggetti che le hanno prodotte”. 

La Gazzini vi trova  anche un profondo significato filosofico – “è l’estetica del divenire che supera il pensiero statico dell’essere”-  affermando che “l’arte di Paolo Martellotti si trova ai margini delle discipline che frequenta: architettura, scultura, pittura, scrittura teorica e narartiva, museografia, ma anche matematica, musica, filosofia”.

Sbaglierebbe chi pensasse a qualcosa di cerebrale e intellettualistico, del resto  lo stesso Martellotti sostiene che “un artista non fa teoremi e non dimostra nulla”, non nasconde ma rivela: “Solo l’arte, il gesto creativo affrontano gli enigmi, ne prendono atto e li trasformano. Ci sono sculture di Martellotti che li risolvono, se solo questa possibilità fosse contemplabile”.

Ed ora, dopo averne esplorato genesi  e significato, consideriamo queste sculture lignee, fatte di parti di albero declinate in tanti modi diversi, che evocano un mondo favolistico creando il “Bosco magico”.

Alcuni  tronchi sono tal quale con aggiunte cromatiche, altri recano fili, i titoli sono evocativi. Vediamo “Il cavaliere inesistente” con “Il pensiero” del 2013, interamente in rosso con i fili  da arpa,  e “L’armatura”,  senza fili e senza cromatismo artificiale,  del 2018; altrettanto recentissimo “Domani  nella battaglia” con “Il cavaliere” che svetta in verticale tra i fili sottesi, e “La bestia” invece costituito da due “mozzoni quasi “nature” con sottolineature rosse.  Il rosso copre interamente due dei tronchi iconici di  “Tre del coro” del 2016-17,  il terzo è blu, con i titoli “Il piccolo blu”, “La rossa”, “Il piccolo arancione”.  Il blu a sua volta è totalitario in “Lontano dal conflitto” con “La madre”, 2017, e “Il piccolo blu”, 2018. 

Quanto più ci immergiamo nel “Bosco magico”  tanto più procede la simbiosi albero-colore, il primo naturale, il secondo artificiale che si incorpora nel primo: esplode il “Fuoco rosso”, poi è  la volta del verde in “Il cuore resinoso dell’uomo”, soprattutto il secondo  chiaramente antropomorfo, mentre con “L’uomo” torna la forma totemica in un rosso squillante con sfondi sul blu, sono tutte del 2017.

Tornando tre anni indietro nel tempo, nel 2014 abbiamo “Opera in nero”, la stessa forma totemica con dei fili aggrovigliati a rete, e un fondo verde, poi “Il guerriero infelice”, del 2015, nero, verde e viola abbinati.

Arricchisce la galleria cromatica “La torre dei tre colori”, del 2015, in effetti vede la forte prevalenza del verde brillante senza fili  mentre altre composizioni riportano il rosso e l’aggiunta di fili che diventano corde, così “Il dio del vento” e “La mano dell’architetto” del 2016, “La pietra rossa”,  e “Paesaggio” del 2017, anno nel quale ha realizzaro anche “Le tre lame rosse”  e “Il castello rosso”, un gruppo arboreo senza fili, mentre “Paesaggio 1” mostra una compatta massa lignea appoggiata a un inconsueto telaio azzurro e “Il compagno senza nome” è in legno naturale senza coloritura. 


Altrettanto in legno naturale, e nella forma dell’albero che termina nei rami verso l’alto “La notte bianca”, del 2015, e “Il castello bianco” del 2017, quando ha realizzato anche “L’arpa rossa”, con i caratteristici fili dello strumento musicale e  la parte rossa limitata allo spacco centrale, il resto  è in legno naturale; al pari dell’antropomorfo “La compagna” – almeno riguardo al volto, un cerchio nero bordato all’interno di rosso – e un fusto ligneo naturale, mentre “La notte bianca” dello stesso 2015 ci riporta all’albero  naturale come colore del legno

Dunque cavalieri e battaglie, divinità e castelli, evocazioni mitiche, prendono vita nel parco della Casina delle civette animando quel “Bosco magico”  trasfigurato nelle ore del giorno alle variazioni della luce naturale con  significati al di là della mera apparenza.

Ma non abbiamo soltanto sculture, nella “dependance” una serie di pitture  in tempera, acrilico o tecnica mista con immagini figurative o astratte è come se cercassero di interpretare i messaggi che vengono dal “Bosco magico” per disvelarli a chi osserva, anche nei dipinti risalta il cromatismo dai toni accesi. la “Materia”, la “Luce”, la “Scena”, sono visti “In movimento”  in una serie di opere recentissime, del 2018. 

L’excursus tra le opere esposte, con  alcune sculture anche negli interni, fa immergere in un mondo fiabesco che nel contempo è quanto mai reale,  e si riflette magicamente nelle vetrate liberty della “Casina”  creando echi e assonanze altamente spettacolari.

Per questo,  quanto mai appropriate ci appaiono le parole con cui la Massafra conclude la propria presentazione della mostra: “L’artista/sciamano Paolo Martellotti, attraverso la sapienza del ‘fare’, mette in comunicazione l’uomo/spettatore con il mondo dell’inconscio nascosto nei suoi stessi alberi /totem, attraverso l’antico gioco del rispecchiamento”.

I  libri d’Artista di Vittorio Fava.

Un clima di magia all’interno viene parimenti diffuso dai “Libri d’Artista di Vittorio Fava”, considerati come una ideale ricostruzione della Biblioteca, di cui non si hanno notizie, idealmente attribuita al Principe abitante della Casina e costituita verosimilmente da libri alchemici e naturalistici, sulla botanica e sul mondo animale. L’idea è nata dal successo avuto dal “Codice della civetta diurna” posto su un leggìo all’ingresso della mostra delle Civette, questa volta i libri d’artista sono posti nelle sale e salette più evocative, delle quali sottolineano i lati più caratteristici.

Così il “Codice della civetta diurna” è posto nella Sala delle Civette, e il “Grande libro della Musica” nel Fumoir;  il libro dedicato a Cambellotti nella Sala del Chiododov’è  la preziosa vetrata dell’artista che ne ha realizzato altre sempre per la Casina; Il “Grande Libro dell’Alchimia” e “Cleopatra alchimista” nella Camera da letto del Principe, essendo ispirati alla sua passione per le arti  esoteriche e magiche, il “Libro delle Streghe” nella Stanza delle  Fate, il “Libro della Ceramica” nel Bagno del Principe, con un residuo dell’antico rivestimento ceramico. E poi il “Libro del S. Spirito” e il “Libro di Pompei”, il “Libro sarcofago” e il “Libro delle 4 religioni”, bastano i titoli per evocarne la straordinaria ricchezza di contenuti.

C’è un altro elemento in comune con l’altra mostra, oltre al clima magico che si crea, si tratta dell’utilizzazione di materiali di recupero, nel Bosco incantato alberi e rami sparsi non più eretti ma destinati alla dissoluzione, nei Libri d’artista una miriade di oggetti della natura più diversa che impreziosiscono con la loro presenza le pagine realizzate a loro volta con vecchie pergamene e simili, dalle conchiglie alle medaglie, dalle monete ai frammenti di ceramica e legno, dai merletti ad antichi reperti di ogni tipo, cartacei o di materiali duri e pesanti. Sono grandi pagine sfogliabili per un ‘improbabile consultazione, ognuna una sorpresa per l’inventiva unita alla passione che esprime. Tutti i libri forniti di leggìo anch’esso d’artista, come il resto con materiale riciclato e assemblato.

L’artista, diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Roma ha anche altre forme di espressione, cosa che ci fa pensare all’altrettanto multiforme visione di Martellotti; Vittorio Fava, nella creazione di oggetti impreziositi dalla sua ricerca ineffabile di reperti o di segnali d’altro tipo, si diletta anche di pittura e incisione, mobili scolpiti e film dipinti. Ha esposto alla Biennale di Venezia del 150° dell’Unità d‘Italia curata da Vittorio Sgarbi, precisamente al Padiglione della Regione Lazio con sede a Palazzo Venezia, ha vinto nel 2012 il Premio per la scultura alla VI Biennale Internazionale d’Arte sacra di Lecec, e la Menzione Speciale al Premio Internazionale LimenArte di Vibo Valenia.


Le opere esposte nella mostra nella Casina delle Civette sono tutt’altro che un’improvvisazione, ha presentato i suoi Libri d’Artista in molte mostre collettive in Italia e all’estero, Europa e Stati Uniti,  sin dal 1968, e le sue opere si trovano in vari musei, in Italia nel Museo delle Generazioni di Pieve di Cento, negli Stati Uniti nell’Archivio Sackner di Miami,  in Francia nel Museo del Libro d’Artista di Caroline Corre a Verderonne.  

I Libri d’artista della mostra sono iconici, li ha illustrati in modo appassionato rivelandone i segreti, sono vere e proprie sculture sfogliabili, non è possibile descriverle nella loro intensità, anzi densità  materica, e nei loro contenuti aderenti al tema e altamente simbolici senza alcun cedimento.

Sono state previste visite guidate  con l’artista che legge propri testi, nella prima fase di apertura in giugno e domenica 2 settembre, e un’intervista pubblica l’8 settembre. Nel “finissage” , il 29 settembre  saranno letti i commenti più interessanti  scritti dai visitatori sul “Libro dell’Ospite” e premiati i tre ritenuti migliori da  una giuria con l’artista e le curatrici Massafra e Stefania Severi, al primo un piccolo libro d’artista, al secondo e terzo due “biglietti d’artista”, fatti di merletti e dei reperti materici più disparati.  Questa opportunità offerta ai visitatori ci ricorda il “Beauty Contest” alla Galleria nazionale d’Arte Moderna per il quale venivano chiamati a scegliere la Miss e il Mister tra i ritratti d’autore selezionati per il concorso di “bellezza”, qui sono i giudizi dei visitatori a confronto, una bella iniziativa. Che fa avvicinare il pubblico ancora di più all’arte coinvolgendolo direttamente non solo come osservatore passivo, ma come protagonista attico con i suoi sentimenti ed emozioni. 

Info

Museo di Villa Torlonia, Casina delle Civette, Via Nomentana 70, Roma. Da martedì a domenica ore 9,00-19,00, la biglietteria chiude 45 minuti prima. Ingresso alla Casina delle Civette intero euro 5,00, ridotto euro 4,00, per i residenti a Roma Capitale  1 euro in meno e ingresso gratuito la prima domenica del mese. Info 060608, 347.8285211 Catalogo  “Bosco magico, gli alberi sciamanici di Paolo Martellotti”, a cura di Tiziana Gozzini e Maria Grazia Massafra, giugno 2018, pp. 80, formato 20 x 20; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Cfr. i nostri articoli in questo sito: sulle precedenti mostre alla Casina delle Civette, nel 2017, per la collettiva sulle  “Civette” il 15 narzo,  per le personali dei “putti” di Wal il 14 luglio e delle “sinestesie” di Annalia Amedeo il 30 novembre; nel 2018 per la personale di Piero Gentili, “Soglie di luce” l’8 marzo; sulla mostra curata dalla Severi alla Biblioteca Angelica. “Dio si nasconde”, di  Yano con le poesie di Simoncini, 2 febbraio 2018;  per gli altri artisti citati nel testo, sulle mostre di Louise Nevelson 25 maggio 2013, di Alessio Deli, 26 aprile 2013 personale, 5 luglio 2013, 10 dicembre e 21 novembre 2012 collettive, di Wak Wak 27 gennaio 2013.

Info

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione delle due mostre alla Casina delle Civette, si ringrazia la direzione con i titolari dei diritti per l’opportunità offerta. In apertura, Vittorio Fava  con un  suo “libro d’artista”; segue una selezione di 6 immagini del “Bosco magico” di Paolo Martellotti; poi una selezione di immagini di “libri d’artista” di Vittorio Fava.