Sublimi anatomie, e Dizionario folle del corpo, scienza e arte al Palazzo Esposizioni

di Romano Maria Levante

La  mostra “Sublimi anatomie”  presenta al Palazzo Esposizioni, dal 20  ottobre 2019 al 6 gennaio 2020 una serie di opere artistico-scientifiche sul corpo umano di cui l’anatomia ha rivelato gli aspetti nascosti, collegate al percorso culturale dal XIV sec. illustrato nei pannelli esplicativi.   La mostra è stata curata da  Andrea Carlino e Philippe Comar, Anna Luppi, Vincenzo Napolano e Laura Perrone. Per tutto il  periodo dell’esposizione una serie di conferenze e “performance” nell’aula anatomica” ricostruita nella rotonda centrale.  Collegata la mostra al piano  superiore “Katy Couprie. Dizionario folle del corpo”.  Sono in programma laboratori, corsi e incontri.

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Ecotomografia luminosa del corpo umano

Al Palazzo Esposizioni  è stata esplorata  “la matrice prima della vita” con la mostra “DNA” del 2017, poi si è proiettato “il futuro della nostra specie” con la mostra “Human” del    2018. Ora,  con  “Sublimi anatomie”,   si compie un ”viaggio tra passato e presente, tra scienza e arte nella contemplazione del corpo umano”, così la presentazione. Viene rievocato  lo stupore suscitato dalle scoperte delle parti del corpo, da quelle visibili a quelle più nascoste rivelate dall’anatomia. Il “Dizionario folle del corpo” di Katy Couprie correda e integra la ricognizione artistico-scientifica.

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Due tavole anatomiche a figura intera

Perché sublimi anatomie

“L’anatomia è l’inizio della Teologia, è il punto di accesso all’agnizione di Dio”, scrisse intorno al 1500 il teologo protestante Filippo Zelantone, e questo perché la conoscenza approfondita della macchina umana è  una prova delle meraviglie della creazione. Ma c’è anche la concezione laica, altrettanto significativa,  “conosci te stesso”, l’imperativo socratico, si trova come iscrizione in  molte tavole anatomiche, la mente  e l’anima sono uniti al corpo nella visione filosofica Anche nell’età moderna è restato vivo l’interesse al corpo umano, fonte di sempre nuove scoperte.

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La bellezza statuaria greca come riferimento ideale

La qualifica di “sublime” data all’anatomia, che troviamo nel titolo della mostra, ha origini storiche, anche se meno antiche,  risale al 1840 l’istituzione da parte di Pietro Leopoldo  all’ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova  della cattedra di “Anatomia Sublime e delle Regioni” passata nove anni dopo a Filippo Pacini, professore da due anni all’Accademia Belle Arti di Firenze di “Anatomia pittorica”, qualifica espressiva dell’interesse dell’arte per il corpo anatomico. Un interesse questo che risale all’Accademia del disegno fondata da Giorgio Vasari, nel 1583, nella quale si faceva la dissezione dei corpi  per insegnare la relativa raffigurazione; del resto Leonardo  è stato un maestro al riguardo nei suoi manoscritti con i disegni particolareggiati di tante parti anatomiche.

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Louis Thomas Auzoux, “Manichino intero d’uomo” n. 1, 14° sec.

Tornando al “sublime”,   è un concetto di origini antichissime, nasce con il “Trattato  del Sublime”, forse di Pseudo_Longino del I sec. d.. C.,  come superiore al “Bello” per la sua maggiore forza persuasiva; si riferiva al fascino dell’ascolto di un retore che “trascina gli ascoltatori non alla persuasione ma all’estasi “ e dà “un senso di smarrimento” prevalendo su ciò che è logico, mentre “conferendo al discorso un potere  e una forza invincibile, sovrasta qualunque ascoltatore”, addirittura “il sublime è come un fulmine”.

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Louis Thomas Auzoux, “Manichino intero d’uomo” n. 2, 14° sec.

In tempi meno lontani, il  movimento romantico, con Kant e Schopenauer  gli ha dato una posizione di rilievo nella filosofia e gli artisti non ne sono  rimasti insensibili; il “Sublime” viene contrapposto al “Bello”. Frequente l’attribuzione di connotati drammatici, non più estetici, addirittura  è ritenuto “l’orrendo che affascina”,  e in quanto tale  fonte di terrore e “della più forte emozione che l’animo sia capace di sentire”, e certamente  le dissezioni anatomiche suscitavano queste reazioni e questi sentimenti estremi.

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Paolo Mascagni, “Anatomiae Universae Icones”, maschile, 1823

Inoltre il concetto di “Sublime”  viene posto in primo piano anche nella celebrazione della grandezza di Dio e della profondità dell’io, visto come forza persuasiva e come momento irresistibile; e a parte i riferimenti alla retorica oratoria sono sempre alla ribalta il corpo umano e l’anatomia che lo esplora.

Di qui il titolo della mostra e la presentazione in ciò che viene esposto  nelle gallerie a raggiera intorno alla rotonda centrale di quanto la scienza e l’arte hanno elaborato sulla base di ciò che l’anatomia ha fatto scoprire del corpo umano  esaminato nelle diverse condizioni, parti e situazioni.

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Paolo Mascagni, “Anatomiae Universae Icones”, femminile, 1823

Ma non c’è soltanto questo nella mostra. Nella rotonda centrale è stata ricostruita una sorta di “aula anatomica” nella quale si svolgono nel periodo espositivo, a ritmo incalzante, lezioni di disegno, lezioni magistrali e lezioni di danza, performance e conferenze, nel clima creato dal contorno artistico-scientifico. Il tutto con i più qualificati esponenti italiani ed internazionali delle diverse discipline interessate.     

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Vetrine con sttaue ceroplastiche adagiate su materasso

Anatomisti e artisti uniti nel rivelare le “interiora corporis

L’inizio del XIV sec. segna l’avvio della pratica di dissezione del corpo umano superando gli ostacoli di natura religiosa; le “interiora corporis” sono fondamentali per conoscerlo,  ma nel periodo medioevale ciò avveniva senza immagini, per cui l’opera degli anatomisti era destinata ad essere dimenticata.  In seguito agli anatomisti si affiancarono gli artisti e, con il Rinascimento,  questi ultimi si interessarono notevolmente, come vediamo nei maggiori maestri, Leonardo e Michelangelo, perfino Raffaello e i Carracci. 

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Ceroplastica, Statua femminile giacente nella quale si espone ila distribuzione dei Vasi linfatici, delle Pelvi, del Fegato, deli Ventricoli, dei Bronchi e delle Mammelle, fine 18° sec.

Nei volumi di anatomia venivano inserite illustrazioni,  300 nel primo trattato “De umani corporis fabrica” del 1543 opera forse di  Calcar della bottega di Tiziano,  quindi nascevano dalla collaborazione tra anatomisti ed artisti fino alla metà del XIX sec. Mentre all’inizio venivano sottolineati gli aspetti macabri della dissezione, poi diventarono più accettabili  e le riproduzioni di immagini piane su atlanti scientifici toglievano ogni pathos alla raffigurazione.

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Giovan Battista Manfredini, “Statua in terracotta dipinta raffigurante una donna alal seconda gravidanza (secondipara) con addome pendulo”. 2^ metà 17° sec.

Vediamo nella  galleria espositiva il plastico dell’Aula di Anatomia di Bologna, poi delle  pagine di un Atlante di anatomia, “Anatomiae Universae Icones di Paolo Mascagni e Antonio  Serantoni, con la testa e le varie parti del corpo, e due figure intere in trasparenze anatomiche senza alcun effetto straniante.

Inoltre delle rappresentazioni molto diverse dell’intero corpo umano a grandezza naturale, una Ecotomografia   luminosa con l’evidenza dei  muscoli negli arti e degli organi interni  e, questa volta in rilievo, un ”Manichino intero d’uomo” in due diverse posizioni, con disegnato il sistema venoso sul colore rosato della carnagione, autore Louis Thomas  Auzoux del XIX sec.

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Giovan Battista Manfredini, “Statua in terracotta dipinta raffigurante una donna a cui sono state asportate la cute, le tele sottocutanee del torace, le mammelle e il muscolo grand epettorale destro”, 2^ metà 17° sec.

Non fu semplice, nelle prime fasi,  operare le riproduzioni anatomiche per la difficoltà di avere a disposizione un cadavere,  inoltre sorsero subito problemi di natura estetica per gli artisti a seguito del  dettato aristotelico secondo cui l’arte non deve essere una “mimesi” della natura che si limita a copiarla, ma deve idealizzarla e per nobilitarla apportare anche le correzioni, per questo si tendeva addirittura ad ispirarsi alla statuaria greca. Il cadavere, anche se “scarnificato” doveva avere una propria dignità nel XV e XVI sec., poi al  messaggio di ”memento mori” seguì una visione più inquieta della vita, con la coppia  eros-thanatos mentre era vivo il problema di conciliazione tra precisione scientifica e invenzione artistica.

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Giuseppe Perrone, “Avvolgere la terra”, n. 1, 2016

In questo contesto si collocano le riproduzioni in ceroplastica, che risalgono all’istituzione a Firenze nel 1775  del Reale Museo di Fisica e Storia Naturale, poi intitolato “La Specola”,   con un’Officina di ceroplastica, in cui lavoravano specialisti ceroplasti  con medici anatomisti, come Pietro Mascagni e Felice Fontana. L’imperatore d’Austria Giuseppe II ne commissionò 1200 pezzi dando lavoro per cinque anni all’officina, anche Napoleone dopo una visita al Museo nel 1796 fece un cospicuo ordinativo. Il direttore del Museo nel 1808, Girolamo dei Bardi,  parla così negli Annali del Museo della ceroplastica: “E’ la Bell’Arte d’imitare in cera ogni sorta di anatomiche preparazioni dirette  a mostrare nel suo insieme  e nei suoi dettagli il meccanismo mirabile della macchina umana e delle sue funzioni”.

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Giuseppe Perrone, “Avvolgere la terra”, n. 2, 2016

Al riguardo, va considerato che tali opere  furono giudicate, nelle varie fasi storiche,  “imitazioni ingannevoli” della natura, perchè contrarie all’idea di arte idealizzatrice,  nonostante il successo che ebbero  nel  XVII sec. con migliaia di visitatori – erano nate all’inizio di tale secolo – e poi opere che mentre assicuravano la massima veridicità scientifica assurgevano in molti casi a una  qualità artistica anche elevata. 

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Diego Perrone, “Senza Titolo”, 2016

Oggi si ritiene che l’opera in ceroplastica  modellata sul corpo reale ne  recepisca le proprietà ponendosi non come copia ma come “doppio” con la sostituzione del corpo o di parte di esso; quindi non si tratta più di un semplice manichino di cera ma di un qualcosa di molto vicino al reale come negli “ex voto”. Così la presentazione: “Le statue anatomiche in cera in ogni epoca evocano sempre un profondo disagio dell’osservatore, in quanto immagini repliche dei corpi hanno il potere di instaurare un dialogo diretto, senza il filtro, di metafore o allegorie, col nostro vissuto”.

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Una scultura evocativa di torso umano

Una  sala della mostra è dedicata a vetrine contenenti ceroplastiche del Museo fiorentino prima citato, “La Specola”,  con quanto  di misterioso si è impresso in quelle figure umane di cera, “capaci, cioè – è sempre la presentazione – di diventare carne o simulacro di essa e d’imprigionare dentro di sé i propri fantasmi”.

“Interiora corporis”

Tornando all’esplorazione anatomica, viene osservato che il corpo umano “è stato per molti secoli come entità chiusa, dalle mirabili forme esteriori  ma abitato da interiora misteriose e inaccessibili”  E a questi aspetti intimi  quanto reconditi veniva associato “un potente apparato simbolico-mitologico, la cui decifrazione è complessa e talvolta sfuggente”.  Gli Atlanti anatomici di cui si è detto  cercavano di mettere ordine alla parte “informe, tutto ciò che del corpo dovrebbe restare segreto e nascosto, perché una volta svelato rischierebbe di declassare la mirabile fabrica umana a povera matrice corruttibile”.  

Dopo le “interiora corporis”, la parte superficiale, la pelle

Quello che viene definito “intus anatomico” viene studiato soprattutto dall’inizio del XVII sec., attribuisce al cuore  e all’apparato circolatorio la fonte della passione e della sensibilità; notevole interesse negli studi sul corpo femminile in particolare sull’apparato riproduttivo, non più in relazione all’uomo ma considerati in modo  diretto e autonomo.  Vediamo esposta una serie di statue  di terracotta di Giovan Battista Manfredini, con una donna incinta  e una donna cui sono state asportate la cute e altre parti del busto.

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Altra evidenza della parte superficiasle, la pelle

La Chiesa non ostacolava più gli studi   anatomici e le raffigurazioni degli artisti come “rivelazione della presenza divina modellata sulla forma umana”  espressa, quindi, non solo dall’esterno ma anche dalle parti interne. Ignazio di Lodola, nei suoi “Esercizi spirituali” invita a contemplare la ferita al costato di Cristo sulla Croce perché  da quall’apertura, come una bocca, si  vede all’interno il suo cuore fonte di vita eterna.

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L’architettura corporea come un’armatura

Si va anche oltre la dissezione anatomica con la visione del “corpo trasparente”, cioè vivente, i cui disegni diventano espressione scientifica oltre che artistica,  come avviene nei disegni di  Leonardo. Entrando nei dettagli viene sollevato il tema dell’Intelligenza sensibile”: parte dal cervello e  trasforma i suoi impulsi nervosi in azioni  attraverso “corpuscoli” che facendo contrarre i muscoli azionano gli arti, in un rapporto tra mente e  mano alla quale va il compito di tradurre il pensiero nel gesto che incide sulla realtà, come teorizzato da filosofi come Heidegger e Derida.  La concordanza tra linguaggio e gesto si traduce nel disegno con il ruolo di sintetizzare  il pensiero.

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Una statua del corpo umano nella sua interezza

Si passa alla parte più superficiale, la pelle, con la “percezione aptica”,  più penetrante della percezione visiva: non si può definire né di origine esterna né interna, comunque con il contatto corporeo consente di “vedere” la realtà in modo più diretto che con la vista.  Il corpo, si legge nella “Fenomenologia della conoscenza”  del filosofo Merle  du-Ponty, è strumento di conoscenza attraverso l’esperienza pratica con cui entra in contatto e trasferisce la percezione a livelli più profondi. “La mano che tocca è allo stesso tempo toccata, in un gesto che trasforma ciò che percepisce in ciò che è percepito e viceversa”.  Questi concetti restano importanti nell’attuale era digitale, dove i “filtri tecnologici” alterano la nostra percezione allontanandola dalla nostra soggettività  resa invece dalla percezione materiale sensibile del corpo.

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Jacques Fabien Gautier d’Agoty, “Mytologie complète en couleur et grandeur naturelle”, Paris 1746

In questa logica  che valorizza la sapienza manuale si colloca il passaggio dall’evoluzione culturale legata al linguaggio  a un’evoluzione tecnica legata alla scienza, dall’automazione  novecentesca alla digitalizzazione attuale fino all’intelligenza artificiale con la crescente perdita di contatto con la realtà.   Questo ha portato a una “rilettura delle convenzioni artistiche, tecniche e culturali”,  in modo da “elevare il corpo sensibile  a mezzo puro e autentico, matrice del gesto minimo e primitivo”, portando di nuovo alla base della conoscenza più autentica la “relazione tra soggetto e soggetto,  interno ed esterno, uomo e natura”.

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Luca Francesconi, “I live because I digest – I am no longer live because I did not cultivate – I am ground good”, n. 1, 2016

Artisti impegnati in tale ricerca sono Giuseppe Pennone, un contemporaneo del quale vediamo esposte  delle opere scultoree della serie “Avvolgere la terra”, 2014,  in cui il corpo è visto come una forma primaria di scultura, consiste nel “fossilizzare la fluidità di un gesto, lasciare una traccia, solidificare l’immagine prodotta dai punti di contatto tra materia e mano”; e Diego Perrone con opere “Senza titolo”, 2016,  nelle quali, “grazie alle trasparenze che si vengono a formare, le sculture restituiscono la visione di un paesaggio  liminale che si situa tra interno ed esterno, tra pensiero ed epidermide, tra virtuale ed invisibile”.

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Luca Francesconi, “I live because I digest – I am no longer live because I did not cultivate – I am ground good”, n. 2, 2016

Si pongono sul confine tra due visioni anche le sculture in bronzo di Luca Francesconi che vediamo esposte in mostra, riguardano le relazioni tra il mondo umano e quello agricolo. Sono intitolate: “I live because I digest – I no longer live, because I did not  cultivate – I am good ground”, 2016.

Ancora più recenti, del 2017, i dipinti  a olio su cartone “Fire from the Sun”, di Michael Borremans, esposti, con dei bambini che giocano, in un’atmosfera primordiale e inquietante,  tra pezzi di corpi adulti, un limite anche qui tra due mondi:  “nascondono, sotto le rassicuranti figure dell’infanzia, una condizione umana che viene rappresentata qui come determinata  e brutale”.

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Michael Borremans, “Fire from the Sun”, 2017

Sono limiti molto diversi, confini tra mondi che si toccano, nei quali si riflette  l’ansia di esplorare l’ignoto nell’arte come nella scienza e nello stesso tempo l’inquietudine contemporanea. Questo  viaggio che la mostra fa compiere all’interno del corpo umano, con le evidenze artistiche in cui si esprime il cammino compiuto, rende appieno questi motivi e questi sentimenti.   

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Sala con video evocativi del corpo, al centro la scultura di
Berlinde De Bruyckere, “We Are All Flesh”, 2009-10

Il Dizionario folle del corpo di Katy Couprie

Un collegamento ideale possiamo crearlo con l’esposizione al piano superiore  “Katy Couprie. Dizionario folle del corpo”,  una mostra-laboratorio  anch’essa collegata a visite, incontri, corsi, sul “vocabolario visivo che racconta il corpo  umano in tutti i suoi aspetti mescolando l’anatomia con la poesia, le azioni con le emozioni, i modi di dire con le citazioni letterarie”. Sono esposti disegni, incisioni e fotografie con varie tecniche  che, sono ancora parole della presentazione, “raccontano organi, muscoli, ossa, ma anche risate, lacrime e acrobazie per restituire al corpo la sua interezza e complessità, esteriore e interiore”.

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Dizionario folle del corpo, , “Un gran cuore con le sue ragioni”

E’ tutto quello che la mostra “Sublimi anatomie” ha raccontato  a sua volta con la suggestiva carrellata nell’esplorazione del corpo umano come risultato  della stretta collaborazione tra anatomisti e artisti nel dar vita alle espressioni visive  di vario genere prima commentate. Agli “eventi” nell'”aula anatomica” della sede espositiva, cui si è accenanto, si aggiungono le visite e i laboratori, i corsi e incontri per bambini, ragazzi e adulti sul “Dizionario folle del corpo”, in un impegno divulgativo di notevole spessore culturale.

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Dizionario folle del corpo, “Diversi tipi di cellule in costume da parata”

Info

Palazzo delle Esposizioni, Roma, Via Nazionale, 194. Orario ore 10,00-20,00 tutti i giorni di apertura con prolungamento alle 22,30 venerdì e sabato fino alle 22,30, lunedì chiuso, ingresso fino a un’ora prima della chiusura. Ingresso euro 12,50, ridotto 10,00 (under 26 e over 6) ed euro 6 (7-16 anni e martedì-venerdì dalle ore 18), gratuito under 6 anni; condizioni particolari per speciali categorie e convenzioni. Brochure: “Sublimi anatomie, La meccanica dei mostri, Katy Couprie”, Palazzo delle Esposizioni, Public program, ottobre 2019, pp. 55, 1^ parte pp. 1-27, e 3^ parte pp. 40-43. Cfr. i nostri articoli, sulle mostre contemporanee “La meccanica dei mostri. Da Carlo Rambaldi a Maknarium” e “Tecniche d’evasione” , uscirà il prossimo 4 gennaio 2020; sulle mostre citate all’inizio, in www.arteculturaoggi.com, “Human” 17 maggio 2018, “DNA” 29 marzo 2017. Sugli artisti citati nel testo, in questo sito Leonardo 4 giugno 2019; in www.arteculturaoggi.com, Tiziano 10-15 maggio 2013, Michelangelo (e Rafffaello) 12, 14, 16 febbraio 2013, Carracci (e Caravaggio) 5, 7, 9 febbraio 2913; in cultura.inabruzzo.it, Leonardo (e, il primo, anche Michelangelo), “Roma. La grafica di Leonardo e Michelangelo a confronto” 6 febbraio 2012, “Il ‘Musico’ di  Leonardo vicino al Marc’Aurelio” 23 febbraio 2011, “L’Uomo Vitruviano, ‘one man show in mostra” 11 gennaio 2011, “Leonardo da Vinci a Palazzo Venezia”  6 luglio 2009, ”’Leonardo e l’infinito’, “trenta macchine funzionanti” 30 settembre 2009 (quest’ultimo sito non è più raggiungibile, gli articoli saranno trasferiti su altro sito).

Foto

Le immagini – tranne le ultime 3 tratte dal sito del Palaexpo – sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione delle due mostre, si ringrazia l’organizzazione, con i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta. Le prime 25 immagini sono su Sublimi anatomie”, le 3 successive su “Katy Couprie. Dizionario folle del corpo”. Sulla prima mostra, in apertura, “Ecotomografia luminosa del corpo umano“; seguono, Due tavole anatomiche a figura intera e La bellezza statuaria greca come riferimento ideale; poi, Louis Thomas Auzoux, “Manichino intero d’uomo” n. 1, e idem n. 2, 14° sec.; quindi, Paolo Mascagni, “Anatomiae Universae Icones”, maschile e idem femminile 1823; inoltre, Vetrine con statue ceroplastiche adagiate e Ceroplastica, Statua femminile giacente nella quale si espone ila distribuzione dei Vasi linfatici, delle Pelvi, del Fegato, deli Ventricoli, dei Bronchi e delle Mammelle, fine 18° sec.; ancora, Giovan Battista Manfredini, “Statua in terracotta dipinta raffigurante una donna alla seconda gravidanza (secondipara) con addome pendulo”., e idem, “…raffigurante una donna a cui sono state asportate la cute, le tele sottocutanee del torace, le mammelle e il muscolo grande pettorale destro”, 2^ metà 17° sec; continua, Giuseppe Perrone, “Avvolgere la terra”, n. 1, e n. 2 entrambi 2016; prosegue, Diego Perrone, “Senza Titolo” 2016, e Una scultura evocativa di torso umano; poi, “Interiora corporis” e Dopo le “interiora corporis” la parte superficiale, la pelle; quindi, Altra evidenza della parte superficiale, la pelle e L’architettura corporea come un’armatura; inoltre, Una statua del corpo umano nella sua interezza; e Jacques Fabien Gautier d’Agoty, “Mytologie complète en couleur et grandeur naturelle” 1746; ancora, Luca Francesconi, “I live because I digest – I am no longer live because I did not cultivate – I am ground good”, n. 1 e n. 2 entrambi 2016; continua, Michael Borremans, “Fire from the Sun” 2017, e Sala con video evocativi del corpo, al centro la scultura di Berlinde De Bruyckere, “We Are All Flesh” 2009-10. Sulla seconda mostra, Dizionario folle del corpo, “Un gran cuore con le sue ragioni” , e “Diversi tipi di cellule in costume da parata” ; in chiusura, La Copertina del “Dizionario folle del corpo”, locandina della mostra.

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La Copertina del “Dizionario folle del corpo”, locandina della mostra

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