ll Rebus dell’estate ‘82, quasi 40 anni dopo…

di Romano Maria Levante

Quanto segue lo scrivevamo nel 1982, in una vacanza tra il mare – con gli scogli e la foresta umbra di Pugnochiuso nel promontorio del Gargano e la montagna – con le rocce, i boschi e i prati di Pietracamela nel Gran Sasso d’Italia.Trascorsi quasi 40 anni, dopo la celebrazione nell’articolo di ieri della vittoria all’Europeo 2020 posticipato a causa della pandemia, ripubblichiamo l’articolo di allora nel quale ci sono riflessioni sugli insegnamenti da trarre dalla vittoria valide tuttora, riguardando aspetti che non abbiamo toccato nel nostro precedente articolo in cui abbiamo considerato quelli più evidenti della vittoria attuale. All’articolo che segue è collegato il Rebus enigmistico vero e proprio, la cui soluzione viene lasciata ai lettori che potranno “postarla” nei commenti: diciamo solo che nel testo sono contenuti tutti gli elementi riassunti nel Rebus, un divertimento per chi ama cimentarsi nel risolvere i giochi enigmistici. Si tratta del “Rebus dell’estate ‘82” , sull’intreccio sport-politica, con le vignette corredate dalle lettere di prammatica: appena dopo il testo dell’articolo, e i due commenti del 2010: il Rebus di 68 parole con 78 vignette d’autore in 5 pagine fitte.

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Il Rebus dell’estate ‘82

“E’ il giorno più bello per me e per l’Italia da quando sono Presidente della Repubblica” ha detto Pertini a Madrid l’11 luglio, il giorno della vittoria degli azzurri al Mundial. E, tornato a Roma con i “suoi ragazzi” campioni del mondo, ha ripetuto: “La vostra vittoria mi ha regalato uno dei momenti più belli della mia vita, certo il più bello dei quattro anni tormentati della mia presidenza”.

Dopo meno di un mese, il 7 agosto, sorpreso dall’improvvisa crisi in Val Gardena, osservava amaramente: “Ho avuto un anno movimentato. Invece neppure una settimana mi hanno lasciato in pace. Domani parto per Roma”. Ed il 9, nel dare inizio alle consultazioni, aggiungeva: “Stavo così bene nella mia Selva di Val Gardena, l’ho lasciata con l’angoscia e l’amarezza nell’animo”.

Due “ritorni” a Roma diversi, due atteggiamenti opposti verso i protagonisti delle vicende calcistica e politica che li hanno determinati. Forse l’abisso che li separa – e la vicinanza nel tempo lo fa rimarcare maggiormente – e la loro personificazione in chi incarna il carattere ed i sentimenti più autentici degli italiani, danno una risposta ai tanti perché i sociologi, psicologi, politologi si sono posti dinanzi all’“euforia contagiosa fino all’autoesaltazione collettiva” – per dirla con Ronchey – seguita alla vittoria calcistica.

Non crediamo che ci si debba spingere in interpretazioni sofisticate sui concetti di patria o sul senso di “appartenenza” né che si debba elucubrare troppo sul significato della riscoperta del tricolore. Ha detto Tardelli, uno dei grandi protagonisti del trionfo azzurro, in un’intervista del 14 luglio: “Mi chiedono tutti: che cosa provi ad essere campione del mondo. Dico: niente. Una strana freddezza, una lucidità, un’assenza di emozione. Come se fosse una cosa vecchia, risaputa, come se fosse niente”.

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Prosegue Tardelli: ” Mi chiedono: che cosa significa questo titolo. No, qui c’è da parlare. Che significa l’ho capito. Due giorni di felicità ad un paese infelice. E’ poco, è molto, fate voi. Ho capito questo, riflettendo sulle prime pagine dei giornali politici: c’eravamo noi, le nostre facce, facce con occhi da matti, matti di gioia, al posto dei brigatisti, della scala mobile, degli scandali delle banche, delle crisi di governo, della Polonia, del dollaro, delle guerre. Per due giorni abbiamo spazzato tutte quelle cose brutte, per due giorni anche chi non conosceva il calcio ha parlato d’altro, ha parlato di calcio.

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Ed ha ribadito Paolo Rossi, lui ch’è stato il trionfatore del Mundial, in un’intervista del 4 agosto, quindi ormai a mente fredda: “Cosa ha fatto la Nazionale? Anche presi in mezzo alla tempesta, io e gli altri ci siamo resi conto, con gioia e spavento, che una squadra di calcio può regalare due giorni di felicità a un paese che chiede felicità, perché non ne ha tanta”.

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Del resto, “Italia facci sognare” è stato lo striscione fortunato che da Vigo ha accompagnato l’avventura mondiale. E le vicende della repentina crisi politica hanno confermato che gli italiani hanno colto l’unica occasione di evasione onirica che si è loro offerta, il sogno di un’incredibile coesione nazionale.

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Ha scritto Alberto Ronchey il 13 luglio a proposito delle “regole del gioco” presenti al Mundial e altrove: “Oltre la soddisfazione e l’entusiasmo per i gratificanti spettacoli e gli eccitanti successi sui campi verdi del massimo sport popolare, c’è stato forse un ‘transfert’ liberatorio, un sollievo dal pessimo stato d’animo che ormai prevale nella ‘penisola dove gli italiani vivono disordinatamente accampati’ , originato dalla coscienza di un oscuro divario tra i talenti nazionali e le prolungate frustrazioni di una società sgranata, spesso disorganizzata, piuttosto infelice. Forse la consapevolezza d’una diffusa inefficienza quotidiana come alienazione collettiva s’è scaricata nell’efficienza agonistica, percepita come compensazione simbolica del basso grado di coesione e costruttività comune, inesplicabile e immeritato nell’opinione dei più”.

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Ronchey ne trae le conclusioni: “Perché dunque si vince una gara difficile ma effimera padroneggiando con destrezza le ‘regole del gioco’, mentre si perde in tante altre cose? E perché non sarebbe possibile adottare in tutte quelle altre cose la severa disciplina praticata nel gioco, riconoscendo che ogni opera implica l’accettazione di una qualche severa regola e insieme competenza tecnica, perseveranza, coordinamento, addestramento, con quella fatica che non è ingrata quando viene condotta al suo fine?”

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Lo ha confermato Tardelli nell’intervista citata: “Essere i primi non solo nel calcio. Una parola… No, in fondo non è difficile. Basta essere seri, amici, compatti, basta unirsi e lottare tutti insieme come abbiamo fatto noi a Vigo… Abbiamo insegnato che nel calcio si vince lottando, che è necessario il carattere, la coesione morale, la voglia di soffrire”.

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E non solo nel calcio, ma in qualunque “campo”, anche se non ha il manto erboso e la folla plaudente. Qui viene il difficile, ma non l’impossibile per una società come la nostra. “Su scala nazionale e nelle attività quotidiane – scrive sempre Ronchey – una simile disciplina postula tuttavia l’organizzazione e il ripudio di quella ‘sregolatezza dei particolarismi’ che certo in Italia discende anche da circostanze storiche disgraziate e da incresciose tradizioni, ma che in tempi recenti ha subito l’innesto d’una pervasiva istigazione all’autoindulgenza e alla dissipazione permissiva. Alcune generazioni, fra l’altro, sono state pressoché vampirizzate dalle pedagogie che opponevano un’assoluta libertà ‘ludica’, ossia una giocosità come pretesa naturalità istintiva o persino come sfrenatezza, a ciò che si definiva l’organizzazione ‘repressiva’”.

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Perché riteniamo che non sia impossibile in Italia ciò che altri paesi riescono a realizzare, e non solo nel calcio? Usiamo le parole di Carlo De Benedetti, tratte dalla sua intervista sulle Partecipazioni statali del 18 luglio: “Il recupero, pur in settori e tempi difficilissimi, di aziende come Olivetti, Pirelli e Fiat, dimostra che la tesi che in Italia non è possibile gestire con successo società di grandi dimensioni è una sciocchezza, divulgata da tanti pseudo studiosi ed utili idioti, non dissimile da quella che gli italiani non sanno giocare al calcio per insuperabili limiti razziali. Poi viene fuori questa nuova magnifica gioventù dei Bergomi, dei Tardelli, degli Oriali, e tutte le teorie razziali saltano in aria”.

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Ed ecco cosa la conclusione sulpiano politico ed economico: “Ma bisogna dare spazio ai mille Bearzot che vivono e lavorano silenziosamente in questo magnifico paese. Non perché siano dei geni, ma perché sono dei professionisti veri e quindi sono intellettualmente indipendenti e quindi lavorano seriamente.

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Con un’ultima frecciata alla politica: “Dopo la memorabile partita con la Germania un uomo politico ha commentato alla televisione che sarebbe deleterio se la nazionale di calcio venisse gestita con i criteri della lottizzazione partitica. Ma è altrettanto deleterio che altre attività vengono gestite con i criteri della lottizzazione partitica, e tra queste le partecipazioni statali il cui compito istituzionale non è quello di soddisfare questo o quel signore delle tessere, ma di produrre cose e servizi nel modo più efficiente ed efficace possibile al servizio del paese, al servizio della gente”.

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Ma non sono solo i problemi di impegno costruttivo e solidale – le “regole del gioco” di Ronchey – e di professionalità – il rifiuto della lottizzazione dei partiti di De Benedetti – a condizionare le possibilità della “nazione” Italia. Ci sia consentita – dopo l’ampia carrellata di citazioni che ha inteso riprodurre la corale partecipazione all’evento ed alcuni flash delle riflessioni che ne sono scaturite – un’autocitazione per indicare un altro requisito essenziale che da tempo manca alla nostra classe di governo.

Nel commentare – all’inizio di giugno – la relazione del Governatore della Banca d’Italia su questa rivista, facevamo un parallelo che è stato di buon auspicio per l’avventura della nazionale italiana: “Ben venga che nelle partite ‘non truccate’ della vicenda economica e di quella calcistica se qualcuno fa dei cross – ci riferivamo allusivamente ai ‘cross del Governatore’ – ci sia chi sappia raccoglierli e metterli in rete. E’ una carenza della nostra compagine governativa come della nazionale di calcio che deve essere colmata se si vogliono raggiungere i traguardi sperati: nella competizione del ‘sistema Italia’ con gli altri paesi, come nel Mundial spagnolo. Questo deve essere ormai un imperativo categorico di fronte ai duri impegni che l’Italia deve affrontare”.

E fare un’inconcludente “melina” invece di affrontare i problemi con un’iniziativa audace e decisa alla lunga non paga, come non paga nel gioco del calcio. Dall’Italia di Paolo Rossi è venuto l’esempio di come si può diventare campioni del mondo nel calcio, come dalle iniziative di tante piccole imprese – i “mille Bearzot” di De Benedetti – si è avuta la dimostrazione che si può battere qualsiasi concorrente sul terreno tecnico, produttivo, economico. Ma la classe politica ha fatto quel salto di qualità che altri settori della vita e del costume nazionale hanno dimostrato di poter realizzare?

Il miracoloso recupero della maggioranza e il compromesso sulla scala mobile raggiunti mentre all’aspra vicenda politica e parlamentare facevano da contrappunto le ultime trionfali partite della nazionale, anche sull’onda dei suoi esaltanti successi, avevano evitato la crisi profilatasi agli inizi di luglio; tanto che Pertini, partendo il 31 per la Val Gardena poteva dire: “Parto per le vacanze sereno, è tutto tranquillo”. Ma una settimana dopo – proprio all’indomani del vertice dei segretari della maggioranza concluso con un accordo, anche se tormentato – si è avuta l’inaspettata crisi d’agosto per una sortita dei “franchi tiratori” su un decreto fiscale.

Non è spirato un mese dal trionfo mondiale che la partitocrazia ha dunque dimostrato la sua capacità insuperabile nel fare “autogol” imprevedibili quanto imparabili. C’è voluto il diabolico marchingegno del ritiro della “delegazione” socialista al governo per vanificare la strenua difesa di Pertini alla porta governativa; creando così il precedente paradossale di una crisi extraparlamentare ma nata in Parlamento, quindi sottratta a quei meccanismi di verifica e di responsabilizzazione – sfiducia palese e motivata ecc. – che rappresentavano una sia pure fragile garanzia di governabilità e servivano a riaffermare almeno una parvenza di sovranità del Parlamento dinanzi all’invadenza partitocratica.

Ed anche se, nello stesso mese di agosto, la crisi è stata risolta sulla base del “decalogo istituzionale” di Spadolini, il senso di instabilità e di precarietà è ormai radicato di nuovo nella nazione e si attende solo il prossimo “casus belli” all’interno della maggioranza. Del resto il reincarico è stato subito definito “minestra riscaldata”, anche se con i nuovi ingredienti della riforma istituzionale, i quali, a loro volta, appaiono – come è stato già detto – “aria fritta” e diventano la mina vagante innescata nel nuovo governo, che di nuovo ha solo il nome essendo rimasti composizione e programma economico del tutto immodificati.

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Si è così consumato nel breve spazio dell’estate ’82 l’intreccio entusiasmante tra calcio e grande politica che aveva avuto in Pertini e Spadolini dei protagonisti d’eccezione a fianco della squadra azzurra e che poteva portare ad una rigenerazione della politica così come il calcio ha vissuto la sua trionfale rigenerazione dopo lo scandalo delle “scommesse”; e Dio sa quanti e quali scandali la politica ha da farsi perdonare! Ed è stato subito disilluso Spadolini che aveva tratto auspici per ritrovare anche nel governo “un’intesa collegiale ed un gioco collettivo che sembravano irrimediabilmente smarriti” come era riuscito alla nazionale.

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“Come capitano della squadra di calcio che si chiama governo – aveva detto ricevendo a palazzo Chigi i campioni del mondo – che in questi 40 giorni ha avuto anch’essa alcuni difficili gironi da superare, e che ha ancora molte partite dure da giocare, io vedo, caro Bearzot, caro Zoff, in questa vittoriosa coesione, fatta di comportamenti individuali riservati e determinati, un augurio anche per la mia squadra”.

Invece tutto si è concluso con l’“amarezza e l’angoscia” di Pertini di cui parlavamo all’inizio. Quest’irripetibile occasione, che avrebbe potuto far avvicinare il tricolore anche al mondo della politica, è stata bruciata, l’Italia della politica non fa sognare gli italiani, anzi li risveglia bruscamente ad una ben più misera realtà. E pure se si avranno ancora nuove occasioni per il tripudio del tricolore, ci sarà sempre l’amarezza per il modo brutale con cui il sogno è finito.

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Anche se nulla è perduto per la parte sana del paese che vive e lavora con la serietà delle tradizioni – il tripudio di un popolo e di tricolori in tutti i continenti ha ricordato che siamo in una terra di emigrazione, di sacrifici e di sofferenze – e per la quale la seconda parte dell’augurio di Spadolini certo non andrà dispersa come è invece subito avvenuto per la prima parte: “E questo augurio – ha proseguito il Presidente – vale, cari amici, per tutti gli italiani che lavorano e che studiano e che, dalla vostra impresa davanti a tutto il mondo, hanno tratto anche l’esempio ed il monito della serietà e del sacrificio, esempio e monito che resteranno al di là della felicità di queste notti d’estate”.

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Di questo intreccio tra calcio e politica, in cui le due “squadre” di Bearzot e di Spadolini hanno fatto vivere opposte e sensazionali vicende – dal trionfo sportivo alla crisi politica – nell’indimenticabile e per tanti versi irripetibile estate ’82, proponiamo un’inconsueta visualizzazione enigmistica in cui tutto si mescola e tutto “si tiene” in una “torre di babele” gioiosa e amara: in carattere con il clima estivo, l’eccezionalità degli eventi che abbiamo vissuto, la partecipazione corale, le pazze iniziative di tripudio che ha scatenato la vittoria.

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Del resto, non si può negare che l’estate ’82 per molti versi, calcistici e sportivi, di costume e politici resterà a lungo un rebus: tutto da risolvere. La soluzione del “nostro” rebus, invece, seguirà le classiche regole enigmistiche: è rimandata soltanto “al prossimo numero”.

Romano M. Levante

Pugnochiuso, 11 luglio 1982
Pietracamela, 23 agosto 1982

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Commenti in occasione della ripubblicazione in occasione dei mondiali del 2010:

1 Commento

  1. Marco Ciriello – Vancouver – Columbia Britannica – Canada

Postato giugno 20, 2010 alle 1:40 AM

Ho letto questo articolo poco prima di vedere la partita dell’Italia contro la Nuova Zelanda ai mondiali del 2010.

L’effetto e’ stato estremamente stimolante e la mia mente, nel corso della gara, ha oscillato tra le emozioni che gli eventi mi davano, ed osservazioni razionali sulle caratteristiche socio/culturali di un fenomeno come quello calcistico rispetto a quelle che sono correlate alle attività’politiche.

E’ nobile la domanda sul perché non si possa operare nella vita esprimendo le stesse qualità’, motivazioni che, nel migliore dei casi, guidano le azioni in campo. Ne elenco alcune: la coesione tra i membri di una squadra, il fine comune ultimo, il risultato chiaro (che può’ essere verificato ogni volta), la prestazione dei membri della squadra fatta senza intermediari e direttamente osservabile che, si deve aggiungere, può’ essere giudicata in tempi reali (quindi la possibilità di aggiustamenti sia delle strategie che in eventuale sostituzione dei giocatori). Prima della gara, inoltre, avviene uno studio di un piano d’azione che e’ compiuto da un allenatore, il quale e’ responsabile del risultato e che, in caso di sconfitta, viene licenziato (questione che richiederebbe chiarimenti che vanno al di là’ degli scopi immediate di questo commento). Il tutto e’ osservato dalla stragrande maggioranza dei cittadini i quali, anche se non partecipano direttamente alla preparazione delle strategie, certamente si coinvolgono nella realtà’ calcistica prima, durante e dopo la partite. Questo costante vaglio ed osservazione induce ad una maggiore responsabilizzazione di coloro che prendono le decisioni ultime. In un clima del genere la delusione originata da un risultato negativo non crea pessimismo o frustrazione dovuto al senso d’impotenza derivato dal non poter partecipare, dal continuo subire. Se si commettono errori, si può ricominciare di nuovo. Nel caso della sconfitta si può’ pensare all’incompetenza, all’incapacità’, alla poca destrezza, ma non si pensa alla malafede ed all’intenzione di fare del male agli altri per un proprio tornaconto. In una partita sarebbe illogico operare per se stessi contro il bene comune, perché’ i due fattori coincidono. La vittoria, cioè’ il bene comune, aumenta il valore dei singoli componenti del gruppo: quindi aumenta anche il valore personale.

E la Politica? L’articolo di Romano Maria Levante e’ molto interessante perché’ getta il “seme” che, attraverso riflessioni successive, può’ permetter d’individuare una chiave di lettura dei “malanni sociali e Culturali” la quale indirizzi verso una loro soluzione. Alla fine se, attraverso un’analisi comparativa, si individuassero elementi positivi in alcuni sistemi, la domanda fondamentale sarebbe: come tali elementi o caratteristiche positive possano essere applicate ad altri sistemi che al momento non sono poi così’ ben pensati?

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2. Antonio Caprini

Postato luglio 5, 2010 alle 4:08 PM Propongo di girare il Rebus a tutti i giornalisti sportivi italiani. Finito il tempo di Gianni Brera, anche questo settore del giornalismo lascia molto a desiderare. Si guardi, per citare l’ultimo esempio, alle favorite del Mondiale sudafricano: Brasile e Argentina in pole position. Bene, anzi male. Malissimo oseremmo dire. Il Brasile, anche con Melo (che solo in Italia poteva giocare), ha dimostrato che la sua straordinaria cultura calcistica ha fatto un grande passo indietro: è ferma al Brasile di 20 anni fa. Quanto all’Argentina, resta la prima impressione del giornalista di Repubblica che, alcuni minuti dopo la disfatta con i teutonici tedeschi (auguri!) ha scritto: “E’ solo un’accozzaglia di talenti, senza un gioco”. Ecco cosa fa la politica sportiva: inserisce Maradona come trainer, ben sapendo che in cambio ci saranno sponsor e soldi. Poi, al primo vero big match, ne prendono 4. Dai Maradona, studia e leggi Gianni Brera!

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Il REBUS DELL’ESTATE ’82 in 78 VIGNETTE PER 68 PAROLE

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Info

L’articolo, con annesso il Rebus enigmistico, è stato pubblicato a stampa nel numero di settembre 1982 del mensile di politica, economia e cultura “Realtà del Mezzogiorno” diretto dal prof. Guido Macera; è stato ripubblicato, con riferimento ai Mondiali del 2010, nel sito “on line” “cultura.inabruzzo.it”, non più raggiungibile.

Photo

Le immagini sono state tratte dai siti “on line” – indicati al termine – di cui si ringraziano i titolari per l’opportunità offerta. Si precisa che non vi è alcuna finalità di tipo economico nè di natura pubblicitaria, ma un intento meramente illustrativo; qualora, tuttavia, la pubblicazione non fosse gradita, basterà una richiesta del titolare non consenziente – comunicata nella parte dei commenti o in altro modo – e si provvederà subito alla rimozione dell’immagine che verrà indicata. Le prime 15 immagini riguardano i mondiali del 1982 cui si riferisce l’articolo e il Rebus enigmistico; seguono 15 immagini della vittoria nei mondiali del 2006, per completare la rievocazione con l’altro grande successo degli azzurri, concluso il 9 luglio, 2 giorni di differenza – a parte gli anni – rispetto agli altri due successi. In entrambe le sequenze, dopo l’apertura nel momento “clou” con la Coppa levata in alto, scene di esultanza dei calciatori, quindi condivisione della Coppa, fino ai festeggiamenti e alla formazione delle due squadre di azzurri, nella rievocazione del 1982 l’isolito particolare del ritorno in aereo con il presidente Pertini; in chiusura un’immagine simbolo dei tifosi azzurri con il tricolore. Ecco i siti fonte delle immagini – ai cui titolari si rinnova la gratitudine e la disponibilità a eliminare quelle la cui pubblicazione non fosse gradita – nell’ordine in cui le immagini sono inserite nel testo: per il 1982 : tg24.sky.it, calciofanpage.it, corriere.it, ngonews.it, calciofanpage.it, storiefuorigioco.altavista.org, gazzetta.it, curiosando708090.altavista.org, oassport.it, storiedicalcio.altavista.it, it.wikipedia.org, tg24.sky.it, archive.org, gaslinosvalkvwordpass.com, corriere.it; per il 2006 : lastampa.it, calciotoday.it, ildolomiti.it, youmedia.fanpage.it, bighe.net, eurosport.it, tg24.sky.it, vivoperlei.calciomercato.com, tg24.sky.it, ilmessaggero.it, repubblica.it, stylecorriere.it, asromaultras.org, coppadelmondo2006blog.sport.it, gazzetta.it; infine: ipersoap.com.

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2 commenti

  1. Dopo aver letto e commentato La “Notte Magica” dell’11 luglio 2021, il bis dell’11 luglio 1982 …” il Levante pubblica questo altro servizio “ Il Rebus dell’estate ’82, quasi 40 anni dopo …” e, prima di iniziarne la lettura ed anche a commentarlo per essere collegato al precedente, mi pongo delle riflessioni, che riassumo per la voglia di leggere anche questo.
    Quasi 40 anni dopo e per non averlo trovato, ho cercato su Linkedin, dove il nostro scrittore risulta libero professionista stampa – Esperienza ed oltre ad apprendere tutta l’attività svolta in passato, in parallelo dal 1960 “attività giornalistica”, iscrizione all’Ordine dal maggio 1966, pure descritta con precisione, “dal 2009 su quattro siti ora non raggiungibili 600 articoli e dall’ottobre 2012 su http://www.arteculturaoggi con 400 articoli a tutto il 2016 e, a seguire tante altre notizie.
    Da quanto sopra appreso anche senza eventuali commenti del tempo ma, nel conoscere l’inizio dell’attività giornalistica dal 1960 (60 anni ad oggi), la riflessione continua.
    Dopo una attività lavorativa rilevante e l’altra giornalistica per una vita a servizio dell’umanità, direi unica, culturale, educativa e meritoria, si resta sorpresi da tanto impegno e realizzazioni.
    Dopo aver letto questo altro servizio è giusto onorare il Levante e lo faccio nel rispetto dei suoi meriti reali.
    La vittoria dell’Europeo, 2020, ha prodotto la ripubblicazione di quello del ’82, ancora valido per riflessioni del Levante che, nel seguirlo da tanti anni con rispetto è diventato amicizia ed anche affetto, per uno scrittore che entra nelle case con eleganza, bontà, piacere e sostegno.
    Si tratta del Rebus dell’estate ’82 sull’intreccio sport – politica con il dire del Presidente Pertini del giorno più bello della sua vita, dei quattro anni della sua Presidenza.
    Tante foto anche in questo secondo servizio, con quella di Sandro Pertini e di tutti gli artefici del successo del Mondiale, guidati da Enzo Bearzot, ripresi in gruppi diversi, con o senza la coppa e tante altre dei tifosi per una gioia generale.
    Un piacere grande nel riconoscere i tanti giocatori, da amante del calcio nel seguire le partite dei campionati di serie A e della Nazionale da sempre ed anche per il completamento dei tanti album di figurine della Panini.
    Immagini, quelle del Levante, tratte dai siti “on line”, 15 relative ai Mondiali 1982 e 15 a quelli del 2006, la vittoria, cioè il bene comune che aumenta il valore dei singoli ed anche quello del gruppo.
    Dopo meno di un mese Pertini, sorpreso in Val Gardena da una improvvisa crisi di Governo deve tornare a Roma per l’inizio delle consultazioni con angoscia e amarezza nell’animo.
    Vicende calcistiche e politiche con gli italiani a dare risposte ai tanti perché, sulla vittoria calcistica.
    Non interpretazioni sofisticate sui concetti di patria, riscoperta del tricolore per Tardelli che al chiedergli, cosa si prova ad essere campione del mondo risponde, una cosa vecchia, come se fosse niente e per Paolo Rossi, a mente fredda, l’essersi resi conto che una squadra di calcio può regalare felicità in un paese che la chiede, perché non ne ha tanta.
    L’avventura mondiale è stata accompagnata dallo striscione “Italia facci sognare” e la crisi politica ha confermato che gli italiani hanno colto l’occasione di un sogno di un’incredibile coesione nazionale.
    Ancora per Tardelli, nel continuare l’intervista, “Essere primi non solo nel calcio non è difficile, basta essere seri, unirsi e lottare come hanno fatto insegnando che si vince col necessario carattere, voglia di soffrire, come in qualunque “campo” su scala nazionale e attività quotidiana.
    La conclusione sul piano politico ed economico è il bisogno di vivere e lavorare per il nostro magnifico paese, senza essere geni ma, semplicemente professionisti seri.
    Un’altra riflessione, credo che possa e debba riconoscersi al Levante, un valore della sua vita per uno scopo umanitario che continua ad offrire al lettore che voglia apprendere.
    Questi due servizi di Rimano Maria Levante, che con impegno, ce li ha offerto in dono, ricchi di valore sportivo, storico, culturale e umano, da ricordare per tutta la vita, che offrono anche l’occasione per esternare il mio pensiero sul contenuto di un commento, che deve sempre comprendere una valutazione del giornalista, specie se con toni da scrittore appassionato, come in questo caso.

    1. Come non ringraziare Francesco per il suo apprezzamento generoso? Anche questa volta va al di là dell’articolo commentato per penetrare nelle motivazioni addirittura di un’intera vita, la mia, in cui il giornalismo, “a latere” dell’impegno professionale nella dirigenza aziendale, l’ho sempre sentito – e mi viene di confidarlo – come espressione dell’anelito alla libertà rispetto alle gerarchie lavorative che a qualunque livello sono condizionate da istanze superiori. Aggiungo che ho considerato il giornalismo svolto non da professionista ma da pubblicista rispondente al massimo a questo requisito perché libero da vincoli, condizionamenti e anche committenze; e quando sono passato dal giornalismo economico a stampa a quello culturale “on line”, non retribuito, l’impegno appassionato, divenuto per di più a tempo pieno, è stato alimentato da nuovi valori, che Francesco coglie mirabilmente, in un volontariato che è gratificante veder riconoscere da un lettore così sensibile e qualificato anche se la sua generosità mi riserva pensieri tanto elevati quanto immeritati da un modesto cronista come sono, cui piace “raccontare” con ciò che vede anche le proprie emozioni. Ed è bello quando collimano con quelle di lettori sensibili come Francesco, e quando vengono riconosciute come proprie da personaggi ugualmente generosi che non si crederebbe ne fossero toccati allo stesso modo, dall’alto dei loro massimi impegni.

      Non credo di venire meno alla “privacy” se cito un commento trasmessomi in privato da Gianni Letta, che non ha bisogno di presentazioni, e se venisse visto come un abusare della sua fiducia chiedo venia, l’intento è proprio l’opposto. Mi ha scritto, tra l’altro: “Per quelli di una certa età come me la ‘notte magica’ dell’11 luglio 2021 non poteva che riportarci a quella vissuta con altrettanto entusiasmo quasi 40 anni prima. Riviverle insieme, quelle emozioni, attraverso un racconto parallelo cosi evocativo e cosi suggestivo, le ha rese più forti e più stabili”, E poi: “Rivedere quelle immagini ci ha fatto rivivere due storie molti simili: cambiavano i nomi e i protagonisti, ma la gioia era la stessa, come l’entusiasmo come, soprattutto, l’orgoglio italiano”. Per confidare: “Pensi che, chiamato dall’Università La Sapienza per la Cerimonia di Premiazione dei migliori laureati e degli studenti che hanno vinto la borsa di studio ho intitolato la mia Lectio brevis: ‘Oltre i Rigori…’ e ho detto anche io tante delle cose che ho ritrovato nel Suo bel racconto…”. E spiega anche perché: “L’ho letto con piacere il Suo racconto anche perché interpretava benissimo lo stato d’animo della maggioranza degli italiani. Anche il mio. Come tanti mi sono ritrovato perfettamente nelle Sue parole e nelle Sue descrizioni. Come sempre in perfetta sintonia….”.

      Caro Francesco, è una conferma quanto mai autorevole della sintonia creatasi tra tutti gli italiani, che tu hai voluto sottolineare con parole di cui ti ringrazio per la loro valenza generale, oltre che per la gratificazione personale e lo stimolo ad andare avanti con il massimo impegno alimentato da vera passione. Ed è vitale per me avere queste conferme generose, che nella loro spontaneità trovano la più sicura autenticità.

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