Censis-Ares, 1. La contraffazione e le azioni di contrasto

di Romano Maria Levante

A Roma un Convegno del Censis-Ares, tenutosi nella Sala capitolare del Senato,  dedicato al problema della contraffazione e dei falsi. Lo abbiamo seguito per voi.

Questa volta il nostro viaggio alla scoperta dei lati nascosti dell’economia ci ha fatto esplorare il mondo della contraffazione. Un mondo di cui tutti hanno avuto qualche percezione, ma senza immaginarne le dimensioni, l’estensione e l’articolazione. Merito della ricerca del Censis e dell’azienda farmaceutica Ares-Aico sul tema: “Il fenomeno della contraffazione nel mondo e le ricadute sul mercato italiano – Gli scenari e le strategie di contrasto”. E’ stato analizzato un settore sempre più consistente o, per meglio dire, invadente. I risultati sono stati presentati a Roma il 22 aprile 2009 nella Sala capitolare del Senato con un’ampia partecipazione dei soggetti interessati.

Qualcuno potrebbe chiedersi cosa c’entra un’azienda farmaceutica, dato che nell’esperienza corrente la contraffazione sembra prendere di mira soprattutto i prodotti di lusso dell’abbigliamento; ma l’azienda è da molti anni in prima linea nell’azione di contrasto per i medicinali, azione che ha avuto successo e i cui strumenti si vorrebbero mettere al servizio degli altri settori.

Dimensioni ed estensione del fenomeno

Per rendersi conto della vastità e dell’importanza del problema basti pensare che nel febbraio 2008 si è svolto a Dubai il terzo Congresso mondiale su contraffazione e pirateria con 1200 delegati provenienti da novanta paesi, nel quale si è constatato il continuo aumento del commercio illegale e l’utilizzo di metodi e strumenti sempre più efficaci per sfuggire ai controlli. La contraffazione rappresenta ormai il 7% del commercio mondiale, per un valore di 200 miliardi di dollari, cifra inferiore al totale perché non comprende i prodotti distribuiti entro i territori nazionali e via Internet.

Il continuo, tumultuoso sviluppo degli scambi internazionali portato dalla globalizzazione, come l’ingresso sul mercato di nuovi paesi, ha rappresentato un fattore di crescita anche di questo tipo di commercio fino a determinare effetti negativi perfino a livello macroeconomico, oltre che sui settori maggiormente investiti. A ciò va aggiunto il fatto che i contraccolpi non sono limitati al campo economico e commerciale, ma toccano la sicurezza dei consumatori per la non affidabilità dei prodotti contraffatti soprattutto nel farmaceutico e alimentare, nel meccanico e in qualche prodotto di abbigliamento. Non manca l’ulteriore ripercussione negativa di favorire la criminalità organizzata, un racket di trafficanti inseriti in una rete che opera sul piano internazionale.

In base a questi primi elementi non sfugge la necessità e insieme la complessità della lotta a un sistema ramificato nei diversi settori e paesi che di volta in volta sono produttori di merci contraffatte o consumatori e, in taluni casi, produttori e consumatori. E’ questa la situazione dell’Italia come produttore per l’esistenza di una vasta economia sommersa e per la presenza di marchi di eccellenza allettanti per la contraffazione; come consumatore per una certa propensione da parte della domanda verso alcune tipologie di beni contraffatti.

Quest’ultima tendenza finora non ha suscitato particolari preoccupazioni, se non sotto il profilo economico-commerciale; adesso l’allarme si è accentuato per le minacce alla sicurezza dei consumatori in settori come il farmaceutico, l’alimentare e l’elettromeccanico.

La contraffazione si manifesta in diversi modalità. In particolare riguarda i casi in cui a un prodotto sia stato apposto senza autorizzazione un marchio commerciale identico ad uno generalmente utilizzato per lo stesso tipo di prodotto, o un marchio che si confonde facilmente con l’originale; oppure quando venga modificata l’identità merceologica usando materiali e procedimenti diversi da quelli prescritti e con cui viene commercializzato: è il caso dell’abbigliamento e parti di ricambio, alimentare e farmaceutico.

Si parla invece di pirateria quando si introducono prodotti che riproducono, senza consenso del titolare del diritto, quelli protetti dai diritti sulla proprietà intellettuale: è il caso del “software” e dei mezzi audiovisivi, Dvd, Cd, cassette, ecc.

Le vie della contraffazione

Passando al “lato oscuro della globalizzazione”, come lo chiama la ricerca, viene evidenziata la “maggiore difficoltà dei controlli” causata dalla liberalizzazione degli scambi, il formarsi di “cartelli criminali a livello internazionale dediti ad ogni tipo di traffico”, “la diffusione delle tecnologie informatiche e digitali che hanno reso più semplice e meno costosa la riproduzione dei marchi e dei beni”. Ma alla base del fenomeno c’è soprattutto “la delocalizzazione della produzione, ovvero l’allocazione di parti o dell’intera produzione in paesi di nuova industrializzazione, soprattutto asiatici e dell’Est europeo”.
Fasi consistenti del processo avvengono, infatti, fuori dall’azienda madre, anche a distanza di migliaia di chilometri; e questo favorisce la cosiddetta “filiera del falso” che va dalle materie prime al “know how” e produzione, fino alla commercializzazione finale, situata in paesi diversi.

Ne consegue la disseminazione del “know how” originario che entra in possesso di un numero sempre maggiore di soggetti, in grado di realizzare merci del tutto identiche alle originali. In questa situazione avvengono fenomeni che spiegano i fatti altrimenti incomprensibili dinanzi agli occhi di tutti. Seguiamo sempre la ricerca: “La produzione di un bene falso, pertanto, può avvenire sia all’interno degli stessi laboratori che producono per le imprese legali, sottoforma di sovraproduzione degli ordinativi; oppure, più di frequente, può essere realizzata altrove, da parte degli stessi operai che hanno lavorato in passato o ancora come ‘faconer’ in laboratori che producono per l’impresa madre o, ancora, può essere fatta da individui che, semplicemente, entrano in possesso di un bene o cercano di riprodurlo”.

I percorsi vengono definiti “tortuosi”, cambiano più volte i documenti di trasporto, il vettore e spesso l’imballaggio, la merce va al consumo “attraverso canali diversi per due tipi di mercati, a seconda che i prodotti siano destinati a consumatori inconsapevoli o ad acquirenti consenzienti”.

Il primo è il “mercato primario della contraffazione”, che si avvale della catena distributiva legale con o senza il consenso interessato del commerciante.

Il secondo è il “mercato secondario della contraffazione”, che si avvale di canali “paralleli” a quelli ufficiali in cui “l’acquirente consapevole decide intenzionalmente di acquistare merce contraffatta ad un prezzo inferiore”; le sue dimensioni dipendono “in larga parte dalla differenza di prezzo del bene contraffatto rispetto a quello genuino, nonché dal tipo di prodotto”. E’ evidentemente bassa o nulla la domanda consapevole di beni contraffatti dove si richiedono rigidi standard di sicurezza (farmaceutici, alimentari, giocattoli), alta per gli altri prodotti (Cd e Dvd, abbigliamento).

In settori come quello del “lusso”, l’azione di contrasto è ostacolata dal fatto che “l’acquisto può essere legato alla volontà di possedere un oggetto di marca, alla volontà di emulazione” di una classe sociale alla quale si crede di “poter accedere senza sopportarne il costo”; e al fatto che spesso c’è la complicità dei commercianti regolari “nel vendere falsi a prezzo maggiorato o venderli a costi ridotti”. Da un’indagine effettuata nel 2006 negli Usa e in Canada è risultato che “i commercianti mischiano le merci contraffatte con quelle originali e puntano sul basso costo dei prodotti falsificati per attrarre la clientela. In questo modo i negozi al dettaglio hanno aumentato le vendite di vestiti, giocattoli, prodotti farmaceutici, bevande, tabacco, gioielli e profumi”.

La situazione in Italia

Il nostro paese è tra i più esposti dal lato della produzione e anche del consumo per i motivi prima accennati. Il mercato interno del “falso” nel 2008 ha “fatturato”, per così dire, 7 miliardi e 107 milioni di euro, senza considerare le “esportazioni”; di questi 2,6 miliardi di euro nell’abbigliamento e accessori, 1,6 miliardi nei Cd, Dvd e “software”, 1,1 miliardi negli alimentari. Sono stime riferite ai risultati delle operazioni delle forze dell’ordine, oltre 61.000 nel 2007, con 39.000 sequestri per 71 milioni di prodotti da parte della polizia e 17,5 milioni ad opera delle dogane, con oltre 14.300 persone denunciate, 21.300 multate e 1.522 arrestate.

Appare minima la contraffazione nel settore farmaceutico soprattutto per l’azione di contrasto che si avvale della “tracciabilità” dei medicinali mediante un procedimento realizzato in collaborazione con le aziende farmaceutiche e la partecipazione diretta dell’Ares-Aico, in prima fila nelle iniziative per la sicurezza; il risultato è il “bollino farmaceutico” che utilizza le tecniche antifalsificazione delle “carte valori” della Zecca. Nel Convegno, l’Ares-Aico ha illustrato anche il progetto SI.T.R.I.S. per l’estensione della “tracciabilità” di ogni fase agli altri settori investiti dalla contraffazione.

Questi elementi sono stati forniti dal direttore del Censis, Giuseppe Roma, e commentati dal presidente De Rita che ha rivendicato di avere scoperto in passato il sommerso, ma di aver dovuto constatare che si è fatto poco per combatterlo. Crede però che non subirà la stessa sorte la contraffazione, perché “ci invade ovunque ed entra nella nostra vita”, ha una rilevante importanza sociale ed alimenta la criminalità, per cui non si può fare a meno di combatterla con forza; il problema è che lo si può fare finora essenzialmente a livello nazionale, mentre è un “reato di globalizzazione” che richiede un’azione di contrasto su scala internazionale.

Per gli altri promotori della ricerca il presidente dell’Ares, Franco Staino, ha sottolineato l’allarme crescente dato dal fatto che la contraffazione “ha superato il livello artigianale di piccola serie per divenire una grande impresa multinazionale”. I principali requisiti per un’efficace azione di contrasto sono una legislazione adeguata e l’integrazione dei soggetti interessati. Va promossa un’azione di tipo anche culturale che possa portare a un sistema fornito delle tecnologie più avanzate come quelle utilizzate per la “tracciabilità” dei medicinali con il “bollino farmaceutico”.

“La caratteristica di questo sistema – secondo l’Ares – è quella di fornire al produttore, senza gravare sui processi produttivi, l’identificazione univoca ed unica dei dati di ciascun prodotto garantendolo in ogni passaggio distributivo fino al dettagliante,. oltre alla possibilità per il consumatore di accertare l’originalità del prodotto, prima e dopo l’acquisto, attraverso una semplice telefonata, un messaggio sms o via web”.

Confidando di poter arrivare a un simile risultato, per ora l’azione di contrasto si avvale dei normali mezzi a disposizione delle forze dell’ordine. Ne ha dato conto il col. Vittorio Di Sciullo, Comandante gruppo marchi, brevetti e proprietà industriale della Guardia di Finanza, che ha definito la contraffazione “reato plurioffensivo verso lo Stato, le imprese, il mercato, il consumatore”. Viene combattuta cercando di risalire lungo la filiera anche per recuperare i proventi della tassazione mancata. Si elabora una precisa strategia ai livelli più elevati e l’attuazione è affidata ai 700 reparti territoriali; in ogni provincia c’è un “gruppo tutela mercato di beni e servizi”. Le unità speciali si muovono sulla base delle direttive generali collegate alle strategie di contrasto.
La complessità di questa azione appare evidente dal fatto che passano per le dogane cinque milioni di operazioni all’anno, delle quali viene controllato il 5%; L’individuazione dei soggetti da controllare avviene attraverso i documenti di trasporto, la provenienza e destinazione e il canale di distribuzione, in contatto con gli organi competenti. Nel 2008 gli interventi sono stati 16.000, con 95 milioni di prodotti sequestrati, 32.000 denunce e 1300 arresti. “La contraffazione può minare la società civile – ha concluso il col. Di Sciullo – ci sono punte di eccellenza che vanno difese”.

E’ stato presentato da Teresa Alvaro, direttore area centrale per le tecnologie all’Agenzia delle Dogane, uno schema dei modi sempre più stringenti con cui si attuano le strategie di contrasto. Il “progetto Falstaff” è un sistema multimediale che utilizza strumenti tecnologici particolarmente avanzati, alimentato da Dogane, Associazioni di categoria, aziende e anche consumatori per il riconoscimento dei prodotti originali; il risultato è la segnalazione con un semaforo, di via libera o di stop per il controllo della merce all’ingresso in Italia. Si punta a “globalizzare la frontiera tecnologica della Dogana con la tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti”.

Sul piano normativo, in materia doganale c’è l’armonizzazione a livello di Unione Europea comunitario, con l’Agenzia delle Dogane organo competente a intervenire alla frontiera. Normative specifiche riguardano i diversi settori interessati dalla contraffazione. La legislazione italiana risulta tra le più avanzate nella repressione, in materia penale si considera reato contro la fede pubblica con la reclusione che, tuttavia, nei casi più gravi non supera i tre anni; d’altra parte nel 2005 sono state inasprite le sanzioni per il consumatore consapevole della contraffazione, con la multa fino a 10.000 euro, “particolarmente gravosa e tale da scoraggiare l’effettiva comminazione della pena”.

Il disegno di legge sullo sviluppo prevede misure di innalzamento della pena per chi produce e distribuisce merce contraffatta con l’introduzione di aggravanti e la confisca dei beni riconducibili al reato; e l’abbassamento delle multe al consumatore forse perché, aggiungiamo, se è consapevole si tratta per lo più della forma di contraffazione che non è pericolosa per la sicurezza e la salute.

Se andiamo poi a guardare quello che la ricerca chiama “il quadro delle competenze”, troviamo una pluralità di istituzioni investite dell’azione di contrasto. Interessata a livello complessivo è la “Direzione generale per la lotta alla contraffazione” presso il Ministero dello sviluppo economico nel quale si prevede di istituire anche un “Consiglio nazionale anticontraffazione” con i soggetti pubblici e privati interessati. Questo Consiglio dovrà coordinare le competenze specifiche che vanno dal “Comitato nazionale antipirateria” e “Comitato per la tutela della proprietà intellettuale” presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai “Desk anticontraffazione” dell’Istituto Commercio Estero ai “Delegati per gli accordi sulla proprietà intellettuale” del Ministero Esteri alle “Sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale” del Ministero Giustizia, all’“Ispettorato per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari” del Ministero politiche agricole, alla “Direzione generale farmaci e dispositivi medici”, “Agenzia italiana del farmaco” e “Dipartimento del farmaco” nell’ambito del Ministero Lavoro e Salute, fino alla “Direzione generale beni librari e diritto d’autore” del Ministero Beni culturali. Gli organismi direttamente impegnati nel contrasto sono i Carabinieri del Nas, “Nucleo antisofisticazioni”, e la Guardia di Finanza, nonché l’Agenzia delle Dogane con l’ “Ufficio antifrode centrale”.

Il Censis ha stimato, sulla base della tavola di Leontiev delle interdipendenze strutturali, la perdita derivante dalla contraffazione, perché le risorse impiegate dai consumatori si disperdono in canali clandestini e quindi si sottraggono al circuito economico ufficiale. La produzione aggiuntiva che si avrebbe se il fatturato dei beni contraffatti fosse riportato al mercato legale sarebbe dell’ordine di 18 miliardi di euro, con un valore aggiunto di 6 miliardi che corrisponde a un’occupazione di 130 mila unità; il gettito delle relative imposte sarebbe dell’ordine di 5 miliardi di euro, pari al 2,5% del totale di quelle corrispondenti. Naturalmente si tratta di stime basate su ipotesi di distribuzione secondo le interdipendenze dei settori interessati con il resto dell’economia; utili comunque per rendere la dimensione di un fenomeno certamente di notevole rilievo.

Le forme di contraffazione nei settori critici per la sicurezza dei consumatori

Piuttosto che soffermarci su questi dati, forniamo indicazioni sulle modalità della contraffazione nei tre settori considerati in modo specifico dalla ricerca ai fini della sicurezza dei consumatori.
Nell’alimentare avviene attraverso la commercializzazione di sostanze diverse dal dichiarato sostituendo il prodotto con un altro non conforme in contenuto e in valore. Nei primi 11 mesi del 2008 i Nas hanno sequestrato 8 milioni di prodotti confezionati per un valore di 150 milioni di euro.

Con l’“adulterazione” si sottraggono sostanze a un alimento (latte scremato venduto come intero), con l’“alterazione” se ne modificano i caratteri (lo “spunto” del vino), con la “sofisticazione” si sostituiscono i componenti con altri meno pregiati (olio di semi all’olio di oliva). Si tratta di “commercializzazione di prodotti di rango inferiore come se appartenessero ad un livello superiore”. Poi c’è la falsificazione dell’identità merceologica, dell’età e dell’origine geografica, facilitata dal fatto che le produzioni di cui è protetta l’origine rappresentano meno del 10% del fatturato del settore. Nel mercato estero c’è la forma insidiosa di contraffazione di tipo “imitativo”.

I rimedi proposti si dividono tra il potenziamento dell’intera filiera alimentare per una distribuzione capillare e controllata e l’irrigidimento di normative e controlli con informazione adeguata al consumatore.
Nei ricambi auto la contraffazione avviene attraverso la commercializzazione di prodotti spesso fatti di materiali scadenti o tecnologie non adeguate e senza controlli di qualità, con gravi rischi per i consumatori. La dimensione del fenomeno è ancora modesta (0,2% del totale), ma allarma il fatto che dal 2006 al 2007 i pezzi sequestrati siano decuplicati (da 13 mila a 133 mila).
In genere si ha la “violazione del marchio” che si manifesta o con prodotti che imitano nell’aspetto l’originale oppure con prodotti difformi facilmente riconoscibili; a queste pratiche si associa la contraffazione del “codice” o “certificato di omologazione” e della sua “dichiarazione di origine”.

L’interesse alla contraffazione si ha quando c’è una vasta domanda, è un ricambio di uso frequente, facile da riprodurre quindi a bassa tecnologia, con un processo produttivo poco costoso. La fonte prevalente di questi prodotti è la Cina, con altri paesi asiatici, mediante rilevanti movimenti di “container” e una serie di artifici per superare i controlli, ad esempio trasferendo in Italia l’ultima fase. La difficoltà nel riconoscere ai controlli i prodotti contraffatti richiederebbe l’introduzione in questo settore della “tracciatura” come per i medicinali. Il rischio per la salute, anzi per la vita, è assimilabile. L’estrema frammentazione del loro mercato di offerta in Italia accresce tali pericoli.

Nei farmaci si intende contraffatto, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, “il farmaco la cui etichettatura è stata deliberatamente e fraudolentemente preparata con informazioni ingannevoli circa il contenuto e l’origine del prodotto”. Le situazioni sono molto diverse. Si va dai “falsi perfetti” identici in tutto, solo su canali illeciti spesso favoriti dalle stesse aziende madri, ai “falsi imperfetti” con farmaco somigliante ma meno principio attivo; dai “falsi solo in apparenza” – singolare definizione dei farmaci simili a quelli autentici ma senza principio attivo – ai “farmaci criminali” con sostanze nocive; ma pensiamo siano “criminali” anche quelli senza principio attivo per il danno, spesso irrimediabile, arrecato alla salute del paziente che crede di curarsi mentre ciò non avviene. Infine le patacche complete, farmaci diversi dagli originali e senza principi attivi.
Per una felice circostanza in Italia la contraffazione dei farmaci è pressoché inesistente, gli unici pericoli per il consumatore possono venire da Internet o dai canali clandestini, ma si tratterebbe di acquisti estremamente incauti. Peraltro il fatto che gran parte del costo è a carico del servizio sanitario nazionale e non del privato consumatore toglie interesse ad acquistare a prezzi più bassi.

La gravità dei rischi della contraffazione in questo campo ha portato al sistema di “tracciabilità” del farmaco con il “bollino farmaceutico” di cui si è detto, adesivo a prova di falso nato per impedire le frodi nei rimborsi permesse dai “fustelli” sulle scatole di medicinali, e perfezionato – in collaborazione tra Poligrafico-Zecca e l’Ares-Aico – lungo l’intera catena distributiva, secondo le direttive dell’Unione Europea ai fini dell’azione di contrasto ai medicinali contraffatti. E’ un sistema unico al mondo che richiede, a pieno regime, il collegamento alla banca dati dei farmaci anche di farmacisti e grossisti, oltre che delle aziende farmaceutiche e di distribuzione già inserite.

Ha dato atto di tutto questo il prossimo ministro per la Salute, attuale vice ministro Ferruccio Fazio, prospettando il rischio dei “falsi vaccini e falsi antibiotici”, un grave pericolo se si abbassa la guardia nel contrasto alla contraffazione e se i consumatori si affidano agli acquisti su Internet, dove il sistema di “tracciabilità” che protegge il consumatore nei canali ordinari non può operare. Dal 2003 c’è una nuova procedura e dal 2006 il sistema è attivo, la sua andata a regime fu prevista in tre anni, tenendo conto anche dello smaltimento delle scorte esistenti.

La “contraffazione legalizzata” nell’alimentare

Ma c’è un altro fenomeno rilevante, ed è stato messo a nudo dal deciso intervento al Convegno del presidente della Coldiretti. Sergio Marini ha mosso le acque scagliandosi contro quella che ha definito “contraffazione legale”, cioè consentita dalle norme vigenti. E qui non sono al lavoro gli oscuri trafficanti ma imprese regolari che si avvalgono dei varchi lasciati dalla normativa per operazioni non dissimili nei risultati dalla contraffazione ma ammesse.

Si tratta, in particolare, della possibilità, nel settore alimentare, di porre etichette di “made in Italy” su produzioni industriali derivate da prodotti stranieri, basta compiere in Italia l’ultima operazione, anche se di entità molto limitata (come l’imbottigliamento o l’insacchettamento). Almeno cinque su sei produzioni, apparentemente italiane, derivano invece dalla trasformazione di prodotti stranieri.

E’ evidente, ha sottolineato Marini, che “l’origine deve essere la campagna dove si preleva il prodotto agricolo di base, e non lo stabilimento dove si compie solo un’operazione spesso marginale. Una normativa che ridefinisca l’origine non è distorsione della concorrenza, tutt’altro”.

Dello stesso tenore l’intervento del Ministro delle politiche agricole Luca Zaia, anch’egli impegnato a denunciare che in Italia, e soprattutto all’estero, ci si imbatte di continuo in produzioni che per l’etichetta sono italiane ma con il prodotto agricolo di base coltivato all’estero. Ha detto di battersi per la “tracciabilità completa dell’intero processo produttivo” al fine di certificarne l’origine; per definire regole comuni, in sede di Organizzazione mondiale del commercio, in grado di tutelare l’origine così definita; per misure da decidere in sede di “G8 agricoltura” atte a garantire la qualità anche ai fini della sicurezza alimentare”.

Le difficoltà nel contrasto a livello di consumatori

E’ una situazione in cui i “buoni”, cioè le imprese che per altri versi sono danneggiate dalla contraffazione, diventano “cattivi”, cioè creano essi stessi le condizioni per cui questa si determina. La percezione di tutto ciò non è estranea a quella che Giuseppe De Rita, nella presentazione della ricerca, ha definito “la poco diffusa consapevolezza da parte dell’opinione pubblica dei danni economici e sociali della contraffazione, che vengono considerati solo in concomitanza di episodi di cronaca eclatanti su cui si appuntano, di tanto in tanto, i riflettori dei media”.

Lo stesso Ministro dello sviluppo economico Claudio Scaiola, nel cui dicastero c’è la direzione generale dedicata alla lotta alla contraffazione, ha scritto a sua volta che questa è “vissuta dalla stragrande maggioranza della popolazione come un ‘fenomeno di costume’, un’ ‘infrazione veniale’, quasi un atto di solidarietà sociale nei confronti di soggetti bisognosi”. Come sono quelli utilizzati nella distribuzione e vendita clandestina.

Ne deriva che uno dei “fronti” della battaglia, sempre nelle parole del Ministro, è “la sensibilizzazione delle diverse fasce di consumatori, a partire dai più giovani”. Gli altri due fronti sono: “l’inasprimento e la rigida applicazione delle sanzioni”, coinvolgendo la Guardia di Finanza, le Dogane, le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato; “il rafforzamento della collaborazione a livello internazionale , per garantire la tutela del ‘made in Italy’ nel mondo”.

Occorrerà esplorare anche l’altra faccia della luna, della quale la “contraffazione legalizzata” negli alimentari è solo una piccola parte. E’ un fenomeno particolarmente complesso, ci ritorneremo presto.