Akbar, 2. L’India, visita alla mostra, a Palazzo Sciarra

di Romano Maria Levante

La visita alla mostra  alla Fondazione  Roma Museo, Palazzo Sciarra, dal 23 ottobre 2012 al 3 febbraio 2013, fa rivivere l’età d’oro della dinastia Moghul, cioè il regno di  “Akbar. Il grande imperatore dell’India”: un re battagliero tra conquiste militari, congiure e guerre intestine e al tempo stesso illuminato per le innovazioni urbanistiche e architettoniche, il mecenatismo nelle arti  e il sincretismo religioso. Ne danno testimonianza  130 opere  in 5 sezioni: due dedicate alla vita di corte e alle azioni militari, tre all’urbanistica, all’arte e alla religione. Un affresco spettacolare! Organizzata con “Arthemisia Group” curata con il prezioso Catalogo Skirà, da Gian Carlo Calza .

“Akbar a caccia vicino a Palam nei pressi di Delhi”,1590-95

Dopo aver ripercorso la telenovela epica della vita di “Akbar, il più grande”, sottolineando oltre alle virtù politiche e militari quelle in campo civile e culturale, visitiamo la mostra con le manifestazioni artistiche, espressione di questa temperie storica e culturale di un grande paese come l’India. L’ingresso è folgorante, accoglie il visitatore una struttura in legno, dal classico profilo orientale dietro cui un video proietta sulle pareti immagini spettacolari da cinemascope di città e piazze, affreschi avvolgenti e scene pittoresche tra luci intermittenti;  si procede sotto archetti a cuspide.

Le immagini sulle vicende di corte e le avventure militari

Si entra così nella prima sezione sulla “vita di corte, governo e politica”, che fa rivivere la telenovela epica di cui abbiamo parlato nella presentazione della mostra ripercorrendone per sommi capi le fasi tormentate, con immagini sulla vita pubblica e privata dell’imperatore.

Vediamo esposte immagini in inchiostro e acquerello opaco molto raffinate, dal segno sottile e netto di marca orientale, in un cromatismo leggero, spesso impreziosite e incorniciate nell’oro, tratte da libri preziosi dell’epoca.  Nelle illustrazioni del “libro di Akbar” – per lo più di 37 per 24 cm  su carta –  la vita di corte con i suoi rituali alimenta le immagini più spettacolari, come quella per la “Nascita di Salim”, e “Akbar in pellegrinaggio ad Ajmer per la nascita di Salim”, siamo nel 1590; nel “libro di Babur” si torna al fondatore della dinastia in “Babur attraversa il fiume Son” e “Babur celebra la nascita di Humayum”, padre di Akbar, siamo intorno al 1600. 

Altre illustrazioni  mostrano il “Ritratto di Akbar a cavallo accompagnato da un porta stendardo” e “Akbar con un gioiello da turbante”, e ci fanno vedere da vicino ambienti e personaggi  come  “Principe che cavalca un cavallo impennato” e “Ritratto equestre di Zain Khan Koka”, “Un sovrano incontra un nobile” e “Giovane deccano esamina un volatile”.  Non manca una “Coppia di viaggiatori europei”, con libro e gagliardetto in un minuscolo acquerello del 1580. Le monete d’oro e d’argento con scritte in rilievo nella grafia locale esposte con la loro tangibile consistenza materiale danno un tocco di realtà alle immagini di un mondo vero ma dai contorni mitici.

E poi la sorpresa dei “Rivestimenti parietali”,  scene molto delicate su più livelli, tinte pastello, linee ancora più sottili ed eleganti, anche qui architetture dell’epoca, un caleidoscopio di figure, situazioni e ambienti, in miniature moghol riunite su cartigli di legno di speciali forme orientali.  L’ambiente di questi rivestimenti è la “Stanza del Milione”, sono stati realizzati tra il 1740 e il 1760, non possiamo negare che il collegamento con il nostro grande Marco Polo ci ha inorgogliti.

Dopo le virtù politiche, nelle celebrazioni e nella vita di corte, siamo andati alla ricerca delle virtù militari, sempre seguendo il filo rosso della rievocazione fatta in precedenza della sua intensa vita di sovrano tra le delizie e gli intrighi di una corte orientale, le guerre di conquista e quelle intestine: la quarta sezione della mostra è dedicata appunto a “guerra, battaglia e caccia”.

E’ ricca non solo di immagini epiche ma anche di una serie di preziosi esemplari di armi, da combattimento e da parata, evidentemente oggetto di doni o prodotte proprio per il sovrano e i dignitari.  Soprattutto “Pugnali”,  l’arma  tradizionale degli intrighi di corte… Ne  sono esposti una diecina, con o senza fodero, ciascuno impreziosito in modo diverso: con rivestimenti in oro, perfino nella lama oltre che nell’impugnatura. Questa assume le forme più diverse che vanno fino alla scultura in bronzo dorato di un pugnale della seconda metà del XV secolo, dalla lama particolarmente lunga, ben 40 cm. Oltre ai pugnali, un’“Elsa di spada, cappa e puntale”, l’oggetto più prezioso, interamente rivestita in oro con incastonati diamanti, rubini e smeraldi, tra il XVI e il XVII secolo, da “mille e una notte”. Del resto la storia da noi riferita racconta che il capostipite Humayun fu accolto dallo Shah dell’Iran, dal quale ricevette addirittura un esercito, quindi si poté riunire al piccolo Akbar suo figlio, dietro donazione del famoso diamante Koh-i-Noor. Poi diverse “Scimitarre  a un taglio con fodero”, lama in acciaio, legno e velluto per la lunga custodia.   Fino a due “Scudi”del tardo XVI secolo, uno in acciaio damaschinato, l’altro formato da vari materiali dall’acciaio al cuoio, dai vimini al velluto che viene dal Museo del Bargello di Firenze.

Le immagini epiche iniziano con altre illustrazioni del “libro di Akbar” in cui “Akbar ringrazia per la notizia della vittoria in Bengala” e dove si celebra “L’entrata al forte di Ranthambhor nel marzo 1969”, sempre del 1590-95. Sono accompagnate, nello stesso libro ed esposte a fianco nella mostra, da scene dello stesso  “Akbar a caccia vicino  a Palam nei pressi di Delhi” e “L’avventura di Akbar con l’elefante”.  Questi grandi animali si vedono impegnati nei conflitti con “Elefanti addestrati uccidono i seguaci di Khan Zaman”, mentre le scene sono violente in “L’esecuzione di Shaah Abu’l Ma’ali a Kabul nel 1564” e macabre in “Tayang Khan con la testa del capo mongolo Ong Khan”.

Procedendo nella visita, le immagini diventano più grandi, i colori più forti, le figure e le composizioni meno raffinate e più intense, pittoriche e non solo decorative. Sono le illustrazioni da “Le avventure di Hamza (Hamzanama)”,  70 per 55 cm, inchiostro e acquerello opaco e oro.  E’ una grande impresa artistica affidata dal re, pur essendo impegnato nelle guerre e alleanze per consolidare la dinastia, tradotta in 1400 fogli di pitture su cotone e non su carta in 15 anni. Sono nell’insolito formato verticale di derivazione persiana, mentre in India vigeva quello orizzontale;  affiora una leggera prospettiva e un’attenzione naturalistica che dà rilievo alle figure nell’ambiente fatto anche di rocce e piante oltre che di architetture, sempre con linee delicate e tonalità leggere.

E’ una storia avventurosa  che fissa la tradizione orale in una serie di “quadri”  con una vicenda fatta di scontri e sortite, di incursioni e fughe, di intrighi e situazioni carambolesche, di sconfitte del nemico fino alla capitolazione; con dei protagonisti che si succedono nei titoli delle composizioni. “Arghan Dev porta la cassa delle armi a Amir Hamza” e “Hamza uccide il capo del popolo con le orecchie d’elefante”, “Hamza tenta di aiutare Omar ma scopre che si tratta di un impostore” e “Gettato dalle mura  della fortezza, Omar rimane illeso”. Stesso volo dall’alto di un altro protagonista: “Mahiya e Zambur stordiscono Ghazanfar e lo gettano in mare dalla fortezza”, non conosciamo la sua sorte, ma vediamo la fine di altri: “Hamid lascia la città Hamraq eTamraq lo seguono e vengono uccisi”. Nuovi personaggi: “Baba Junaid aiuta i sostenitori di Hamza e respinge Shahrashob”  mentre “Tu Zangi e Farrukhsuwar sono catturati da Tahmasp”; in altre immagini “L’Amir prende la regina di Zarduhust e la fa musulmana” e “Malak Malik  entra nottetempo nell’accampamento musulmano, vede Said  Farrukhnizhad e se ne innamora”.  Al culmine della carrellata si incontra lo Shah: vediamo che  “Omar porta  a Hamza l’anello di Zumurud Shah”; poi “Zumurud Shah riceve i suoi alleati dopo una serie di sconfitte”, per finire con “”La caduta di Zumurud Shah”. Amore e morte, nella vicenda  epica e avventurosa che fa immergere sempre più nell’India misteriosa nell’epoca in cui dominava un’area sempre più vasta, comprendente i paesi limitrofi, e fa conoscere meglio un’arte pittorica  straordinaria fatta di immagini e colori dalla perfezione formale con una grande capacità narrativa da lasciare incantato l’osservatore.

“Coppia di Teste di leoni”,particolare, 2^ metà XVI sec.

Le testimonianze su  arte e artigianato,  città e ambiente

Siamo nel campo dell’arte oltre alla documentazione storica, e abbiamo detto nella presentazione di Akbar  del suo amore per le arti e la cultura che il padre gli trasmise dopo averlo assorbito dalla civiltà persiana:  riuscì a far realizzare le 1400 tavole delle “Avventure di Hamza” avendo impiantato l’atelier con un centinaio dei migliori artisti e dei loro aiutanti.

Sulla pittura  non poteva esserci dimostrazione più spettacolare di quella delle illustrazioni dei libri che abbiamo sintetizzato trattandola come documentazione storica, ma è una grande manifestazione artistica. Nella sezione sulle “arti e artigianato” si privilegia questo secondo aspetto, a parte gli acquerelli sull’arte della musica, come “Musicista in un paesaggio” e “Anziano flautista”, in cui si vedono i musicisti impegnati nel suonare i loro strumenti, a corde il primo, a fiato il secondo.

Figure di animali in due tappeti del 1600 circa, a trama di lana e cotone con nodo asimmetrico, su un rosso intenso, intitolato il primo “Tappeto con coppie di uccelli in un paesaggio” dove le coppie sono inserite fra motivi floreali a diversi livelli; il secondo “Frammento di tappeto” con fiere riconoscibili e figure fantastiche di animali in cui il più grosso cerca di divorare il più piccolo.

Sono forti e ben evidenziate nella trama, mentre sono piccole e delicatamente istoriate le immagini in tessuti speciali: “Telo ricamato” di poco successivo, quasi una filigrana di cavalieri, guerrieri, persone, animali; mentre la “Tenda di coperta”  in cotone e seta ha un fondo marmorizzato di  ricami di seta molto fitti, entrambi i tessuti sono in Italia, il primo viene da Firenze l’altro è a Roma. A loro sono accostati dei fogli: il “Foglio destro di una doppia pagina di calligrafia” e l'”Esempio di calligrafia”,  in inchiostro e oro su carta e cartone con scritture persiane, quasi due piccoli tappeti.

L’artigianato artistico presenta preziosi mobiletti:  un “Armadietto su base di tavolino” e uno “con apertura a ribalta”, un “Tavolo da gioco” e un “Cofanetto”:  tutti in legno di ebano o tek, finemente intarsiati  in avorio, micro mosaico o madreperla.  E poi dei vasi  molto particolari: un “Contenitore per l’acqua”, di Lahore, in ottone fuso con decorazione incisa riempita di impasto nero; e un “Serbatoio per pipa  ad acqua”, di Deccan, in lamina d’oro sbalzato,  punzonato e puntinato con ceselli, non serve aggiungere altro, si comprende l’arte raffinata con cui è stato creato. Così  per il “Mescitoio”,  basta dire che è interamente rivestito di madreperla sul rame dorato, con pietre dure e preziose.  Una “Scatola circolare” in rame dorato, gemme e madreperla, miniata internamente,  completa questa “batteria” di oggetti domestici di grande pregio e valore. C’è anche una coppia di “Teste di leone” in bronzo dorato.

E gli oggetti personali? Non mancano, la mostra ne espone alcuni particolarmente preziosi: vediamo la  “Coppia di ornamenti per orecchi” e il “Pendente di un amuleto”, in oro con incastonati  rubini, diamanti e smeraldi, poi  una “Coppetta” intagliata in cristallo di smeraldo e un “Manico per bastone” che è quanto di più prezioso si possa immaginare, con l’oro coperto di rubini nei 10 cm di lunghezza, e con smeraldi e brillanti sul pomo a testa di animale.

Abbiamo detto nella presentazione come il sovrano fosse molto attento alle esigenze abitative e architettoniche, al punto di costruire la “Città della Vittoria”, Sikri,  nello stato di Gujarat cui si unirà poi il Bengala, mentre veniva completata la capitale; e di metterla al centro di una rete di villaggi in una concezione urbanistica del territorio lungimirante. L’architettura urbana della nuova città unisce solidità a leggerezza da campo nomade, in una provvisorietà peraltro ben radicata volta a mantenere il senso dello spostamento, che mise in pratica lasciandola dopo 14 anni.

Tornano le deliziose illustrazioni formato  37 per 24 cm di inchiostro e acquerello opaco su carta  del “Libro di Akbar”  a documentare tale aspetto fondamentale del regno di Akbar. Dobbiamo limitarci ai titoli, anche se non possono rendere la ricchezza di queste raffigurazioni dove intorno o all’interno dell architetture brulica un’umanità pittoresca  fatta di lavoratori e popolani, dignitari e principi. Ecco “La costruzione della città di Sikri” e “La costruzione del forte di Agra” in due immagini ciascuna, poi “Akbar ispeziona la costruzione di Fathpur Sikri”. Ritroviamo anche il “Libro di Babur” , dove “Babur ispeziona la costruzione di un bacino d’acqua a Istalf, vicino a Kabul”.  Torna pure “Le avventure di Hamza (Hamzanama)”  con “Albero sull’argine del fiume”, al quale seguono altre immagini di fonti diverse sugli animali che popolano l’ambiente naturale dove sono insediate le città:  “Il corvo indice un’assemblea degli animali” e “Elefanti”, “Il Leone e Shahzabah il Bue”. Sono esposte anche sculture in bronzo dorato, precisamente una spettacolare  “Coppia di teste di leoni” .Sembra poco per dare un’idea della città e della sua architettura, urbanistica e ambiente: non lo è per la ricchezza visiva ed evocativa delle immagini.

 “Arghan Dev porta la cassa delle armi ad Amir Hamza “, 1558-73 

Dal mito alla religione con la sorpresa finale

E’ una ricchezza espressiva che troviamo anche nella sezione “la religione e il mito”,  dove viene data una testimonianza ancora più complessa: dal mito alla spiritualità dell’islamismo e induismo nel clima di tolleranza e rispetto per le libertà di culto voluto da Akbar e messo in pratica di persona prendendo come consiglieri e mogli appartenenti ad altre religioni. Il suo sincretismo religioso, lo abbiamo detto nella presentazione, lungi dall’imporre una fede ricercava l’essere superiore che le accomuna tutte.  Si tratta sempre di illustrazioni di libri, altri si aggiungono a quelli citati, ma le immagini questa volta recano lunghe iscrizioni come spiegazione del contenuto e messaggio: in “Giardino delle rose” le immagini sono piccole, perché la scritta occupa gran parte dello spazio.

Come immagini mitiche ricordiamo “Ambika incenerisce il demone Dhumralochana” e “Dei e Asura burrificano l’oceano di latte”, “Nobile che massacra un  mostro” e “”Il re Salya si reca in visita da Kala Yavana”, “Rama e Lakshman vengono a conoscenza del completamento del ponte di Lanka da Sugriva, re delle scimmie” e “Siva offre frutta a Rama nella foresta di Dandaka”.  L’immagine di un “Elefante composto con demoni” chiude simbolicamente questo spazio

Dai personaggi mitici ai religiosi: “Asceta itinerante con tridente” e “Devoti in visita a un asceta presso un piccolo tempio”, “Derviscio itinerante con bastone” e “Mulla in conversazione”, “Un europeo incontra un asceta hindu” e “Prete in lettura”. Alla fede più diffusa ci si avvicina con le illustrazioni in cui “Studiosi hindu e  musulmani  traducono il Mahabharata dal sanscrito al persiano” e “Una donna illustra il suo problema a un maullana”.

L’immagine che mostra “Il giovane asceta Rishyashringa sedotto da un gruppo di donne incantevoli inviate dal re di Anga” ci fa ripensare alla nostra religione in cui le tentazioni avvengono nel deserto. Qui vediamo invece che “Akbar si perde nel deserto mentre caccia asini selvatici”.

Non è peregrina come potrebbe sembrare questa associazione di idee, infatti  troviamo subito  “Il profeta Elia in soccorso del principe Nur al-Dahr”. E soprattutto con grande sorpresa vediamo riprodotte, siamo sempre intorno al 1600, le immagini canoniche del cristianesimo: “Natività” e “Vergine e bambino”, “Sacra famiglia” e “Gesù e la Samaritana”,  fino al clou di “Scena della Crocifissione” e “La deposizione dalla Croce”.

Si conclude il viaggio fantasmagorico nelle meraviglie e nei misteri dell’età d’oro dell’impero di Akbar, tra la vita di corte con i suoi intrighi,  le guerre intestine e di conquista, la costruzione di città in una concezione architettonica e urbanistica avanzata, le opere dell’arte e dell’artigianato indiano. E cosa troviamo al termine? Le icone più caratteristiche della nostra fede, fedelmente trasposte  da questi artisti indiani, di cui abbiamo ammirato la produzione che spazia per tutti i grandi temi della storia e della cultura  del loro paese lasciandoci una preziosa testimonianza.

La mostra ha il pregio di averci presentato tutto ciò, in una sinfonia di forme e colori con immagini preziose e suggestive, facendoci entrare nel mondo affascinante di “Akbar, il più grande”, fino a ritrovarci nel nostro mondo con i segni della nostra fede per il suo rispetto verso le altre religioni.

Per questo vogliamo concludere il racconto della nostra visita alla mostra che ne celebra la grandezza citando per ultime due immagini, “Angelo che suona il flauto in un paesaggio” e “Angelo in conversazione con un gruppo di europei”: ci piace immaginarci tra questi europei  e pensare di aver incontrato nel regno di Akbar  l’Angelo custode che stiamo ancora cercando in Occidente.

Info

Fondazione Roma Museo, Palazzo Sciarra, Roma ingresso in via Marco Minghetti 22 (traversa di via del Corso). Tutti i giorni, tranne il lunedì della chiusura settimanale, dalle ore 10,00 alle 20,00 (la biglietteria chiude un’ora prima). Ingresso intero euro 10,00  ridotto 8,00 (fino a 26 anni e oltre 65 anni più militari, studenti, docenti facoltà artistiche e dipendenti Ministero beni culturali; e per gruppi obbligo prenotazione) per visite da martedì a venerdì, sabato e domenica tariffa intera; scuole euro 4,50. Omaggio: bambini fino a 6 anni, accompagnatore gruppi prenotati, giornalisti, soci Icom, Confesercenti, federagit, guide turistiche Roma. www.fondazioneromamuseo.it. Tel.  06.697645598. Info e prenotazioni 06.39967888 (lun.-ven. ore 9-18; sabato 9-14). Catalogo della Fondazione Roma Museo: “Akbar, il grande imperatore dell’India”, a cura di Gian Carlo Calza, Editore Skira, pp. 286, formato 24 x 28; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo.  Il primo articolo sulla mostra, con 4 immagini delle opere esposte, è uscito in questo sito il 18 gennaio 2013.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante a Palazzo Sciarra alla presentazione della mostra, si ringrazia la Fondazione Roma Museo con Arthemisia e i titolari dei diritti per l’opportunità offerta. In apertura “Akbar a caccia vicino a Palam nei pressi di Delhi”, 1590-95; seguono:  particolare da “Coppia di Teste di leoni”, 2^ metà XVI secolo e “Arghan Dev porta la cassa delle armi ad Amir Hamza “; in chiusura “Il profeta Ilyas (Elia) in soccorso del principe Nur al Dahr”,  i due ultimi acquerelli sono del 1558-73.

“Il profeta Ilyas (Elia) in soccorso del principe Nur al Dahr”, 1558-73