Via della Seta, 3. Baghadad e Istanbul, al Palazzo Esposizioni

di Romano Maria Levante

Si conclude il viaggio virtuale che fa compiere la mostra “La Via della Seta. Antichi sentieri tra Oriente ed Occidente”, al Palazzo Esposizioni di Roma dal 27 ottobre al 10 marzo 2013.  Dopo aver dato conto della genesi, anche attraverso le testimonianze dei viaggiatori veneziani e genovesi, e delle tre prime tappe di Xi’an, la città della pace, Turfan, l’oasi nel deserto, e Samarcanda, la città di mercanti, approdiamo a Baghdad, la città della sapienza e a Istanbul, la porta dell’Oriente, di cui ripercorreremo la storia  anche con i reperti di oggetti dell’artigianato e dell’arte, che ne rendono la grandezza. Viaggio che proseguirà prossimamente con la nostra visita effettiva e non più solo virtuale, a Istanbul, sulle tracce dei reperti dell’antica Costantinopoli di “in hoc signo vinces”.

Buddha Tejaprabha, ovvero della Luce splendente, 897, dipinto

Baghdad,  “città della sapienza”, non delle “mille e una notte”

La città che fa pensare alle “mille e una notte” viene presentata come “città di studiosi”, la rivale in Occidente della capitale imperiale Xi’an, situata strategicamente tra il fiume Tigri e l’Eufrate, quindi lungo le rotte commerciali fluviali, verso il mare e l’Asia. Viene rievocato il periodo d’oro, tra il 762 e il 1258, quando dopo essere stata fondata  dal califfo abbaside Al Mansur,  prosperò sotto di lui e i “califfi” seguenti, il cui mecenatismo fece sviluppare lettere e arti, scienza e filosofia.

Era chiamata “città circolare” per la sua forma ad anelli concentrici, ispirati alla sfericità della terra,  intorno alla moschea centrale e al Palazzo d’oro, sede del califfo, con gli insediamenti  residenziali, commerciali e militari all’interno delle mura; era una innovazione derivata da influssi persiani  rispetto all’urbanistica greca  e romana dell’epoca,  dalla struttura quadrata o rettangolare e strade ad angolo retto. I migliori costruttori dell’Asia furono mobilitati con migliaia di operai.

Il califfo abbaside costruì la “Casa della sapienza”, un centro culturale con un’enorme biblioteca, per unire la tradizione araba-islamica all’influsso persiano; nella nuova istituzione volle approfondire lo studio dei testi antichi e delle nuove discipline con le migliori menti dell’epoca.

La città divenne meta di letterati e studiosi da ogni parte, vi trasmisero la cultura indiana e greca. Nella fase di maggiore sviluppo raggiunse i 2 milioni di abitanti, oggi ne ha oltre 7 milioni.

Fu conquistata dai mongoli, precisamente da Haligu Khan, nipote di Gengis Khan, che regnò tra il 1217  e il 1265; l’evento, passato alla storia come la “presa di Baghdad”, portò  alla fine del califfato e di tante sue opere, come la struttura urbana e il sistema di irrigazione, oltre ai massacri.

Dopo un secolo e mezzo nuovo saccheggio e massacri con Tamerlano nel 1401; seguirà, nel 1534, la conquista dei turchi ottomani in guerra con la Persia, fino al 1917 allorché fu occupata dagli inglesi nella 1^ guerra mondiale, costituendo nel 1921 il Regno dell’Iraq sotto il loro protettorato.

L’indipendenza fu raggiunta tra il 1932 e il 1946  e la monarchia fu deposta nel 1958. Il resto è storia contemporanea e tragica attualità, l’antico splendore è solo un ricordo.

Tornando al ruolo che ebbe nell’epoca della Via della Seta, sul piano culturale, va sottolineato l’impegno negli studi di matematica e ingegneria, geografia e astronomia,  anche sui testi indiani più avanzati dai quali fu tratto, tra l’altro, il sistema dei numeri arabi con dieci simboli di Al-Khuwarizmi; mentre prima, anche a Roma oltre che a Baghdad, si utilizzavano lettere dell’alfabeto.

Nell’osservazione delle stelle veniva usato l’astrolabio che registrava spazio e tempo come una calcolatrice permettendo di determinare l’ora in base alla posizione del sole e delle stelle. “Il libro delle stelle e delle costellazioni” del persiano Ar Rahman, adottato per secoli come manuale di astronomia, descriveva nei particolari oltre un migliaio di stelle. Un apposito angolo della mostra è riservato a un vero astrolabio,  si può manovrare per cercare l’ora regolando il meccanismo rispetto alle costellazioni sullo sfondo. Di questo apparecchio ne sono esposti due esemplari, uno in metallo dell’Iran, 1730-75, l’altro in lega di rame dal Marocco, 1750. E’ esposta anche una sfera celeste in bronzo e argento del 1645 e un Trattato astronomico illustrato, del 1569,  da La Mecca.

Ma tanti furono gli strumenti ingegnosi escogitati, come una ruota misura del tempo e un orologio ad acqua: un esemplare in vetro, metallo e plastica è esposto in mostra.

Soprattutto il vetro ebbe molti impieghi, modellato a soffio fin dal 100 a. C. si sviluppò  nell’Islam da Baghdad verso la Cina trasportato con precauzioni particolari data la sua fragilità; venivano adottati svariati accorgimenti tecnici per modellarlo in decorazioni a rilievo o farvi incisioni artistiche. Venivano prodotti pure  semilavorati che poi gli artigiani plasmavano.

Sono esposti una pipa in ferro per soffiare il vetro e una serie di oggetti vitrei; un frammento semilavorato del 200 a. C. e uno stampo del 1000-1300,  una brocca piriforme dell’800-1000 e una bottiglia  con figura di animale, una coppa con “decorazione pizzicata” e una coppa “con punti di rilievo” dell’800-1000.  Inoltre oggetti a pasta vitrea, come una scodella turchese del IX-X secolo, e in terracotta invetriata, una piastrella  del 1000, una ciotola con decorazione dell’800-1000, e una piastrella in ceramica invetriata. Quindi un piatto decorato in terracotta smaltata e una coppa in ceramica decorata, fino al calamaio e coperchio del 1100-1200 in bronzo e argento.

L’argento ebbe un ruolo importante nella dinastia dei Sasanidi, innanzitutto per la coniazione  di monete in questo metallo per la circolazione generale, mentre il bronzo, rame e piombo erano destinati alla circolazione regionale; l’oro era riservato alle emissioni speciali. In argento le produzioni di alta qualità con le quali si celebravano i fasti della dinastia mediante piatti, coppe  e brocche decorate con immagini simboliche o allegoriche, e altri oggetti di valore artistico, esemplari pregiati sono stati reperiti in scavi archeologici in nell’Asia centrale, particolarmente in Iran,

Anche nella medicina erano all’avanguardia, con le pratiche di Al-Razi sui rapporti tra salute e pulizia, ben prima della scoperta di batteri e microbi: scrisse 200 manoscritti sui vari malanni e un  manuale medico le cui indicazioni  sono state adottate in Europa per secoli. Fu tradotto in arabo “De materia medica”, un manuale sulle piante officinali del medico greco Dioscoride, del 40-90 d. C.

Per la scrittura abbiamo citato Samarcanda, terra della carta su cui venivano creati documenti e libri.  A Baghdad la scrittura divenne arte con la calligrafia dell’alfabeto arabo utilizzato in copie artistiche del Corano. L’inchiostro era prodotto da varie fonti, si mescolava anche all’oro e alla polvere di vetro, venivano inserite iscrizioni con massime anche nei piatti e nei vasi islamici.

Abbiamo tanto parlato di mercanti e mercati, ebbene a Baghdad all’inizio del XIII secolo c’era un fiorente mercato di libri, con 100 librerie e 36 biblioteche pubbliche; in una delle più celebri appartenente all’Università Mustansiriya veniva fornita carta e penna per poter copiare i libri, oltre a un’assistenza completa. E’ ben giustificato chiamare la Baghdad di allora “città della sapienza”.

I mongoli invadono Baghdad nel 1258

Istanbul, la porta dell’Oriente, e il mare

La marcia verso l’Occidente sulla Via della Seta ha la sua tappa finale ad Istanbul, l’antica Costantinopoli,  definita “la porta dell’Oriente” con il suo Corno d’oro, che ne segna i confini.  Altri 1600 chilometri di percorso, dopo gli 8000 già percorsi nelle immensità asiatiche e mediorientali.

Entrò a far parte dell’Impero romano nel I secolo a. C., Costantino la eresse a capitale del suo impero nel 330  costruendo palazzi imponenti in stile romano e dandole il suo nome.  Dopo il 395, con Teodosio I, diventò capitale del più limitato impero romano d’Oriente, l’impero bizantino. Per la posizione di cerniera divenne un centro commerciale e culturale, distrutta nel 532 fu ricostruita con splendidi edifici culminati nella costruzione di Santa Sofia, la basilica della chiesa ortodossa.

Le vicissitudini di Santa Sofia riflettono quelle della città, al centro di scontri con persiani, arabi e Crociati, che nelle sorti alterne provocarono distruzioni delle architetture e saccheggi della città e delle opere d’arte, nonché il decadimento economico e la diminuzione della popolazione.

Dopo l’impero bizantino venne l’impero turco ottomano, con la conquista della città nel 1453 dopo due mesi di assedio, e la morte dell’ultimo imperatore bizantino, Costantino XI: il sultano Maometto II ne fece la capitale dell’impero e le cambiò nome in Istanbul.  Secondo le barbare consuetudini dell’epoca furono dati tre giorni di libertà di saccheggio all’esercito ottomano, Santa Sofia fu saccheggiata e trasformata nella più grande moschea della regione;  la città divenne un centro culturale islamico.

Il sultano cercò di riportarla all’antico splendore: per questo fu incline alla tolleranza e al multiculturalismo e aprì la città al ritorno dei credenti di altre fedi, cristiani compresi. 

Fu creato il Gran Bazar, uno dei maggiori al mondo,  e fu costruito il palazzo di Topkapi come residenza del sovrano dove risedettero i sultani per quattro secoli. Con Solimano il Magnifico fu costruita la grande moschea con il suo nome e furono promosse altre realizzazioni di opere d’arte e di architettura: si diede impulso all’arte della ceramica, calligrafia e miniatura. Nel 1800 raggiunse un milione di abitanti, e successivamente si aprì all’Occidente anche con la costruzione dei ponti sul Corno d’oro che collegarono idealmente i due versanti per unirli fisicamente e culturalmente.

La storia moderna la vede nel crogiuolo della prima guerra mondiale e dei conflitti che portarono alla fine dell’impero ottomano e alla Repubblica turca, che assunse come capitale Ankara.

Istanbul, oltre che alla Via della Seta, di cui è il terminale, è legata strettamente alle comunicazioni marittime, che nel commercio furono un’alternativa ai traffici terrestri.  Spezie e sete cinesi, ma soprattutto ceramica, di difficile trasporto via terra per la sua fragilità, furono le merci  più diffuse. La ceramica più pregiata era la porcellana, proveniente dalla Cina e realizzata partendo dal caolino,  usata per oggetti ornamentali anche finemente decorati; veniva prodotta anche una ceramica ordinaria con la terracotta rivestita da uno strato bianco per farla somigliare alla porcellana.

Tre tipi di ceramica erano molto richiesti nel Medioevo con provenienza dalla Cina, e Istanbul era la porta dell’Oriente:  verde, policroma e bianca. E’ una produzione sviluppatasi tra la fine della dinastia Han e la fase iniziale del dominio mongolo, quindi tra il III e il XIII secolo d. C.  I primi vasi cinesi in ceramiche dure risalgono al primo millennio a. C., mentre nel III secolo d. C. compaiono le ceramiche Yue, colorate in verde; nel IV secolo  fu introdotta la decorazione in fiore di loto e nel VI secolo fu perfezionata la produzione di ceramiche Yue; dal VII secolo le ceramiche invetriate a vari colori. Segue la ricerca stilistica e decorativa anche per soddisfare la domanda esterna alimentata dallo sviluppo dei traffici marittimi.

Astrolabio,  funzionante in mostra

In Europa le ceramiche cinesi approdarono solo nel XIII secolo, con la “pax tartarica” seguita alle conquiste mongole; tra il XIII e il XVI secolo questi prodotti erano considerati un segno di distinzione per le classi elevate, e utilizzati nei “doni principeschi” di sovrani e diplomatici.

Di recente è stato recuperato il cargo di un bastimento arabo affondato in Indonesia nell’826, proveniente dalla Cina, che ha fornito un’idea di queste esportazioni del IX secolo: sulla nave erano caricate circa 60.000 ceramiche , soprattutto vasellame dipinto ma economico, oltre a prodotti  più pregiati di porcellana bianca, tra cui rari piatti decorati; erano stipate in grande giare di grès. 

Le rotte marittime dalla Cina erano lunghe oltre 8000 chilometri, percorsi in media in sei mesi, mentre per via di terra si impiegava anche un anno tra maggiori difficoltà, a parte il pericolo dei pirati , ma anche negli itinerari terrestri c’erano i banditi.

Venivano utilizzate imbarcazioni di teak o palma di cocco unite con filamenti e saldate con resine senza l’uso di chiodi, un portento!  Nell’Oceano indiano i monsoni soffiavano in inverno da nordest e in estate da sudovest, cosa conosciuta che rendeva le condizioni del mare sufficientemente prevedibili per avventurarsi nel viaggio scegliendo al rotta più adatta.

I “sambuchi”  erano imbarcazioni leggere  e veloci, con la vela latina, si faceva il “punto”  della posizione con uno strumento rudimentale ma efficace, il Kamal, piastra e cordino per allinearsi alla stella polare. Solo nel IX secolo il commercio marittimo divenne un’alternativa a quello terrestre sebbene la Cina avesse una lunga tradizione nei viaggi per mare che risale a due millenni fa; si dovette attendere l’XI secolo perché i transiti per mare superassero quelli per terra. Marco Polo fece i due percorsi, andò per terra nel 1200 sulla Via della Seta, tornò per mare a tappe.

Un’apposita sezione della mostra è dedicata alle rotte marittime, con esposta una carta nautica di Pietro Vesconte, 1311, e un modello di imbarcazione  recente ma che riproduce  le navi dell’epoca.  Vediamo anche una serie di oggetti a documentazione di ciò che veniva prodotto ed utilizzato anche nelle traversate marittime: maioliche e mattonelle, vasi e ciotole, piatti e coppe, bottiglie e brocche.

Con l’approdo via mare o l’arrivo via terra ad Istanbul si conclude la parte asiatica della Via della Seta, al tratto europeo abbiamo fatto riferimento all’inizio allorché abbiamo parlato dei rapporti tra Oriente ed Occidente e il ruolo di Venezia e Genova, citando anche i manufatti esposti in mostra.

Possiamo concludere quindi anche il nostro viaggio virtuale sulla Via della Seta condotto attraverso le suggestioni di una storia ricca e avvincente e le evidenze dei reperti esposti nelle sette gallerie corrispondenti ad altrettante sezioni nel Palazzo Esposizioni.  Siamo investiti da sensazioni e da immagini, il fascino dell’Oriente con i suoi misteri e le sue meraviglie si fa sentire, ed è il grande merito della mostra averlo saputo evocare con il dosaggio di notizie e di evidenze tangibili.

Finisce qui il resoconto della mostra, ma non il nostro viaggio. Questa volta da virtuale diverrà reale, racconteremo prossimamente una nostra visita a Istanbul alla ricerca delle vestigia dell’antica Costantinopoli.  La rievocazione del viaggio effettivo sarà un immergersi direttamente e di persona nel mondo cosmopolita e intrigante dell’ultima tappa dell’itinerario asiatico sulla Via della Seta.

Info

Palazzo Esposizioni, Via Nazionale 194, Roma. Martedì e mercoledì, giovedì e domenica ore 10,00-20,00, venerdì e sabato fino alle 22,30, lunedì chiuso;  accesso fino a un’ora prima della chiusura. Ingresso intero euro 10,50, ridotto 7,50, scuole 4 euro a studente, gruppi tra 10 e 25, martedì e venerdì- Con il biglietto si vedono tutte le mostre del Palazzo Esposizioni.  Tel . 06.39967500, mailto:info.pde@palaexpo.it.  Catalogo: “Via della Seta. Antichi sentieri tra Oriente e Occidente”, Palazzo Esposizioni e Codice Edizioni, ottobre 2012, pp. 296, formato 20 x 24, euro 26; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. I primi due articoli sulla mostra sono usciti, in questo sito, il 19 e  21 febbraio 2013, con 4 immagini ciascuno. 

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione della mostra al Palazzo Esposizioni, e in parte dal Catalogo, si ringrazia l’Ufficio stampa del Palaexpo con gli organizzatori e i titolari dei diritti per l’opportunità offerta.  In apertura, Dipinto dell’897 raffigurante il Buddha Tejaprabha, ovvero della Luce splendente;  seguono, I mongoli invadono Baghdad nel 1258, e Astrolabio funzionante in mostra;  in chiusura, una Mappa di Costantinopoli che ne mostra la posizione ideale (Corbis).

Mappa di Costantinopoli che ne mostra la posizione ideale (Corbis)