Accessible Art, il “Re-Cycle” scultoreo di Alessio Deli, a RvB Arts

di  Romano Maria Levante

Nel 2013 dopo la collettiva “City Life”, da noi già commentata,  la RvB Arts ha organizzato delle  mostre personali dove si è potuta approfondire la conoscenza di due artisti  presentati in precedenza. Esprimono forme diverse di arte muovendosi in modo innovativo nei generi tradizionali, lontani dalle più ardite installazioni. Per la pittura di Christina Thwaitesla mostra personale si è svolta  dal 22 marzo al 13 aprile,  ma le opere sono sempre visibili presso la galleria; di questa artista abbiamo già parlato nell’ambito delle mostre collettive, ci limitiamo ad aggiungere che nella recente personale i suoi dipinti hanno accresciuto di molto le dimensioni e resa più varia la composizione, ci sono rimasti impressi quei volti allineati tra l’assorto e l’allucinato, l’ironico e l’umoristico, immagini degli album di famiglia trasfigurate dall’artista, figure che non si dimenticano. Per la scultura di Alessio Deli la mostra “Re Cycle” è in corso presso  RvB Arts dal 18 aprile al 14 maggio 2013, sulle sue opere intendiamo soffermarci.

“Big Warrior” 

La formula di Accessible Art

Le esposizioni della RvB Arts sono mostre-mercato, è il caso di dire, perché le opere sono esposte con il rispettivo cartellino del prezzo, inserite in un ambiente caldo e accogliente, tra mobili anch’essi in vendita secondo la visione di Michele Von Buren, che ha lanciato la formula di “Accessible Art”, cioè un’arte che non resta chiusa nella torre d’avorio di pochi privilegiati ma si apre alla gente. Le opere esposte rispondono a due criteri, di cui abbiamo già parlato, riassunti nella parola “accessibilità”: sia nell’ adattamento agli ambienti domestici, quindi idonee ad inserirsi nell’ambito familiare, sia nella moderazione del prezzo in modo da essere alla portata delle famiglie anche sotto questo aspetto determinante, tanto più nei tempi difficili che stiamo attraversando.

Quindi né installazioni invadenti e debordanti quanto incomprensibili rispetto al sentire comune , né opere dalle quotazioni elevate, tali da restringere l’ambito degli interessati. Il tutto viene espresso nell’ambientazione nella galleria, collegata con l’Antiquariato Valligiano  che offre mobili di elevato livello qualitativo, legati ad antiche tradizioni e anch’essi accessibili. Un en plein, dunque.

In questo contesto va sottolineata la terza particolarità dell’impegno profuso da Michele Von Buren: la formazione di una squadra di artisti – al momento 36 tra pittori, scultori e fotografi – che continua a proporre anche dopo le mostre nelle quali ha presentato le loro opere e li ha fatti conoscere, attraverso un sito che fornisce le notizie utili ed è aperto i contatti. E’ un mecenatismo di nuovo tipo, collegato alle tradizioni di celebri gallerie che hanno sostenuto e  alimentato le avanguardie. Abbiamo già ricordato  Peggy Guggenheim che, seguendo lo zio Salomon, in un lungimirante mecenatismo creò intorno alla sua galleria una scuderia di giovani artisti dell’avanguardia americana in una escalation di creatività e di arte. Una galleria, la sua, parallela al grande museo di Salomon da cui vennero fuori artisti come Pollock, per citare una grande scoperta del Guggenheim.

Richiamate le caratteristiche salienti dell’iniziativa di Michele von Buren nelle mostre che si succedono nella galleria a un ritmo incalzante – è la sesta in meno di un anno – parliamo ora della mostra in corso dello scultore Alessio Deli,  ricca di stimoli e motivazioni creative di alto livello.

Warrier” 

Le sculture di Alessio Deli

Deli lo poniamo a simbolo di una scultura dalle radici antiche reinterpretata in chiave moderna con attenzione ai contenuti più profondi, anche se è la singolare scelta dei materiali che colpisce a prima vista; ma proprio da questi promana la linfa che dà vita alle sue composizioni, le rende vive e vitali. 

Nella sua mostra, aperta fino al 14 maggio,  spicca un pivot, per dirla in temine cestistico, un campione assoluto, come “Summer” lo era in una precedente mostra collettiva, dove spiccava per la sua imponenza austera e dominante: questa volta c’è ” Big Worrior”, una statua a grandezza naturale, di una forza plastica e di un’intensità espressiva che  nobilita il materiale di cui è formata,  anche perché da questo riceve l’energia che sprigiona: il risultato è una figura forte e gentile, diremmo per usare una definizione che da abruzzesi ci è cara. E’ un capolavoro il cui cartellino reca il prezzo di 5.000 euro, tra i più alti nelle mostre di Michele, ma di certo è modico rispetto al valore dell’opera, del resto è un’offerta riservata alla mostra, fuori di essa sarebbe di 7.000 euro.

“Summer” fu l’immagine di apertura del nostro  servizio su una precedente mostra collettiva di Michele, “Big Warrior” lo è per l’attuale mostra personale di Deli; intorno, nell’accogliente ambiente della galleria, una serie di creazioni adatte a inserirsi in tutti gli ambienti, di  varie fogge e  misure, molto curate, dalle quotazioni particolarmente accessibili, per lo più a partire da 1.000 euro, a seconda della dimensione e del pregio.  Sono esposte tra i mobili in vendita nella galleria, se ne può apprezzare la “resa” ornamentale nell’arredamento, in aggiunta al valore artistico che resta prevalente: con il prezzo sono le componenti dell’offerta di “Accessible Art”.

Le piccole sculture sono di figure intere e soprattutto di volti, originali anche nella forma:  oltre a teste e busti vediamo una sorta di calchi facciali molto espressivi, una serie è intestata a “Ulysses”, un’altra a “Warrier ; inoltre “Es” , statua in cui la classicità si sposa alla modernità, e i “Mirror”, volti incorniciati come allo specchio. Nei “Seagulls”, i  gabbianivediamo  un sigillo dell’artista, al punto da ideare una manifestazione con uno “stormo” collocato in un luogo simbolico: gli ripetiamo la nostra proposta di  farla sulla terrazza del Vittoriano, affiancandoli ai veri gabbiani appollaiati sulla balaustra con lo sfondo del  Colosseo e della romanità, molto adatta a un classico post moderrno come lui. Li considera “ideali di rinnovamento e sostenibilità”, li raffigura affamati alla ricerca di cibo, da salvaguardare con piccoli gesti. E poi ci sono i disegni, molti  preparatori di opere scultoree, e dei quadri che segnano il passaggio tra pittura e scultura, con elementi di rame e pigmenti su un fondo verde intenso, titoli “Cu 8, 9…

“Es”

L’utilizzo dei materiali di recupero

I materiali sono fondamentali non solo nello stile scultoreo bensì anche nell’ispirazione più profonda dell’artista. Si tratta di materiali  poveri, ma sarebbe inappropriato definirla “arte povera”. Perché non è tanto la loro intrinseca povertà ma la loro provenienza e la loro natura a qualificare la creazione artistica. L’artista va a reperirli nelle discariche dove recupera quanto viene abbandonato perché non più utilizzabile, e li assume quali strumenti della sua arte dimostrando come si possa fare bellezza senza mezzi:  al pari della spiritualità e della sensibilità, la bellezza e quindi l’arte non richiedono ricchezza e opulenza ma sono raggiungibili anche nella povertà, si pensi alla lezione del neorealismo cinematografico che nella miseria del dopoguerra surclassò i kolossal hollywoodiani.

Cosa c’è di più misero dei materiali abbandonati nelle discariche?  Nulla, come nulla è più emarginato del detenuto, soprattutto tenendo conto del degrado delle nostre carceri.  Ed è stato proprio l’incontro con i detenuti, nella discarica sociale che sono le carceri, a far avvicinare Deli alle discariche di materiali con i rifiuti della società dei consumi. Galeotto è stato un corso d’arte per detenuti, che gli  ha fatto capire come si può nobilitare il materiale di recupero. Del resto, è questo il percorso obbligato per i detenuti che utilizzano i  pochi materiali loro accessibili  nel crearsi degli spazi di libertà; i modelli di velieri costruiti  in carcere con un lavoro da certosini per riempire le lunghe ore di ozio forzato nascono dalle cassette di frutta abbandonate.

“Rifiuto, quindi, in stretta connessione con il rifiutato – dice lo stesso Deli –  E’ da questa umanità alla deriva che inizia la mia ricerca tra i rottami”. Che cosa cerca? “La ricerca di una bellezza particolare… quella del tempo”.  Per quale intento? “Testimoniare l’esistenza dell’uomo nel suo passaggio sulla terra. Procedere in questa direzione significa per me la riscoperta di un  archetipo”.  Con quali sensazioni? “Mentre cerco tra questi rottami mi sento vicino a quella magica dimensione di un pianeta  primordiale e fertile”.  Un percorso inconsueto e non casuale, da seguire con interesse.

E’ un ritorno all’archetipo, che porta Deli ad evocare le pitture rupestri, le più antiche testimonianze dell’uomo nelle caverne preistoriche dalle quali è nato tutto.”La nascita di un linguaggio, di uno stile, di una moda ha sempre alla base il recupero e la comprensione dl passato.”  Sentirlo dire da un giovane non può che confortare rispetto alle visioni iconoclaste che hanno contrassegnato certe avanguardie. E non si può negare che sia un’avanguardia  anche questa, è suscettibile di moltiplicarsi e, anche limitandoci al nostro artista, è in grado di moltiplicare temi e soggetti.

I materiali, altro paradosso, rappresentano il passato anche se sono parti o pezzi di oggetti di produzione recente, nell’obsolescenza programmata del sistema produttivo consumistico e nella assenza di riparazioni delle rotture, dato che avrebbero un costo troppo elevato rispetto al  riacquisto. Per cui i materiali vengono tolti dal circuito dell’utilizzazione in modo prematuro, quasi ibernandoli. E Deli li riporta alla vita facendone la matrice prima della propria creazione artistica.  

Sono materiali lignei e ferrosi, semplici come pezzi di legno e lamiere, chiodi e profilati; complessi  come marmitte e pezzi di apparecchiature scomposte o spezzettate:  “Il passato lo trovo ogni volta che mi trovo  a contatto con questi oggetti e con le immense discariche che li raccolgono”. Le discariche  esprimono platealmente, diremmo, il consumismo distruttore di risorse, come conseguenza del processo – che fu  descritto da Galbraith – dei consumi indotti dalla produzione, non solo moltiplicando quelli superflui, ma accelerando le sostituzioni con l’obsolescenza programmata prima citata. Deli non li riutilizza come ribellione al consumismo, vi vede “uno spaccato preciso dell’uomo contemporaneo, delle sue abitudini, dei suoi sogni, dei suoi viaggi”. Ma oltre ad esprimere questo, hanno una forza propria: “Una dirompente  forza plastica che riadatto  a parti anatomiche, armature e scudi di guerrieri post-atomici”. Di qui nascono le sue creazioni: “Animali, bestie, armi e macchine appartenenti ad una nuova civiltà senza tempo e senza nome”.

“Mirror”

Riferimenti ad altri artisti del “recupero” di materiali

E’ questo il mondo in cui si muove l’arte di Deli come materiali utilizzati e come fonti di ispirazione. Perché ne può nascere anche l’idea che si tradurrà in creazione artistica. Lo abbiamo chiesto direttamente a lui citando Michelangelo che vedeva l’opera d’arte risultato dell’ispirazione già all’interno del blocco di marmo, per cui doveva soltanto liberarlo dal materiale superfluo; ci ha risposto che non arriva a tanto, il riferimento al sommo non può che sconvolgere. Per lo più va nella discarica a cercare i materiali adatti alla composizione che ha già in mente, ma poi ne vede altri che gli ispirano, questa volta in modo autonomo, nuove creazioni. 

In effetti la sua ricerca si svolge tra cumuli di rottami, per questo ci piace immaginarlo mentre “libera”  i materiali prescelti dal groviglio spesso inestricabile, e la fatica è giustificata dal fatto che vi vede già parte dell’opera che ha in mente, come arti di un corpo che deve far rivivere nella sua creazione.  Un modo diverso di liberare la forma dalla materia – quello dei rottami rispetto al marmo – ma anche qui la spinta nasce dall’ispirazione artistica che diventa tanto più irrefrenabile quanto più è autentica la sua linfa creatrice.    

In certi casi la il materiale povero assume anche un valore politico. Lo dice espressamente per i 3 “Machine gun”, sculture che raffigurano dei mitra prodotte come le altre con materiali di recupero. Poveri come sono poveri i soldati costretti a usare le armi per una causa che non è la loro ma delle classi abbienti. E dato che parliamo di armi non possiamo non ricordare l’artista libico Wak Wak, che ha esposto al Vittoriano qualche mese fa un gran numero di sculture realizzate con materiali presi dai depositi di residuati bellici della guerra di Libia. Per lui si tratta di ridare la vita con la trasposizione artistica ad oggetti usati per dare la morte; e la vita si esprime in guerrieri e in grandi composizioni di denuncia della guerra, oltre che in una serie di animali che sono il volto della pace.

Un’altra associazione con l’opera di Deli viene dalla mostra della Fondazione Roma in corso al Palazzo Sciarra, dove è esposto un gran numero di opere di Loise Nevelson, l’artista russa emigrata negli Stati Uniti nel primo Novecento che ha espresso la sua arte attraverso materiali lignei raccolti per strada e poi assemblati in composizioni che hanno il suo sigillo nei moduli e volumi speciali. Le sculture della Nevelson sono in forma di pannelli per lo più neri, in qualche caso bianchi e dorati, con  una varietà di modulazioni, in un’impostazione unitaria di cui colpisce la costanza; utilizza qualche volta materiali metallici, sempre pezzi di risulta, uniti in composizioni astratte.

Entrambe le associazioni di idee nascono dall’utilizzo di materiali di risulta, anche se di provenienza diversa, ma  ispirazione e  risultati sono molto diversi. L’arte di Deli, in questo prestigioso contesto di grandi artisti internazionali, ha un’assoluta originalità e un intrinseco valore: alle sue sculture riesce a trasmettere un calore particolare, frutto di quella concezione di cui si è detto che sente i residuati delle discariche come espressione dell’uomo contemporaneo, delle sue abitudini, dei suoi sogni, dei suoi viaggi. Si vede, e soprattutto si sente, che nel costruire con tali materiali l’opera scultorea è come se recuperasse il tratto di vita che hanno percorso per un reincarnazione con la quale si prolunga un ciclo vitale interrotto, fino a perpetuarlo.

Machine Gun”

Giudizi ed emozioni suscitati dalle opere di Deli

Così ne parla Viviana Quattrini: ” Oscillando tra soluzioni nuove e ritorni alla tradizione, Deli elabora un’originale ricerca di nessi tra scultura e ambiente. Panneggi di lamiera corrosa dalla ruggine si modellano intorno a figure di resina che godono di quella naturale grazia che diventa elemento umanizzante”. E’ quasi la fotografia di Big Warrior”, in cui la lamiera di un vecchio barile diventa un abito in una posa dignitosa da suscitare ammirazione, come in “Summer” la lamiera dava “corpo” a una figura imponente da suscitare soggezione: “Nascono così – è sempre la Quattrini –  opere che esprimono allo stesso tempo fragilità e forza interiore. Figure solenni ed orgogliose di essere nate da materiali di recupero. Oggetti che hanno perso la loro utilità, si caricano di ricordi esteticamente fertili”. Non sono le iperboli che usa certa critica nel caricare di significati  le opere trasgressive quanto indecifrabili ai più,  siamo nel campo dell’ “Accessible Art”, questi  contenuti vengono percepiti dall’osservatore comune perché le opere suscitano tali emozioni.

C’è anche una spiegazione tecnica, che diventa artistica, nell’uso della resina come elemento  che salda e  trasforma nei soggetti della composizione le componenti povere dell’opera, dalle lamiere alle reti metalliche, dal legno alla carta, considerati “come fossili, testimonianza della nostra società consumistica”.  La metamorfosi viene completata dalla vernice, che rende omogenee le superfici delle sculture metalliche  compenetrando forma e volume in un qualcosa che rimanda alla bellezza solenne della classicità raggiunta trasformando la materia degradata e povera di cui si serve.

Si ha un’impressione di immediatezza dinanzi alle sue figure, accentuata dal materiale  di scarto inserito tal quale in un assemblaggio apparentemente spontaneo; c’è invece profonda riflessione e attenta ricerca testimoniata dai disegni preparatori che si traducono anche in  dipinti artistici. Alla base di tutto nelle sue corde c’è la classicità,  come adesione ideale e formazione, lo si vede dai  suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Carrara, il tempio della scultura, dove si è diplomato con il massimo dei voti. Per poi  ricevere due primi premi per la scultura poco più che ventenne, e inanellare 19 mostre collettive e 8 mostre personali a tutt’oggi che è poco più che trentenne.  

La classicità delle sue forme crea quel collegamento con il passato che attraverso  i materiali dismessi della contemporaneità viene proiettato verso il futuro di un’arte eternatrice come la poesia. Con Deli abbiamo anche un collegamento tra pittura e scultura attraverso le sue opere pittoriche su tavola con elementi metallici  in alcune applicazioni e nei  pigmenti utilizzati, esposte in mostra.

Infine una sorpresa, la materializzazione del “Re-Cycle in una bicicletta – il Ciclo riciclato – a dimensioni naturali in pittura e in scultura, creata anch’essa con materiale di risulta. Ci ha colpito anche perché abbiamo visto di recente esposto nella mostra dedicata a Vittorio De Sica all’Ara Pacis, il celebre velocipede del film “Ladri di biciclette”,  dove era strumento di lavoro, quindi simbolo di vita, e  il suo furto getta nella disperazione il cittadino onesto fino a renderlo ladro.

“La bicicletta – si legge nella presentazione della Quattrini – è il simbolo di questa mostra di Alessio Deli che, grazie ad un gioco di parole, la pone all’inizio e alla fine di un cerchio che si ripete e si richiude continuamente – quello del riciclo”.  Per concludere: “Il lavoro dell’artista rimanda al modo di vivere nella nostra società dove oggetti come documenti sono il residuo immaginario o perturbante di questa visione”.

Crediamo che anche per noi queste parole possano chiudere il cerchio di una mostra tutta da vedere e sulla quale riflettere per i motivi che evoca e le emozioni che suscita. Le sue sculture dall’eleganza classica su materiali di scarto sono come dei fiori profumati recuperati dal fango.

Info

“RvB Arts”, di Michele Von Buren, via delle Zoccolette 28, Roma, presso Ponte Garibaldi, e “Antiquariato Valligiano”, via Giulia 193, dal martedì al sabato, orario negozio, domenica e lunedì chiuso. Ingresso gratuito. Tel. 06.6869505, cell. 335.1633518; – info@ rvbarts.com., http://www.rvbarts.com/, con immagini delle opere di Deli e delle altre disponibili dei 36 artisti che fanno capo alla galleria. I 3 nostri articoli sulle precedenti mostre di “Accessible Art” sono in questo sito alle date del 21 novembre, 10 dicembre 2012 e 27 febbraio 2013. Per la citazione del Guggenheim si rinvia ai nostri 3 articoli in questo sito, sulla  mostra al Palazzo Esposizioni, il 22, 29 novembre e 11 dicembre 2012; per  Wak Wak  al nostro articolo sulla sua mostra al Vittoriano, in questo sito, il 27 gennaio 2013. Gli articoli citati sono illustrati con 4 immagini ciascuno.

Foto

Le immagini selle opere di Alessio Deli ono state riprese da Romano Maria Levante all’inaugurazione della mostra alla galleria RvB Arts, si ringrazia l’organizzazione, in particolare Michele Von Buren con il titolare dei diritti, l’autore Alessio Deli, per l’opportunità offerta.  In apertura, “Big Warrior”, a grandezza naturale;  seguono la testa di “Warrier” e la statuetta di “Es”, poi dei volti allo specchio nei due “Mirror”, e i mitra di  “Machine Gun”, in chiusura i gabbiani di  “Seagul”

“Seagul”