Cubisti cubismo, in pittura, arte e costume, al Vittoriano

di Romano Maria Levante

La mostra “Cubisti Cubismo” espone al Vittoriano dall’8 marzo al 23 giugno 2013  oltre 100 opere cubiste, con i celebri quadri pittorici da Picasso e Braque a Leger e Greizes, da Gris e Metzinger a Severini e Soffici, in una straordinaria galleria di scomposizioni e sfaccettature di volumi che caratterizza lo stile cubista. Al piano superiore dell’esposizione dal cubismo si passa ai cubisti,.cioè alle diverse forme di arte oltre alla pittura con le quali il cubismo entrò nella vita della società del primo Novecento, dal balletto alla musica, dalla moda all’architettura, fino alla letteratura. Charlotte Eyerman ha curato la mostra pittorica e il Catalogo SkiràSimonetta Lux il cubismo nelle altre arti. 

Pablo Picasso, “Busto”, 1907-08

Dopo le mostre su impressionismo ed espressionismo, dadaismo e surrealismo al Vittoriano e la mostra sul futurismo al Palazzo Esposizioni Roma, l’attuale mostra sul cubismo completa la gamma di grandi esposizioni sui movimenti artistici entrati nella storia dell’arte e del costume del Novecento.  La spinta del movimento e del dinamismo e la sua diffusione pervasiva nella vita  dell’epoca richiama il fenomeno futurista, che nello stesso periodo in Italia sprigionò una forza quasi di portata rivoluzionaria, in tutti i campi, si pensi ai vari “Manifesti”, e nella vita,  le concezioni sulla guerra “igiene del mondo” portarono i futuristi ad andare al fronte da volontari .

Il cubismo, le matrici parigine di un movimento mondiale

Per il cubismo si deve parlare di movimento sopranazionale: nato in Francia, si diffuse a macchia d’olio non solo in Europa, dalla Spagna all’Italia,  dall’Inghilterra alla Cecoslovacchia; ma anche in America, dagli Stati Uniti al Messico. La mostra dà conto di questa dimensione internazionale con  le opere degli artisti di tali paesi ottenute da prestiti ottenuti dai musei più prestigiosi del mondo e da una serie di collezionisti privati; per questo motivo, pur essendo organizzata cronologicamente, ha sezioni nazionali oltre che tematiche.  

Ma quale fu la molla che diede al cubismo una così forte presa sul mondo del primo Novecento?  Forse il fatto che in un periodo di forti cambiamenti sul piano politico e sociale a livello mondiale  scomponeva le immagini fino ad allora statiche rendendole sfaccettate e mutevoli, come la realtà in movimento. Per questo ha dato la sua impronta anche ai periodi successivi, in particolare alla fotografia e  al cinema, oltre che alla pittura e scultura.

E questo attraverso “le forme spezzate, i piani sovrapposti, il dinamismo, la simultaneità e il collage, di cui il cubismo fece un uso pionieristico”, afferma la curatrice Charlotte Eyerman. Ma non era solo un nuovo stile compositivo, bensì  l'”espressione di un nuovo progetto di vita: il sogno di una vita collettiva nella metropoli moderna,  un inno all’esistenza primitiva e rurale, o una sintesi ideale tra estetica e quotidiano, ovvero l’unione di arte e vita”.   Si vuol rappresentare una visione nuova, la “coscienza collettiva”, che determina un atteggiamento molto diverso rispetto alla realtà, nella compenetrazione tra passato  e presente, di qui la scomposizione delle forme e dei volumi.

George Braque, “Parco a Carriéres Saint Denis”, 1909

A Parigi Picasso e Braque, Gris e Léger diedero avvio  a una visione nuova dell’arte pittorica, non più narrazioni eroiche o scene allegoriche, bensì brani di vita quotidiana, caffè e tavoli, bottiglie e bicchieri, giornali e arnesi vari, riprodotti  nelle loro sfaccettature spesso in monocromia, che racchiudevano di solito un enigma da decifrare. “I dipinti – scrive la Eyerman – fungevano da rifugi immaginari dalla vita alienante e dai ritmi forsennati della metropoli moderna, rappresentando un mondo ideale fondato sul piacere, il cameratismo, l’artigianalità e lo spirito di collaborazione”.  Picasso, rievocando questo inizio, ha detto: “Quando inventammo il cubismo lo facemmo sensa intenzione. Volevamo soltanto esprimere quello che avevamo dentro”.

Poi c’era il secondo gruppo parigino,con Gleizes, Metzinger e la Fauconnier, associati a una comunità utopistica, con la concezione che nella metropoli moderna era nata una nuova mentalità collettiva che l’arte doveva saper decifrare e interpretare.  Superamento dell’individualità per il nuovo pensiero comunitario, compenetrazione di passato e presente in nome della simultaneità.

Il padre del movimento è ritenuto Pablo Picasso, e il dipinto apripista “Le Demoiselles d’Avignon”, con la sua rappresentazione di prostitute in un bordello che diede scandalo. Era l’insofferenza per gli schemi tradizionali e la spinta verso il nuovo a rendere attraenti nuovi modelli, dalle maschere africane alle riflessioni di Cezanne su forma e colore alle semplificazioni di Henri Rousseau. A Picasso si associò subito Braque, preso dal fascino dell’opera ora citata di cui disse:”E’ come se uno avesse bevuto cherosene per sputare fuoco”,  la loro collaborazione si protrasse per sette anni, e Braque definì se stesso e il collega due alpinisti nella scalata in cordata. Picasso proseguì con spirito sempre rivoluzionario, Braque utilizzò un classicismo modernizzato attraverso la particolare visione innovatrice di Cezanne che fu  la matrice prima della svolta cubista.

Del secondo gruppo parigino il dipinto monstre fu “L’abbondanza” diLe  Fauconnier, che esprimeva il vitalismo, cioè la forza vitale  secondo il pensiero filosofico di Henri Bergson.  Gli altri artisti, in particolare Léger, Gleizer e Metzinger, svilupparono un cubismo fatto di contrasti di forme, linee e colori, vicino all’astrazione.

David Cottington riassume le due linee cubiste come cubismo delle gallerie  improntato a classicismo e riflessività il primo, con in testa Picasso e Braque; cubismo  dei Salon improntato al dinamismo della modernità il secondo, con i artisti appena citati.

Quindi Robert e Sonia Delaunay, sulla loro scia, si impegnarono nella sperimentazione in contatto con Klee e Kandinskji, arrivando all’astrattismo. Fernand Léger potò lo spirito cubista anche nel teatro.

Con queste note di inquadramento di un fenomeno vasto e complesso passiamo alle opere in mostra. E’ così  a l’esposizione che potremo  soffermarci poco sui grandi artisti, quelli sopra citati.

Auguste Herbin, “Mulattiera a casa a Céret”, 1913

Le opere esposte del grande cubismo, a partire da Picasso

L’ordine della mostra è sostanzialmente cronologico, con delle isole tematiche e nazionali, la percorreremo cercando di dare il senso dell’evoluzione dal 1909 al 1925 con le ultime del 1941-58.

Picasso lo troviamo all’inizio, alla fine e nella fase intermedia, da vero mattatore del cubismo. Inizia con “Busto”, 1907-08, e “Nudo”, 1909, non c’è ancora la sua tipica scomposizione dei volti , ma la matrice cubista è molto netta sin dall’inizio, il segno è marcato, le forme ben enucleaate.

Seguono 10 acqueforti di Braque, tra il 1907 e il 1912, hanno tratti delicati, una vera scuola di scomposizione cubista resa più didattica dal segno sottile, in due di esse la parola cubista compare nel titolo a fianco al soggetto raffigurato, “Nudo” e “Piccola chitarra”‘. Ritroviamo nei dipinti a olio “Un bicchiere di assenzio” e “Il violinista”, del 1911-12, la delicatezza dei disegni cubisti.

Dal cubismo delle gallerie dei due antesignani, a quello del Salon con il “Ritratto della signora Metzinger”, di Jean Metzinger, un vero archetipo di scomposizione di un viso e un busto, mentre per l’intera persona, dignitosamente seduta in abito e cravatta, c’è il “Ritratto di Jacques Nayral”, 1911, di Albert Gleizes, altrettanto espressivo ed eloquente. L’artista è curiosamente ripreso da Metzinger in una scomposizione ancora più pronunciata nel “Ritratto di Albeert Gleizes”, 1911-12.

Nel 1912 con “La processione, Siviglia”, di Francis Picabia, entra in campo il colore e ci si allontana del tutto dal figurativo, non si intravedono le figure originali nei tanti pezzi della scomposizione, come avviene per “Puteaux: fiuni e alberi in fiore”, di Jacques Villon; invece  “Tavolo e sedie”, di André Derain; e “Veduta di città”, di Jean Marchand, sono ancora legati al figurativo.

Una nuova spallata la dà Picasso, con “Chitarra e violino”, 1912-13, una scomposizione magistrale,cui fa eco “Paesaggio”, di Albert Gleizes, magistrale nel sezionare i grandi spazi.

Tornano immagini vagamente figurative in “Militare”, di Marsden Hartley e “Mulattiera a casa a Céret”, ma “Composizione”, di Wyndham Lewis è vicina all’astrazione, come del resto il titolo. Astrazione di matrice cubista cui perviene Hartley in “Movimento n. 8, Provincetown”. Ma ecco le due opere di Gino Severini, “Autoritratto con cappello di paglia”, e “Natura morta con la rivista ‘Lacerba’”, siamo sempre nel 1913, tinte pastello, inconfondibile raffinatezza intellettuale.

I giornali tornano con Ardengo Soffici, “Cocomero e liquori”, è il 1914, l’anno del quale sono esposti anche “Natura morta” di Diego Rivera, e “Ritratto di medico militare”, di Albert Gleizes, nel quale con la scomposizione cubista riesce a realizzare anche un sorprendente effetto umoristico. E il bronzo “Busto cubista”, di Otto Gutfreud, nonché l’olio  “New York”, di Max Weber.

Con il 1915 compare Fernand Léger, per ora con due disegni “Ricordo di guerra”,  frutto dell’esperienza personale di quattro anni trascorsi sotto le armi nella Grande Guerra, l’opera più significativa sarà “Partita a carte”, del 1917, con i motivi della guerra e del gioco in stile cubista. In mostra vediamo esposti “Movimento n. 8 , Provincetown”, 1916, e “Invenzione”, 1918, “Disco per la strada” e “L’autista negro”, 1919:  si nota subito la sua predilezione per il rosso, giallo e blu, colori primari che illuminano le sue forme metalliche, emblema della civiltà industriale.

Ardengo Soffici, “Cocomero e liquori”, 1914

Il 1919 è l’anno dei tre dipinti di Juan Gris, “Giornale”,  “Caraffa e ciotola” , “Chitarra e piatto di frutta”, scomposizioni pacate, si potrebbe dire, senza dinamismo né meccanicismo progressista. Come la “Natura morta con chitarra”, di Gino Severini, in una successione di piani compresenti.

Tra il 1919 e il 1922 torna Picasso, 10 piccoli “pochoir”, provenienti dal Gabinetto cantonale delle stampe  di Vevey, si vede la mano del grande Maestro ma in una forma espressiva inconsueta, molto bianco , celesti e rosa, ritagli di sagome posti come nei collage, E’ lontana la veemenza espressiva dei segni marcati di “Busto” e “Nudo” citati all’inizio, dieci anni dopo è un altro Picasso.

E’ come un “arrivano i nostri”, tornano anche Braque, Léger e Gris, con nature morte. Braque nel 1921, e la chiama “Natura morta cubista”, Léger e Gris nel 1922  solo “Natura morta”, ma non sono meno cubiste della prima, in Léger il solito meccanicismo metallico  in forte rilievo, negli altri due una scomposizione pittorica con gli elementi posti in ordine sul piano. Dello stesso 1922 il cubismo  di Jean Lurcat in “Composizione”, con diversi oggetti non scomposti ma assemblati, e quello di Ivon Hitchens, in “Il fienile curvo”, due casupole quasi figurative sommerse  da una foresta cubista.

E la figura umana? La ritroviamo nel “Ritratto di Dostoevskij”, di Frantisek Foltyn, impressionante immagine cubista che riesce a rendere i suoi personaggi allucinati nel volto del grande scrittore immerso in un ambiente al quale la scomposizione cubista dà l’impareggiabile fascino del mistero.

I “ritorni” non sono finiti, l’esposizione è cronologica, quindi li ritroviamo dopo tanto cammino compiuto. Ecco di nuovo  Gleizes in “Natura con sette elementi”, una grande tela di oltre 260 per 180 cm, spettacolare nella sua verticalizzazione con fasce di colori intensi e armoniosi, l’opera è datata 1924-34. Mentre è del 1925 “Composizione”, di Léger, quadri sovrapposti enigmatici, con una piccola siluette femminile, non c’è più il meccanicismo metallico di sempre.

La carrellata si chiude, sono trascorsi 18 anni dal primo “Busto” cubista di Picasso, e sappiamo che il grande Pablo porterà ancora molto avanti questo linguaggio con il suo ineguagliabile talento. E’ giusto che le ultime opere esposte siano le sue e non si fermino agli anni appena considerati.

Abbiamo  due dei soggetti che abbiamo incontrato finora, la natura morta e il ritratto di persona. Il primo è dl 1941, “Natura morta con fiori e limoni”, dove ritroviamo le linee marcate e il cromatismo deciso nella estrema semplificazione geometrica delle forme. L’altro è del 1958, “Donna accovacciata”, è il Picasso che conosciamo meglio, quello delle forme non solo scomposte ma spostate dalla loro posizione naturale con lo straordinario effetto di dinamismo che rende le figure ancora più reali perché viste non nell’attimo statico ma nella presenza mobile e dinamica.  

In fondo è la “quarta dimensione” evocata da  Apollinaire fin dal 1911 alla mostra dei cubisti alla Galerie d’Art ancien et contemporain” e negli scritti “La peinture nouvelle” del 1912 e “Les peintres cubistes” del 1913, quella cui erano giunte le più ardite concezioni scientifiche, così enunciate  da Poincaré fin dal 1902 in “La Science et l’Hypothése”: Dato che gli oggetti sono mobili, come lo è anche il nostro occhio, noi vediamo successivamente di uno stesso corpo diverse prospettive, prese da molteplici e diversi punti di vista. E’ in questo senso che è permesso dire che ci si potrebbe rappresentare la quarta dimensione”. Come ha fatto Picasso in modo ineguagliabile.

Frantisek Foltyn, “Ritratto di Dostoeskij”, 1922 

I cubisti nelle arti legate alla vita e al costume

Le motivazioni alla base del  cubismo trovarono modo di esprimersi  nelle forme d’arte diverse dalla pittura  ancora più legate al nuovo atteggiamento verso la vita, all’insegna di quella che, lo abbiamo ricordato, fu chiamata “coscienza collettiva. Simonetta Lux, curatrice della parte della mostra sui cubisti nelle altre arti, lo definisce “senso del movimento della coscienza e  della vita, interiore o meccanica, il trascinamento nel dinamismo della vita concreta ma anche del pensiero”.

E precisa: “”Non a caso soprattutto nelle arti performative e nel cinema, confluiscono i nodi del vitalismo, del parossismo psichico e fisico proprio del vissuto urbano o la trasformazione della cultura mistico-esoterica nella filosofia dell’unanimismo, nella quale la soggettività umana appare  dissolta nell’indistinta unità dell’individuo con gli altri e con l’ambiente”.  Con queste premesse “le incursioni degli artisti in questi ambiti nuovi o rinnovati del linguaggio raggiungono  quella intensità di comunicazione che era preclusa alla grande arte figurativa, se pure rinnovata”.

Saliamo al piano superiore dell’apparato espositivo centrale del Vittoriano e, superate  le interessanti vetrinette con documentate le incursioni del cubismo nella poesia e nella letteratura, siamo colpiti da due  ricostruzioni di figure teatrali  alte più di due metri, che si stagliano sul resto dell’esposizione..Sono due figure di scena per “Parade”, il balletto su tema di Jean Cocteau, con decorazioni e costumi di Pablo Picasso, entrambe inconfondibili, la prima è una figura umana interamente cubista, l’altra un cavallo  dalla forte dentatura in grande evidenza.

E chi ritroviamo ancora? Fernand  Léger, in schizzi di scenografie e  costumi, in grafite e acquerello, per i balletti “Skating Rink” “La création du monde”. Per il primo balletto le due scenografie sono molto colorate, alle figure sono mescolati elementi scomposti, l’insieme esprime forte dinamismo; mentre per il secondo nella scenografia c’è tutto il Léger dei forti contrasti di elementi metallici in una avveniristica “civiltà delle macchine”, I costumi  sono schematici, con tagli orizzontali o verticali, sono stati anche ricostruiti due abiti di “Staking Rink”, quasi a voler pareggiare, dimensioni a parte,  la ricostruzione dei due costumi di scena di Picasso per “Parade”. Non sono i soli schizzi esposti, vi sono anche quelli di Ljubov Popova per “Il magnifico cornuto”.

Oltre al  teatro i cubisti entrano nel cinema, e chi ritroviamo su questo versante? Leger, ancora lui. Addirittura come autore del film “Ballet macanique”, con Dudley Murphy, del 1924, oltre che della scenografia del film “L’hinumaine”, di Marcel L’Herbier, del 1925, vediamo esposta la locandina con due figure inquietanti in un ambiente  geometrico che le sovrasta. Sul “Ballet mananique” ha detto parole illuminanti sul rapporto tra le diverse forme di espressione cubista: “Il film è nato, in fondo, dalal mia pittura. A quel tempo realizzavo quadri con elementi animati, con oggetti liberati da ogni atmosfera,e ripuliti da ogni rapporto”.   

Attraverso l’arte i cubisti entravano nella vita, abbiamo visto i costumi di scena di Picasso e Léger, troviamo anche quelli di Sonia Delaunay per il teatro e il cinema, che nascevano a seguito di intense frequentazioni con i poeti, primo tra essi Apollinaire. Il suo “Atelier Simultané” era all’insegna del “vestire cubista”: non si trattava di moda, e si esprimeva nel cinema  e teatro, musica e balletto. Sono esposti una diecina di “Progetti di tessuto”, realizzati tra il 1923 e il 1932,  figure geometriche scomposte e  assemblate con forti  contrasti cromatici  tra rossi e neri, grigi e gialli.

Sono ancora tessuti prodotti soprattutto per lo spettacolo, ma i cubisti sono già entrati nella vita di tutti attraverso il design fin dal 1913. A tale anno risalgono, infatti, il “Tavolino da toilette” e il “Tavolo tondo”, la “Sedia” e il “Vassoio circolare con figure a intarsio di lottatori” in evidente stile cubista. Come i disegni in una serie di “Piatti”, geometrici e con figure, gli “Schizzi per tappeti”, fino alla “Scatola cubica” con disegni geometrici, e alle “Pantane per lampade” blu e arancione.

Con questi oggetti di uso comune, anche se per amatori, i cubisti entrano addirittura nelle case, non aspettano che si vada a teatro,  a cinema o a una mostra di pittura  Quindi siamo proprio nei salotti delle abitazioni, ma non basta. Scopriamo l’architettura cubista,  presentata  con gli schizzi dei progetti di Pavel Janak per la “Fara House” e di Josef Gocar per una “Scuola a Chatebor” e per l'”Arredamento della casa dell’attore Boleska”, sono figure del design e architettura della Cecoslovacchia.  Inoltre vediamo  immagini di realizzazioni, come la “Facciata della stazione termale di Bohadanec”, e “Arredamento cubista”, entrambi del citato Gocar, fino all’“Edificio residenziale” di Josef Chochol e alla “Maison Cubiste”, costruita da Raymond Duchamp-Villon.

Siamo intorno al 1912-14, la città è Praga, i progetti di “installazioni architettoniche cubiste” furono presentati nei saloni espositivi di allora, perfino a New York, poi Chicago e Boston. E’ difficile spiegare come in architettura si sia operata la scomposizione cubista , con timpani e vani finestre nei quali risaltano raggere e triangolazioni, forme geometriche come quadrati, ovali e trapezi-  Nella mostra lo si è potuto vedere nelle immagini di progetti e realizzazioni con il colpo da maestro finale costituito da plastici di case cubiste che fanno apprezzare come il cubismo entri  nell’architettura.

Uscendo dalla mostra ripensiamo a quanto scrisse Apollinaire:nei “Peintres cubistes”. Dopo aver premesso che “la geometria sta alle arti plastiche come la grammatica sta all’arte dello scrivere”, aggiunse: “Oggi gli scienziati non si attengono più alle tre dimensioni della geometria euclidea. Così, come si offre allo spirito, dal punto di vista plastico, la quarta dimensione sarebbe generata dalle tre dimensioni conosciute; essa rappresenta l’immensità dello spazio, che si eterna in tutte le dimensioni in un movimento determinato. E’ lo spazio stesso, la dimensione dell’infinito, e dà plasticità agli oggetti”.  

Dopo aver visitato l’esposizione tutto questo sembra ancora più vero. Diego Rivera ci fa capire come ciò avvenga: “Il cubismo ha scomposto forme esistite per secoli e ne ha utilizzato i frammenti per creare nuovi oggetti, nuovi modelli e, in definitiva, mondi nuovi”. E Pierre Reverdy ha detto: “Il cubismo è in pittura quello che la poesia è in letteratura”. Non è poco di certo.  

Info

Complesso del Vittoriano, lato Fori Imperiali, via San Pietro in carcere, Roma. Tutti i giorni, compresi domenica  lunedì, dalle ore 9,30 fino alle 19,30 da lunedì a giovedì, alle 23,30 venerdì e sabato, e 20,30 domenica (la biglietteria chiude un’ora prima). Ingresso intero euro 12,00, ridotto 9,00. Tel. 06.6780664; fax 06.3224014. http://www.comunicareorganizzando.it/. Catalogo: “Cubisti Cubismo”, a cura di Charlotte Eyerman, Skira, 2013, pp. 280, formato  24×28; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Sulle mostre delle diverse tendenze artistiche, cfr. i nostri servizi in “cultura.abruzzoworld.com” : per Picasso il  4 febbraio 2009 (con Bellini), de Chirico il  27 agosto, 23 settembre, 22 dicembre 2009 e  l’8, 10, 11 luglio 2010 ,  i Dada e surrealisti il 30 settembre, 7 novembre, 1° dicembre 2010 e il 6 – 7 febbraio sempre del 2010;  i capolavori dello Stadel Museum i tre articoli tutti il 13 luglio 2011; in questo sito per gli artisti di espressionismo astratto, Pop Art e minimalismo del Guggenheim  il 22 e 29 novembre e l’11 dicembre 2012.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione della mostra, si ringrazia Comunicare Organizzando con i titolari dei diritti per l’opportunità offerta. In apertura, Pablo Picasso, “Busto”, 1907-08; seguono George Braque, “Parco a Carriéres Saint Denis”, 1909, e Auguste Herbin, “Mulattiera a casa a Céret”, 1913, poi Ardengo Soffici, “Cocomero e liquori”, 1914, e   Frantisek Foltyn, “Ritratto di Dostoeskij”, 1922; in chiusura, Pablo Picasso, “Donna accovacciata”, 1958.

Pablo Picasso, “Donna accovacciata”, 1958