Film Festival turco di Roma, non solo cinema

di Romano Maria Levante

Alla sua terza edizione, il “Film Festival turco di Roma”, tra il 27 e il 29 settembre 2013, si è trasferito dalla “Casa del cinema” di Villa Borghese alla Multisala Barberini, nel pieno centro di Roma, tra Palazzo Barberini, Piazza di Spagna e la Fontana di Trevi. Presentato dall’ambasciatore di Turchia a Roma Hakki Akil con il Sottosegretario turco alla cultura Faruk Sahin a livello politico, e da Serap Engin, presidente del Festival con il presidente onorario, il regista Ferzan Ozpetek, definito turco-italiano e italiano-turco, le  due nazionalità della sua vita, lo ha dimostrato con i siparietti in turco, oltre che con il perfetto italiano, all’animata presentazione del Festival.

Lo spostamento di sede ha un chiaro significato, rendere la manifestazione qualcosa di diverso del cinema “d’essai” per gli addetti ai lavori, farne un messaggio di comunicazione popolare per far conoscere al pubblico la sensibilità e lo spirito di un grande popolo espressi attraverso il mezzo cinematografico. Il sottotitolo “Mamma li turchi”  prende di petto l’antica esclamazione per l’incubo di sbarchi degli “infedeli” trasformandolo nella gioiosa invasione di film significativi non solo sotto l’aspetto artistico. Infatti, come ha detto Ozpetek, ci danno la possibilità di “ascoltare storie di quelli che vivono ‘sull’altra costa’, ‘degli altri da noi’ verso i quali spesso non abbiamo il coraggio di approfondire le conoscenze e la comprensione”. Cosa di cui oggi più che mai se ne sente il bisogno anche per effetto della globalizzazione, oltre che per la prospettiva di ingresso della Turchia nell’Unione Europea, che richiede il superamento di tabù e pregiudizi ancora persistenti.

Il “testimonial”, Premio speciale: il grande Yilmaz Guney

E chi poteva essere il “testimonial” di questa operazione culturale e politica? La scelta è stata coraggiosa, perché al centro del cartellone del Festival ci sono tre film di Yilmaz Guney, uomo di cinema ma soprattutto patriota al quale in occasione della retrospettiva viene conferito il “Premio speciale”. Riceve il premio la moglie Fatos Guney, perché il regista, attore e scrittore è morto a Parigi nel 1984, a 47 anni, “ora ne avrebbe 76”, ha detto con un’espressione di affettuoso rimpianto.

Nella capitale francese era in esilio, dopo aver trascorso 10 anni in carcere, i suoi film sono uno specchio della realtà turca, spesso cruda e spietata, alla sua sincerità fuori da ogni compromesso ha dedicato la propria vita e ha pagato di persona. Un anno e mezzo di carcere per i suoi racconti, poi 2 anni di esilio per aver ospitato dei rivoluzionari, quindi arresto con l’accusa di aver ucciso un giudice e condanna a 19 anni, intanto il film “Suru”, il “Gregge”, riceve premi internazionali; pubblica in carcere una rivista culturale, presto chiusa, poi in occasione di un permesso riesce a fuggire ed andare all’estero dove il suo film “Yol”  vince la “Palma d’oro” al Festival di Cannes.

La moglie ha denunciato al Barberini la persecuzione da lui subita, compreso il vero e proprio ostracismo “fino alla distruzione dei negativi dei suoi film”, che non  sono  programmati nelle sale e neppure trasmessi in televisione, nonostante il loro valore artistico: nel suo paese ci si comporta “come se non fosse mai esistito”.  Riferendosi al travaglio interno che attraversa la sua terra, è arrivata a dire che “se si fossero ascoltati i suoi film oggi la Turchia non avrebbe questo dolore”.  

Il suo intervento appassionato ci è sembrato come un sasso lanciato nelle acque tranquille della presentazione ufficiale dell’Ambasciatore Akil, che nella sua introduzione aveva reso onore al maestro celebrato quest’anno, come del resto aveva fatto Ozpetek sottolineandone il valore di uomo di cinema. Per questo, aperto l’incontro alle domande della stampa, siamo intervenuti sottolineando il contrasto tra la celebrazione ufficiale nel Festival romano e l’ostracismo emerso dall’intenso intervento della vedova, auspicando che da Roma possa venire anche lo sdoganamento in patria delle opere celebrate e premiate all’estero. Le acque della presentazione si sono mosse ancora di più: Ozpetek ha negato che ci sia dell’ostracismo, dicendo che i film non vengono trasmessi dalle TV per una scelta aziendale, mentre il sottosegretario alla cultura si è spinto fino a dire che non solo i suoi film non sono vietati, ma saranno forniti ai giornalisti dietro semplice richiesta, e comunque si potranno trasmettere in televisione, basta  attivarsi al riguardo. Un’ultima precisazione della vedova, secondo cui da anni cerca di farli trasmettere senza riuscirci, ha chiuso questa discussione con la speranza che tutto ciò serva a riaprire subito  TV e schermi  turchi al grande uomo di cinema.

Chi è, dunque, Yilmaz Guney? Ecco come lo hanno presentato i due presidenti del festival.

Ozpetek lo ha definito “pietra miliare del cinema turco”, precisando che “la rivoluzione cinematografica di Guney, più che la tecnica e le innovazioni estetiche, riguardava ‘il coraggio di sentire nonostante il dolore'” e aggiungendo che creava i suoi film, “passati alla storia del cinema internazionale, non solo con la penna, con la cinepresa e con la mente, ma soprattutto con il cuore”.

La Engin ha scritto di lui: “Per alcuni una vita dedicata per lottare contro l’ingiustizia, per altri il padre delle anime povere. Sicuramente un personaggio molto discusso”. Ma è certo che ha cambiato radicalmente il cinema turco, i cui film “di poco valore guardavano il mondo con gli occhiali rosa, è stato il pioniere del realismo sociale, pagandone però il prezzo”. E’ diventato “la speranza’ dei ragazzi delle periferie, ‘la preoccupazione’ dei generali golpisti, ‘l’amico’ dei poveri e ‘la strada’ delle persone che sognano un futuro più bello e più giusto. I suoi racconti, i suoi personaggi, le sue idee e i suoi sogni rimarranno sempre attuali”.

Ed è bello che di questo forte messaggio partito da Roma l’eco ad Ankara e Istanbul possa essere così potente da rimuovere gli ostacoli al rilancio della sua immagine e della sua arte anche in patria. Si deve riconoscere che le autorità turche presenti hanno lasciato capire che questo possa avvenire.

Gli altri film impegnati del cartellonei

I tre film di Yilmaz Guney e il film d’apertura

La trilogia di Guney comprende tre film, ripetutamente premiati,  di tutti è produttore e  sceneggiatore, di due anche regista e interprete. Inizio  venerdì 27 settembre con “L’Amico” (“Arkadas”), 1974, lo sguardo alla degenerazione della società attraverso l’incontro dopo molti anni di due amici di diversa estrazione sociale, uno dei quali, Azem, cerca di far aprire gli occhi all’altro, il ricco Cemil, sugli aspetti negativi della sua vita; ma la cognata di Cemil si innamora di lui, di qui la crisi familiare e non solo.

Anche con  “Il Gregge” (“Suru”), 1978, del quale scrisse la sceneggiatura in carcere, regista è Zeki Okten,  proiettato due volte sabato 28, la storia di due persone si inserisce in uno scenario più ampio: qui si tratta di una tribù, un “gregge”, nei rapporti anche conflittuali tra l’uomo e la società, l’essere umano e la natura. Con una storia d’amore in un clima di ingiustizia sociale e oppressione.  

Chiusura della trilogia domenica 29 settembre con due proiezioni di “La Speranza” (“Umut”), 1970, co-regista di Guney è Serif Goren, protagonista il cocchiere Cabbar che perde il lavoro e per salvare la propria famiglia ricorre  a tutti gli espedienti compresa la lotteria e la ricerca di tesori sepolti, fino a cercare conforto nella religione: di qui lo sguardo sul mondo circostante con il suo “realismo sociale”, è impressionante l’intensità dei volti scolpiti in un suggestivo bianco e nero .

Il film d’apertura nell’inaugurazione del 26 settembre, è “Il Freddo” (“Soguk”), di Ugor Yucel,2013, ripetuto il 27 e 28: un film di frontiera non solo per la località caucasica in cui si svolge, fredda e isolata d’inverno; c’è un night club dove lavorano tre sorelle, un operaio sposato si innamora della più giovane, pronto a lasciare tutto. E’ netto il contrasto tra la condizione di coniugato e la vita da scapolo nel locale notturno, il fratello dell’operaio  è  un vagabondo.

La programmazione comprende film recentissimi, del 2013 e 2’12, con poche eccezioni del 2011.

Venerdì 27  e domenica  29,  “Il Ciclo” (“Devir”), di Dervis Zaim, 2013: in un piccolo paese dell’Anatolia c’è l’annuale gara tra greggi che attraversano il fiume, vinta negli ultimi otto anni dal protagonista Takmaz, e la tradizione di colorare la lana degli agnelli con il colore rosso ricavato dalle rocce. Lo sfruttamento di una miniera  turba questo mondo  descritto nella sua vita quotidiana.

Negli stessi due giorni di 27 e 29 “Senza radici” (Koksuz”), di Deniz Akcay Katiksiz, 2013: una donna, Nurcan, si sposa per sfuggire alla madre dispotica, ma con il marito geloso la situazione non migliora: rimane vedova con tre figli, e allora Feride assume le veci del padre. Sono quattro figure diverse che non riescono a saldarsi in una famiglia.

Una storia altrettanto amara quella di “Il Tempo Presente”  (“Simdiki Zaman”), di Belmin Soylemez, 2012, programmata il 28 e 29 settembre:  rimasta sola con tre figli dinanzi alle difficoltà della vita la protagonista, disoccupata, già sposata e costretta a lasciare la casa, rinuncia al sogno americano, finirà con il leggere i fondi delle tazze di caffè in un bar.

Con “Jin”, di Reha Erdem, 2011, il 27 e il 28 settembre, la favola di “Cappuccetto rosso” si materializza su uno sfondo corrusco, l’organizzazione armata da cui la protagonista fugge  nascondendosi da amici e compagni per raggiungere la città, e trova rifugio nella natura che la nasconde nel suo grembo.

I film comici e i cortometraggi

Fin dal primo giorno, oltre ai film impegnati due film comici, nella serie “Così ridono i turchi”

“La Signora Governo” (Hukumet Kadin”),  di Sermiyan Midyat, 2012, in programma negli stessi 27 e 28 settembre, è una commedia imperniata su Xate, la moglie del sindaco  di Midyat, con 8 figli, la quale diventa sindaco e deve fare i conti con la concorrenza dei figli nei lavori cittadini  che suscita l’ilarità degli abitanti; ma con la sua tenacia fronteggia ogni difficoltà.

L’altra commedia è “Ahime Ahime 2” (“Eyvah Eyvah 2”, di Hakan Algul, 2011, il 27 e 29 settembre: il protagonista, Huseyin entra in contrasto con il medico del paese, e si espone a brutte figure, e anche quando va al pronto soccorso per chiedere di sposarlo all’infermiera di cui è innamorato, trova sulla sua strada il medico. Spassoso il viaggio della famiglia dell’infermiera che incontra  Huseyin.

I cortometraggi sono stati proiettati  il 28 e 29 settembre. cinque in successione, dai 12 ai 18-20 minuti, tranne il primo molto più breve.

 “Senza memoria” (“Belleksiz”), di Sukriye Arslan, 2012,  di 5 minuti, fa parte della serie di 22 “Film sulla coscienza”,  che si propongono di ridare voce alla coscienza ridotta al silenzio. Di qui le risposte a tanti interrogativi sulle contraddizioni della vita e sulle relative  responsabilità.

“Il vapore” (“Buhar”), di Abdurrahman Oner, 2012, visualizza i problemi del matrimonio con immagini  di ambienti domestici e di trasmissioni televisive, mentre la moglie prepara la cena.

Dal ritratto di famiglia in un interno a “La fine dell’Universo” (“Evrenin Sonu”), di Eli Kasavi, 2012,  una storia di eredità che non appassiona il ragazzo diciottenne in procinto di disporne, tutto preso dal concorso di danza cui parteciperà con una propria musica.

In “Sala da Riposo” (“Istirahat Odasi“), di Hakan Burcuoglu), 2012,  protagonista è un uomo solo che lascia la cameretta dove si era rinserrato per sfuggire al dispotismo statale per una Casa di riposo governativa, che però è utilizzata “come un servizio di suicidio indolore per le masse”,

L’ultimo cortometraggio è “Musa”, di Serhat Karaaslan, 2012,  il titolo è il nome del protagonista, che vende Dvd pirati e quando incontra il celebre regista Demirkubuz si sente fare una proposta perché il regista ha visto che tra i Dvd in vendita c’è un proprio film.

Naturalmente le brevi note di sintesi fornite non pretendono di illustrare i contenuti dei film e neppure di delineare la  filmografia  di un paese dalla forte vivacità culturale e dall’intensa vitalità quale è la Turchia, che in Istanbul ha la cerniera tra Oriente ed Occidente, un ruolo cruciale.

Abbiamo voluto accennare alle storie narrate nei film e cortometraggi per evidenziarne la specificità, che non può non suscitare interesse per la conoscenza di un popolo e di una cultura cui dobbiamo avvicinarci, anche a prescindere dall’ingresso del paese nell’Unione Europea, troppo a lungo rinviato. C’è ancora molto da conoscere e da scoprire, del resto non bisogna dimenticare le comuni radici, Costantinopoli e quel vasto capitolo di storia che fece definire Istanbul “la nuova Roma”.

Info

I film del “3° Festival turco di Roma” sono proiettati alla Multisala Barberini, Piazza Barberini, Roma. Ingresso gratuito, da venerdì 27 a domenica 29 settembre 2013: nella Sala 2  con inizio alle ore 15, alle 17, alle 19 e alle 21; nella sala 4 con inizio alle ore 16, alle 18, alle 20 e alle 22.  In questo sito sull’arte turca cfr. il nostro “Tulay Guses, a colori il misticismo di Rumi”, il 21 marzo 2013; su Istanbul cfr. i nostri 3 articoli il 10, 13 e 15 marzo 2013, rispettivamente  “Istanbul, il viaggio nella ‘nuova Roma’”, “Istanbul. Il negoziato con l’UE e la visita del Papa”, “Istanbul, alla ricerca di Costantinopoli”; infine  sulla “Via della Seta” i nostri 3 articoli sulla mostra romana, il 19, 21 e 23 febbraio 2013, l’ultimo dei quali intitolato “Via della Seta, Baghdad e Istanbul al Palazzo Esposizioni”.

Foto

Le immagini  dei film ono state fornite dall’Istituto di cultura turco di Piazza della Repubblica, Roma,  che si ringrazia, nella persona di Silvia Gambarotta, con i titolari dei diritti; l’immagine di chiusura è  stata ripresa da Romano Maria  Levante  al cinema Barberini al termine della  ‘presentazione, si ringraziano i soggetti per  la loro disponibilità.. In apertura il poster della manifestazione; seguono, nell’ordine di citazione nel testo,  immagni dei film del Festival, e precisamente: i tre film “in memoriam” di  Yilma Guney, , “L’Amico”, “Il Gregge”, “La Speranza“,e il film di apertura “Il Freddo”; poi “Il Ciclo”” e “Jin”, “Senza radici” e “Il tempo presente”; in chiusura, al termine della presentazione il presidente onorario del Festival, Ferzan Ozpetek,  e il regista  del film inaugurale “Il Freddo” Ugur Yucel  con  Fatos Guney, la moglie di Yilmaz  Guney, il grande ‘uomo di cinema premiato e con una sezione di tre film “ad memoriam”.

di  Romano Maria Levante

Alla sua terza edizione, il “Film Festival turco di Roma”, tra il 27 e il 29 settembre 2013, si è trasferito dalla “Casa del cinema” di Villa Borghese alla Multisala Barberini, nel pieno centro di Roma, tra Palazzo Barberini, Piazza di Spagna e la Fontana di Trevi. Presentato dall’ambasciatore di Turchia a Roma Hakki Akil con il Sottosegretario turco alla cultura Faruk Sahin a livello politico, e da Serap Engin, presidente del Festival con il presidente onorario, il regista Ferzan Ozpetek, definito turco-italiano e italiano-turco, le  due nazionalità della sua vita, lo ha dimostrato con i siparietti in turco, oltre che con il perfetto italiano, all’animata presentazione del Festival.

Lo spostamento di sede ha un chiaro significato, rendere la manifestazione qualcosa di diverso del cinema “d’essai” per gli addetti ai lavori, farne un messaggio di comunicazione popolare per far conoscere al pubblico la sensibilità e lo spirito di un grande popolo espressi attraverso il mezzo cinematografico. Il sottotitolo “Mamma li turchi”  prende di petto l’antica esclamazione per l’incubo di sbarchi degli “infedeli” trasformandolo nella gioiosa invasione di film significativi non solo sotto l’aspetto artistico. Infatti, come ha detto Ozpetek, ci danno la possibilità di “ascoltare storie di quelli che vivono ‘sull’altra costa’, ‘degli altri da noi’ verso i quali spesso non abbiamo il coraggio di approfondire le conoscenze e la comprensione”. Cosa di cui oggi più che mai se ne sente il bisogno anche per effetto della globalizzazione, oltre che per la prospettiva di ingresso della Turchia nell’Unione Europea, che richiede il superamento di tabù e pregiudizi ancora persistenti.

Il “testimonial”, Premio speciale: il grande Yilmaz Guney

E chi poteva essere il “testimonial” di questa operazione culturale e politica? La scelta è stata coraggiosa, perché al centro del cartellone del Festival ci sono tre film di Yilmaz Guney, uomo di cinema ma soprattutto patriota al quale in occasione della retrospettiva viene conferito il “Premio speciale”. Riceve il premio la moglie Fatos Guney, perché il regista, attore e scrittore è morto a Parigi nel 1984, a 47 anni, “ora ne avrebbe 76”, ha detto con un’espressione di affettuoso rimpianto.

Nella capitale francese era in esilio, dopo aver trascorso 10 anni in carcere, i suoi film sono uno specchio della realtà turca, spesso cruda e spietata, alla sua sincerità fuori da ogni compromesso ha dedicato la propria vita e ha pagato di persona. Un anno e mezzo di carcere per i suoi racconti, poi 2 anni di esilio per aver ospitato dei rivoluzionari, quindi arresto con l’accusa di aver ucciso un giudice e condanna a 19 anni, intanto il film “Suru”, il “Gregge”, riceve premi internazionali; pubblica in carcere una rivista culturale, presto chiusa, poi in occasione di un permesso riesce a fuggire ed andare all’estero dove il suo film “Yol”  vince la “Palma d’oro” al Festival di Cannes.

La moglie ha denunciato al Barberini la persecuzione da lui subita, compreso il vero e proprio ostracismo “fino alla distruzione dei negativi dei suoi film”, che non  sono  programmati nelle sale e neppure trasmessi in televisione, nonostante il loro valore artistico: nel suo paese ci si comporta “come se non fosse mai esistito”.  Riferendosi al travaglio interno che attraversa la sua terra, è arrivata a dire che “se si fossero ascoltati i suoi film oggi la Turchia non avrebbe questo dolore”.  

Il suo intervento appassionato ci è sembrato come un sasso lanciato nelle acque tranquille della presentazione ufficiale dell’Ambasciatore Akil, che nella sua introduzione aveva reso onore al maestro celebrato quest’anno, come del resto aveva fatto Ozpetek sottolineandone il valore di uomo di cinema. Per questo, aperto l’incontro alle domande della stampa, siamo intervenuti sottolineando il contrasto tra la celebrazione ufficiale nel Festival romano e l’ostracismo emerso dall’intenso intervento della vedova, auspicando che da Roma possa venire anche lo sdoganamento in patria delle opere celebrate e premiate all’estero. Le acque della presentazione si sono mosse ancora di più: Ozpetek ha negato che ci sia dell’ostracismo, dicendo che i film non vengono trasmessi dalle TV per una scelta aziendale, mentre il sottosegretario alla cultura si è spinto fino a dire che non solo i suoi film non sono vietati, ma saranno forniti ai giornalisti dietro semplice richiesta, e comunque si potranno trasmettere in televisione, basta  attivarsi al riguardo. Un’ultima precisazione della vedova, secondo cui da anni cerca di farli trasmettere senza riuscirci, ha chiuso questa discussione con la speranza che tutto ciò serva a riaprire subito  TV e schermi  turchi al grande uomo di cinema.

Chi è, dunque, Yilmaz Guney? Ecco come lo hanno presentato i due presidenti del festival.

Ozpetek lo ha definito “pietra miliare del cinema turco”, precisando che “la rivoluzione cinematografica di Guney, più che la tecnica e le innovazioni estetiche, riguardava ‘il coraggio di sentire nonostante il dolore'” e aggiungendo che creava i suoi film, “passati alla storia del cinema internazionale, non solo con la penna, con la cinepresa e con la mente, ma soprattutto con il cuore”.

La Engin ha scritto di lui: “Per alcuni una vita dedicata per lottare contro l’ingiustizia, per altri il padre delle anime povere. Sicuramente un personaggio molto discusso”. Ma è certo che ha cambiato radicalmente il cinema turco, i cui film “di poco valore guardavano il mondo con gli occhiali rosa, è stato il pioniere del realismo sociale, pagandone però il prezzo”. E’ diventato “la speranza’ dei ragazzi delle periferie, ‘la preoccupazione’ dei generali golpisti, ‘l’amico’ dei poveri e ‘la strada’ delle persone che sognano un futuro più bello e più giusto. I suoi racconti, i suoi personaggi, le sue idee e i suoi sogni rimarranno sempre attuali”.

Ed è bello che di questo forte messaggio partito da Roma l’eco ad Ankara e Istanbul possa essere così potente da rimuovere gli ostacoli al rilancio della sua immagine e della sua arte anche in patria. Si deve riconoscere che le autorità turche presenti hanno lasciato capire che questo possa avvenire.

Gli altri film impegnati del cartellonei

I tre film di Yilmaz Guney e il film d’apertura

La trilogia di Guney comprende tre film, ripetutamente premiati,  di tutti è produttore e  sceneggiatore, di due anche regista e interprete. Inizio  venerdì 27 settembre con “L’Amico” (“Arkadas”), 1974, lo sguardo alla degenerazione della società attraverso l’incontro dopo molti anni di due amici di diversa estrazione sociale, uno dei quali, Azem, cerca di far aprire gli occhi all’altro, il ricco Cemil, sugli aspetti negativi della sua vita; ma la cognata di Cemil si innamora di lui, di qui la crisi familiare e non solo.

Anche con  “Il Gregge” (“Suru”), 1978, del quale scrisse la sceneggiatura in carcere, regista è Zeki Okten,  proiettato due volte sabato 28, la storia di due persone si inserisce in uno scenario più ampio: qui si tratta di una tribù, un “gregge”, nei rapporti anche conflittuali tra l’uomo e la società, l’essere umano e la natura. Con una storia d’amore in un clima di ingiustizia sociale e oppressione.  

Chiusura della trilogia domenica 29 settembre con due proiezioni di “La Speranza” (“Umut”), 1970, co-regista di Guney è Serif Goren, protagonista il cocchiere Cabbar che perde il lavoro e per salvare la propria famiglia ricorre  a tutti gli espedienti compresa la lotteria e la ricerca di tesori sepolti, fino a cercare conforto nella religione: di qui lo sguardo sul mondo circostante con il suo “realismo sociale”, è impressionante l’intensità dei volti scolpiti in un suggestivo bianco e nero .

Il film d’apertura nell’inaugurazione del 26 settembre, è “Il Freddo” (“Soguk”), di Ugor Yucel,2013, ripetuto il 27 e 28: un film di frontiera non solo per la località caucasica in cui si svolge, fredda e isolata d’inverno; c’è un night club dove lavorano tre sorelle, un operaio sposato si innamora della più giovane, pronto a lasciare tutto. E’ netto il contrasto tra la condizione di coniugato e la vita da scapolo nel locale notturno, il fratello dell’operaio  è  un vagabondo.

La programmazione comprende film recentissimi, del 2013 e 2’12, con poche eccezioni del 2011.

Venerdì 27  e domenica  29,  “Il Ciclo” (“Devir”), di Dervis Zaim, 2013: in un piccolo paese dell’Anatolia c’è l’annuale gara tra greggi che attraversano il fiume, vinta negli ultimi otto anni dal protagonista Takmaz, e la tradizione di colorare la lana degli agnelli con il colore rosso ricavato dalle rocce. Lo sfruttamento di una miniera  turba questo mondo  descritto nella sua vita quotidiana.

Negli stessi due giorni di 27 e 29 “Senza radici” (Koksuz”), di Deniz Akcay Katiksiz, 2013: una donna, Nurcan, si sposa per sfuggire alla madre dispotica, ma con il marito geloso la situazione non migliora: rimane vedova con tre figli, e allora Feride assume le veci del padre. Sono quattro figure diverse che non riescono a saldarsi in una famiglia.

Una storia altrettanto amara quella di “Il Tempo Presente”  (“Simdiki Zaman”), di Belmin Soylemez, 2012, programmata il 28 e 29 settembre:  rimasta sola con tre figli dinanzi alle difficoltà della vita la protagonista, disoccupata, già sposata e costretta a lasciare la casa, rinuncia al sogno americano, finirà con il leggere i fondi delle tazze di caffè in un bar.

Con “Jin”, di Reha Erdem, 2011, il 27 e il 28 settembre, la favola di “Cappuccetto rosso” si materializza su uno sfondo corrusco, l’organizzazione armata da cui la protagonista fugge  nascondendosi da amici e compagni per raggiungere la città, e trova rifugio nella natura che la nasconde nel suo grembo.

I film comici e i cortometraggi

Fin dal primo giorno, oltre ai film impegnati due film comici, nella serie “Così ridono i turchi”

“La Signora Governo” (Hukumet Kadin”),  di Sermiyan Midyat, 2012, in programma negli stessi 27 e 28 settembre, è una commedia imperniata su Xate, la moglie del sindaco  di Midyat, con 8 figli, la quale diventa sindaco e deve fare i conti con la concorrenza dei figli nei lavori cittadini  che suscita l’ilarità degli abitanti; ma con la sua tenacia fronteggia ogni difficoltà.

L’altra commedia è “Ahime Ahime 2” (“Eyvah Eyvah 2”, di Hakan Algul, 2011, il 27 e 29 settembre: il protagonista, Huseyin entra in contrasto con il medico del paese, e si espone a brutte figure, e anche quando va al pronto soccorso per chiedere di sposarlo all’infermiera di cui è innamorato, trova sulla sua strada il medico. Spassoso il viaggio della famiglia dell’infermiera che incontra  Huseyin.

I cortometraggi sono stati proiettati  il 28 e 29 settembre. cinque in successione, dai 12 ai 18-20 minuti, tranne il primo molto più breve.

 “Senza memoria” (“Belleksiz”), di Sukriye Arslan, 2012,  di 5 minuti, fa parte della serie di 22 “Film sulla coscienza”,  che si propongono di ridare voce alla coscienza ridotta al silenzio. Di qui le risposte a tanti interrogativi sulle contraddizioni della vita e sulle relative  responsabilità.

“Il vapore” (“Buhar”), di Abdurrahman Oner, 2012, visualizza i problemi del matrimonio con immagini  di ambienti domestici e di trasmissioni televisive, mentre la moglie prepara la cena.

Dal ritratto di famiglia in un interno a “La fine dell’Universo” (“Evrenin Sonu”), di Eli Kasavi, 2012,  una storia di eredità che non appassiona il ragazzo diciottenne in procinto di disporne, tutto preso dal concorso di danza cui parteciperà con una propria musica.

In “Sala da Riposo” (“Istirahat Odasi“), di Hakan Burcuoglu), 2012,  protagonista è un uomo solo che lascia la cameretta dove si era rinserrato per sfuggire al dispotismo statale per una Casa di riposo governativa, che però è utilizzata “come un servizio di suicidio indolore per le masse”,

L’ultimo cortometraggio è “Musa”, di Serhat Karaaslan, 2012,  il titolo è il nome del protagonista, che vende Dvd pirati e quando incontra il celebre regista Demirkubuz si sente fare una proposta perché il regista ha visto che tra i Dvd in vendita c’è un proprio film.

Naturalmente le brevi note di sintesi fornite non pretendono di illustrare i contenuti dei film e neppure di delineare la  filmografia  di un paese dalla forte vivacità culturale e dall’intensa vitalità quale è la Turchia, che in Istanbul ha la cerniera tra Oriente ed Occidente, un ruolo cruciale.

Abbiamo voluto accennare alle storie narrate nei film e cortometraggi per evidenziarne la specificità, che non può non suscitare interesse per la conoscenza di un popolo e di una cultura cui dobbiamo avvicinarci, anche a prescindere dall’ingresso del paese nell’Unione Europea, troppo a lungo rinviato. C’è ancora molto da conoscere e da scoprire, del resto non bisogna dimenticare le comuni radici, Costantinopoli e quel vasto capitolo di storia che fece definire Istanbul “la nuova Roma”.

Info

I film del “3° Festival turco di Roma” sono proiettati alla Multisala Barberini, Piazza Barberini, Roma. Ingresso gratuito, da venerdì 27 a domenica 29 settembre 2013: nella Sala 2  con inizio alle ore 15, alle 17, alle 19 e alle 21; nella sala 4 con inizio alle ore 16, alle 18, alle 20 e alle 22.  In questo sito sull’arte turca cfr. il nostro “Tulay Guses, a colori il misticismo di Rumi”, il 21 marzo 2013; su Istanbul cfr. i nostri 3 articoli il 10, 13 e 15 marzo 2013, rispettivamente  “Istanbul, il viaggio nella ‘nuova Roma’”, “Istanbul. Il negoziato con l’UE e la visita del Papa”, “Istanbul, alla ricerca di Costantinopoli”; infine  sulla “Via della Seta” i nostri 3 articoli sulla mostra romana, il 19, 21 e 23 febbraio 2013, l’ultimo dei quali intitolato “Via della Seta, Baghdad e Istanbul al Palazzo Esposizioni”.

Foto

Le immagini  dei film ono state fornite dall’Istituto di cultura turco di Piazza della Repubblica, Roma,  che si ringrazia, nella persona di Silvia Gambarotta, con i titolari dei diritti; l’immagine di chiusura è  stata ripresa da Romano Maria  Levante  al cinema Barberini al termine della  ‘presentazione, si ringraziano i soggetti per  la loro disponibilità.. In apertura il poster della manifestazione; seguono, nell’ordine di citazione nel testo,  immagni dei film del Festival, e precisamente: i tre film “in memoriam” di  Yilma Guney, , “L’Amico”, “Il Gregge”, “La Speranza“,e il film di apertura “Il Freddo”; poi “Il Ciclo”” e “Jin”, “Senza radici” e “Il tempo presente”; in chiusura, al termine della presentazione il presidente onorario del Festival, Ferzan Ozpetek,  e il regista  del film inaugurale “Il Freddo” Ugur Yucel  con  Fatos Guney, la moglie di Yilmaz  Guney, il grande ‘uomo di cinema premiato e con una sezione di tre film “ad memoriam”.