Giardino delle fontane, l’arte all’aperto, alla Gnam

di Romano Maria Levante

Al “Giardino delle fontane” della Galleria Nazionale d’Arte Moderna sabato 19 ottobre inaugurata l’installazione  “Ipotesi grafica” di Cloti Ricciardi  e le due sculture all’aperto “Libri gialli” e “Libro giallo” di Lucilla Catania, nel clima festoso di una mattinata di sole.  Il pubblico potrà visitarlo fino a domenica 17 novembre 2013 nei giorni di sabato e domenica, tra le ore 12 e le 16. Dopo l’installazione nella prima vasca, in primavera sarà realizzato il progetto di Maria Dompè nella seconda e più grande vasca con delle ninfee rose che si ispireranno  al celebre dipinto di Monet esposto, con i tanti capolavori del ‘900, nelle sale che si attraversano per uscire in giardino.

L’inconsueta presentazione alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, non nei vasti saloni della prestigiosa sede espositiva ma negli spazi verdi, precisamente nel giardino al quale si accede dalle  vetrate  sul retro, ha riguardato una installazione e due sculture, in una cornice speciale: l’area con le siepi di bossi, gli alberi e le due grandi vasche che riportano ai cortili signorili dell’antica Roma.

Per arrivare al giardino si attraversa l’ambulacro con il pavimento a specchi spezzati dove si possono ammirare opere di artisti  di grande valore, citiamo solo Burri e Fontana, per non parlare di Duchamp e tanti altri; poi si deve passare per sale che rappresentano un concentrato del ‘900 più rinomato e spettacolare, inutile citare dei nomi, sono tutti i più celebri, le opere le più note e amate.

E’ difficile procedere resistendo alle sollecitazioni visive e culturali di tanto ben di Dio: è come se si incontrassero dei cari amici, con cui non si ha consuetudine quotidiana, ma che si riconoscono subito e non è possibile non salutarli; ma sono tanti, si rischia di dimenticare la meta per la quale si è venuti e perdersi nello strepitoso labirinto delle sale da superare per andare nel giardino.

Ci riusciamo a fatica, usciamo dall’ultima sala  tra due sculture ammonitrici, “L’umanità contro il male” di Gaetano Cellini e “Caino”  di Domenico Trentacoste, il dipinto “I tesori del mare” di Plinio  Novellini ci rincuora con l’immagine dell’acqua purificatrice.  Siamo giunti così in  un labirinto ben diverso, il “Giardino delle fontane”,  con i due ampi spazi delle vasche d’acqua collegati dai classici sentieri nella vegetazione in cui si arrampica una breve scalinata.

La direttrice della Gnam  Maria Vittoria Marini Clarelli fa gli onori di casa, questa volta vengono presentate tre opere per esterni, un’installazione del tutto particolare e due sculture. Tutto al femminile, l’installazione “Ipotesi grafica” è opera di Cloti Ricciardi, le due sculture “Libri gialli”  e “Libro giallo” di Lucilla Catania, curatrici Marcella Cossu e Maria Giuseppina Di Monte.

L'”Ipotesi grafica” di Cloti Ricciardi

E’ la grande vasca dinanzi alle arcate l’immagine che si presenta risalendo il vialetto, con una pioggia finissima che scende dall’alto realizzando una sorta di quinta, un velo che si frappone senza nascondere e senza svelare, impalpabile e quasi immateriale. L’effetto suggestivo è ottenuto da un’installazione  che solleva l’acqua con una pompa lungo canali verticali che confluiscono in un canale orizzontale traforato per far scendere al centro della vasca la pioggia come fili d’argento.

“Ipotesi grafica” è la denominazione dell’opera donata stabilmente alla Galleria,  e l’idea viene da lontano: già nel 1971 a Milano alla galleria Toselli  fu realizzato con lo stesso titolo l’analogo effetto di fili d’acqua che attraversavano lo spazio creando una cortina impalpabile, uno schermo visivo sensibile alla luce, una quinta trasparente. La cosa è stata ripetuta al Macro di Roma con il titolo “Trasparenze”; nel 1995 abbiamo avuto “Fermata d’autobus”, su sollecitazione di Achille Bonitoliva, la pioggia quella volta scendeva all’interno del mezzo di trasporto creando un contatto fisico con i presenti. Oltre alla mostra del 1998 alla Galleria del Cortile, sempre a Roma, dove la resina era collegata all’acqua attraverso mappe nautiche, nel 1996 e 2000 abbiamo la serie “Piani di calpestio”,  pavimenti per bagno con riferimenti acquatici evidenti e assonanza classiche.

Naturalmente non è solo l’acqua il soggetto della sua creazione artistica, come elemento all’origine della vita. Ve ne sono anche altri nella ricerca di forme nello spazio che creino una interazione con l’ambiente. Una delle sue prime manifestazioni era stata nel 1968 al teatro di Giancarlo Nanni a Roma, non si trattava di acqua ma di tela, con cui foderò la sala in modo che potesse venire tirata e deformata dagli spettatori: l’ambiente così sembrava respirare, divenire un polmone vivente  e pulsante. Nella stessa direzione  l’anno successivo al “Premio Internazionale Michetti” a Francavilla a Mare con un percorso di lamine metalliche che calpestate dai visitatori suscitavano dei suoni, l’ambiente parlava, quindi viveva. C’è poi un lungo periodo di impegno femminista, nella concezione che la donna artista “partorisce” l’opera d’arte, “mette al mondo il mondo”, mentre per converso l’uomo artista è mosso  dalla paura della morte. Fonda delle riviste, scompone i nomi delle compagne in lettere associate a delle idee, in una rivoluzione dell’alfabeto contro ogni convenzione.

Negli anni ’80 l’artista ritrova il suo percorso naturale, nel 1983 ancora alla Galleria del Cortile presenta “Finestre” con opere imperniate sul vetro infranto volutamente per rompere il diaframma che limita la libertà, e deformato  per restituire ai visitatori che vi si specchiano un’immagine distorta. Il vetro è anche, con l’acciaio,  il materiale con cui nel 1989 nella mostra “Anomie spaziali” allo Studio Bocchi a Roma presenta sculture contorte come piante,  segno di vitalità nel rapporto con l’ambiente.  Dallo spazio al tempo il rapporto viene espresso visualizzando la pausa, come intervallo tra un’azione e l’altra, con delle sedie: la “stasi liberatoria” la realizza nel 1993 alla Biennale di Venezia con la sala “Misura per misura”.

Scende in profondità l’anno successivo con “Sete”, ancora allo Studio Bocchi, esprimendo quella che Ludovica Persichetti, nel darne una esauriente biografia, definisce “una spazialità rovesciata, che ospita oggetti spaesati e mette lo spettatore davanti alle difficoltà dello specchiarsi”.

A questo punto abbiamo i già citati “Fermata d’autobus” del 1995 e “Piani di calpestio” del 2002 con l’acqua protagonista, come lo è nell'”Ipotesi grafica” che troviamo oggi e abbiamo ricordato già presente nell’opera dallo stesso titolo nel 1971, segno della linearità del suo percorso artistico.  Che la vede nel 2011 alla Biennale di Venezia, nel 2012 alla Galleria del Cortile con “Fiori d’Acciaio” e nel 2013 a Mirano, Venezia con “Armonie Plantarum”. I titoli sono eloquenti, l’ambiente diventa l’esterno, il verde, come nel Giardino delle fontane della galleria Nazionale d’Arte Moderna dove viene presentata la sua nuova “Ipotesi grafica”.

Prima delle ultime tre mostre citate la vediamo, nel 2009-2010, collaborare con Lucilla Catania per la mostra “12 disegni per due sculture”, tenuta a casa d’Annunzio a Pescara e a Matera, dove furono installate rispettivamente “Quale tempo e quale spazio” della Ricciardi  e “Naturale” della Catania, entrambe del 2007. Abbiamo ricordato la circostanza perché le due artiste sono qui di nuovo  accomunate nella presentazione delle loro opere che aggiungono il tocco dell’arte al Giardino delle fontane: l’installazione della Cloti, le due sculture della Catania.

I “Libri in giallo” di Lucilla Catania

Queste sculture si fronteggiano  sul vialetto, hanno titoli simili, “Libri in giallo”,  2008, e “Libro in giallo”, 2012, all’evoluzione nel tempo del titolo corrisponde quella nella forma: mentre nella prima scultura è visualizzata una catasta di libri ammonticchiati l’uno sull’altro in una pila che diviene colonna; nel secondo è il fluire delle parole nel libero ad essere evocato con delle striature verticali, come in papiro che si srotola.  

E’ un effetto-onda che addolcisce la ruvidezza del materiale con un riferimento alla trasformazione incessante dell’universo alla base di altre sue realizzazioni: come “Tra Onde e Monti e Valli”,  e “Acqua dolce”, 1990, sculture orizzontali mentre in quella del Giardino delle fontane analogo effetto si ha in verticale e in forma molto discreta. Il travertino giallo di Persia pur se sfumato, spicca nel verde dei cespugli dove l’alloro  di unisce al leccio, il mirto al corbezzolo, in un luminoso contrasto visivo.

I libri, secondo la curatrice Maria Giuseppina Di Monte, “rappresentano il desiderio di un suo ritorno ai valori della nostra cultura: frutto di una lunga e profonda sedimentazione e stratificazione”. Ed ecco come lo esprime nelle sue opere più recenti sul tema:  “Le pile di libri, addossati alle pareti o autoportanti, a formare colonne agili e connotate da un forte dinamismo interno, rivelano la volontà di aprirsi al futuro senza rinunciare al passato”.  Per avere questo effetto rinuncia alla orizzontalità preferita,  perché la affascina più la terra e il mare che il cosmo, per una verticalità misurata e proporzionata.

La biografia della scultrice la descrive diplomata a Roma all’Accademia delle Belle Arti di via Ripetta, poi in Francia dove entra in contatto con Cesàr e le sue tendenze materiche. Inizia con sculture in terracotta, poi passa alla pietra e al marmo preferiti per la loro maggiore compattezza . Significativi i titoli di alcune mostre cui partecipa: “Modi della scultura” a Roma, nella Galleria Banchi Nuovi,  e “Geometrie dionisiache” a Milano alla Rotonda della Besana, poi “Statue” ancora a Roma, alla Galleria Oddi Baglioni. siamo nel 1988.  Le mostre si moltiplicano all’inizio degli anni ’90,  con tre collettive all’estero, “Roma” e “Amor Roma” a Vienna, e un’altra a Francoforte.

Altre mostre nel 1995 con il gruppo da lei fondato “A regola d’arte”, finché nel 2000 al marmo aggiunge di nuovo la  terracotta. Titoli di altre mostre: “Lavori in corso” e “La seduzione della materia” nel 2002. Sorvolando sulle numerose iniziative e mostre del periodo, citiamo l’installazione “Naturale” nel Museo d’Abruzzo a L’Aquila e l’esposizione a Pechino in occasione dei giochi olimpici, nella mostra a Casa Italia “Energia della materia, la materia dell’energia”.

Siamo nel 2008, l’anno in cui realizza “Libri in giallo” che vengono inseriti ora nel Giardino, nel 2009 la collettiva “Cella. Strutture di emarginazione e disciplinamento”   e poi, nel 2010, la collaborazione citata con Cloti Ricciardi in “Dodici disegni per due sculture”, fino alla recente mostra del 2013 al Museo d’arte orientale a Roma dal titolo “Stareandare”.

Il percorso che l’artista compie e ci fa compiere viene così definito da Mario de Candia: “Gettare il nostro sguardo al di là di ogni orizzonte immediatamente percepibile e e ammettere la costante oscillazione del mondo oggettivo verso le immensità intime della nostra interiorità”.  Si segue l’artista “a caccia dei trucchi del tempo e della memoria  che, emanata dal finito, si estende all’infinito. Una memoria attiva in cui il passato si fa complice del presente”. Proprio per questo non è una memoria di fatti  ed eventi storici, ma un ritorno alle origini “quel quasi ‘non-inizio’ precedente tutto, tutte le forme, tutte le sostanze”. Non è l’estetica che la interessa ma ciò che attiene alla natura, quando crea legami armoniosi all’interno delle cose e degli esseri viventi. 

Per questo si serve di simboli che non hanno riferimenti a correnti artistiche, bensì all’esigenza di esprimere una visione cosmica in forme moderne. Nella quale è presente la divaricazione tra speranze e desideri da un lato e realtà dall’altra, che viene definita “profonda crepa dell’essere” alla quale reagisce cercando di “attingere l’energia di una rigenerazione capace di dissolvere, o meglio dissipare, quel terrore che costantemente e persistentemente ci abita, come una eco lontana ma non sradicabile”. Lo combatte con il dinamismo, la forza del movimento, alla ricerca di un equilibrio nel tempo e fuori dal tempo, con il mondo e fuori dal mondo.

Intervistata da Marcella Cossu ha definito le due opere nel Giardino delle fontane “un significativo punto di arrivo” della sua ricerca e ha spiegato: “Anche in questi due lavori, ‘Libro in giallo’ e ‘Libri in giallo’, l’opposizione genera l’opera. Del resto, nella natura tutto si svolge per opposte tensioni e movimenti che incredibilmente concorrono, compattandosi, alla creazione di una forma finale”. Sul suo modo di operare ha aggiunto: “Il disegno è una tappa necessaria del processo che conduce alla realizzazione plastica del mio lavoro. E’ un momento privato diversamente dalla collocazione dell’opera nello spazio, momento in cui l’opera diventa definitivamente pubblica. Il disegno in sé ha una valenza non solo progettuale ma è esso stesso un momento di riflessione sull’idea; nel  disegnare chiarisco a me stessa l’idea originaria e la porto verso la sua risoluzione definitiva”.

L’Uovo di struzzo di Mondazzi

Vicino alla vasca più grande, dove in primavera saranno collocate ninfee rose in omaggio a Monet, vediamo il grande Uovo di struzzo” di Marcello Mondazzi, dal titolo “Nihil est ovo”: all’imponenza  si aggiunge il suo contrario, una certa fragilità con un senso di vuoto interno che si ha guardandolo. L’espressione del titolo vaga e allusiva, “non c’è ragione all’uovo”, era scritta in un cartiglio a Villa d’Este di Tivoli, nel cui giardino fu presentato in  una mostra del 2006, poi portato nel giardino della Raccolta Manzù ad Ardea nel 2007, per approdare al Giardino delle fontane della Gnam nel 2008, l’anno di realizzazione della scultura della Catania, ora collocata, “Libri in giallo”.  

E’ frutto di un lavoro particolare su un involucro plastico autoportante e permeabile alla luce, sottoposto a bruciature, combustioni ed alterazioni, fino a trasformarlo in altro, dalla pietra alla madreperla; non è rigido e duro come sembra, deve rendere la fragilità dell’uovo. Le irregolarità della superficie sono come pori su una pelle rugosa, che si attaglia all’uovo visto quale simbolo delle origini: dall’uovo nasce la vita, ricordiamo i dipinti di Vincenzo Maugeri, uno dei quali è stato riferito a D’Annunzio alla mostra dannunziana dello scorso agosto a Pescara, nel 150° dalla nascita.

Usciamo dai giardini dopo tante sollecitazioni naturalistiche e culturali. E stata indubbiamente una mattinata ben spesa, tra l’aria balsamica della vegetazione odorosa e gli stimoli creativi ed artistici. La nuova occasione ci sarà in primavera con le ninfee, sarà una mattinata anch’essa da non perdere.

Info

Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Viale delle Belle Arti 131, Giardino delle fontane. Aperto al pubblico fino a domenica 17 novembre 2013, dalle 12 alle 16 salvo condizioni meteorologiche avverse. Cataloghi, da cui sono tratte le citazioni del testo, a cura di Marcella Cossu e Maria Giuseppina Di Monte, Palombi Editore, ottobre 2013, formato 15×21: Cloti Ricciardi, “Nel Giardino delle fontane”, pp. 72, e Lucilla Cafagna, “Nel Giardino delle fontane”, pp. 84.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nel Giardino delle fontane alla Gnam, si ringraziano gli organizzatori con i titolari dei diritti, in particolare le artiste Cloti Ricciardi e Lucilla Cafagna, e anche Marcello Mordazzi, per l’opportunità offerta. In apertura,  Cloti Ricciardi, “Ipotesi grafica”; seguono, Lucilla Cafagna, “Libri in giallo“, 2008, e “Libro in giallo”, 2012,  poi  “Libri in giallo” e “Libro in giallo” di fronte nel vialetto,  e Marcello Mondazzi, “Uovo di struzzo. Nihil est ovo”, 2006; in chiusura, la vasca grande dove in primavera saranno poste le ninfee rose.