Dio, mistero senza fine, in un libro di Gelasio Giardetti

di Romano Maria Levante

Gelasio Giardetti, già autore nel 2008 del libro “Gesù, l’uomo”,  ha appena pubblicato il nuovo  libro “Dio, fede e inganno”, nel quale affronta un tema quanto mai arduo. E lo fa mettendo in discussione principi e precetti di fede sottoponendoli all’analisi impietosa della ragione che non risparmia le contraddizioni tra insegnamenti e realtà: sia nelle Sacre scritture sia nel comportamento delle istituzioni religiose e nel funzionamento della società lontana dai principi di bontà e giustizia attribuiti al Dio creatore, onnipotente e onnisciente. Completano l’analisi i confronti altrettanto impietosi tra il pensiero credente e quello ateo e tra le società credenti e quelle non credenti.

Un libro coraggioso e documentato

E’ un libro innanzitutto coraggioso, perché affronta temi delicati che toccano la sensibilità di larghi settori  della pubblica opinione senza timidezza, in un modo che può sembrare spregiudicato, mentre è il frutto naturale del pragmatismo del ricercatore: non di ricerche sociologiche e storiche, dove tutto resta opinabile, ma di ricerche scientifiche che devono basarsi su evidenze concrete.

Poi è un libro documentato, ogni affermazione è suffragata da riferimenti precisi che spaziano in un arco molto vasto: dalle Sacre Scritture e dall’azione della Chiesa che le ha poste al centro del proprio sistema spirituale e temporale, alla società in cui viviamo nella sua realtà storica e in particolare a quella capitalistica, fino alle società non credenti poste a confronto con quelle credenti. 

La logica del ricercatore che vuole toccare con mano senza lasciarsi sedurre da visioni consolatorie è presente in ogni passaggio del libro e porta l’autore ad essere così intransigente sul piano logico da concludere con una condanna senza appello delle concezioni religiose, quella cristiana in particolare che nasce dal tronco della rivelazione biblica su cui si è innestata la figura di Cristo divenuta prevalente. Il Cristo cui ha dedicato in precedenza il libro altrettanto coraggioso e documentato, “Gesù, l’uomo”, nel quale all’ammirazione per la figura terrena del Cristo rivoluzionario è unita la negazione del Cristo trascendente, che l’autore si sente di sostenere in base a un riscontro accurato con le voci della rivelazione, come i Vangeli, e a un’attenta analisi storica.

Non c’è nulla di implicito o inespresso, né si giunge per gradi alla conclusione contraria alla teoria creazionista, è evidenziata già nella Prefazione dove, con i toni e gli accenti della denuncia, sono messe a nudo le contraddizioni  tra i principi evangelici che dovrebbero reggere le società dei credenti e i loro comportamenti pervicacemente trasgressivi, fino agli orrori ricordati con parole di forte indignazione. La passione civile porta l’autore a superare l’asettico approccio del ricercatore per appassionarsi ai risultati che confermano un assunto già presente nella sua mente, e non potrebbe non esserlo avendo sotto gli occhi le nequizie del mondo,  l’opposto dell’immagine di un essere superiore con i caratteri dell’onniscienza e onnipotenza unite alla somma bontà e giustizia.

Affermiamo questo per sottolineare che pur nel rigore dell’approccio scientifico non ha mai toni freddi e distaccati, ma rende partecipi del mistero sull’esistenza di un essere supremo creatore del mondo e padrone dei suoi destini considerandolo  nell’immanenza della vita reale dell’umanità.

Dio, mistero senza fine, abbiamo intitolato, perché il mistero resta e non avrà mai fine, anche se l’autore ritiene di averne svelato una parte, quella che attiene alla fede da lui accostata forse troppo arditamente all’inganno. Si possono ingannare molti per poco tempo o pochi  per molto tempo, secondo un antico detto, non molti per molto tempo come farebbero le religioni. Certo, l’esigenza consolatoria e rassicuratrice della specie umana le aiuta a diffondersi e radicarsi, e la loro molteplicità e persistenza in tutte le epoche e in tutte le zone del mondo anche le più remote porta  a pensare che il mistero di Dio non è circoscrivibile a questa o quella credenza ma tuttavia è immanente nell’umanità pur nella sua irraggiungibile trascendenza. E tra le prove ontologiche dell’esistenza di Dio trovate dal pensiero filosofico e quelle cui arriva parte del pensiero scientifico forse questa semplice constatazione vale quanto una eloquente testimonianza collettiva.

E’ difficile ritenere, d’altra parte, che la perfezione delle leggi dell’universo non abbia alla base un’intelligenza superiore, comunque la si voglia definire; e se la si riferisce al caso le probabilità sono infinitesime come ci insegna la stessa scienza. La ragione non accetta le semplificazioni cui porta la fede, ma non riesce neppure a dare una risposta alternativa. E’ comprensibile, tuttavia, che l’autore voglia toccare con mano, e lo fa con ferma determinazione, senza essere condizionato come noi dall’anima “nativamente religiosa carica del retaggio di fede tramandato dalla mia gente”, per dirla con D’Annunzio. Una gente che crede in un Dio a immagine e somiglianza dell’uomo quando sarà giunto al termine di un processo evolutivo infinito, da cui si è ancora molto lontani.

Gli errori della Chiesa e le contraddizioni del mondo attengono a un ambito rispetto al quale l’idea di Dio è superiore incommensurabilmente e in quanto tale indecifrabile, anzi imperscrutabile, quindi  non ne viene toccata. Ed è positivo sottolineare tali errori e contraddizioni in un’analisi serrata e impietosa come fa l’autore.

Seguiamolo in questo suo accidentato e coraggioso percorso.

L'”inattendibilità” di tanti passaggi della rivelazione biblica

L’inizio è folgorante, “l’incredibilità del Dio trascendente” emergerebbe dallo stesso Libro sacro  posto alla base della Rivelazione, quindi come prova della sua esistenza offerta alla fede umana: la Bibbia che peraltro risente di culture e religioni più antiche riviste nell’ottica monoteistica. E questo per le sue contraddizioni,  incoerenze ed errori ritenuti plateali rispetto a quanto il pensiero scientifico ha dimostrato, in contrasto insanabile con la sua dichiarata provenienza diretta da Dio.

L'”inattendibilità” della Bibbia viene prospettata per la creazione dell’Universo e per la creazione della vita, dato che le implicazioni pratiche di quanto descritto risulterebbero insostenibili logicamente e impossibili praticamente, e così per il diluvio universale e altri eventi che esprimono  lo sviluppo della società umana  tra mito  e storia visti dall’autore con spietato realismo.

Per avere un’idea del rigore del suo approccio scientifico si consideri che dimostra l’impossibilità per  l’arca di Noè di salvare le oltre 20.000 specie animali esistenti calcolandone la capacità  sulla base delle misure bibliche in 41.000 metri cubi con lo spazio sufficiente solo per  1000 coppie di animali e per l’alimentazione loro e della famiglia di  Noè. Sembrerebbe un cavillo o una pedanteria, ebbene è una tessera del mosaico di verifiche che compie con la stessa meticolosità da ricercatore su  tante altre affermazioni del Libro sacro, fino a  quelle relative  agli aspetti  più profondi e interiori  della natura del Creatore.

La moralità e l’etica che emergono dalla Rivelazione minerebbero per altro verso l’esistenza di Dio perché  la sua spietata violenza vendicativa appare in stridente contrasto con l’impalcatura teologica fondata sui più alti concetti di giustizia e di etica, di bontà e di spiritualità. In effetti  queste considerazioni  turbano anche la coscienza del credente quando la lettura biblica domenicale molto spesso presenta un Dio crudele e spietato del tutto diverso dall’immagine invece caritatevole che emerge dalla lettura del passo evangelico abbinata  nella stessa giornata. Di certo Cristo con la sua predicazione imperniata sulla carità ha dato al Dio cristiano universale che lo ha mandato sulla terra per riscattare l’umanità un volto ben diverso dal Dio biblico protettore del popolo ebraico. In fondo nella SS. Trinità dei cattolici Dio rappresenta la legge, lo Spirito Santo la sapienza, Cristo l’amore.

L’autore non trae la conclusione dell'”inesistenza” del Dio creatore solo dalla constatazione che le parole bibliche sono fallaci; alla risposta che sono state scritte dall’uomo replica che allora non può essere quella la prova dell’esistenza di Dio, al contrario dimostrerebbe come chi le ha scritte secondo lo spirito del tempo abbia fatto leva sull’insicurezza e sulla paura umana per far accettare facilmente l’idea di un Dio invincibile, tale da proteggere prima il popolo eletto poi l’intera umanità.

Non si può ridurre a poche frasi la complessità dell’analisi svolta dall’autore che replica anche alle osservazioni dei creazionisti basate sul simbolismo e sull’insufficienza delle  parole rispetto alla grandezza della creazione: un’analisi stringente che può far sorgere dei dubbi anche al credente.

ll contrasto della società religiosa e umana con l’etica divina

La sua visione supera presto l’ambito biblico, pur fondamentale nell’impostazione generale, per estendersi al rapporto tra l’essenza di Dio e i comportamenti della società religiosa. Qui il suo ragionamento è improntato a una logica consequenziale: se quello della creazione è un progetto con forti basi etiche, almeno la società religiosa dovrebbe ispirarsi ad esso con assoluto rigore. Invece la moralità e l’etica nel governo della Chiesa  spesso sono mancate del tutto, come dimostra con un’analisi altrettanto impietosa riguardante non solo l’Inquisizione e le malefatte di  pontefici indegni, il Borgia primo tra tutti, ma anche atteggiamenti negativi recenti come quelli verso forme pur ispirate al pensiero evangelico quali la “teologia della liberazione”, osteggiata per sostenere classi dominanti altrettanto indegne; fino alla pedofilia sacerdotale e ai danni  morali che l’autore vede prodotti dall’integralismo e dall’indottrinamento religioso.

Dalla società religiosa si passa alla società umana, e qui non occorre scavare per trovare le molteplici nequizie che contrastano radicalmente con il progetto concepito dai creazionisti di un mondo  guidato da sani principi etici e morali. Le vediamo tutti i giorni, e l’autore cita quelle che gli sembrano le più stridenti, legate al sistema capitalistico per la volontà di potenza che porta agli armamenti e alle guerre e per il potere economico-finanziario dominato da criteri di profonda ingiustizia e immoralità; un capitalismo al quale la Chiesa è stata storicamente alleata nonostante, afferma, rivestisse tanti caratteri in contrasto con i principi che invece la religione dovrebbe voler vedere realizzati nella pratica. Siamo su un piano inclinato che farebbe scivolare nella politica se l’autore si limitasse ad affermazioni apodittiche, ma lo spirito del ricercatore resta vivo con citazioni precise di fatti e responsabilità; vengono citate anche le crisi economico-finanziarie più recenti  per ricordare a tutti come le contraddizioni siano plateali e drammaticamente attuali.

A questo punto si dovrebbe entrare sul tema del male, sulla sua compresenza con il bene per la legge degli opposti, ciascuno dei quali è necessario per l’esistenza dell’altro, e sulla libertà di scegliere data all’uomo legata al suo libero arbitrio, connotato essenziale della sua stessa  umanità. Per cui un società  religiosa e umana in cui trionfi il bene va vista come una conquista a cui si deve tendere, ma non come una condizione in assenza della quale si annulla qualunque disegno divino.

Dal pensiero credente e i dogmi al pensiero non credente

La critica serrata dell’autore preferisce tornare sull’insegnamento della chiesa, ed attacca i dogmi  e le manifestazioni ritenute soprannaturali su cui fa si fa leva per accrescere un proselitismo alimentato dalla superstizione. Si tratta pur sempre di visioni umane la cui interpretazione risente dei tempi e delle circostanze; del resto sono stati i Concili vaticani o le pronunce papali a validarle.

La Resurrezione e l’Eucarestia, come considerate dalla religione cattolica, vengono  analizzate nelle loro contraddizioni che spesso hanno diviso la stessa chiesa al suo interno. Per la Resurrezione, addirittura, la contraddizione sarebbe tra le parole dette direttamente da Cristo, dalle quali se ne dedurrebbe l’incorporeità, e i Vangeli, che si riferiscono espressamente all’intera entità umana fatta di corpo e spirito. Rispetto all’Eucarestia la tesi è che gli evangelisti più che all’esperienza diretta di Cristo si siano riferiti alla prima lettera ai Corinzi di Paolo, che descrisse in anticipo di 30 anni rispetto a loro la ripetizione da parte di Gesù della pasqua ebraica; non serve neppure aggiungere che il ricercatore scientifico avanza altre considerazioni negazioniste sull’impossibilità di trasformare il pane in corpo e sangue, e ricorda i casi in cui fenomeni di sanguinamento dell’ostia, ritenuti miracolosi, hanno poi trovato elementari spiegazioni scientifiche. La verifica scientifica oltre a quella razionale è impietosa, ma forse si sottovaluta il valore simbolico che vi è riposto.

Nel  libro non c’è solo verifica scientifica e razionale di formulazioni specifiche, viene messo a confronto il pensiero credente con quello non credente , e soprattutto il funzionamento pratico delle società che si ispirano alle due opposte concezioni, quella fideistica e quella atea.

Del pensiero credente, anche non cattolico, si sottolineano gli aspetti consolatori volti ad assicurare un al di là di durata infinita colmo di promesse a compensazione di una vita grama limitata nel tempo, cambio vantaggioso che farebbe sopportare ingiustizie o sacrifici altrimenti intollerabili: in particolare il paradiso cristiano con la beatitudine della vicinanza a Dio e quello musulmano con le promesse delle vergini che attendono il martire per soddisfarne i desideri nell’eternità. Mentre del pensiero non credente si riportano le  concezioni dell’ateismo secondo cui pensiero e materia sono legati indissolubilmente perché il primo proviene dal cervello che è un elemento materiale.

Passa in rassegna il pensiero ateo partendo dal “canto dell’arpista” dell’antico Egitto che dopo la constatazione dell’inesistenza dell’al di là lanciava l’esortazione “divertiti e non stancarti di farlo!” da cui forse ha tratto ispirazione la campagna ateista che ha furoreggiato in Gran Bretagna, con lo slogan divenuto spot pubblicitario contro le associazioni religiose, “Dio non c’è, spassatevela!”.

Quindi  Lucrezio, secondo il quale vale solo la luce della ragione per cui “nulla sorge dal nulla per dono divino mai” e quindi “senz’orma divina si compion le cose”. 

L’Illuminismo del XVIII secolo ha posto in primo piano la luce della ragione contro il buio delle concezioni teologiche e ha affermato l’importanza fondamentale di determinare razionalmente contenuti e regole, modalità e sviluppi della vita fuori da ogni idolatria.

Seguono  Diderot, Feuerbach, Schopenauer,  fino a  Carlo Marx, il cui ateismo nasce dal cosiddetto materialismo storico, lo stato dei rapporti-sociali basato sulla lotta di classe tra capitalismo e proletariato: la vittoria della classe operaia avrebbe portato al superamento di tutte le sovrastrutture, dallo Stato alla religione considerata contraria all’armonioso sviluppo della società umana.  Il superuomo di Nietsche e l’angoscia esistenziale di Baudelaire chiudono la rassegna filosofica.

L’assenza di etica e moralità nell’uomo e il suo spirito di sopraffazione

Nell’avviarsi alla conclusione l’autore torna ad occuparsi della realtà, calandosi sulla società umana per verificarne il tasso di moralità e di etica. La verifica che compie nelle società credenti e in quelle non credenti è sconsolata, nefandezze  che potrebbero essere attribuite all’ateismo con l’assenza di ogni remora religiosa sono presenti anche negli stati i cui governanti dichiarano di essere mossi da spirito religioso: non solo l’ateo Stalin, ma anche Hitler che ha avuto un qualche avallo della Chiesa, e perfino i presidenti degli Stati Uniti d’America, hanno compiuto, in varia misura, orrori, massacri o comunque atti che ripugnano allo spirito religioso come a quello ateo.

L’autore ne trae la considerazione che non è l’ateismo l’origine di ciò, dato che neppure il credere in un Dio trascendente ha la forza morale e la capacità etica di evitare comportamenti brutali e disumani. E’ l’uomo con il suo spirito di sopraffazione  e la sua avidità di potere e di denaro che cerca di assoggettare in  modi più o meno evidenti i propri simili e nazioni intere: realtà provata storicamente con tanti esempi da cui risulta che non c’è spazio nella società per principi religiosi o filosofie morali in grado di contrastare il drammatico manifestarsi di tali degradanti tendenze.

Tutto questo secondo l’autore confermerebbe l'”inesistenza” del Dio trascendente e personale che già risulterebbe da contraddizioni e incongruenze tali da togliere credibilità al Libro sacro della Rivelazione, analizzate nella prima parte; conclusione che però non affronta nella sua complessità il problema del male cui abbiamo accennato in precedenza. E nello stesso tempo ritiene inadeguata la spiegazione della nascita della vita data dagli ateisti secondo cui dopo l’origine dell’Universo con l’esplosione di energia del Big Bang la vita sarebbe iniziata per puro caso come forma unicellulare poi evoluta in miliardi di anni. E si chiede: “La teoria ateistica però non copre la lacuna che scaturisce dalle seguenti domande: chi ha creato il punto infinitesimale di infinita energia  e densità? Chi ha creato la prima molecola di Dna o Rna essenziali per  la nascita della vita?”

Come rispondere alle domande capitali

Sono domande a cui lui stesso si propone di rispondere facendo seguire una parte “costruens” a quella “destruens” cui è dedicato il libro in esame. Al riguardo preannuncia un suo prossimo libro, che uscirà nel corso del 2014, forse in primavera, con il titolo intrigante “L’uomo, il virus di Dio”,  in cui cercherà di far luce sui misteri dando risposte ai temi esistenziali che affliggono l’umanità. L’inadeguatezza delle concezioni esistenti, religiose e atee che siano, induce ad esplorare vie nuove.

In che modo lo enuncia così: “Immaginare soluzioni alternative sull’origine dell’universo e della vita partendo, ad esempio, da inediti presupposti di carattere essenzialmente analogici secondo i quali, ponendo in relazione due concezioni, due visioni, sulla base certa e reale della piena conoscenza di una di esse, si presuppone la validità di caratteristiche molto simili anche nell’altra”.

E’ una formulazione da ricercatore scientifico il cui carattere criptico non può che acuire l’interesse per il lavoro preannunciato, e il fatto che la conclusione resti sospesa suscita l’ansia di conoscere “come va a finire”. Perché questa storia è la nostra storia di esseri pensanti componenti l’umanità.

In attesa, abbiamo placato l’ansia andando a cercare una conclusione che parte dall’analisi scientifica di ciò che c’è “Tra il nulla e l’infinito. Lo spazio di Dio”:  un libro edito nel 2008 da “Rispostes”, di Eduardo Ioele che ha in comune con l’autore di essere aduso alla scienza e non alla teologia nell’affrontare per passione il tema dalle origini dell’universo e delle sue leggi fino a Dio.

Nel ripercorrere le prove psicologiche e ontologiche Ioele osserva: “Dato che lo spazio del trascendente si pone ai limiti della conoscenza – limiti tracciati dalle stesse leggi naturali – dobbiamo dedurre che la ricerca di Dio vada fatta oltre i confini della ragione. Ma come? Seguendo la ragione del cuore anziché la ragione della ragione, come diceva Pascal? Anche, ma non solo”.

E in questo “non solo” c’è l’osservazione che oltre all’origine della vita c’è l’emergere della coscienza cui non si è potuta dare alcuna spiegazione scientifica, perché va oltre la materia e non può  derivare dal caso. “La miscela di leggi e caos, che ci rende liberi, non sembra per nulla casuale, ma appare il frutto di una infinita sapienza”, scrive Ioele. Inoltre “è proprio nell’impossibilità di pervenire a una risposta razionale definitiva che risiede realmente la nostra libertà”; anzi c’è di più: “L’impossibilità di accedere a una verità finale, scandita anche da leggi naturali, non deve necessariamente essere interpretata in termini sconfortanti o anche umilianti per la ragione umana; al contrario, essa è forse la scelta più saggia della natura”. Perché se questa verità fosse l’esistenza del solo mondo materiale darebbe insicurezza e vanificherebbe ogni speranza, se fosse l’esistenza certa del  trascendente priverebbe di ogni interesse il mondo materiale per uno sterile misticismo.

“La verità assoluta, se c’è – prosegue Ioele – si colloca oltre i confini della nostra ragione, e tale preclusione, in fondo, sembra la migliore strategia della natura”. E aggiunge: “Il mistero della ‘prima mossa’ dunque, non sembra risolvibile e ciò deve indurci a un sano scetticismo verso gli integralismi e le grandi certezze nell’una o nell’altra direzione”. D’altra parte, ci ha detto di persona, “credere al  caso è come avere un‘altra religione senza alcuna certezza neppure in negativo”. E ci ha confidato che lo affascina l’immagine dantesca di “Dio come una grande luce”.

Queste parole non mitigano in noi l’attesa della preannunciata conclusione di Giardetti con il nuovo libro in cui darà la sua risposta agli interrogativi che lui stesso si pone al termine della prima parte della sua ricerca. Ma in un certo senso sono parole rassicuranti dopo l’impietosa analisi che con la ferrea logica della ragione ha la forza di poter  mettere in dubbio anche convincimenti radicati. Così conclude Ioele: “In quest’ottica la fede è una speranza che nasce anche dai limiti della ragione umana e che si nutre nel dubbio. Ognuno di noi, pertanto, è libero di assumere la posizione che più lo rassicura, quella che sente dentro, e nessuno potrà dire che la nostra scelta è errata”.

E’ una considerazione che ci fa attendere con serenità il completamento della dissacrante  analisi di Giardetti. Al quale va l’indubbio merito di aver affrontato il tema supremo del suo libro senza condizionamenti e con tanto coraggio, spinto dallo spirito del ricercatore che non accetta l'”ipse dixit” ma vuole toccare con mano utilizzando gli strumenti della ricerca culturale, filosofica, e scientifica.

Non è da poco, considerando che l’argomento è così vasto e coinvolgente da prendere l’intero essere in tutta la nostra esistenza, da investire il cuore oltre alla mente, la memoria della nostra vita oltre alla realtà.  Si tratta di Dio, e basta questa parola per perdersi nell’infinito.

Info

Gelasio Giardetti, “Dio, fede e inganno”, Arduino Sacco Editore, Roma, settembre 2013, pp. 240, euro 19,90.  Dello stesso autore “Gesù, l’uomo”, Andromeda Editrice, Castelli (Te), giugno 2008, pp.318, euro 18,00.

Foto

Il  libro di Giardetti non contiene illustrazioni; noi abbiamo ritenuto di inserire nel nostro commento una serie di immagini di Dio nell’arte, in una sequenza che dall’Empireo lo avvicina sempre più fino alla scintilla della vita nel contatto con Adamo del “Giudizio Universale” michelangiolesco nella Cappella Sistina. Si ringraziano i siti dai quali abbiamo rilevato le immagini, nell’ordine: piccolifiglidellaluce.it, mirys.altervista.org; digilander.libero.it; preghiereonline.it;  wilkipedia.org e freeformazione.leonardo.it; mariadinazaret.it;  blog.studenti.it; sanbenedettotorino.it; michelangelobuonarroti.historiaweb.net. Se non vi fosse gradimento per la pubblicazione da parte di qualcuno dei titolari, la rispettiva immagine verrà immediatamente depennata appena pervenuta la richiesta in tal senso anche come semplice post in questo sito all’articolo, dal quale sono estranee implicazioni di natura economica di qualunque tipo, nè si è potuta richiedere l’autorizzazione preventiva.