Collage-Pittura, Passalacqua e Terlizzi allo Studio S di Roma

di Romano Maria Levante

Allo Studio S di Carmine Siniscalco, nella mostra “Collage… pittura”dal 20 maggio al 9 giugno 2014, due forme molto diverse di “collage”: bozzetti preparatori fatti di delicate applicazioni rispetto a dipinti finali di grandi dimensioni dal forte cromatismo acceso dai  colori della natura per Lina Passalacqua;  opere compiute frutto di assemblaggi materici in un delicato bianco e nero con raffinate varianti in composizioni ispirate al mare e alle sue storie per Ernesto Terlizzi. Lo Studio S con questa mostra torna sul tema del “collage” dopo essersene occupato con Giorgio Pirrotta e con Max Bucaille.

I due ambienti dello Spazio S si prestano all’accoppiata delle due forme di “collage-pittura”: le due esposizioni sono separate da un piccolo corridoio che segna il passaggio da un mondo all’altro: c’è sempre la natura, nelle sue espressioni luminose ricche di richiami della Passalacqua, nella sua manifestazione marina ricca di contenuti di Terlizzi. Carmine Siniscalco definisce “pittrice di pancia”  la Passalacqua per la sua intensa passionalità, “pittore di testa” Terlizzi per la sua razionalità dai  contenuti meditati.

Il mare nei collage razionali di Ernesto Terlizzi

Cominciamo con i “collage” compiuti di Terlizzi, più complessi di quelli della Passalacqua, da interpretare nella forma e nel contenuto. La composizione materica è articolata, sul supporto di tela, carta o tavola l’artista colloca materiali eterogenei che acquistano come per incanto una omogeneità tale da dare all’opera  un aspetto pittorico; molto diversi quindi dalle esuberanze futuriste e da quelle della pop art, c’è una classicità e un controllo rigoroso della forma e dello stile, in diverse opere è incastonata una pietra, come un sigillo, ma non è un elemento estraneo, fa corpo unico.

Per Terlizzi “collage e assemblage sono la sua spatola e il suo pennello”, osserva Siniscalco, e li utilizza con una razionalità elegante e raffinata, nient’affatto fredda. La realtà è viva e presente, ed è una realtà a lui non estranea, anzi intensamente vissuta per ciò che mostra e per ciò che nasconde. E’ “una realtà trasfigurata, o meglio destrutturata – sono ancora parole del gallerista – nell’ambito della quale Terlizzi si muove a suo agio, come un funambolo che danza senza corda senza temere la sfida del vuoto”.  E’ un artista di Salerno, ha esposto di recente allo Spazio Tadini di Milano.

Seguiamo la sua performance artistica guardando le molteplici raffigurazioni del mare, rappresentato con segni e incisioni, oltre ad applicazioni, nel bianco-nero con leggere varianti, mantenendo alcune costanti: qualche volta la pietra incastonata, sempre delle forme scure fluttuanti.

Ne parliamo con l’artista, ci dice che ha scelto di ricercare i valori plastici rinunciando al colore: il risultato è un’estrema raffinatezza ed eleganza formale mentre si sente una forte tensione per i contenuti espressi.  Ne fanno fede alcuni titoli, dal trittico “Sponde” a “Le ali della speranza”, da “Il mare dentro” a “Le carrette del mare” con il dramma dei naufragi nel “mare nostrum”, e poi “La pietra  nell’acqua” e “Fuori dall’acqua”, con la pietra incastonata a ricordare anche la “terra”.

Si capisce perché Siniscalco lo paragona a “un funambolo”: si muove nel confine tra realtà e astrazione  resistendo all’attrazione fatale dell’una e dell’altra, e può farlo perché trasfigura la realtà scomponendola senza farle perdere la sua fisionomia ma dando ad essa contenuti che vanno al di là della sua espressione figurativa. Operazione difficile ma perfettamente riuscita:  restano impresse negli occhi e nella mente le forme fluttuanti dei suoi collage divenendo familiari, come un film che si dipana attraverso una serie di fotogrammi, i cui personaggi si muovono e si spostano restando se stessi. E’ la narrazione pittorica e materica di una storia  con aspetti lirici e momenti drammatici: la storia del mare.

Com’è profondo il mare, vien fatto di pensare, ma questa era una nota canzone di Lucio Dalla.

La natura nei collage passionali di Lina Passalacqua

Dalla razionalità alla passionalità, dalla “testa” alla “pancia”, per richiamare la definizione di Siniscalco, passando ai “collage” e relativi dipinti  di Lina Passalacqua. Siamo subito calamitati da “Tramonto a Nettuno”, il bozzetto-collage su carta di 17 per12 centimetri è affiancato al dipinto finale su tela dallo stesso titolo di 80 per 60 centimetri: il secondo è ancora più intenso e cromatico del primo,  più caldo e passionale, quale trasposizione pittorica di un’ispirazione spontanea ma meditata, come rivela la cura certosina nell’assemblare piccoli foglietti come petali di un fiore; nel caso della palma  abbiamo visto l’applicazione di piccoli steli della pianta come in una miniatura.

Anche i “collage” della Passalacqua sono rigorosamente controllati nella forma e nello stile, quindi lontani dalle espressioni più  dissacranti del futurismo e della pop art. L’artista, però, ha una ispirazione futurista che, secondo Maria Teresa Benedetti, “si ritrova nell’energia plastica, nel flusso dinamico del segno, nell’eliminazione di strutture immobilmente prospettiche, nel tendere della visione all’infinito, nel premere di forze che sembrano uscire dai limiti del dipinto”; e nella composizione del bozzetto-collage, che ne è il fedele e meditato momento preparatorio.

La natura ne è protagonista, ma nello stesso tempo va interpretata  – sempre nelle parole della Benedetti   come “una pittura che superi ogni suggestione naturalistica” e si esprime  in “un colore compatto e squillante, nella ricerca di una risonanza interiore”; in questo si può riscontrare “un’adesione all’astrattismo lirico” in cui più che la rma è il colore a marcare i contenuti.

Riscontriamo questa peculiarità nelle  sue serie pittoriche, preparate dai relativi “collage” che vediamo raggruppati nella mostra per poi tradursi in dipinti compiuti anch’essi esposti. E ricordiamo “Le Quattro stagioni”, il tema della sua recente mostra al Vittoriano della quale abbiamo dato conto delineando anche la figura dell’artista. Adesso citiamo la serie “Le Vele”, che ci consente un richiamo a Terlizzi, anche un suo collage è dedicato alle vele; e soprattutto la serie “I Voli”, con le quattro espressioni primarie della natura, aria, acqua, terra, fuoco: nettamente distinte sul piano cromatico, dai colori freddi dell’aria e dell’acqua a quelli sempre più caldi fino a divenire ardenti di terra e fuoco; la stessa “escalation” cromatica delle “Quattro stagioni” nel passaggio dalla freddezza dell’autunno e gelo dell’inverno al calore e luce crescente di primavera ed estate.

Un altro riferimento viene spontaneo, astraendoci dalla parte pittorica per restare all’interno dei suoi “collage!. Ed è alla serie  “Flash” , esposta in una mostra sempre a Roma nel 2009, che testimonia come l’artista sia giunta al “collage” come bozzetto del grande dipinto dal forte cromatismo dopo un lungo percorso che l’ha vista fissare in composizioni fatte di disegni e fotografie, pastelli e “collage” i momenti di vita che l’hanno più colpita, le “immagini per un istante”, come le ha definite lei stessa nel 1989 in un colloquio con Enzo Benedetto.  Sono tutti “flash” di cronaca che si sono succeduti in modo incalzante nel tempo, insieme fanno la storia di quattro decenni.

Gli irripetibili anni ’60  sono fissati in una serie di  “riporti fotografici” dei “grandi personaggi” come Paolo VI e Barnard, di visioni angosciose come “tifone” e “caos”, “ingranaggi”  e “trincea”,  “traffico” e “incidente”, che si materializzano anche in “calvario” e “fuochi d’artificio” oltre a forme geometriche stringenti come “cerchi” e “spirale”. Appare il mare in “turismo” e “la pesca del pesce spada”  fino alle espressioni della natura, “acqua” e “inverno”,  che anticipano i cicli prima citati.

Negli anni ’70 fissa  gli “aiuti umanitari” e la “sete in Africa” con una straordinaria “maternità” nera, insieme a visioni aperte,  da “la diva”al “saluto”, dal “ponte” alle “penne di pavone”. 

Con gli anni ’80 prende il sopravvento la figura umana, e quella femminile in particolare, ravvivata dai pastelli colorati su foto e collage: lo vediamo in “fumetti” e “la fuga”, “di notte” e “il negativo e il positivo”, bei visi di donna ripresi nei momenti più diversi; ma c’è anche la quotidianità, “l’idolo del tempo”  e “lo specchietto per le allodole”, l’ “incidente”  e “spaghetti e banane”.

Finché, negli anni ’90  le figure femminili fissano un’esplosione di motivi, sentimentali come “abbraccio” e “ricordi”, “Lisa” e “bimbi”, sereni  come “i ragazzi” e  “sorrisi”, ambientali come “sera”  e “nebbia”, “giardini” e “la mimosa”, con l’esplosione finale di “immagine” e “gare”, “due momenti” e “top model”, “bagno turco” e “Marocco”.

L’artista si è liberata,  può guardare altro, il “collage” di riporti fotografici e disegni, con pastelli colorati, è stata una palestra di vita e di arte:  dopo i cicli decennali della cronaca, quelli naturali del pianeta negli elementi primari, acqua, terra e fuoco, fino alle quattro stagioni, Ne abbiamo già parlato ma ci ricongiungiamo a tali cicli dopo aver seguito l’artista nel lungo percorso di “collage”.

Come concludere dopo l’excursus su questa che ci è apparsa la matrice dei suoi “collage” poi approdati alla maturità della passione naturalistica accesa dai colori ? Le parole giuste le ha dette Renato Civiello, nel 1987,  chiudendo così il proprio commento alla mostra sui «Flash” che abbiamo fin qui ricordato: “Nell’opera della Passalacqua, tutto è armonia, sapienza distributiva, respiro poetico. La gamma che s’innerva o si dissolve riconduce alla stessa mediazione non asettica, ma implicante, piuttosto, e prodiga di risonanze durature. L’arabesco e il volume, l’idea e la passione concorrono, parallelamente, ad esplorare il mistero di vivere”,

E  ciò avviene anche quando, come nella mostra in corso allo Studio S di Roma, il mistero di vivere si esprime non attraverso la cronaca quotidiana ma nelle forme più profonde degli elementi naturali e dei cicli stagionali che si manifestano attraverso una sinfonia mutevole e travolgente di colori spettacolari. A questo proposito, come per Terlizzi, l’associazione di idee di tipo musicale è immediata: per la Passalacqua come non evocare le “Quattro stagioni” di Vivaldi?

Info

Studio S. – Arte Contemporanea, Roma, via della Penna 59, tel./fax 06.3612086, cell. 339.3303719, e.mail: car.sin.s@virgilio ,it. Dal lunedì al venerdì ore 15,30-19,30; sabato ore 11-13,30/ 15,30-19,30. Ingresso gratuito. Cataloghi di Lina Passalacqua, “Voli”, Studio S Arte contemporanea, 2006, pp. 64, formato 21×29,5; “Flash”, Società Editrice Romana, 2009, pp. 102, formato 21×29,5; sulla precedente mostra dell’artista cfr. in questo sito il nostro articolo il 28 aprile 2013 “Lina Passalacqua, le Quattro stagioni al Vittoriano”. Per i temi evocati nel testo cfr. i nostri articoli sulle relative mostre:  in “cultura.inabruzzo.it”  i 2 articoli del 30 aprile e 1° settembre 2009  sul “Futurismo” , e i 3 articoli del 28 luglio 2011 su “Gli irripetibili anni ‘60”; in questo sito l’articolo del 19 gennaio 2014  su “Anni ’70, l’arte a Roma” e i 3 articoli del 22, 29 novembre e11 dicembre 2011  sulle raccolte del “Guggenheim” con la Pop Art  e le altre correnti d’avanguardia contemporanee.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante allo Studio S di Roma, si ringrazia l’organizzazione, in particolare il direttore Carmine Siniscalco, con gli artisti Terlizzi e Passalacqua  per l’opportunità offerta. Le prime 4 immagini sono  “collage” raffinati e razionali di Ernesto Terlizzi, in apertura il trittico “Sponde”; le 4 successive sono dipinti a forte cromatismo di Lina Passalacqua derivati dai propri collage-bozzetti.