Cerveteri, la Caere degli Etruschi, al Palazzo Esposizioni

di Romano Maria Levante

Al Palazzo Esposizioni, dal 15 aprile al 20 luglio 2014 la grande mostra “Gli Etruschi e il Mediterraneo. La città di Cerveteri” espone 400 reperti archeologici eccezionali per antichità, alcuni risalgono al IX sec. a. C., e per bellezza, vasi e anfore di incomparabile splendore, nonché per valore storico e resa spettacolare come il “Sarcofago degli Sposi” esposto per la prima volta. La mostra è a cura delle istituzioni che, insieme all’Azienda Speciale Palaexpo,  l’hanno organizzata anche prestando reperti prestigiosi, curatori Francoise Gaultier e Laurent Haumesser del Museo del Louvre, Paola Santoro e Vincenzo Bellelli del CNR, Alfonsina Russo Tagliente e Rita Cosentino della Soprintendenza Beni Archeologici Etruria meridionale. Catalogo a cura di Palaexpo e Louvre, Editore Somogy – Editions d’Art, con testi di 52 autori per la ricostruzione della storia di Cerveteri e per il commento critico ai 400 reperti della mostra riprodotti nella parte iconografia del volume. Alla presentazione congiunta con la mostra “Pasolini Roma” sono intervenuti l’assessore alla Cultura della Regione Lazio Lidia Ravera e il nuovo presidente dell’Azienda Speciale Palaexpo Franco Bernabè, le cui sperimentate capacità manageriali e imprenditoriali riferite all’arte sono sicura garanzia.  

Ciò che colpisce subito della mostra sugli Etruschi di Cerveteri è la straordinaria ricchezza e l’altrettanto straordinaria bellezza dell’esposizione. Lo spazio espositivo coni suoi ampi ambienti che si snodano in un lungo itinerario è costellato di splendidi reperti, pietre e marmi, vasi e anfore di splendida fattura fino al grande “Sarcofago degli Sposi” che rappresenta il “clou” della mostra.

Ma non è solo la parte spettacolare il pregio della mostra, bensì la sua articolazione per temi, di cui i reperti sono la testimonianza visiva sulla base di un’accurata ricerca storica e archeologica. Una ricostruzione storica non sul popolo etrusco in generale, ma imperniata sul centro in cui si è manifestata tale civiltà per irradiarsi nel Mediterraneo, la città di Cerveteri,   a meno di 50 km da Roma. L’antica “Caere” dei Romani, “Agylla” per i greci, “Kaiseraie ” per gli Etruschi, definita “la più prospera e popolata città dell’Etruria” da Dionigi di Alicarnasso, nel I millennio a. C.  

La Cerveteri di allora viene paragonata a città come Atene, Siracusa e Cartagine, crocevia di traffici commerciali e di scambi culturali con il mondo greco e romano, fenicio e italico, tra Oriente e Occidente, di cui ha assorbito, adattandoli,  stile e modelli.

Contenuto e articolazione della mostra

Il compito che si sono posti gli organizzatori della mostra è stato quello di raccontare questo millennio di storia,  documentando con i reperti come si fosse formata la città, la sua espansione nel Mediterraneo, la sua rivalità con Roma fino al suo assoggettamento all’impero romano agli albori.

E’ una storia ricostruita e raccontata con i reperti del sottosuolo, dunque: anche questi hanno una loro storia, essa pure ripercorsa nella mostra. Ne sono protagonisti  gli archeologi e i collezionisti come il marchese Campana e i musei in cui i reperti hanno trovato collocazione, primi tra tutti il Louvre e il Museo Etrusco di Villa Giulia; ma tra i prestatori ci sono anche il Museo Nazionale Cerite e il Museo Gregoriano Etrusco del Vaticano,  il British Museum di Londra e  grandi musei di Berlino e Copenaghen. Questi apporti hanno permesso di riunire  i reperti aventi un’unica provenienza ma distribuiti nei vari musei ripristinando per il periodo della mostra la loro unitarietà.

La fonte principale per la ricostruzione operata dalla mostra sono state le necropoli portate alla luce nell’800 e nel ‘900,  dalle quali è provenuta la gran parte del numero sterminato di reperti;  ma anche gli scavi cittadini hanno fornito  notevoli contributi integrando i dati emersi dai prevalenti reperti funerari. Il confronto tra i reperti di più antico rinvenimento e quelli più recenti ha consentito inoltre di rivedere alcune conclusioni che sembravano definitive; le ricerche tuttavia proseguono,  permettendo di estendere la conoscenza dalle necropoli e dal centro urbano all’intero  territorio, dove si trova  il sito di Pyrgi, il porto più importante dell’antica “Caere”,

Viene sottolineata la mobilitazione nelle ricerche recenti, con l’impegno di istituti universitari e di ricerca, di archeologi italiani e stranieri, e un ruolo importante del volontariato e della formazione; e il fatto che è un lavoro “in progress”. Così i curatori: “Ma i lavori non finiscono qui, presentando i risultati di un bilancio parziale, la mostra intende aprire la strada anche a nuove ricerche”.

Nulla di statico e stantio, dunque, da museo coperto di polvere, ma dinamismo e innovazione, sono le  caratteristiche  della mostra al cui apparato altamente spettacolare si associa un contenuto culturale di grande livello.

Il dinamismo risiede nell’evoluzione incessante delle conoscenze che porta a rivedere le acquisizioni del passato; l’innovazione nel presentare una civiltà attraverso la lente di ingrandimento di una città che ne è stata la grande interprete.

Ecco i temi  trattati nelle diverse sezioni espositive. Si inizia con la “storia di una scoperta”, documentando le grandi ricerche archeologiche e i relativi risultati a cominciare dall”800; poi si dedica doverosamente uno spazio al collezionista Campana, la cui incessante attività di collezionista – la sua raccolta raggiunse i 10.000 pezzi – cessò per un finale da tempi moderni.

Con “la nascita di una città”, tra il XII e il VII sec. a. C.,   si entra nel vivo della ricerca etruscologica, con reperti di capanne e di vasellame, e soprattutto corredi funebri.  Ma chi sono i protagonisti, e come evolve nel tempo questa civiltà?  La sezione sui “principi di Cerveteri” dà una risposta, con la panoramica sull’Etruria, l’oriente e la Grecia del VII sec. a. C., attraverso i  monumenti ei corredi funerari.

“L’apogeo” della civiltà viene descritto rievocando la “Cerveteri in epoca arcaica”, VI-V sec. a. C.: e questo attraverso l’architettura e l’urbanistica, gli scambi commerciali e la pittura, le necropoli  ei corredi funerari a confronto con le risultanze sulla evidenze del centro urbano,

Il confronto con Roma, nel IV-III sec. a. C. porta al “rinnovamento della città”, con l’apertura al nuovo linguaggio artistico e l’autocelebrazione della nobiltà nei sarcofaghi funerari.

L’ultima sezione della mostra si intitola “la fine di una storia; Cerveteri romana”, siamo al III-I sec. a. C., viene descritta la progressiva romanizzazione  con la persistenza delle “radici” etrusche.

Le scoperte archeologiche nell”800 e ‘900

La “narrazione”  della mostra inizia nella prima sezione con  la riscoperta di Cerveteri nelle campagne di scavo di inizi ‘800, già in un testo di Luigi Canina del 1938 era identificata e descritta l’antica “Caere” attraverso i primi risultati ottenuti dalle ricerche, che si intensificarono dopo gli anni ’20. Fu creato l’Istituto di corrispondenza archeologica a Roma che pubblicava via via gli esiti degli scavi; altro materiale documentario di tali campagne è stato recuperato negli appositi archivi .

Per farsi un’idea dell’entità dei ritrovamenti basta considerare che nel 1826 l’arciprete Alessandro Regolini  portò alla luce oltre 800 terracotte votive e che nel 1934, nella necropoli della  Banditaccia furono rinvenute 53 tombe, tra cui la Tomba degli Animali Dipinti e la tomba degli Scudi e delle Sedie, seguirono nel 1835 le tombe della Sedia Torlonia e la tomba Torlonia  con numerosi arredi funebri. Nel 1836 il citato Regolini trovò altre tombe  con corredi funerari, e nel 1837  fu istituito il Museo Gregoriano Etrusco che raccolse molti reperti di Cerveteri.

Negli anni ’40 entra in scena il collezionista Giovanni Pietro Campana, che nel 1844 effettua scavi  nelle terre del principe Ruspoli e porta alla luce delle tombe, la” tomba Campana” cui fu dato il suo nome, e la “tomba dei Pilastri”, poi nel 1946-47 verrà la “tomba dei Rilievi”.  Era un marchese  appassionato di archeologia e arte antica, membro di accademie scientifiche, con scavi e acquisti mise insieme la più grande collezione  dell’epoca, di oltre 10.000 reperti, nota in tutta Europa. Fu arrestato con l’accusa di peculato per aver prelevato notevoli somme di denaro del Monte di Pietà che dirigeva impegnando per garanzia la propria collezione, ma immobilizzandone i capitali;  la sua collezione fu confiscata dall’amministrazione pontificia nel 1857 e Napoleone acquistò la parte etrusca che è finita al Louvre dal 1863, per questo il grande museo francese ne è tuttora il detentore.

Tra gli altri ricercatori di tombe ricordiamo i fratelli Augusto e Alessandro Castellani, che tra il 1860 e il 1870 avevano rilevato parte della collezione Campana, e nel 1865 scoprirono la “tomba delle Cinque Sedie” e la “tomba dei Cani”, ma le aste da loro indette e le donazioni portarono alla dispersione dei reperti rompendo l’unitarietà  dei corredi, quindi non conservando il set originario.

E soprattutto i fratelli Boccanegra ai quali si deve il ritrovamento,  nel 1881, del Sarcofago degli Sposi e delle grandi lastre dipinte del British Museum cui è stato dato il loro nome.

Hanno contribuito alla riscoperta di Caere nella seconda metà dell”800  Giovanni Antomarchi, un ufficiale francese in servizio a Tolfa  che ha ritrovato nel 1865 la necropoli di Pian della Conserva e partecipato agli scavi per portare alla luce 30 tombe tra cui quella dei Cani già citata; l’antiquario Agostino Jacobini e Antonio Lauri ai quali si deve il ritrovamento di un lotto di “terracotte architettoniche” provenienti da edifici della zona,  tanto rilevante  che le ritroviamo in molti musei in Europa e America, oltre che nel Museo nazionale etrusco di Villa Giulia. Uguale sorte hanno avuto i reperti di un deposito votivo molto ricco scoperto nel 1885 da don Mariano Lazzari.

Ai primi del ‘900 riprendono le ricerche  nelle aree che erano state scoperte nell’ 800 per iniziativa di privati, ma questa volta con la direzione e il controllo di istituzioni pubbliche, che sono riuscite a impedire la smembramento e la dispersione dei reperti riuscendo a mantenere l’unitarietà dei nuovi ritrovamenti. Per quelli precedenti,  come si è detto, troviamo le destinazioni più diverse, analizzate  specificamente nel Catalogo che ricostruisce con cura la formazione delle raccolte di materiali provenienti da Cerveteri con apposite trattazioni relative al Museo di Berlino e al Louvre, al British Museum e al  Museo di Copenaghen, ai Musei americani e  italiani, in particolare i Musei Capitolini e il Museo nazionale etrusco di Villa Giulia.

Gli scavi del ‘900 hanno esplorato l’area dell’antica Caere  con le necropoli circostanti, dell’estensione di circa 160 ettari: i primi interventi sistematici  di esplorazione delle necropoli ad opera del direttore dell’Ufficio scavi di Civitavecchia e Tolfa Mengarelli, tra il 1908 e il 1934,  individuarono centinaia di tombe, soprattutto nella zona della Banditaccia, seguirono i restauri a cura dello stesso direttore che operò proficuamente per oltre 20 anni. Poi un’interruzione prolungatasi per il conflitto mondiale e la ripresa nel dopoguerra a cura della Soprintendenza per le antichità dell’Etruria meridionale cui si affiancarono altri organismi, dal 1950 la Scuola italiana di Archeologia e dal 1960 la Fondazione Lerici del Politecnico di Milano.

Negli anni ’70, oltre ad approfondire la conoscenza delle necropoli note, fu scoperto un altro settore della necropoli villanoviana e la necropoli di Greppe Sant’Angelo con una tomba dalla facciata rupestre e delle sculture; lì verrà rinvenuto da uno scavo clandestino il celebre cratere di Eufronio recuperato per l’azione delle forze dell’ordine di tutela del patrimonio archeologico; negli anni ’80 e ’90  sono state scoperte le tombe principesche e nel 2004, in coincidenza con l’inserimento della  necropoli della Banditaccia tra i siti patrimonio dell’umanità dell’Unesco, si sono riprese indagini sistematiche nell’area della “tomba delle Cinque sedie” e, nel 2012, nell’area  della “tegola Dipinta”, anche per prevenire e contrastare gli scavi clandestini.

Nell’area urbana si sono svolte ricerche all’inizio del ‘900, in prosecuzione delle prime condotte  negli anni ’40 dell’ ‘800; l’interruzione iniziata nel 1936 è stata più lunga, sono riprese negli anni ’80 con il ritrovamento dei resti di una struttura templare a tre celle e di un edificio per pubbliche assemblee nell’area della Vigna parrocchiale; poi negli anni ’90 nella località sant’Antonio con i resti di un santuario monumentale, protagonista in entrambi i casi Mauro Cristofani con il soprintendente Paola Pelagatti; nuove indagini nel 2007 sulle tombe sotto al santuario nella cui area è stata rinvenuta anche una necropoli di età romana con relativo corredo funerario. Importante l’azione svolta dal CNR per gli scavi archeologici nell’area urbana.

Infine va ricordato il ritrovamento della cinta muraria  e delle strutture del castello corrispondente all’antico abitato di Pyrgi, dove per sei decenni sono stati eseguiti scavi, dopo l’intuizione di Massimo Pallottino negli anni ’40;  fuori dalle mura c’è il santuario noto da fonti antiche. 

Come antipasto della ricchissima esposizione, forte di 400 reperti, vediamo una serie di teste di statua, di uomo, donna e bambino, del III sec. a. C., scoperte nel 1826 nella località  Vignali. Dagli scavi sulle terre dei Torlonia provengono reperti più antichi, che risalgono al VII-V sec. a. C., come un modellino di barca e un albastron, un calice con cariatidi e una splendida “coppa attica a occhioni’, poi un’ olpe proto corinzia  e vasellame corinzio,un’oinochoe, un’anfora e una Kotyle,tutte con fregi di animali, sfingi ed altre figure che spiccano sulla superficie degli oggetti.

La nascita di una città

La seconda sezione è dedicata alla nascita della città di Caere dove si trova oggi Cerveteri, a 45 km da Roma, la più meridionale delle città etrusche.  E’ arretrata di alcuni chilometri rispetto al mare e e in posizione elevata – 80 metri – per motivi di sicurezza, come una roccaforte; il centro si estendeva per 160 ettari, la metà di Roma, la popolazione stimata da 25 mila a 80 mila abitanti. Pianori percorsi da corsi d’acqua  al centro di un sistema di comunicazioni che sviluppò assi viari verso l’interno, i monti della Tolfa e i laghi vulcanici,  e la fascia costiera, da Pyrgi a Civitavecchia.

Le origini di Caere sono ben più antiche di quelle di Roma, che si fermano al 753 a. C., sembra che fondatori della città fossero i Pelasgi, stanziati nell’Ellade prima dei greci, e dopo l’arrivo di questi approdati in Italia dando vita agli Etruschi che, secondo Erodoto, erano invece di origine lidia. Per Caere le due tesi vengono sommate: in origine ci furono i Pelasgi, poi subentrarono i Lidi: Caere sarebbe il nome lidio, mentre Agylla il nome attribuito ai Pelasgi anche se alcuni sostengono che furono loro a chiamarla Caere  per ricordare il grido di gioia nella loro lingua all’approdo su quel  territorio quando trovarono finalmente l’acqua dopo la lunga navigazione. L’identificazione con i Pelasgi è dipesa dall’essere un popolo molto vicino ai greci con cui dovevano convivere.

All’Età del ferro si fa risalire la nascita della città, ma come punto di arrivo di insediamenti precedenti dell’Età del bronzo – forse attratti dai  giacimenti minerali e dalle argille della zona della Tolfa – di cui le ricognizioni archeologiche hanno trovato tracce evidenti.  I  reperti rinvenuti nella zona documentano una certa continuità tra Età del bronzo e del ferro sebbene gli insediamenti maggiori fossero stati abbandonati per creare comunità più piccole  periferiche. Di qui una certa lentezza nell’aggregazione che darà vita alla grande città di Caere.

Della storia più remota danno testimonianza una serie di reperti provenienti da Vaccina, il cui insediamento si sviluppò agli albori del XII sec. a. C. lungo un corso d’acqua, ed era al centro di traffici commerciali  cui si riferisce il materiale esposto. Si tratta, infatti, di vasellame di tipo miceneo, in argilla tornita e dipinta, trovato con un gran numero di ceramiche d’impasto  peculiari dell’Età del bronzo avanzato,  dotate di  anse con appendici a forma di teste di uccelli acquatici. Sono esposte una coppa e delle tazze, inoltre delle anse zoomorfe, una punta di freccia  e una situla.

Dall’Età del bronzo dei primi insediamenti  nella Tolfa all’Età del ferro di Caere si passa con  un’altra serie di reperti anch’essi antichissimi, risalgono al IX sec. a. C,si tratta di un fornello di terracotta e di una serie di reperti dalle tombe del Sorbo,  ricche di oggetti di uso domestico:  brocche e  tazze, urne biconiche  e fibule, rocchetti e fusaiole. Meno arcaica, si fa per dire, la necropoli del Laghetto, VIII sec. a: C. con le coppe e i  morsi in bronzo per cavallo,come segno di distinzione sociale.  Le ceramiche cominciano ad essere dipinte, a differenza di quelle del periodo precedente, su modelli, latini, lidi e greci: sono apporti esterni che riflettono i traffici commerciali.

Siamo nell’VIII sec. a. C., i morsi in bronzo per cavallo sono il segno dell’emergere di un ceto aristocratico, le grandi famiglie. Nella terza sezione viene documentato l’avvento dei Principi di Cerveteri attraverso i corredi funerari con le insegne del potere, seguirà l’apogeo della città, il culmine raggiunto nell’architettura, nella pittura e negli scambi, anche qui con i corredi funerari;  poi il suo rinnovarsi dopo un periodo di crisi fino al confronto con Roma e l’assorbimento nell’impero romano. La cavalcata nella storia attraverso i reperti esposti, giunge al I sec. d.C., con l’era cristiana.  Ripercorreremo tale periodo prossimamente concludendo la visita alla mostra.

Info

Palazzo delle Esposizioni, Roma, Via Nazionale 194. Aperto da martedì a domenica ore 10,00-20,00,  il venerdì e il sabato chiusura ore 22,30, con 2 ore e 30 minuti di apertura in più degli altri giorni, lunedì chiuso; la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso intero euro 12,00, ridotto euro 9,50 per minori di anni 26, maggiori di anni 65 e categorie tra cui insegnanti, gratuito per minori di 6 anni e particolari categorie. Tel. 06.39967506, http://www.palazzoesposizioni.it/. Con un unico ingresso è possibile visitare tutte le mostre nel Palazzo Esposizioni, attualmente oltre alla mostra su Cerveteri  le  mostre contemporanee “Pasolini Roma” e “National Geographic, 125 anni, la Grande Avventura”: al riguardo cfr. i nostri articoli, per la prima  in questo sito il 27 maggio  e 15 giugno 2014, per la seconda in  http://www.fotografarefacile.it/ aprile 2014.  Catalogo: “Gli Etruschi e il Mediterraneo. La città di Cerveteri”, Somogy-Editions d’Art, 2014, pp. 360, formato 23×29, con testi di 52 autori  per la ricostruzione storica e l’illustrazione iconografica. Per il secondo articolo sulla mostra cfr. in questo sito Cerveteri, dall’apogeo alla caduta al Palazzo Esposizioni”, 6 luglio 2014. Cfr. inoltre i nostri articoli in “http://www.notizie.antika.it/“:  per la mostra attuale  “Roma. Mostra sugli Etruschi di Cerveteri al Palazzo Esposizioni”, luglio 2014; per un’altra mostra sugli  Etruschi“Asti. Mostra sugli Etruschi nella storia d’Italia” e “Asti. L’archeologia degli Etruschi a Palazzo Mazzetti” il 15 e 17 marzo 2012.

FotoLe  immagini, tranne quella di apertura cortesemente fornita dall’Azienda Speciale Palaexpo,  sono state riprese da Romano Maria Levante  nel Palazzo Esposizioni alla presentazione della mostra,  si ringrazia in particolare l’Ufficio stampa dell’Azienda, con i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta.  In apertura, “Sarcofago degli sposi”, 530-510 a. C.; seguono “Anfore” VII sec. a. C.,  e “Lebete con protomi” –Sostegno decorato a sbalzo”,  675-650 a. C.,, poi  “Antefissa” dal tempio di Hera, III sec. a. C.,  e un gruppo di “Anfore” dal relitto del Grand Ribaud F. V sec. a. C., quindi “Urna raffigurante una coppia semidistesa su un letto da banchetto nell’atto dell’offerta di profumo”, 520-500 a. C., “Statua maschile”, III sec. a. C., e 2 “Statuette”, 650-630 a. C.;  in chiusura,  la veduta di una sala con in primo piano dei crateri.