di Romano Maria Levante
Si conclude il nostro resoconto del “Premio internazionale pittura rupestre Guido Montauti”, 1^ edizione, svoltosi a Pietracamela, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Vincitore Jorg Christoph Grunert, di Colonia, del quale abbiamo delineato in precedenza la figura di artista, citando i suoi cicli di opere con i materiali più diversi fino alla pietra e le intense motivazioni. Abbiamo anche ricordato i partecipanti e in particolare gli altri due finalisti Marco Pace e Franco Pompei, e l’autore del ritratto altamente simbolico di Montauti, Marco Rodomonti.
Ora seguiremo il vincitore dal bozzetto iniziale alla realizzazione finale sulla grande roccia passando per le fasi intermedie nelle quali si è avuta la progressiva compenetrazione dell’artista con la “pittura rupestre” nel contatto con la pietra su cui dipingere; e c’è la sua scultura, concepita come dono ai “pretaroli”, su ispirazione di pietre trovate “in loco” in cui l’artista ha visto una storia. Andremo oltre la premiazione, allietata dal “Melos Clarinet Ensemble” diretto da Federico Paci, e dal “Loop incursione di dance in nature”di Ramona di Serafino, con la sorpresa del finale inatteso.
Da “meditando la materia” alla “pittura rupestre”
La maggior parte delle opere citate nel nostro precedente scritto sono della serie “Meditando la materia”, diremmo meditando la pietra. Ed è questa, riteniamo, la chiave della partecipazione dell’artista al “Premio pittura rupestre” e del suo successo, gli si è offerta la possibilità di un contatto ancora più diretto con la pietra, non più di tipo scultoreo ma pittorico: di una pittura, però, che non soffoca la pietra lasciandola libera di “respirare” come un set di uno spettacolo teatrale.
E Jorg è anche drammaturgo e trainer di pedagogia teatrale oltre che di didattica artistica, nonché performer: quanto di meglio per la performance richiesta nella natura a tu per tu con la pietra, non più mero materiale di supporto bensì “dominus” della raffigurazione ispirata alle sue asprezze, anfratti e gibbosità, da cogliere come un regista fa con gli attori, scrutandone le caratteristiche più nascoste per valorizzarle guidandone l’interpretazione. E, in qualche misura, anche esserne guidato in una corrispondenza biunivoca di compenetrazione reciproca
Questo ha fatto Jorg, per come lo abbiamo seguito, sin dalla trasposizione del bozzetto iniziale nel bozzetto definitivo nei due giorni di “residenza artistica” a contatto con la grande pietra prescelta per la performance. Ha fatto la prova generale del suo “spettacolo”, sviluppando l’idea del bozzetto da lui presentato su un fotocolor del masso, con un valore aggiunto che è stato vincente perché si è visto quello che non appariva altrettanto evidente dal fondo cartaceo bianco e forzatamente piatto del disegno iniziale: una serie di figurazioni paniche, in simbiosi con la natura, ritagliate, per quanto possibile nelle piccole dimensioni dell’immagine fotografica, sulle gibbosità della pietra lasciata “respirare”, libera da una pittura troppo invasiva, e pronta ad accogliere gli elfi dell’artista.
Allorché dalla residenza artistica di due giorni è passato alla residenza di una settimana per realizzare l’opera sul grande masso, è emersa tutta la sua maestria ma anche tutto il suo amore per questa materia, che ha fatto vivere nelle tante sculture della sua produzione trovando questa volta un diverso rapporto con essa: un rapporto altrettanto se non più coinvolgente anche tenendo conto del valore che ha la sua opera nella speciale motivazione del premio intitolato a Guido Montauti.
All’artista chiediamo ora di questa sua diversa e, crediamo, innovativa esperienza con la pietra rispetto alle opere di “meditando la materia” e alle altre con lo stesso materiale, in particolare nel rapporto con le “pitture rupestri” cui Guido Montauti apponeva la firma “Il Pastore bianco” per sottolineare il ritorno ai primordi silvo-pastorali e l’immersione nella natura.
Ecco cosa ci ha risposto: “Lavoro da una vita sui segni della terra, in particolare sulle pietre che ne sono la primaria espressione; ho seguito lo stesso procedimento di mimesi, cogliere la temperie della materia sentendola dentro di me e trasferirla nella pietra, in una trasformazione e compenetrazione reciproche. Ma questa volta ho avuto la possibilità di un’interpretazione nuova per la forza che il grande masso, divenuto il ‘set’ della mia rappresentazione, ha esercitato su di me. Finora il mio lavoro sui segni della terra aveva prodotto immagini astratte e informali per trarne segni emblematici; in questa circostanza si è avuto il processo inverso. La mimesi ha operato nel senso dell’antropomorfismo della materia, in me non c’era più lo strumento di una civiltà avanzata che coglie i segni della terra trasformandoli in emblemi; mi sono sentito trasformato in un ‘rupestre’ che imprime i suoi graffiti sulla roccia, la grande pietra ha avuto la forza di portarmi a immagini figurative”.
“Graecia capta ferum victorem cepit”, potremmo commentare, la pietra da passiva ricettrice ha imposto la sua legge, che sa di atavico e primordiale, ma anche di rigeneratore catartico. E qui la catarsi non è per l’artista di cui abbiamo ascoltato l’intensa autoanalisi nel segno dell’umanità più genuina e sofferta; bensì per quanto suscita la sua ribellione verso un’autentica “rinascenza” di vita.
Dalla cerimonia alla “pittura rupestre” di Jorg “en plein air”
Con questo rapporto artistico e umano tra l’artista e la pietra nello straordinario scenario naturale della zona ferita dalla frana e recuperata, nasce la sua opera “en plein air”: un vero e proprio monumento che coniuga arte e natura, meritevole di essere inaugurato scoprendo un velo ideale.
La premiazione si è svolta il 24 agosto nel panoramico “Belvedere Guido Montauti”, l’intero paese ad assistervi con tanti visitatori “forestieri”, gestita con disinvoltura e sperimentata capacità da Gian Franco Manetta, dal 9 agosto anima della manifestazione e maestro di cerimonie per l’intera settimana dal 17 al 24 agosto. Manetta ha sottolineato come questo premio internazionale che ha per oggetto la pittura rupestre sia inedito nel panorama dei concorsi artistici, nel senso di unico al mondo, e non è costatazione da poco per quanto può derivarne sul piano del rapporto arte-natura.
Ben giustificata, quindi, la settimana di eventi culturali e di intrattenimenti musicali e coreografici, per la cerimonia di premiazione, dopo la mattinata con “Metamorfosi ensemble” di flauto viola e violoncello con corografie di Nadia Cois, nel clou della serata il “Melos Clarinet Ensemble” diretto da Federico Paci, solo fiati, 7 clarinetti e 2 strumenti a forma di piccoli sassofoni; e il “Loop incursione di dance in nature”, di Ramona di Serafino, Compagnia Antonio Minini.
Hanno parlato Antonio Di Giustino, che ha ideato il Premio portandolo alla realizzazione come sindaco di Pietracamela: è la ciliegia sulla torta dei tanti impegni assolti positivamente nel recupero di situazioni compromesse da eventi naturali, di una natura che manifesta la sua vitalità spesso in modo distruttivo: dal terremoto alla frana del crollo del “Grottone”, alle due interruzioni stradali, normalità finora ripristinata con gli alloggi del “Largo della Rinascita” per i residenti le cui abitazioni sono risultate inagibili, con l’eliminazione dello sperone incombente dopo la frana, e il prossimo avvio, “allo scioglimento delle nevi”, dei lavori sugli edifici colpiti dal terremoto.
Si è unito al saluto Pietro Chiarini, il presidente di “Teramo Nostra” che ha organizzato il Premio indetto dal Comune di Pietracamela e lo ha gestito con efficienza e passione superando le difficoltà inerenti a un concorso così inusuale, anzi inedito, cui si sono aggiunte quelle dell’improvvisa crisi nell’amministrazione comunale; e organizzando anche la mostra dei bozzetti nella propria sede a Teramo dopo l’esposizione nel Palazzo comunale del borgo. Presenti i due figli dell’artista cui il Premio è intitolato, Pierluigi Montauti, che ha ricordato come il padre amasse trascorrere l’estate a Pietracamela e si affacciasse nella finestra proprio sopra al Belvedere che venne successivamente a lui intestato, e Giorgio Montauti che con il pragmatismo dell’analista scientifico ha raccomandato il restauro delle due “pitture rupestri” superstiti e il recupero della terza sopravvissuta che va liberata dalle pietre da cui è coperta e restaurata. Infine il vincitore, Jorg Christoph Grunert, tra gli applausi ha detto: “Io mi sono trasformato nella pietra e la pietra in me”.
Per quanto ci riguarda, tornando alla “scoperta” del monumento naturale, possiamo aggiungere che la “pittura rupestre” di Jorg è spettacolare, in senso teatrale, e nel contempo discreta in una mimesi con la natura – quella di cui ci ha parlato nella sua autoanalisi – che dà alle figure evidenziate da un cromatismo diffuso nelle gibbosità e anfratti della roccia il fascino e il mistero degli elfi e delle magiche presenze che popolano la montagna, nell’abbozzo di figurativo che anima il masso.
Si riconoscono le sagome inconfondibili di animali noti, anche se in un figurativo primordiale che le ricorda senza identificarle, delle figure umane anch’esse indistinte e una figura di uomo-animale, poi altre figurazioni che richiamano antichi simbolismi panici. La roccia resta ben visibile, diventa essa stessa figura nella complessa composizione oltre a “respirare” tra le varie figure, in una rappresentazione avvolgente, che prende i due lati visibili della roccia, sempre con la massima aderenza alle asperità della superficie. Veramente magistrale, come tutta l’azione dell’artista.
Non poteva iniziare meglio sotto il profilo artistico il ciclo del “Premio pittura rupestre” alla 1^ edizione, cui ne seguiranno altre a cadenza annuale, secondo l’impegno assunto anche a livello regionale. Lo ha prospettato Antonio Di Giustino, al quale va il grande merito di aver ideato una risposta così alta e forte del paese alla devastazione delle pitture rupestri operata dalla frana, e di aver organizzato la manifestazione con “Teramo Nostra”, un’organizzazione esperta e lo ha dimostrato, nella sua sede ci sono le testimonianze dei tanti eventi realizzati nella sua lunga vita..
Il rilancio del borgo con l’abbrivio di un nuovo inizio
E’ un altro passo importante non solo per il ritorno alla normalità, ma per un rilancio del borgo che la superi con l’abbrivio di un nuovo inizio. I due principali percorsi panoramici sono stati ripristinati ed è stato rimosso con il difficile intervento di demolizione controllata lo sperone di roccia ora non più incombente sulla zona; gli eventi culturali non sono mancati pur in condizioni molto difficili.
Ma non basta, la nuova “pittura rupestre” di Jorg Christoph Grunert non sarà isolata, e non soltanto perché ne seguiranno altre nei prossimi anni, fino a formare un parco naturale-artistico di grande valore. Ne è rimasta una del “Pastore bianco” di Montauti completamente integra che domina la zona, più in alto: era la più grande, con le caratteristiche sagome umane e due cavalli, uno di lato, l’altro visto posteriormente, oltre a questa altre due sopravvissute, una interamente, l’altra parzialmente, tutte da restaurare in quanto sbiadite dalle intemperie e da inserire in un percorso da ripristinare, lo ha chiesto Giorgio Montauti, lo ribadiamo con forza anche noi chiedendo una risposta impegnativa e risolutiva agli organi competenti comunali e regionali.
Così le “nuove pitture rupestri”, nel colmare il vuoto lasciato da quelle distrutte dalla frana, si collegheranno alle “pitture rupestri” rimaste, poche rispetto alla preesistente platea di figure del “Quarto stato montanaro”, ma molto significative per mantenerne la memoria e il valore simbolico.
Non è tutto, a poche diecine di metri dalla grande pietra con la “pittura rupestre” di Jorg, lungo l’itinerario verso le “pitture rupestri” sopravvissute, c’è in alto tra piante e arbusti un masso di roccia antropomorfo, nel quale da sempre è stato visto dall’immaginazione popolare “L’imperatore”. Ebbene, negli stessi giorni si è celebrato a Roma il bimillenario di Augusto, il primo imperatore, l’imperatore per eccellenza. La nuova “pittura rupestre” inaugurata in coincidenza con questa ricorrenza millenaria nasce dunque con un segno superiore, e sarebbe bello che anche quella statua naturale fosse inserita nel percorso arte-natura comprendente le “pitture rupestri” sopravvissute con questa appena realizzata e con le altre che seguiranno negli anni.
Il “Premio internazionale di pittura rupestre Guido Montauti” nasce, quindi, nel segno di Augusto. Il primo vincitore è un artista tedesco amico dell’Abruzzo, cosa che risponde appieno alla caratura internazionale data alla manifestazione, anche se la scelta non ne è stata influenzata, essendo sconosciuti i nomi degli autori alla Giuria che ha giudicato le opere a concorso scegliendo prima i tre finalisti, poi il vincitore. Una scelta che, anche “a posteriori”, si è rivelata quanto mai azzeccata per i valori sentiti dall’artista nel rapporto tra umanità e natura nel segno della ribellione: in Guido Montauti alla degenerazione dell’arte, in Jorg dell’umanità, entrambi in nome della “rinascenza”.
L’avanguardia di una “nuova rinascenza”
Abbiamo riportato in precedenza l’autoanalisi dell’artista su questa degenerazione sempre più diffusa con l’allontanamento dalla natura e dall’umanità che reclama un esercizio più responsabile della libertà. Ebbene, al termine della cerimonia di premiazione si è potuto cogliere come sia purtroppo giustificata ed attuale anche nel microcosmo paesano la sua visione che lo porta a proclamare l’esigenza di una ribellione contro il degrado all’insegna dei veri valori. Mentre si svolgeva la festa della premiazione nel Belvedere Guido Montauti, con l’intrattenimento coinvolgente fin qui ricordato, uno sconsiderato sconosciuto sporcava con della tinta blu la “pittura rupestre” appena realizzata fuori dal paese e la scultura che l’artista aveva concepito come dono ai “pretaroli”. Una profanazione dell’opera, un’offesa all’artista e al borgo, una violenza all’arte.
Non mancano, purtroppo, tali segni di inciviltà, nella vita attuale, in ogni latitudine, nel paese piccoli vandalismi sono avvenuti in passato nel mese di agosto quando le presenze si moltiplicano; e pure se si fosse trattato del gesto sconsiderato di un ragazzo il giudizio non cambierebbe, anzi potrebbe diventare più sconsolato mettendo in discussione anche la speranza nel futuro se fosse in età di discernere il lecito dall’illecito, il giusto dall’ingiusto; se fosse inconsapevole la condanna si sposterebbe sui genitori e sulla loro incosciente assenza sul piano educativo. Non è ammissibile che un evento, dal quale il paese è stato coinvolto totalmente soprattutto nella settimana culminata nella premiazione, sia stato ignorato dalla famiglia del ragazzo o che non ne abbia reso edotto il minore, al punto che avrebbe profanato l’opera proprio mentre si festeggiava; e se si tratta di ragazzo nell’età dell’incoscienza la famiglia è altrettanto colpevole per omessa vigilanza, senza controllo potrebbe arrecare qualunque danno se non ha la capacità di discernimento o di apprendimento. Se invece fosse il gesto di un adulto la condanna sarebbe senza appello quali che ne fossero i motivi.
Chiunque fosse stato, ragazzo o adulto, a irridere, consapevole o meno, ai nobili sentimenti evocati, è la metafora di come si possa profanare ciò che ha in sé alti contenuti di cultura e memoria oltre che di arte, ancor più nella cornice di una intera settimana dedicata a questi valori; una prova ulteriore, se ce ne fosse bisogno, di come si debba tornare al rispetto della natura e dell’umanità, e di come sia quanto mai necessaria l'”ecologia della mente”, oltre che dell’ambiente, invocata dall’artista. Il suo “urlo” è divenuto l’urlo di tutte le persone con un elementare senso di umanità.
Il male è l’altra faccia del bene, ma è il bene a vincere, e l’arte è stata sempre vittoriosa dinanzi alle profanazioni subite anche da grandi capolavori superprotetti; avverrà così pure questa volta. E il fatto che anche nel piccolo borgo si sia ripetuto un vandalismo dall’autore ancora sconosciuto, consapevole o meno ma sempre colpevole o comunque irresponsabile, conferma la denuncia di Jorg delle degenerazioni e l’urgenza della ribellione nel segno dei valori più autentici.
Le “pitture rupestri” del Pastore bianco di Guido Montauti nacquero, lo si è ricordato, come “avanguardia della rinascenza” perché sentiva tale esigenza per l’arte; Jorg la lega all’umanità, e si è visto come abbia ragione. Jorg Christoph Grunert rilancia così, dopo mezzo secolo, l’appello forte e chiaro di Guido Montauti con le “nuove pitture rupestri” che diventano l'”avanguardia della nuova rinascenza”.
Una “riconsacrazione” della “pittura rupestre” profanata nella sua integrità artistica, eliminando le deturpazioni che l’hanno ferita, può essere l’occasione di un evento nel quale l’artista abbia il conforto di coloro che nel segno dell’arte vogliano condividerlo con lui. Evento ben oltre i confini del borgo, che il Comune di Pietracamela dovrebbe promuovere, e “Teramo Nostra” organizzare con l’impegno meritorio profuso nel Premio, e nella bella mostra dei bozzetti presentati nella propria sede; anzi, in quell’occasione abbiamo avanzato questa proposta, subito accolta dal presidente Piero Chiarini, ora ci sembra che sia il Comune a dover prendere l’iniziativa e invitare l’artista a riparare ai danni arrecati alla sua opera, la “pittura rupestre” e anche la scultura.
Sarebbe bello il coinvolgimento degli artisti, siamo certi che Franco Summa e Sandro Melarangelo della Giuria del premio, e altri ancora non faranno mancare la loro presenza solidale.
E’ un’occasione che non va lasciata cadere per i valori che evoca e per il significato che può assumere. Abbiamo visto il profondo sconforto dell’artista nella lunga serata dopo la gioia della premiazione, uno sconforto condiviso da chi è sensibile all’arte e all’umanità, anche in questo caso in stretta simbiosi: siamo certi che quella gioia tornerà nei suoi occhi quando sarà sanata la ferita, cancellato lo sfregio con una partecipazione che ci auguriamo più ampia e qualificata possibile. Che dire di più, l’incanto resta, questo piccolo incidente accresce ancora di più l’attenzione.
Info
Jorg Christoph Grunert, “Vie dell’esilio”, testi critici di Rolando Alfonso e Antonio Picariello, Ass. culturale “Deposito dei segni”, pp. 100, formato 24×28. Cfr. i nostri scritti: sul Premio, tutti del 2014, in questo sito l’articolo di cui il presente è la conclusione, “Pietracamela, a Jorg Grunert il Premio pittura rupestre Guido Montauti”, 2 settembre, il precedente sul bando di concorso, “Pietracamela, il premio pittura rupestre e l’estate 2014”, 14 luglio, in “Info” sono citati i nostri precedenti articoli su Pietracamela; e in”cultura.inabruzzo.it” “Pietracamela, premio internazionale di pittura rupestre”, 8 luglio; sulla frana distruttiva delle “pitture rupestri”, tutti del 2012, in “cultura.inabruzzo.it” “Pietracamela. Fotografie e pitture rupestri nel crollo del ‘Grottone'”, 3 settembre, e “Pietracamela. Parte la messa in sicurezza del ‘Grottone'”, 14 settembre; in http://www.fotografarefacile.it/ , “Pietracamela. Mostra fotografica sul pittore Guido Montauti”, settembre 2012.
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante a Pietracamela, fuori Porta Fontana, nel costone soprastante e nel Belvedere Montauti del centro storico. In apertura, Jorg Grunert, “Nuova pittura rupestre”, parte frontale, seguono la parte laterale della pittura ultimata e la prima fase della realizzazione con l’artista all’opera ; poi in “progress” altre due fasi più avanzate, quindi una fase conclusiva della pittura e la scultura realizzata da Jorg Gunert vicino alla “pittura rupestre” come dono ai pretaroli, inoltre la consegna del premio a Jorg da parte di Antonio di Giustino, ideatore da sindaco di Pietracamela e la scultura naturale “L’imperatore” tra la vegetazione, nelle vicinanze della nuoiva “pittura rupestre”; infine la “pittura rupestre” di Guido Montauti nell’incavo della roccia indenne dal crollo sbiadita e la parte musicale della festa di premiazione con il “Melos Clarinet Ensemble” diretto da Federico Paci; in chiusura, la parte coreografica con il “Loop incursione di dance in nature” di Ramona di Serafino, Compagnia Antonio Minini.