Gianni Testa, il tour di un anno negli Emirati Arabi

di  Romano Maria Levante

Un pomeriggio molto romano e insieme internazionale quello di giovedì 12 marzo  in via della Greca  7  a Roma, per la presentazione del “Tour negli Emirati Arabi Uniti” di Gianni Testa con  i suoi dipinti di intenso realismo in un’atmosfera di sogno che li eleva in una sublimazione onirica.  L’evento è eccezionale, si tratta del’esposizione delle opere del Maestro in tre capoluoghi degli Emirati, Sharjah, Dubai e Abu Dhabi, dall’aprile 2015 all’aprile 2016, inaugurazione il 7 aprile.

Pomeriggio romano perché l’incontro si è svolto nella vasta sala consiliare del  1° Municipio,ricavata magistralmente nel cortile interno coperto da una piccola piramide da  Louvre, con 7 composizioni metalliche non identificate,  forse i 7 Re di Roma,  ma non vorremmo ripetere il gustoso episodio dell’equivoco nella visita alla mostra del film “Le vacanze intelligenti”; inoltre la sede è al termine dello spettacolare anello del Circo Massimo con il suo sfondo incomparabile.

Un pomeriggio anche internazionale, la suggestione degli Emirati Arabi è stata sempre presente, anche se non sono stati forniti particolari di un’iniziativa certo non semplice ma esaltante.

L’incontro con l’artista nell’assenza delle istituzioni culturali

Ne ha parlato uno degli intervenuti, conoscitore degli Emirati, affermando che pur se altri artisti vi hanno presentato le loro opere, sono stati sempre momenti fugaci, è la prima volta che ciò avviene per un intero anno in tre importanti località, all’interno di grandi alberghi internazionali.

Va  considerato che gli Emirati sono la nuova frontiera del business e dei grandi eventi,  si pensi alla Formula Uno automobilistica e alla penetrazione  del calcio, che vede nostri campioni chiamati in quei paesi e remunerati a peso d’oro;  il calcio è ai primi passi, e così l’arte, ma si vuole riguadagnare il tempo e perduto, e i mezzi finanziari non mancano nel paese dei petrodollari.  

E’ stato ricordato come siano state stanziate cifre astronomiche – dell’ordine dei 5 miliardi di dollari – per tre musei uniti da un tunnel, un progetto avveniristico. Perciò, il fatto che un artista italiano della caratura di Gianni Testa entri in questo mondo che ha del favoloso non può che rallegrare coloro che amano la cultura e la sua diffusione per le prospettive che apre.

Ma le Istituzioni non possono limitarsi a dare un sostegno morale e un incoraggiamento, per di più solo in sede locale,  a un’iniziativa non facile, tante sono le difficoltà e le insidie; sostegno morale e incoraggiamento sono venuti dal 1° Municipio, il Presidente del Consiglio municipale Yuri Trombetti ha aperto l’incontro nella sede conciliare lodando l’iniziativa anche perché, ha detto tra l’altro, “il fanatismo si combatte con la cultura”. Sembra che sia tutto qui, le Istituzioni  culturali, di ogni livello e competenza,  non si sono fatte sentire, eppure è l’arte italiana che sbarca negli Emirati in un’avventura che, se supportata, può fare da valida apripista. Anche questo è un “made in Italy”, è stato detto,  per di più di natura artistica e culturale, radicato nella grande arte classica che Testa ben conosce per merito della sua assidua e appassionata attività di restauratore. 

Nell’incontro si è appena accennato alla scarsa lungimiranza delle nostre autorità culturali,  il clima è stato familiare, con letture di poesie e uno straordinario intermezzo musicale,  l’Ave Maria di Schubert e una sinfonia di  Bach suonate all’armonica a bocca con vero talento.

La sua opera, ne  parlano Vittorio Esposito e Mara Ferloni

Il compito di illustrare l’opera del Maestro è toccato a due illustri giornalisti critici d’arte: Esposito consigliere dell’Ordine e Mara Ferloni, direttore di Ages.

Vittorio Esposito, nei panni del “cronista d’arte”  come ama definirsi, ha fatto un’analisi approfondita da vero critico d’arte ma partendo dall’osservazione personale diretta da giornalista che segue l’insegnamento di Montanelli: guardare senza preconcetti e raccontare ciò che si è visto.

E ha raccontato le  opere del Maestro cogliendone la capacità di “tradurre in emozione quello che vede e ritrae”,  attitudine  acquisita nell’attività di restauratore. Il suo non è mero realismo, anche se viene accostato al Caravaggio per l’intensità cromatica e  il taglio delle composizioni – è esposto all’ingresso un suo “omaggio a Caravaggio”, la personale interpretazione in stile caravaggesco dei “Bari” –  ma una trasposizione della realtà filtrata da sogno e immaginazione che suscita emozioni.

Esposito ha parlato dei cavalli, che pur nella loro irruente presenza non sono reali né nella conformazione né nei colori, “vengono dai ricordi dell’infanzia, dalla giostra della fantasia”, per questo non hanno solo i colori tipici dell’animale, ma  colorazioni assolutamente innaturali, come quelli bianchi, rosa e celesti. Forse – ci dirà  in una folgorazione improvvisa mentre costeggiavamo  il Circo Massimo dopo l’incontro – “sono i colori di Roma, dei suoi marmi, delle albe e  tramonti”.

I  colori che nelle piazze monumentali della capitale “ci danno lo spirito della città in un momento ben preciso, la fanno vivere sotto i nostri occhi nella sua atmosfera barocca  e insieme moderna”, anche qui  sulle ali del sogno.  

Nelle nature morte, insieme al senso caravaggesco c’è l’impronta personale per cui  “il miscuglio di colori e di forme fa perdere alle singole componenti  la loro individualità per far risaltare l’insieme, l’intera composizione”.

Mara Ferloni ha parlato anche lei a lungo, con un’accurata analisi critica insieme a notazioni e ricordi personali molto sentiti. Ci limitiamo ad accennare a quanto ha detto sulla cura del Maestro per le tecniche pittoriche, “che ha approfondito facendole sue e reinterpretando la realtà in una visione di sogno”:  la dimensione onirica appunto, che dà emozione al di là di ogni valutazione tecnica. 

E ha sottolineato il magistrale cromatismo, con “il bianco che diviene trasparente”.  Poi ha parlato dell’interpretazione da parte del maestro della Divina Commedia in modo personale, emozionale e dell’ambientazione delle  chiese e delle piazze romane – “nei suoi dipinti le forme si perdono nello spazio dilatandosi” – e  infine dei cavalli di Testa, onnipresenti, e non potrebbe essere altrimenti.  

Ha concluso sull’importanza del fatto che un artista autentico come lui trasmetta questo alto messaggio culturale agli Emirati Arabi Uniti tanto più in un’epoca così inquieta e contraddittoria.

Potremmo terminare  qui il nostro resoconto, sommario e incompleto, di un pomeriggio romano e insieme internazionale all’insegna dell’arte di un Maestro come Gianni Testa. Ma non possiamo esimerci dal trasmettere qualcosa che ci è rimasto dentro delle emozioni provate nella sua mostra svoltasi tra il 12 settembre e il 12 ottobre 2014 al Vittoriano.  Anche se non sappiamo quali e quanti suoi quadri saranno esposti nel corso di un intero anno nelle tre  importanti città degli Emirati – in un anno sabatico all’incontrario –  cerchiamo di immedesimarci nelle sensazioni che proveranno i visitatori di quei lontani paesi.

Dalla materia, il colore e la luce verso il sogno e la fantasia.

Il forte impasto materico e il cromatismo altrettanto intenso  sono le prime impressioni che colpiscono.  La massa cromatica è il magma informe dal quale  il pittore “estrae” le sue forme come lo scultore dal blocco di marmo nell’accezione michelangiolesca, e Testa è anche  scultore oltre che restauratore delle opere dell’arte classica che gli hanno insegnato ad essere interprete del suo tempo.

Il  colore gli serve o a sfumare o a definire,  assume toni brillanti oppure cupi, in una variabilità che trasmette visivamente l’alternanza tra l’inquietudine della quotidianità e il superamento nella fantasia: è stato definito “vento cromatico” che porta le pennellate a “coagularsi in forma di figure”.

Nella dicotomia tra  materia e luce è stata vista l’espressione del “dualismo tra il corpo e l’anima, la materia e lo spirito, tra l’immanente e il Trascendente”, e la chiave per trovare ” un varco sensoriale tra il reale e il fantastico” , e per esprimere la sensibilità moderna. Nobilita il “quotidiano”  fatto di timori e ansie, speranze e attese, sublimandolo con la tensione emotiva verso il ricordo e la memoria mediante il sogno e la fantasia. Così, con le sue forme spesso sfuggenti e quasi inafferrabili che rendono dinamica la materia pur trattata con criteri scultorei,  trasmette quel che di interiore c’è dietro il realismo e dà  stimoli sensoriali e intellettivi che suscitano emozione nell’osservatore.

Si è parlato al riguardo di “spiritualità dell’essere”  che eleva al di sopra della fisicità portando  nel dominio dei sogni dove la realtà diviene immaginazione e il colore diventa protagonista dando di volta in volta energia e vibrazione, serenità e dolcezza. E  la luce più che marcare il realismo delle composizioni rende partecipe ogni elemento dell’intima  tensione dell’insieme, come ha sottolineato   Vittorio Esposito nell’incontro riferendosi in particolare alle nature morte.

Cavalli e nature morte, marine  e vedute di Roma

Nell’incontro in via della Greca  erano esposte 4 opere, “I bari”, che abbiamo citato, e tre espressive di suoi filoni pittorici, i cavalli, le piazze romane, e tra gli altri  temi  Marylin. Sullo schermo scorrevano ininterrottamente, anzi correvano,  le figure dei suoi amati cavalli, ai quali auguriamo il massimo successo negli Emirati: sono abitati da arabi che per i cavalli hanno una storica travolgente passione, e quelli di Testa sono trascinanti anche per noi, figurarsi come lo saranno per loro.

Questi cavalli  hanno un dinamismo febbrile,  sono  scalpitanti o rampanti, con le criniere al vento,  le teste  e i corpi  si affollano con arditi cromatismi in turbinose galoppate; tutto ciò  non si limita ad esprimere gli scatti del nobile destriero, ma è la sublimazione dell’indole umana con l’anelito alla libertà, quello  definito dalla critica “l’eroico furore che diventa metafora ed allegoria della vita”.

C’è tutta l’inquietudine esistenziale e la ribellione nel moltiplicarsi di composizioni equine sempre diverse come sono diverse le manifestazioni delle energie  interiori; frutto di un’inquietudine che non genera depressione o attesa e neppure rassegnazione, ma una reazione vista come “furente, appassionata, agitata da forze saettanti”. Reazione mai domata, energia mai indebolita.

Non sono solo i cavalli le possibili attrattive per i visitatori degli Emirati. Proviamo a immaginare quali dei molteplici temi dell’arte del Maestro possono essere più vicini alle loro aspettative, e allora due filoni pittorici ci vengono subito in mente: le nature morte e i paesaggi.

Le  nature morte sono dei veri ritratti,  quasi animati, all’insegna di un realismo che diventa iperrealismo nelle rappresentazioni dei grappoli d’uva, dei pomi e dei pesci; quanto mai vive nella brillantezza dei singoli elementi della “vita silente”  che  de Chirico attribuiva loro, non voleva chiamare “morta” la natura, e Testa intitola  “vita silente” una natura morta. Sono immersi in un bagno cromatico,  dal verde al blu, ed è una sinfonia vegetale dopo la sinfonia animale dei cavalli.

Fino alla sinfonia naturale dei paesaggi, nei quali troviamo le fulgide marine dal potente cromatismo, qui sono  le vele a dare vita e vitalità all’ambiente rendendolo animato; il mare per gli Emirati è un elemento primario, e pensiamo che vederlo sublimato negli spettacolari dipinti del Maestro possa risultare uno dei fattori per conquistare la loro sensibilità alla vera arte.   

E troviamo le vedute di Roma, con le sue piazze monumentali imbevute di una luce crepuscolare e notturna che vira al blu creando ombre quasi fossero apparizioni fino allo svanire dei contorni che porta dal realismo all’astrazione. Gli impulsi emotivi si stemperano nella serenità che suscita tale spettacolo,  silente anch’esso ma quanto mai vivo e coinvolgente come le sue nature morte

Gli altri temi, il diapason dell’inferno delle Torri Gemelle

A questo punto ci vengono in mente gli altri suoi temi, in primo luogo i ritratti, che il quadro all’ingresso con Marylin evoca con la sua potenza espressiva e la sua forza cromatica. Sono l’opposto dei cavalli, soggetti animati ripresi nel loro esuberante dinamismo; qui abbiamo invece un “fermo immagine” del soggetto animato che ora è la figura umana, e non sappiamo se abbia libero accesso dove tradizioni e credenze possono presentare più di un ostacolo per questi soggetti. Come per i soggetti sacri legati alla religione dell’artista, che è la religione della vecchia Europa.

Per lo stesso motivo neppure il filone sulla Divina Commedia crediamo si presti a un’esportazione nel mondo islamico, ed è una grande perdita per la sua intensità sconvolgente nel pesante spessore materico e nel cromatismo violento che rende appieno la diversa dimensione dell’al di là.

Ma se le fiamme dell’inferno dantesco non sembrano esportabili, dovrebbero esserlo senz’altro le fiamme dell’inferno terreno, quello dell’attentato dell’11 settembre alle Torri Gemelle.

Ricordiamo bene quel dipinto al centro della mostra al Vittoriano,  inserito tra i “paesaggi” nell’iconografia del Maestro,  per noi rappresenta il diapason in cui culmina l’intera sinfonia.

Le fiamme sono il cuore della drammatica composizione, mentre avvolgono le bianche torri appena delineate  in un clima di tregenda dove anche il mare e gli edifici minori diventano un magma cupo che contorna il tragico evento epocale. Ebbene, le fiamme nell’inferno terreno non ci sono state, le Torri sono  implose su se stesse scomparendo senza essere divorate dal fuoco;  ma averle rappresentate così ha il significato di aver fatto  prevalere “il verosimile sul vero”, come ha sottolineato Claudio Strinati, che ha visto  “le fiamme come metafora di energia, distruttiva in questo caso, vitale come nei cavalli che sembrano animati dal fuoco”.

E’ un’altra prova che il  Maestro va ben oltre l’apparente realismo,  vuole esprimere ciò che c’è dietro e dentro la realtà al di là della superficie, e in questa tragedia senza pari solo le fiamme dell’inferno hanno potuto rendere tutta la drammaticità e lo sconvolgimento di una simile tragedia.

Non sappiamo se questo quadro straordinario sarà tra quelli selezionati per lo sbarco negli Emirati. Sarebbe bello che lo fosse,  dovrebbe esserci sempre in ogni esposizione come memoria e ammonimento, anche se gli orrori continuano, ormai sono storia di tutti i giorni: ma la forza dirompente della rappresentazione nel linguaggio dell’arte è più eloquente dei moniti verbali.

Il nostro appello alle Istituzioni

Cavalli e nature morte, marine e vedute di Roma, dunque,  alla conquista degli Emirati; in più, l'”incendio” delle Torri Gemelle  come metafora di un inferno terreno al quale la cultura può opporre la capacità di suscitare emozioni che sono  altrettanti anticorpi al contagio distruttivo. 

Anche questo può nascere da un incontro così promettente dell’arte del Maestro con le nuove frontiere della modernità, che risiedono in quegli Emirati ancora misteriosi per molti versi. 

Un anno a Sharjah, Dubai e Abu Dhabi servirà non solo a trasmettere i valori della nostra arte ma anche a penetrare nella sensibilità di un popolo che merita di essere conosciuto al di là delle apparenze alquanto effimere che finora siamo riusciti  a percepire. Se ne avvantaggeranno tutti, e per questo le Istituzioni non possono e non devono restare assenti da un impegno con tali valenze positive. E’ un appello che rivolgiamo alle Istituzioni culturali per un loro fattivo intervento.

Info

Per la mostra al Vittoriano del maestro Testa,  cfr. il nostro articolo in questo sito “ Testa, l’espressionismo onirico al Vittoriano”  il 14 settembre 2014, e il Catalogo: “Gianni Testa – Antologica”, a cura di Claudio Strinati, Gangemi Editore, pp, 112.

Foto

Le foto di apertura e chiusura sono state riprese da Romano Maria Levante all’incontro nel 1° Municipio in Via della Greca 7; le altre immagini sono tratte dal Catalogo sopra citato, si ringrazia l’Editore con il Maestro Testa e i titolari dei diritti. Le immagini riproducono 9 sue opere inserite alternando i 4 filoni ricordati, cavalli, marine, visioni di Roma, nature morte;  altre 10 immagini, con i restanti temi ricordati nel testo, sono comprese nell’articolo sopra citato sulla mostra al Vittoriano, tra esse “Undici settembre 2001”, di cui abbiamo sottolineato il particolare significato e valore. In apertura, un momento dell’incontro al 1° Municipio, sulla destra il maestro Gianni Testa  nell’intervento conclusivo,  al centro il presidente del Consiglio municipale Yuri Trombetti,  a sinistra Chiara Testa, organizzatrice della manifestazione; seguono “Bradi liberi”, 1976, e “Velieri”, 1970; poi “Sintesi di Roma”, 1967, e  “Natura nel blu”, 1984; quindi “Bufera nella città”, 2000 , e  “Venezia d’estate”, 2009;  inoltre “Piazza Navona”, 2000, e “Natura silente”, 2000,  infine “Piazza del Popolo”, 2012, e  “Uva”, 2012;  in chiusura,  il poster del “Tour negli Emirati Arabi di Gianni  Testa” , aprile 2015-aprile 2016..