Africa, Italia, una mostra evocativa, al Museo di Roma

di Romano Maria Levante

Al Museo di Roma a Piazza Navona, Palazzo Braschi, il Festival della Letteratura di viaggio  organizzato dalla Società Geografica Italiana presenta, dal 28 febbraio al 24 marzo 2015,  “Africa, Italia”, mostra fotografica, multimediale e documentaria. Nei diversi settori espositivi si trovano evocate l’Eritrea, da Asmara a Massaua vista con un occhio appassionato; l’Etiopia, dalla terribile Dankalia alla capitale Addis Abeba, la Libia in un duetto fotografico nonno-nipote 70 anni dopo, la Somalia in una ricca documentazione;  fino al “ieri e oggi” della presenza dell’ENI   in spirito di  cooperazione in campo energetico e di integrazione. Esposti cimeli e reperti. che creano l’atmosfera e fanno sentire il “mal d’Africa”. 

Le letteratura di viaggio si esprime in vari modi, dalla scrittura alla fotografia, alle riprese video. La Società Geografica italiana, nella sua periodica celebrazione di un genere che unisce cultura ad avventura, approda in Africa con una serie di visioni molto diverse che compongono un quadro composito di quello che veniva chiamato il “continente nero”, pervaso da un percettibile “mal d’Africa”.

Nelle sale di Palazzo Braschi, molto affollate all’inaugurazione, si snodano questi racconti di viaggio visivi con descrizioni scritte, oltre a mappe antiche, taccuini di viaggio, dipinti.

All’ingresso creano l’atmosfera i simboli delle esplorazioni africane,  il casco e la sahariana, lo zaino e la borraccia,. Poi fotografie a colori e in bianco e nero, installazioni multimediali con video che trasmettono  interviste, suoni e  immagini raccolte in luoghi suggestivi del territorio africano.

La Società Geografica Italiana

La Società Geografica Italiana ha “una storia lunga quanto la storia d’Italia”,  e oltre a darsi questa definizione, mette in rilievo il fatto che dalla terrazza della sua sede nel Palazzetto Mattei all’interno del  parco di Villa Celimontana, “si possono cogliere, in un colpo d’occhio, i simboli più significativi delle tre età di Roma: il Campidoglio dell’età antica, la Basilica di San Pietro della Roma papale, il Vittoriano della nuova capitale del regno d’Italia”.

Basta questo per dimostrarne l’attaccamento alle tradizioni nazionali, e si spiega l’attenzione per l’Africa,  non più  “quarta sponda” ma pur sempre dirimpettaio naturale della penisola protesa sul Mediterraneo. Nel 1869-70 la società organizzò la prima esplorazione in questo continente, seguita da una seconda in Tunisia nel 1875 e da una terza nel 1876 nei Grandi laghi equatoriali;  ne seguirono  molte sempre in Africa, poi anche in Asia centrale, i Sudamerica e in Papuasia. 

Era la fase delle grandi esplorazioni scientifiche, fondamentali per il progresso della geografia, così furono disegnate le prime carte geografiche affidabili e furono raccolte notizie inedite sui popoli “nuovi”.  Con la fine del periodo coloniale, dalla geografia esplorativa si passò alla geografia scientifica dedicandosi alla ricerca e producendo pubblicazioni nei vari  campi della disciplina.

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Molti studi anche sull’emigrazione, su di essi si basò il Servizio statale  di tutela degli emigranti  e fumesso molto impegno nell’aggiornamento della produzione cartografica italiana nonché nel rendere più moderno l’insegnamento della geografia nelle scuole.

A questa attività si è unita a una costante attenzione ai collegamenti tra geografi, con grandi congressi  internazionali. E’ attualmente sede di Eugeo, rete di collegamento tra le società geografiche di tutto il mondo, e della Casa della Geografia, segretariato permanente dell’Unione geografica internazionale dell’ONU. .

L’attività svolta ha prodotto una massa di reperti e cimeli, distribuiti in molti Musei italiani, tra cui il Museo Nazionale Preistorico Luigi Pigorini di Roma. Ha  una Biblioteca specializzata, la maggiore d’Europa con  400.000 volumi  e 2000 periodici e  una Cartoteca con 100.000 carte geografiche moderne. Inoltre dispone di un Archivio storico con 450 faldoni  nei quali sono raccolti documenti d’epoca di geografici e cartografi, esploratori e viaggiatori di grande interesse per ricostruire la storia del progresso della conoscenza  nell’800-‘900; e di un  Archivio Fotografico con 120.000 fotografie dalla metà dell’800 che spaziano nel pianeta con una documentazione suggestiva. Non manca una Cineteca con un piccolo fondo di documentari. L’ultima notazione sulla dotazione della Società riguarda i fondi privati che si aggiungono alle proprie raccolte storiche. Tutto è accessibile non solo ai soci ma anche al pubblico dietro apposita richiesta.

Danno conto delle sue attività scientifiche e culturali le pubblicazioni, a partire dal “Bollettino della Società Geografica Italiana”,  con cadenza trimestrale ininterrottamente dal 1868, accompagnato dalle monografie scientifiche della serie “Memorie della Società Geografica Italiana”, e dal “Rapporto” annuale. Tra le manifestazioni culturali citiamo il “Forum del Libro geografico e di Viaggio”, e il “Festival della Letteratura di Viaggio”, che organizza incontri con autori, spettacoli teatrali e musicali,  la proiezione di film di viaggio e mostre di fotografie storiche e contemporanee.

Siamo tornati così, alla mostra di Palazzo Braschi dopo averla inquadrata nell’attività della Società Geografica che l’ha organizzata.

L’Eritrea, immagini di un “paese giovane” 

“A passage to Eritrea” di Antonio Politano fa entrare nel mondo africano con immagini che vengono da lontano. L’autore fin dall’Università aveva stretto amicizia con un eritreo del Fronte di Liberazione Popolare, al punto di fare la tesi sulla liberazione dell’Eritrea. Nel 23° anniversario dell’indipendenza ha potuto realizzare il sogno, a lungo coltivato, di visitare il paese per “capire, fermare, restituire qualcosa”, dice lui stesso, “L’Eritrea era un vecchio amore, dai tempi dell’università”.   

Così ci presenta “alcune facce di un paese giovane, uscito con grandi speranze da una guerra di liberazione durata trent’anni (la più lunga del continente), che vive oggi un tempo sospeso, tra l’emergenza permanente per un conflitto mai finito con l’Etiopia, l’orgoglio del proprio percorso, la voglia di modernità, la lotta per inserirsi in un mondo globale, le fughe alla ricerca di libertà e opportunità, gli approdi drammatici alle porte della Fortress Europe”.

In questa interpretazione autentica dell’autore c’è tutto,  il drammatico passato, l’inquieto presente, l’incerto futuro. Le immagini danno conto del suo viaggio da Asmara a Massaua, tra l’altopiano e il Mar Rosso, tra architetture e rovine, visioni marine suggestive con gli arcipelaghi di corallo fossile, i tradizionali mercati di cammelli  e le moderne sfilate di moda. Si conclude con la visione di barche abbandonate: a questi precari natanti  si affidano  le speranze di una vita migliore per una massa crescente di disperati.

L’Etiopia, della Dankalia ad Addis Abeba

Dall’Eritrea all’Etiopia, con “Crossing Ethiopia Today”,nei due reportage di Andrea Semplici, con “Danakil”, e di Alice Falco e Romina Marani con“Across Addis”.  

“In Etiopia oggi” si intitola il progetto in corso da parte della  Società Geografica Italiana, per realizzare un “Centro di Studi e Ricerche sulla Biodiversità degli Ambienti Montani d’Etiopia”, che ospiterà ricercatori europei e stranieri interessati allo studio dell’ambiente alpino etiopico, inserito di recente nella  lista dei “Punti Caldi Mondiali della Biodiversità”. Il centro è dedicato ad Orazio Antinori, che compì le prime tre esplorazioni della Società Geografica e nel 1877 fondò in Etiopia la Stazione Geografica ed Ospitaliera di Let Marefià;  morì in Etiopia.

“Danakil” è  uno straordinario reportage filmato di un territorio estremo, la Dancalia, regione tra Etiopia, Eritrea e Gibuti, sul crinale del conflitto  senza fine tra eritrei ed etiopici,  abitata dagli Afar in villaggi isolati, anche mobili, perché la popolazione pratica un nomadismo circolare, seguendo l’andamento delle piogge e la formazione di pascoli. 

Fu esplorata per la prima volta da un italiano ai primi del ‘900, il giovane Tullio Pastori raggiunse la desolata Piana del sale, formatasi con il ritiro delle acque marine e riuscì a sopravvivere in quella terra ospitale con gli Afar locali, con i quali restò sempre in contatto. Poi fu la volta di Raimondo Franchetti e Ludovico Nesbitt ,concorrenti in libri con cui si contesero notorietà e gloria.

 La Dankalia si estende per 50 mila chilometri quadrati aspri e tormentati,  10 mila sotto il livello del mare: è un territorio desertico tra distese di sale e distese di lava.

Le immagini che scorrono sullo schermo ripercorrendo il cammino degli esploratori ne rendono il terribile fascino, quello che una volta qualcuno chiamava il “bello orrido”.

Sono visioni di fuoco per le eruzioni vulcaniche, panoramiche di plaghe calcinate dal sale, sembra di essere all’altro mondo, “qui si vede la terra pulsare, arrabbiarsi, creare una tremenda bellezza”, così la descrive  l’autore Andrea Semplici. E aggiunge: “Qui si assiste ancora alla Genesi del pianeta .La Dancalia è un antidoto contro ogni stereotipo occidentale attorno all’Africa”.

Tutt’altre immagini quelle di “Across Addis”, Alice Falco e Romina Marani presentano la capitale, tra grattacieli e strade polverose, preghiere e litanie liturgiche, sfilate  e festeggiamenti: sono i giorni del Timkat, l’Epifania copta etiope. Un mondo festoso e colorato, dopo le asprezze della Dankalia.

La Libia, ieri e oggi di nonno e nipote

E siamo a “Libya, the Captain and me”, non solo un reportage ma una testimonianza toccante. Francesco Fossa, l’autore, aggiunge “sulle tracce del Paziente Inglese” al titolo che ricorda “Capitano, mio capitano” dell'”Attimo fuggente”;  ma qui sono generazioni diverse,  e spiega questo singolare riferimento confidando  la storia che sta dietro al suo viaggio appassionato.

Le foto dell’album di famiglia, scattate nel 1933 dal nonno giovane ufficiale degli alpini in una zona contesa tra italiani e inglesi compresa tra l’oasi di Cufra e i contrafforti dell’Auena’t, hanno stimolato la sua ricerca di quei luoghi, ed eccolo in Africa, ma una tempesta di sabbia lo porta al confine algerino,  nell’Ubari e Meridhet, fino alla città dei Tuareg, e  alle rovine della città romana Sabrata.

Ill riferimento al nonno resta, e troviamo nella mostra le rispettive foto accostate:  quelle da album di famiglia del nonno con i segni del tempo e quelle attuali del nipote in formato esposizione. Un ieri e oggi suggestivo, con il riferimento al “Paziente Inglese”.

Nei diari di viaggio di colui che è divenuto famoso con questa denominazione, l’esploratore ungherese Laszlo Almèsy, è citato il giovane ufficiale Manfredo Tarabini Castellani, nome che ricorre anche nei rapporti segreti del generale Graziani, proconsole in Africa.  Per questo, scrive l’autore, “spionaggio militare, scoperte archeologiche, gesti cavallereschi danno luce a una figura morta troppo presto, in combattimento sui monti d’Albania nel 1940”. E conclude: “Ora nonno  e nipote sono molto più vicini di un tempo. Con le loro visioni, diverse ma parallele”.

Chi scrive ha provato la stessa emozione ripercorrendo le tracce del proprio nonno emigrato nelle lontane Americhe nel 1906,  anche se non ha potuto visitare personalmente in quei luoghi, come l’autore del reportage, e può comprendere appieno i sentimenti provati al momento dell'”agnitio”.

La Somalia, parole, documenti e reperti

L’emozione di questo incontro nonno-nipote che annulla le distanze di tempo e di spazio conclude le  esposizioni di autori che hanno una storia da raccontare in immagini. Ma la mostra non è finita,  né poteva mancare un paese importante per l’Africa e per l’Italia:, “Somalia, Time Ago” .

Ne dà conto la videointervista a due scrittrici nate in Italia da genitori somali, Ubah Cristina Alì Farah di Verona, e Igiaba Scego di Roma.  Parlano dell’identità del popolo e delle migrazioni, di famiglie e di architetture, in un  affresco della situazione e dei problemi in una prospettiva storica.

Poi una serie di  documenti cartografici e reperti introducono alla conoscenza degli archivi della Società geografica, dalla Biblioteca e Cartoteca di cui abbiamo parlato all’inizio, alle collezioni: vediamo le carte della collezione Filonardi del 1891 e le fotografie di Citerni e Ferrandi  sul Giuba nella spedizione Bottego del 1895-97, le testimonianze della missione Stefanini-Puccioni del 1924; e le  2000 foto di Dainelli in Africa Orientale nel 1938-39 con la missione geologica dell’Agip.

L’Africa come partner dell’Eni

Qui s’innesca una “enclave” della mostra, la documentazione della presenza dell’Agip, ora Eni, in Africa, dalle prime prospezioni allo sviluppo di una produzione molto importate che fa dell’Ente energetico italiano il primo produttore internazionale del continente; dall’Africa viene la metà della produzione totale di petrolio greggio e di gas dell’Eni, con il lavoro di oltre 12.000 persone.  

Un interessante “ieri e oggi” anche qui,  con affiancate le immagini del lontano passato in tutto il loro fascino e quelle dell’importante presenza odierna. Sono immagini di lavoro, anche qui nessun stereotipo dell’Africa, ma documentazione e testimonianza visiva di una storia vera: quella del nostro approvvigionamento energetico in un continente  molto ricco di risorse di petrolio e gas che all’inizio degli anni ’50 era divenuto politicamente indipendente ma era rimasto poverissimo.

L’Agip, mediante la cosiddetta “formula Mattei”,  riuscì a penetrare nei paesi petroliferi facendoli  beneficiare maggiormente della valorizzazione delle loro risorse con l’aggiunta alla ripartizione “fifty-fifty” degli utili imposta dalle grandi  multinazionali, la compartecipazione paritetica in u na società comune, quindi con piena condivisione di know how e risorse sul piano tecnico e il 75% dei proventi al paese.  Inoltre si è prestata molta attenzione al tessuto sociale con una politica di cooperazione e integrazione.

Il “mal d’Africa”

Si conclude così la nostra visita alla mostra “Africa, Italia”, inserita nel programma della “letteratura da viaggio” con una  serie di reportage e documenti che testimoniano l’antico e profondo legame del nostro paese con il vicino continente.

La stessa avventura coloniale a partire dagli inizi del ‘900  rispondeva alla spinta dei tempi, essendo il nostro l’unico grande paese  europeo senza colonie. Non sono mancate le atroci violenze  insite nelle conquista territoriali, ma non è stata una presenza di rapina come in altre storie coloniali.

Per questo l’atteggiamento nei riguardi dell’Italia, terminata la presenza coloniale, è apparso amichevole e aperto alla cooperazione,  come è avvenuto nel settore  energetico  e non solo, pur con ricorrenti momenti di intolleranza.

Oggi nei paesi africani i conflitti sembrano aggravarsi per la  preoccupante penetrazione del terrorismo e del fondamentalismo islamico, con l’efferatezza dell’Isis, un pericolo per tali paesi prima ancora che per l’Occidente. 

L’attenzione dell’Italia è massima, come ha detto anche il Ministro degli Esteri,  sia perché si trova direttamente esposta sia soprattutto per i legami storici.

Vengono sottolineati dalla mostra  con immagini e documenti , reperti e testimonianze che fanno pensare al “mal d’Africa”:  forse mai sopito. E’ meritorio aver evocato in modo così suggestivo il fascino del continente nei contatti mai interrotti.

E’ un continente dalle solide radici nella tradizione, ma proiettato nel futuro pur nelle difficoltà epocali che portano alle migrazioni di massa. L’immagine simbolo dei bambini festosi con le mani protese in alto che chiude la nostra galleria fotografica la colleghiamo a un’immagine con la stessa tensione ideale con cui abbiamo aperto a suo tempo il nostro servizio sulla mostra fotografica nella chiesa romana dei Martiri dell’Uganda.   E questo vuol essere anche il nostro fermo auspicio.

Info

Museo di Roma  Palazzo Braschi, Piazza Navona 2, Piazza San Pantaleo 10, Roma. Dal martedì alla domenica, ore 10,00-19,00, lunedì chiuso, la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso intero 11 euro, ridotto 9 euro, gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente. Tel. 060608; http://www.museodiroma.it/; http://www.societageografica.it/: http://www.festivalletteratiradiviaggio.it/  Per un precedente “Festival della letteratura di viaggio” cfr.  in “cultura.inabruzzo.it” il nostro articolo “Viaggio in Italia, premiati Rumiz e Arbasino”, il 29 settembre 2009, il sito non è più raggiungibiloe, l’articolo sarà trasferito su questo sito prossimamente. Per l’ultima citazione del testo cfr., in questo sito,  il nostro articolo “Uganda, nella chiesa dei martiri fotostory di fede e vita” , 20 luglio 2013.     .

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante a Palazzo Braschi alla presentazione della mostra,  si ringraziano gli organizzatori, in particolare la Società geografica Italiana e i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta.  In apertura, un’immagine simbolo dell’Africa tradizionale, un vecchio dall’espressione severa; seguono una scena pittoresca e  una serie di immagini suggestive, due di Antonio Politano sull’Eritrea, due di Andrea Semplici sulla Dankalia; quindi un’immagine  sull’Etiopia e due di Francesco Fossa sulla Libia; infine due immagini d’epoca del capitano Castellani; in chiusura un’immagine simbolo proiettata al futuro, con i bimbi festosi dalle mani protese.