di Romano Maria Levante
Al Museo Crocetti, dal 1° al 14 aprile 2015, la mostra “La pittura nel grido della natura. Il viaggio artistico di Vanda Valente” espone 80 dipinti nei quali l’impegno ambientalista e animalista si esprime con intensità di accenti specchio di una sensibilità che trova eloquenti manifestazioni anche in opere dedicate ai drammi dell’umanità e ai valori più intimi e personali. A cura di Lorenzo Canova , Catalogo della Fondazione Venanzo Crocetti, lo scultore abruzzese che ha saputo esprimere del mondo animale la sofferenza e anche la nobiltà in opere-simbolo.
Inconsueta una mostra pittorica le cui sezioni partono dagli attacchi che la natura subisce per l’azione devastante dell’uomo – deforestazione e bracconaggio, rischio eliminazione specie viventi e crudeltà sconfessate – e si concludono in positivo con la speranza nella ricerca della Cultura, dell’Arte e del Bello e nella difesa della quotidianità intesa come valorizzazione dell’essere, fino alla materializzazione di tutto questo nella sezione finale, ritmi e corpi e la ricerca dell’essere.
Sembrerebbe il contenuto di un manifesto ambientalista nella sua forma culturalmente più elevata, invece è l’indice dei temi che trovano la loro rappresentazione nei dipinti in acrilico su tela.
La personalità dell’artista, il suo impegno civile
L’artefice di questo sorprendente percorso non può essere soltanto contemplativa e dedita all’arte, troppo forte è la matrice ideale e l’impegno politico nel senso più nobile del termine, quale difesa della polis, riferita alla tutela della natura che è parte integrante del villaggio globale.
Vanda Valente è organizzatrice di incontri culturali, oltre che mostre d’arte, in particolare a Palazzo Tanzarella che il Comune di Ostuni ha affidato alla sua direzione; è impegnata nell’affermazione dei diritti delle biodiversità e di chi non ha voce, gli indifesi, gli animali, l’ambiente in una visione planetaria. Ha fatto parte del movimento femminista e ha disegnato nel 1984 il manifesto per la ricorrenza degli ex Confinati politici a Ventotene, il cui sindaco e l’AMPI di Roma, le fecero realizzare, con lo scultore Carmine Cecola, suo professore, una medaglia in ricordo di Terracini.
Questo come impegno civile; sul piano artistico è stata allieva di Emilio Notte e dopo la sua scomparsa nel 1982 ha dato vita a un’Associazione culturale che ha istituito premi in nome del maestro, il Premio Over 40 E. Notte e il premio Concorso E. Notte aperto ai giovani talenti delle Accademie di Belle Arti. La sua attività artistica è intensa, partecipa all’Expo di Milano con una ceramica; nel 2014 la troviamo in una collettiva ad Ostuni, alla 3^ Biennale del Salento a Lecce e alla Mostra internazionale della ceramica a Grottaglie; nel 2012 all’Expo Bari oltre a una personale di pittura a Brindisi, e alla 2^ Biennale del Salento a Lecce, quindi al Padiglione Italia della Puglia a Lecce nel quadro della Biennale di Venezia curata da Vittorio Sgarbi; quindi alla Triennale d’Arte sacra all’Arcivescovado di Lecce: negli anni precedenti una serie di mostre personali.
La sua è una pittura di denuncia, con alla base ricerche di tipo scientifico e indagini a livello sociale, che si pone come mezzo di comunicazione per rendere palesi, tramite la pittura, “le molte sopraffazioni che si perpetrano impunemente nella nostra odierna società” – scrive lei stessa – e sconfiggere l’indifferenza, che definisce “il male peggiore”. Per questo non esita a fare delle rinunce sul piano stilistico: “Ho sacrificato alcune mie ultime tecniche pittoriche in funzione di un’immagine più riconoscibile e più comunicativa, per rappresentare con più chiarezza alcune delle tematiche da me affrontate”, che sono quelle evocate nelle sezioni della mostra.
Non è soltanto una sensibilità animalista che, nel respingere le sofferenze arrecate spesso per scopi futili e aberranti insieme al cieco profitto, proclama con forza il “diritto di ogni essere vivente: vivere nella dignità e nel rispetto delle proprie peculiarità”. Sembra riecheggiare l’accorata constatazione di Pasolini sulla scomparsa delle lucciole la sua sconsolata osservazione: “Già ora nel nostro quotidiano, passeggiando per la campagna, avverti la desolazione del silenzio assordante, non più cinguettii, sempre meno si vedono volare le farfalle” . Termina con un allarme: “Perderemo la bellezza di questo pianeta, che sarà sempre più grigio e senza colore?”; e una speranza: “Credo ancora nel riscatto dell’essere umano in funzione di ricerca della cultura e dell’arte, intesa come progresso di conquiste civili”.
L’espressione artistica di Vanda Valente
Come si traduce tutto questo in espressione artistica rappresenta l’interesse della mostra: il confronto tra le tematiche dichiarate nei titoli delle sezioni e le opere in esse esposte è intrigante.
M prima occorre inquadrarne la cifra stilistica partendo dalla formazione iniziale con il maestro Emilio Notte su cui si sono innestati i tanti influssi che con la sua cultura artistica e apertura mentale è riuscita a cogliere ed assimilare in un linguaggio autonomo personale.
Lorenzo Canova afferma al riguardo: “Così, in una messe rigogliosa e fiorente di informazioni e sollecitazioni, si sovrappongono in modo del tutto creativo e lontano da ogni possibile subalternità, Cézanne e Boccioni, le scansioni geometrizzanti del cubismo e la dirompente deformazione espressionista, le scansioni aniconiche, dinamiche e geometrizzanti del futurismo, il mistero del realismo magico, l’arcaismo postcubista e una lontana ed evocativa anima simbolista, con la sua grazia enigmatica e il suo mondo dove la natura viene riletta da uno sguardo esoterico e profondo”.
Quale il risultato di simili contaminazioni a largo raggio su una forte base creativa? L’artista in un suo scritto sottolinea “la ricerca della geometria, del gioco dei volumi, e del segno particolarmente scarno”; il critico aggiunge alle “finezze disegnative e coloristiche” i contrasti e le deformazioni, le velature e le cromie di una pittura tracciata “con potenza primitiva” e nel contempo con “la saldezza di un mestiere rigorosamente e duramente acquisito”. Sono “elementi solo apparentemente divergenti, che si completano invece in un discorso aperto su più piani intrecciati”.
Ciò perché l’artista riesce “a modulare la pittura a seconda delle esigenze e del messaggio che informa l’opera”: così abbiamo i dipinti più intimi intrisi di lirismo sottile dove “la poesia del colore si trasforma in armonia cromatica” ; e quelli più duri dove la violenza subita dai soggetti più deboli, esseri umani o ambiente, viene resa con “uno stile aggressivo, dolente e impetuoso, in cui la geometria può essere usata come un’ascia tagliente, uno strumento di lotta e di denuncia”..
Nella sua forma espressiva il disegno ha un ruolo fondamentale, Canova lo definisce “un filo di Arianna fatto di grafite” e sottolinea che il “virtuosismo disegnativo” su cui si basa la sua arte , tipicamente italiano, da Michelangelo in poi, sta diventando sempre più raro. Nella nostra artista vi è stata un’evoluzione: dalla “qualità realistica, descrittiva, e di analisi del soggetto” di qualche anno fa, a “un furor grafico fatto di una rete rapida e dinamica di tratti, memoria di un futurismo mediato dal Rinascimento”.
Da questo “tessuto intrecciato dalla matita” le immagini dei suoi animali nascono tanto veloci e insieme forti e potenti, da far esclamare a Canova, al termine della sua analisi critica: “In questa foresta di grafite che si anima di segni, la natura grida così il suo dolore e la sua forza vitale, la veemenza della matita annuncia la forza della pittura e il suo ordito complesso, la mano traccia il suo viaggio sul foglio concludendo il percorso passato e annunciando il viaggio futuro dell’opera multiforme e unitaria di Vanda Valente”.
Tra passato e futuro percorriamo le diverse sezioni della mostra, presi dagli ambienti esotici che l’attrice rappresenta nei quali occhieggiano immagini dolenti e quanto mai struggenti in contrasto con l’esuberanza spesso lussureggiante della natura.
Ecco gli 8 acrilici della sezione “Deforestazione”, in tinte pastello con prevalenza degli scuri, comunque non brillanti, alcuni di grandi dimensioni articolati in più tele. Ci sono immagini idilliache, ben percepibili anche se schematizzate in una modernità stilistica lontana dal figurativo, in tre tele dal titolo “I cavalli selvatici correvano liberi nelle immense praterie, poi…”, 2013.
Il “poi” è nella “Deforestazione” , si vede la zebra che crolla al suolo laddove i cavalli correvano liberi, e nella “Cementificazione”, opere del 2014, che sconvolgono “Interi habitat”, I e II, 2013 e 2014. “Madre natura creò gli alberi, i mammiferi, i volatili, ma l’uomo incurante…”, è una composizione delicata, quasi sospesa, come se incombesse l’angoscia resa da “Petrolio”, agghiaccianti i volti atterriti sotto la terribile pioggia di olio distruttivo, entrambi del 2012.
Nella sezione “Bracconaggio” , stesse tonalità della precedente, è altrettanto agghiacciante “La mattanza delle foche”, 2014, un primo piano con gli occhi che implorano aiuto, mentre occhi che interrogano spuntano in “Dedicata a Dian Fossey”, 2010; con “La tartaruga gigante”, 2014 si entra nel campo dell’astrazione: come con “La gabbia”, 2009.
Le figure umane irrompono in “La donna e l’ermellino” e “Traffico di organi”, 2010, “La fine dei prati, del bisonte… e del popolo indiano”, 2009, e “L’avorio”, 2013, mentre un dipinto pone l’interrogativo “Quali sono i veri elefanti?”, 2009.
Nella sezione “Rischio eliminazione esseri viventi” sono esposte una ventina di opere, alcune delle quali in un cromatismo molto più vivo. Spiccano “Volo dell’ibis scarlatto”, 2007, “Fenicotteri” dalla dominante rossa, soprattutto il primo; e “L’ara di Giacinto”, 2009, immerso nel verde brillante, che è invece appena accennato in “Balenottera azzurra” e “Capodoglio”, 2010.
Sinfonia di colori in “Il volo delle farfalle”, 2008, “Anche gli ultimi hanno le ali”, 2009, e “La farfalla azzurra”, 2010, mentre hanno tonalità chiarissime e delicate “Cavallucci marini”, 2009, “La disintegrazione dei ghiacciai”, 2010, e “La terra, la danza, il volo”, 2012.
Gli altri sono una vera galleria di specie a rischio: “L’orso della Malesia” e “Bisonti”, “I pellicani e “L’urlo dello scimpanzé”, 2009, “Delfini” 2008, con due dipinti sul “Plancton”, “La manta gigante” e “Caccia alle balene”, 2010, fino a “Il panda”, 2010, con visi umani atterriti insieme ai volti dei teneri animali divenuti il simbolo delle specie da salvare dall’estinzione.
Le “Crudeltà sconfessate” mostrano addensamenti di forte presa pittorica in dipinti, tutti del 2012, che evocano “La vivisezione” e “La corrida”, “Lo sgozzamento degli agnellini” e “La caccia al lupo”.
Così siamo giunti alla penultima sezione, “La speranza dell’uomo è nella ricerca della Cultura, dell’Arte e del bello e nella difesa della quotidianità intesa come valorizzazione dell’essere”. Sono concetti che è arduo esprimere in pittura, l’artista lo fa ricorrendo a un cromatismo molto più accentuato, con forti contrasti e utilizzando immagini vegetali, canne e steli nelle più varie configurazioni e negli intrecci, ma sempre rivolte verso l’alto per esprimere lo slancio della ricerca.
Sono tutti del 2006, eccone i titoli, così eloquenti da illustrare di per sé i dipinti: “Scheletri di alberi” e “Giochi nel vento”, “Rose, la ricerca del bello” e “La danza dei cigni”, “Prato con fiori blu” e “Metamorfosi”, “Fiore cactus” e “Il giallo dominò”, “Campo verde” e “Campo blu”.
Dalla ricerca della Cultura alla ricerca dell’essere: siamo all’ultima sezione della mostra, quella che forse più delle altre, che pure presentano la natura minacciata, porta l’osservatore ad interrogarsi con una punta di inquietudine ancora maggiore. Si intitola “Ritmi e corpi alla ricerca dell’essere” e, a differenza della gran parte di dipinti delle sezioni precedenti a parte quelli sul bracconaggio, protagonisti questa volta sono esseri viventi della specie umana e animale e non più vegetale.
Gli esseri umani sono ripresi in termini drammatici: si va dalle mani protese in alto in “Dedicato a Borsellino”, 2008, ai due dipinti “Ritmo e corpi”, 2009, un viluppo di membra, a “L’uomo e loro”, 2010 e “Ancora oggi”, 2014, in cui appaiono solo i volti, dagli occhi chiusi o attoniti; senza speranza in “L’inizio della fine”.
Irrompe la figura intera in composizioni che, nel segno scuro di un suggestivo arcaismo, disegnano figure dolenti: “Le tre guerre” presenta una serie di immagini, una con un bambino stretto al petto nella disperazione, in una sorta di nuova “Pietà”ancora più struggente, quasi fosse il Bambin Gesù, e poi volti e figure di bimbi soli con gli occhi sbarrati per il terrore. Con “L’esodo”sono le madri protagoniste con i loro piccoli, mentre “La difesa della diversità” presenta un’interessante immagine evoluzionista, il bambino sulla schiena del presunto progenitore, piccolo come lui, in una identificazione ideale.
Poi il campo è preso dal mondo animale con “Il diritto alla diversità nella propria peculiarità”, vediamo elefanti e scimmie, queste ultime riprese in espressioni umane nei volti protesi, e con i due dipinti “La diversità come ricerca dei valori affettivi”: si riconosce l’essenza della vita che accomuna questi esseri viventi alle persone umane. L’artista ha voluto creare anche una galleria artistica molto particolare al riguardo: i piatti ceramici con le teste di varie specie animali.
Nel descrivere le opere del periodo più recente, fortemente impegnate sul piano della denuncia in difesa dell’ambiente gravemente minacciato, non possiamo non citare i suggestivi dipinti del passato con forte senso pittorico nel cromatismo acceso e nelle forme deformate da influssi cubisti e simili. Sono del 1980, “La parità”, vista come ardente abbraccio, e “Maternità” , un viluppo umano, fino a “Crocifissione. Maternità”; temi ripresi nel 2008 con “L’abbraccio” e “Nascita”, fino al “Punto di riferimento”, un forte abbraccio anche qui.
Nelle ultime tre opere citate, dopo 28 anni, insieme alla pittura di denuncia e impegno civile, torna quella intima e personale legata a motivazioni forti, come l’amore e la maternità. Non si può rivolgere all’artista l’accusa che si fa agli ambientalisti e animalisti, di dimenticare l’essere umano.
Vanda Valente non solo non lo dimentica ma dimostra di viverne nella sua pittura i sentimenti più nobili. Proprio per questo riesce a infondere alle sue composizioni un’autentica sincerità.
Info
Museo Crocetti, via Cassia 192, Roma. Da lunedì a venerdì ore 11,00-13,00, 15,00-19,00; sabato 11,00-19,.00, domenica chiuso. Ingresso gratuito. Catalogo “La pittura nel grido della natura. Il viaggio artistico di Vanda vVlente”, a cura di Lorenzo Canova, Fondazione Venanzo Crocetti, aprile 2015, pp, 96, formato 21 x 21, dal catalogo sono tartte le citazioni del testo.
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante all’inaugurazione della mostra nel Museo Crocetti, si ringrazia per l’opportunità offerta la Fondazione Crocetti con i titolari dei diritti, in particolare l’artista Vanda Valente, anche per avere cortesemente accettato di essere ripresa davanti a una sua opera. In apertura, l’artista davanti a “I cavalli selvatici correvano liberi nelle immense praterie, poi…“, 2013, sulla “Deforestazione”; seguono, sempre sulla Deforestazione, “Madre natura creò gli alberi, i mammiferi, ma l’uomo incurante...”, 2912, e due opere sul “Bracconaggio”, “Dedicata a Dian Fossey”, 2010, e “La mattanza delle foche”, 2014; poi, sul “Rischio eliminazione specie viventi”, dall’alto “Volo dell’ibis scarlatto”, “Fenicotteri”, “I pellicani”, 2009, e “La farfalla azzurra”, 2010; quindi, sulla “Speranza nella ricerca della Cultura, dell’Arte e del bello e sulla difesa della quotidianità”, “Fiore cactus”, 2008, e “La danza dei cigni”, 2014; infine, su “Ritmi e corpi alla ricerca dell’essere”, “Il diritto alla diversità nella propria peculiarità”, “La difesa della diversitò” e “La ricerca della diversità intesa come difesa dei valori affettivi II”; in chiusura, a sin. “Ritmi e corpi I”, 2009, a dx “Campo”, 2008.