Civita di Bagnoregio, appelli e azioni per “la città che muore”

di Romano Maria Levante

 Il 19 maggio 2015 nella sede di Piazza Venezia a Roma dell’associazione Civita –  che prende il nome dal borgo cui si ispirò il fondatore Gianfranco Imperatori  –  è stato lanciato l’appello di eminenti personalità aperto alla sottoscrizione di tutti per “Salvare Civita di Bagnoregio e la Valle dei Calanchi;  il 19 giugno, a Civita,  “Incontro con l’arte, la cultura, la musica, il cibo. Per salvare Civita di Bagnoregio e la Valle dei Calanchi”. Nelle due circostanze il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Civita Francesco Bigiotti hanno  fatto sentire la voce delle istituzioni locai, cui si è unita quella di noti personaggi, come Giuseppe Tornatore,  affezionati al borgo. Per le istituzioni nazionali, l’unica voce è stata quella del Ministro per i Beni e le Attività Culturali e  il Turismo Dario Franceschini,  che ha condiviso l’appello per salvare Civita in una nobile lettera a Zingaretti, con tante belle parole ma nessun impegno effettivo; posizione apprezzabile, ma inconsueta per un ministro i cui messaggi oltre ai richiami culturali contengono di solito misure e impegni concreti.

Il salto di qualità, la mobilitazione

Un salto di qualità per la salvaguardia di quella meraviglia della natura e dell’opera dell’uomo che è Civita di Bagnoregio. Dall’avvio il 19 maggio  nella sede di Civita  per iniziativa del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, con il lancio della sottoscrizione con le  prime 37  firme illustri,  in testa Zingaretti e il presidente emerito Giorgio Napolitano; alla manifestazione del 19 giugno con una mobilitazione  dopo le adesioni all’appello di oltre 20.000 firme  di cittadini.

Non si è trattato del   “solito” manifesto di intellettuali e  Vip, c’è stata una vera e propria partecipazione popolare, e il flusso di sottoscrizioni continua.  Qualche stralcio dell’appello da sottoscrivere è illuminante. Inizia ricordando che Civita “è rimasta impermeabile al moderno e alla civiltà industriale. Sola. A difendersi dall’assalto delle calamità naturali e dei suoi agenti”.  Lo spopolamento e il “precario equilibrio della rupe su cui poggia e dalla quale si eleva” l’hanno fatta definire “la città che muore”, ma evoca qualcosa di più vasto: “Sollecita ogni giorno al mondo intero l’interrogativo del suo destino e del rapporto che noi stessi abbiamo con la natura e la cultura dei luoghi, del territorio e della sua memoria, se non se ne ha cura”. Per questo va considerata “Civita quale metafora di un territorio nazionale che necessita di continua manutenzione”. Viene anche definita “metafora dell’immaginario, città invisibile, essenza dell’urbanità – civitas – racchiude e riassume in sé e nel suo destino la storia dell’umano agire”.   

Il  presidente della Commissione nazionale italiana per l’Unesco, Giovanni Puglisi,  ha affermato che “è solida ed ha tutte le carte in regola” la candidatura,  lanciata da Zingaretti,  di Civita a sito del patrimonio universale Unesco, sarebbe un riconoscimento meritato e una sicura garanzia.

E il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini  ha condiviso lo spirito dell’appello per salvare Civita definendola un “simbolo”, per la sua storia e la sua bellezza, “capace di riassumere parte importante dell’evoluzione civile, culturale e religiosa dell’Occidente”.  Il ministro ne fa un caso emblematico di una realtà più vasta: “E come Civita, tantissimi sono i borghi italiani ricchi di storia, arte e tradizione”.  Ha aggiunto: “E’ nostro preciso dovere difendere e valorizzare questo patrimonio diffuso, parte integrante della nostra identità e possibile volano dello sviluppo sostenibile della comunità”. Tornando a Civita: “Ognuno di noi, nel pieno rispetto  delle proprie prerogative e competenze, è chiamato a impegnarsi per far sì che questo luogo carico di storia non solo venga preservato, ma sia occasione di crescita e benessere per tutti”.

Prendiamo in parola questo proclama, ma dovrà seguire l’individuazione delle prerogative e competenze con i conseguenti impegni, in particolare per i Ministeri responsabili, tra cui c’è senza dubbio quello dei Beni, attività  culturali e turismo..

Una sottoscrizione internazionale, una legge speciale come per la rupe di Orvieto

Nella piazza di Civita, dove si è svolta la manifstazione, davanti alla Cattedrale gremita per la  “performance” musicale, il presidente Zingaretti,  dopo aver ricordato lo stanziamento di 800 mila euro dopo la recente frana, ha ribadito la necessità di un  “salto di  scala”:  interventi risolutivi con mezzi finanziari adeguati per salvaguardarne a delicata struttura. Dopo l’estate sarà lanciata una grande raccolta fondi a livello internazionale con la ricerca di mecenati.  Non si è fermato qui, ha delineato una strategia di valorizzazione con l’obiettivo di “utilizzare Civita come  hub di promozione artistica, culturale e musicale che può, nella sua bellezza,  ospitare e diventare  centro di produzione culturale della modernità”. 

Oltre al sindaco Bigiotti, che ha espresso i sentimenti della popolazione locale, ha parlato il regista premio Oscar Giuseppe Tornatore definendo il suo primo incontro con il borgo 20 anni fa “più che un amore, una folgorazione”; nel manifestare la propria asia per le sorti del borgo, a cui è rimasto sempre legato dopo la folgorazione del primo incontro, ha assicurato  tutto il proprio sostegno fattivo al  “progetto per salvaguardare e far conoscere Civita che deve essere di tutti”.

C’è un’altra possibilità  su cui vorremmo soffermarci, oltre all’auspicabile inserimento tra i patrimoni dell’umanità dell’Unesco richiesto da Zingaretti: una legge del tipo di quella già sperimentata per la salvaguardia della rupe di Orvieto e del colle di Todi.

A parte il colle di Todi, la rupe di Orvieto presenta caratteristiche assimilabili a quella di Civita per il materiale tufaceo detheriorato dai letti fluviali alla base e dagli agenti atmosferici. Ebbene, ci sono state tre leggi speciali a finanziare interventi di salvaguardia; la prima esplorativa è stata la legge 230 del 1978, che ha stanziato 30 miliardi, di cui 22 per Orvieto e 8 per Todi, poi la legge 545 del 1987 ha stanziato 180 miliardi di lire per gli interventi di consolidamento del terreno, 115 per Orvieto e 65 per Todi, e  120 miliardi per le opere di restauro, conservazione e valorizzazione  del patrimonio storico-architettonico;  infine, con la legge 242 del 1997  sono stati conferiti altri  80 miliardi di lire. Finora la  spesa complessiva è stata dell’ordine dei 500 miliardi di lire. E’ stato chiesto di recente dai sindaci delle due località un nuovo rifinanziamento di 30 milioni di euro.

E’ un impegno trentennale sacrosanto, con stanziamenti nazionali e realizzazione degli interventi con relativo monitoraggio da parte  della Regione e dei due comuni e la possibilità di rivolgersi ad istituti specializzati, università e quant’altro necessario. Questa via  sarebbe praticabile anche per Civita, e ci si sorprende che finora non sia stato seguito un precedente così calzante.  Meglio tardi che mai, il Parlamento dovrebbe essere chiamato a emanare la necessaria legge speciale, e non c’è tempo da perdere; questa volta non servirà la mozione di fiducia per la pronta approvazione, sarà voto unanime.

Il riferimento a Orvieto riguardo alla legge speciale che sarebbe necessaria anche per Civita evoca lo stretto collegamento  tra i due prestigiosi centri attraverso la figura di San Bonaventura da Bagnoregio, il grande teologo e filosofo francescano nato nel borgo intorno al 1220,  priore del convento S. Francesco di Orvieto che ristrutturò, autore della Vita di San Francesco cui si ispirò Giotto per i suoi affreschi nella Basilica di Assisi;  docente nello Studium orvietano, fu chiamato “doctor  seraphicus”, mentre San Tommaso d’Aquino, contemporaneo, era definito  ” doctor angelicus”. In questo  contesto storico  e religioso una legge speciale per Civita  con riferimento a quella su Orvieto, sarebbe la legge San Bonaventura. .

I segni premonitori non vanno trascurati

Sui rischi di possibili  dissesti con conseguenze gravissime  chi scrive ha vissuto una situazione del tipo di quella che va assolutamente scongiurata per Civita nel proprio paese natale Pietracamela,  nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso, che dal 2005 fa parte del club “i borghi più belli d’Italia”, nel 2007 “borgo dell’anno”; ebbene, le minacce e gli allarmi per il rischio di crollo nel contrafforte panoramico che sovrasta il paese,  il “Grottone”,  non furono presi sul serio, non si intervenne per il necessario consolidamento, magari con pilastri a “zampa di elefante” come i più avveduti suggerivano, e così avvenne il crollo rovinoso che ha dissestato il territorio a valle, interrotto i sentieri, sfregiato l’ambiente  distruggendo parte delle “pitture rupestri”  del pittore di vaglio nativo del borgo, Guido Montauti.  Ebbene, si è dovuto comunque intervenire per rimuovere uno spuntone di roccia incombente che minacciava una parte dell’abitato, ripristinare i sentieri, rabberciare il territorio ferito, con un onere non più evitabile ben più elevato di quello per prevenire.

A Civita le minacce e gli allarmi  non sono mancati, basterebbe ricordare le frane ricorrenti che hanno distrutto la vecchia strada di accesso sostituita da una passerella a mo’ di ponte levatoio di un borgo che sembra un castello; persino l’abitazione storica di San Nicola da Bagnoregio non c’è più, inghiottita da uno smottamento del terreno. Da dicembre al maggio di quest’anno  si sono registrate tre nuove frane che hanno ridotto la larghezza della carreggiata della strada che porta al ponte, per cui è stata chiusa al traffico dei veicoli.  La criticità è dovuta al fatto che il borgo è su un colle tufaceo dalle basi di argilla, per di più lambite  dai due fossi sottostanti che determinano una continua erosione accentuata dagli effetti negativi prodotti dal vento e dalle piogge.

La vitalità della “città che muore”

Una “città che muore”, dunque? Sembra più corretto dire “che potrebbe morire”  per una catastrofe naturale purtroppo annunciata se non si interviene. Per il resto è quanto mai viva, la sua attrattiva sul turismo internazionale è crescente, ne fa fede l’aumento esponenziale delle presenze decuplicate dal 2008 ad oggi che ne fa il borgo europeo con il maggiore incremento turistico. Gli effetti positivi sulle attività locali appaiono altrettanto evidenti, sono state aperte 47 nuove attività commerciali comprendendo Civita e Bagnoregio, ed altre 20 sono in fase di apertura. Civita è al secondo posto tra le località consultate dagli italiani sul web, dopo San Giminiano, e attualmente è presente  alla mostra “Discover the other Italy” in corso negli Emirati Arabi, ad Abu Dhavi,

Dunque non va perso tempo per salvare tutto questo; dalla mobilitazione spinta dall’affetto che  Civita riesce a suscitare, si deve passare all’azione;  alle alate parole dell’appello devono seguire le aride ma decisive elaborazioni progettuali, la tecnologia moderna fornisce quanto occorre per il consolidamento della massa tufacea su cui si erge il borgo con  procedimenti chimici  rispettosi dell’ambiente.  Attendiamo che questo avvenga molto presto e si passi agli interventi risolutivi.

Dalla  “città che muore”, appellativo che la marchia da molto tempo per le condizioni precarie della base su cui poggia,  si può e si deve passare alla “città che vive” senza che vi sia più l’incubo di  cedimenti irrimediabili.  Il borgo, comunque, è più che mai vitale,  la sua forza di attrazione è sempre maggiore, e fa bene il sindaco a sottolineare come il numero dei turisti sia passato, da 44 mila a 400 mila; e a rilevare con orgoglio come a Pasqua e nel lunedì dell’Angelo l’afflusso turistico a Civita abbia superato quello al Colosseo, nonostante un  ticket all’ingresso che aveva suscitato forti polemiche nel timore di un effetto frenante sulle presenze che non c’è stato, tutt’altro.

Dopo Bagnoregio,  dei pulmini portano al Belvedere di San Francesco, una terrazza naturale sulla vallata nella quale svetta il borgo di Civita, raggiungibile  a piedi lungo la passerella di cui si è detto, lunga  400 metri, oggi chiamato “Il ponte dei sonagli” perché vi sono stati posti dei  campanelli e volani su scope di bambù con saggina scosse dal vento per dare il senso della vitalità oltre che per un richiamo ad antiche tradizioni: è  una realizzazione di Bruna Esposito, un’artista con lavori polimaterici e sensoriali in varie forme che coinvolgono tutti i sensi,  concepita per stimolare forze positive e allontanare le negatività, come negli antichi rituali. “Un percorso antico, quasi favolistico, per convogliare energie e proiettare Civita nel futuro”, così viene descritto nell’omaggio all’artista che lo ha ideato. 

Lo abbiamo percorso immergendoci nel meraviglioso borgo-castello, con austeri muri perimetrali, edifici antichi ben conservati, fino alla piazza di San Donato dove, dopo gli interventi del presidente Nicola, del sindaco Bigiotti,  e di personaggi popolari come Tornatore, si è svolto – nella Cattedrale su un lato della piazza – il  concerto “Suoni per Civita”, “per piano solo”,  di  Danilo Rea, seguito da  degustazione dei prodotti genuini, in una colazione rustica come nei tempi antichi.  Perché l’enogastronomia è parte integrante di un contesto territoriale che a Civita raggiunge l’eccellenza.

Una storia millenaria

E’ riuscita a restare isolata dalla modernità conservando intatta la testimonianza di un antico passato. I primi abitanti risalgono all’era villanoviana, IX-VIII sec. a. C., poi vennero gli etruschi che, facendo leva sulla  posizione favorevole lungo le vie del commercio diedero alla cittadina un notevole sviluppo e  non mancarono di fare le prime opere di consolidamento e di canalizzazione delle acque piovane. I romani le rafforzarono  in modo imponente e valorizzarono la sua vocazione commerciale per la facilità dei collegamenti da Bolsena alla valle del Tevere.

Con l’aumento della popolazione si accentuò lo sfruttamento agricolo dei terreni e la conseguente deforestazione ha ridotto notevolmente la copertura di boschi nella zona dei calanchi, facendo venir meno l’armatura protettiva rappresentata dalle radici degli alberi.

E’ stata anche libero comune nel XII sec. prima di entrare a far parte dello Stato Pontificio. A quell’epoca l’attuale Bagnoregio, il più ampio abitato  a valle della piccola Civita arroccata, era un piccolo quartiere, chiamato Rota,  della Bagnoregio storica. Lo stesso capovolgimento tra preesistenza antica e sviluppo urbano moderno l’abbiamo constatato in Abruzzo tra Castiglion della Valle e Colledara, il primo in passato un importante centro locale è rimasto un piccolo borgo medioevale intatto quasi disabitato, mentre Colledara si è estesa sempre più, l’opposto del passato.

Per Bagnoregio la situazione precipitò nel 1695, con un terremoto disastroso che fece franare le parti tufacee più esposte e la strada di accesso che lo collegava al sobborgo di Rota; altro crollo disastroso di parti dell’abitato nel 1764.  Lo popolamento si è accentuato  fino al completo isolamento con il venir meno della strada di accesso. Soltanto nel 1965 è stata installata l’attuale passerella in cemento, ora chiamata   “Ponte a sonagli” per l’installazione  di Bruna Esposito.

La necessità di un programma di interventi, intanto sottoscrivere l’appello

Avviandoci alla conclusione,  è il caso di sottolineare che occorre promuovere senza indugio l’auspicata legge speciale per la rupe di Civita, come fu fatto per la rupe di Orvieto, oltre alla raccolta fondi su scala internazionale annunciata da Zingaretti . Ma per valutare l’entità degli stanziamenti da conferire con la legge speciale e per dare avvio sollecitamente ai lavori anche con i fondi raccolti privatamente,  occorre definire un preciso programma di interventi che impegni ciascuno “nel pieno rispetto delle proprie prerogative e competenze”, per ripetere le parole del ministro Franceschini. 

La sottoscrizione in atto riguarda direttamente Civita ma è anche un segnale per i tanti borghi italiani, carichi di storia e di tradizioni, veri e propri musei a cielo aperto di un’arte urbana unica al mondo. Anche dove non ci sono minacce incombenti, la loro ubicazione li espone al dissesto idrogeologico  che andrebbe controllato e contenuto con apposite misure preventive, come si richiede per Civita nella sua specificità per la rupe tufacea su cui si erge la rocca con l’abitato; inoltre lo spopolamento andrebbe affrontato con misure idonee per contrastarne gli effetti negativi sulla manutenzione territoriale e urbana, e sulle stesse attrattive turistiche, oscurate dall’abbandono. 

Pensiamo al borgo montano citato prima,  Pietracamela,  al quale lo spopolamento ha creato anche problemi amministrativi e non solo, nella delicata fase in cui  dovrebbero svolgersi i lavori di ristrutturazione per i danni del terremoto del 2009, per poi realizzare un deciso rilancio turistico.

L’appello per Civita riguarda dunque anche la salvaguardia e valorizzazione dei tanti  borghi del nostro Bel paese,  come ha sottolineato Dario Franceschini.  Le parole del ministro le abbiamo riportate, con quelle conclusive dell’appello vogliamo terminare questa nostra cronaca appassionata: “Borgo per eccellenza, per noi Civita vuol dire difendere i borghi italiani. Non solo il passato, la memoria. Soprattutto il suo e loro futuro”. Intanto sottoscriviamo tutti con entusiasmo l’appello per Civita!

Info

L’appello si può sottoscrivere nella sezione apposita sul sito della Regione Lazio, oppure su www.change.org/p/salviamo-civita-di-bagnoregio.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante a Civita di Bagnoregio il 19 giugno 2015.   In apertura, una panoramica  di Civita dal Belvedere San Francesco; seguono due imponenti edifici; poi due immagini dell’ingresso nella rocca; quindi un edificio antico e due angoli suggestivi; inoltre due immagini della piazza San Donato a sera, alla fine della manifestazione, il lungo edificio su un lato, la Cattedrale sull’altro lato; in chiusura, una visione ravvicinata della rocca di Civita dal “Ponte a  sonagli”, resa evanescente dalle ombre serali, quasi una metafora della “città che muore” da salvare.