Kalyuta, la pittura “Rosso su rosso”, al Vittoriano

di Romano Maria Levante

Al Complesso del Vittoriano, Ala Brasini, lato Fori Imperiali, dal 23 luglio al 15 settembre 2015,  la mostra “Yuri Kalyuta. Rosso su rosso”, espone 60 dipinti dell’artista russo, Accademico delle Belle Arti, Artista Onorario di Russia per il 2009, per la prima volta in  Italia dopo mostre in Russia, Germania e Cina. La mostra, realizzata da “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia,  responsabile Cristina Bettini, è curata dell’Accademia  delle Arti di San Pietroburgo con il Rettore dell’Accademia  Semyon Mikhailovsky  e il vicedirettore Jurij Bobrow, che sono autori di due  saggi sull’artista contenuti nel Catalogo Skira  con quelli di Tair Salakhov e  Vittorio Sgarbi.  

“Formidabile, Yuri Kalyuta, a vivere nel nostro tempo”, così Vittorio Sgarbi conclude la sua analisi critica dell’opera dell’artista russo, nella quale entra in polemica con coloro che bollano di tradizionalismo passatista ogni artista che non fa parte delle avanguardie, liquidato  con le parole, “formidabile, fosse nato un secolo prima” con cui si apre, provocatoriamente, il suo saggio. . 

Lo stile di Yuri Kalyuta, non contro la tradizione ma oltre

Sgarbi respinge l’idea che Kalyuta sarebbe tra gli artisti retrogradi, avendo l’handicap di essere stato allievo dell’Accademia di San Pietroburgo, dove ora è docente, e di non averne rinnegato gli insegnamenti e la formazione ricevuta, in particolare dal suo maestro Andrei Mylnikov.   

D’altra parte, l’Accademia pur se si piegò all’arte di regime aderendo al  “grande buio del Realismo Socialista”, ne mitigò gli eccessi  con una “via russa del colore”  rispetto al predominio del disegno illustrativo. E Kalyuta è aperto agli influssi di artisti come Velasquez, a cui si rifà il suo intenso cromatismo, e Matisse, dal quale ha preso la visione consolatrice della pittura. Quindi, il non appartenere alle avanguardie non rende la sua pittura anacronistica né nello stile, né nei contenuti.

Per lo stile Kalyuta non è rimasto confinato agli insegnamenti dell’Accademia di San Pietroburgo volti alla corretta rappresentazione della realtà, ma richiama  l’impostazione della scuola di Monaco a cui si rivolgevano gli allievi dell’Accademia insoddisfatti dello studio dei modelli accademici.

Ne parla Jurij Bobrov in questi termini: “La principale differenza di metodo della scuola di Monaco rispetto a quella dell’Accademia consisteva nell’insegnare e trasmettere la natura così come viene vista dal pittore, con i suoi strumenti artistici atti a riprodurre sensazioni,  impressioni”. Di qui l’esortazione dei maestri Holloshi e Ashbe “al disegno ‘integrale’ in quanto l’occhio del pittore coglie immediatamente l’oggetto nel suo insieme e non i singoli elementi: il gesto del braccio, innanzitutto l’ampiezza del movimento, il significato emotivo, le proporzioni, i contorni, le ombre, non già le articolazioni delle ossa e dello scheletro, le vene e i nervi”. In questo modo si cerca di unire “l’approccio classico della rappresentazione della natura con la percezione intuitiva della stessa, basata su una consapevolezza ‘totale'”.

Questo si riscontra nella pittura di Kalyuta il cui stile viene definito di “realismo intuitivo”: “‘Realismo’ perché la rappresentazione non è mai staccata dalla forma dell’oggetto, e ‘intuitivo’ in quanto le sue forme corroborano la definizione contemporanea di percezione artistica”. 

L’osservatore è preso non dalla rappresentazione pura e semplice, ma dalla forma intuitiva che stimola a coglierne i significati nascosti. In altri termini, “l’artista costringe lo spettatore non semplicemente a vedere, ma a penetrare nelle rappresentazioni e comprendere quanto viene sensibilmente percepito, e a sentire la ‘rivelazione’, ovvero quel ‘piano posteriore'” che, nelle parole di Hartmann, è “irreale, ma esiste per quell’essere pronto a percepire, comprendendo in questo se stesso”. 

Una conferma di ciò si trova nel modo con cui l’artista ha commentato nel 2005 un ritratto fatto alla moglie: “L’importante, nel ritratto, è ciò che non si può trasmettere con le parole. Per questo, forse, esiste il linguaggio della plastica, del tono e del colore”.

Tutto ciò dà modernità allo stile di Kalyuta, pur se impiega, come dice Sgarbi, “linguaggi certamente storicizzati, peraltro senza alcun compiacimento nell’esibirli ma ancora in grado di esprimere piena attualità”.

Né angoscia né gioia di vivere, ma assorta contemplazione 

Per i contenuti, non si deve ritenere che debbano esprimere il rapporto dell’uomo con la modernità nel senso largamente invalso nel Novecento, del tormento e dell’angoscia,  in antitesi alla serenità classica che vedeva l’arte come contemplazione del bello nel bisogno atavico del godimento.

Al riguardo Sgarbi fa riferimento a Matisse, del quale non si può negare la modernità, che ha rappresentato la “gioia di vivere”, pur se mentre la dipingeva il mondo era sconvolto da due devastanti guerre mondiali,  “Era un idiota, Matisse, talmente narciso e individualista da non accorgersi del dramma cosmico in cui era immerso? No, Matisse ribadiva semplicemente la fiducia in una funzione che nel corso dei secoli ha assicurato all’arte uno straordinario successo, ponendola su un piano quasi paritario con la religione e la filosofia: la consolazione”.

E  prosegue con una citazione: “‘Il y a des fleurs partout pour qui veut bien les voir”, ‘ci sono fiori ovunque per chi riesce a vederli’. Diceva Matisse, facendoci capire che l’arte non è affatto una fuga dalla vita, è un modo di viverla cercando di sfruttare al massimo le sue potenzialità emotive e spirituali, anche  a costo di trasfigurarla, facendocela immaginare per quello che non è”. 

Conclude così: “In ciò, del resto, consiste l’incomparabile, irrinunciabile verità della finzione, alla base di ogni sensata idea dell’arte: che tristezza, il mondo, se l’arte non cercasse di farcelo vedere in maniera diversa, fornendo un formidabile antidoto alla disperazione”.

Queste espressioni, che abbiamo riportato integralmente per il loro significato su un piano generale, si attagliano solo in parte a Kalyuta, nel quale non troviamo una realtà edulcorata ma, come afferma lo stesso Sgarbi, ma “atmosfere assorte nella contemplazione di sé stesse, dove il vivo tende, vanamente, al fisso concentrato, iconico, immunizzato da ogni fremito di umanità. Se c’è una serenità, in Kalyuta, è nel momento supremo del conseguimento dell’intuizione, nella sospensione della contingenza temporale con cui traduce la percezione in invenzione artistica”.

I dipinti esposti appartengono sostanzialmente a due categorie: i ritratti e i paesaggi urbani, in entrambe si realizzano le atmosfere di cui parla Sgarbi. Ma non vengono rese con toni dimessi, tinte pastello in composizioni oleografiche, tutt’altro. I toni sono molto decisi, il colore usato con straordinaria intensità in forti pennellate come veicolo di forti emozioni, con i rossi predominanti  accostati al bianco e al nero in un vigoroso cromatismo. .

Eppure nulla di più discreto dei ritratti soprattutto a familiari e della visione di scorci monumentali Nei primi c’è però la forte penetrazione psicologica attraverso gli atteggiamenti che aprono alla ricerca di contenuti interiori , mentre la forma non è meramente figurativa in quanto segnata dal colore piuttosto che dal disegno;  e nel colore nato dalla percezione, c’è l’espressione, in tutti i suoi significati, piuttosto che la semplice rappresentazione della realtà nella sua apparenza. Gli scorci monumentali sono imponenti,  non  c’è la figura umana, la loro classicità li rende solenni.   

La galleria della mostra, cominciando dai dipinti sulla famiglia

Nella galleria della mostra, ad una visione d’insieme, colpiscono i rossi intensi che riguardano soprattutto le figure singole, i ritratti femminili con abiti di questo colore squillante, ma li troviamo  anche in molti contorni e particolari. Fino alla sinfonia di rossi del “Ritratto di famiglia nell’atelier”, 2014,  di “Marina e il drago“, 2011,  e del “Conclave”, 2013, con i  relativi bozzetti.

Al rosso dominante si può contrapporre il nero di fondo con bagliori caravaggeschi in “Strada”, anche qui un dipinto su tela preparato da una serie di bozzetti.  L’associazione del rosso con il nero e il bianco o chiaro è evidente anche in questi dipinti, con il  nero di fondo, il chiaro delle braccia e dei volti; ma si riscontra soprattutto nelle composizioni.

A questa prima osservazione di carattere cromatico facciamo seguire una semplice constatazione :i dipinti esposti sono distribuiti equamente tra quattro tipi di soggetti: scene familiari e ritratti soprattutto femminili, con qualche figura maschile, composizioni con più figure e visioni monumentali di celebri città, Roma e Parigi, Firenze e Venezia  con qualche scena ambientale.  E’ una conferma di quanto rilevato in precedenza sull’assenza dell’inquietudine che pervade il mondo moderno per una  visione contemplativa intima e raccolta. Che però trova nell’intensità dei tratti e dei contrasti cromatici una sua forza inconfondibile  che prende l’osservatore e lo spinge a scavare nelle immagini, e soprattutto in quei volti, alla ricerca dell’intimo contenuto.

I dipinti di argomento familiare si aprono con il dittico “Famiglia”, 1981, dal carattere quasi iconico, in una sorta di deificazione, seguono ritratti di singoli componenti, come il figlio ritratto più volte. Vediamo il bambino in una ardita composizione quasi simbolica, “La vestaglia della mamma”, 2010, dopo che in “Il marinaio non piange”, 2007, è ritratto in un  ambiente crepuscolare di bianchi e neri; in  atteggiamenti pensierosi nei dipinti “Domenica di Pasqua”, 2012, e “Ritratto del figlio. Riflessioni”, 2013, sorprendente titolo per un bambino; mentre la sua espressione è serena in “Misa. Vacanze italiane”, 2013,  e “Ritratto del figlio,Vacanze italiane”, 2014;  sembra che sia lui il bambino  a lato della madre in rosso in “Roma. Caffè Greco”, nel caffè degli artisti frequentato alla sua epoca da De Chirico che aveva l’abitazione nella vicina Piazza di Spagna.   

Alla famiglia rimandano il dolce “Maternità”, 2014, e due dipinti in controluce, senza colore, “Una giornata di sole”, 2005, la madre con il bambino in braccio, e “La calda estate del 2001”, 2001, il ragazzo dorme stremato. Stessa atmosfera in “Caldo”, 1996, con due figure avvolte in asciugamani.

Ci sono quattro “Autoritratti”, tutti con copricapo  diversi, quello del 2009 sembra un casco da lavoro, nel 2011  ha una coppola nera, è pensieroso e allusivo, nel 2014 è più aperto con un cappello  a larghe falde come il cappello di paglia di Van Gogh; è del 2011 anche “Autoritratto. Sogno nella notte di Capodanno”,  si ritrae addormentato vestito da Babbo Natale immerso in rosso acceso con qualche magistrale contrasto cromatico. .

Una scena collettiva è “Sera di Natale in via Bol’saja Morkaja”, 2011, tre bambini davanti a un Babbo Natale  ieratico e misterioso. Soltanto “Ragazze. Ricordi di Aleksandr Samokhvalov”, 2015, presenta quattro figure in posa. Nei due pastelli “Ritratto della moglie con il cappello”, 1998, la figura è vista di fronte e di profilo, il cappello nella prima è rosso, nella seconda giallo.

A interrompere l’agiografia familiare vediamo “Tragedie italiane. Triangolo amoroso”, 2013, tre figure sconsolate intorno a un tavolino, due sono maschere di Carnevale, c’è Pierrot cui è dedicato anche il dipinto “Arlecchino e Pierrot. Autoritratto con la moglie”,  lui seduto, lei in piedi in una espressione  enigmatica che rimanda agli interrogativi che pone la percezione degli atteggiamenti; “Arlecchino. Fratello 2”, 2012,  non pone interrogativi, è disarmante nella sua innocenza.

Le prevalenti figure femminili e i nudi

Passando alle figure femminili, il rosso invade l’intera superficie in due dipinti distanti nel tempo, “Melissa”, 1997, ed  “Eugenia. Dalla serie dei ritratti dell’Atelier”, 2014:  lo sfondo è tutt’uno con ma maglia, soltanto viso e braccia sul bianco-rosa, nel primo anche la sedia,  e gli stivali neri nel secondo spiccano nel tipico contrasto ricercato dall’artista. Si potrebbero  intitolare “Rosso su rosso”,  titolo che  viene dato al “Ritratto di Aljona” nel quale gli stacchi cromatici rispetto al fondo rosso sono più marcati, anche le spalle nude oltre al volto se ne distaccano. Sfondi rossi con silhouette scure in “Spagnola”, 2015, e “Vej Tze. Dalla serie di ritratti ‘Atelier'”; l’inverso, sfondo scuro o meglio nero con silhouette rossa in “Lera”, 2011, e “Russia, avanti”, 2012,  forse il titolo è un’incitazione calcistica riferita al pallone davanti ai piedi della donna, entrambe le donne dei due dipinti sono in posa da indossatrici nelle sfilate di moda.

Non solo rosso, viene da dire a questo punto. Ci sono ritratti scuri come “La ragazza con il berretto nero”, 2010, e “Ritratto di ragazza in abito nero”, con qualche striatura di rosso nello sfondo, “Jaroslava, dalla serie di ritratti ‘Atelier'”, 2014, e “Ragazza”, 1998, mentre “Zenja nell’atelier bianco” ha un insolito abito verde su sfondo chiaro;  vi sono poi ritratti pastello come il “Ritratto della studentessa coreana”, 2011, e “Dasha. Dalla serie dei ritratti ‘Atelier'”, 2014; “Suzanna con il vestito bianco”, in due dipinti entrambi del  2013,  con prevalenza di un bianco virginale. .

I ritratti femminili comprendono anche una serie di nudi: di intensa sensualità è “Davanti allo specchio”, 2004, con la figura eretta vista da dietro nella sua provocante bellezza; ugualmente erette, con vista frontale, “Nudo con la vestaglia cinese”, 2011, e “Valerija”, 2014, più fredde e distaccate.  Altri nudi da seduta di posa sono “Nudo nell’atelier”, 2013, e “Nudo”, 2014, molto simili, mentre“Spazio” e “Olimpia da Poles’e”, 2015, presentano due posizioni diverse, seduta e distesa, la seconda con una maggiore carica sensuale. C’è poi un nudo sullo sfondo in ““Ritratto di Vej Tze”, 2013, con una giovane donna in nero in primo piano.

Fuori dalla figura, altre composizioni e visioni cittadine

Completa   la gamma di figure umane in cui prevalgono di gran lunga quelle femminili, a parte le immagini familiari con il figlio e gli Autoritratti, il “Ritratto di un giovane in frac”, 2014, in pastello su carta e poi olio su tela di maggiori dimensioni, che spicca  come rara figura maschile, insieme a “Pirata del XXI secolo”, 2011, singolare immagine sorridente in una sinfonia di rossi. E due figure appena percettibili in “Natura morta bianca 2”, 2001, e “Pittore e modello. Natura morta bianca”, 2011: bottiglie e bicchieri, nella seconda anche pennelli, tele e un catalogo di Goya.

Non sono nature morte e neppure paesaggi ameni ““Gruzino. Acqua nera”, 2008, e “Tra poco arriverà la primavera”, 2011, entrambi scuri e tenebrosi, il secondo in contrasto con il titolo.

Luminose invece le rappresentazioni delle città nei loro monumenti. Nelle vacanze italiane l’artista ritrae una serie di monumenti in dipinti datati 2014: a Roma il “Mercato di Traiano”,  il “Colosseo”, il “Foro”,  poi il panorama con la cupola del Brunelleschi di “Firenze”; fino al “Miracolo pisano” con la torre pendente che spicca nel suo biancore con piccoli alberi alla base sullo sfondi di  un cielo sereno ; a Venezia  la Basilica di San Marco in “Sole di gennaio”,  2012, e, datati 2013,  “Canal Grande”,  “Sera d’argento”, e “Casa rossa”che rende onore al titolo, la facciata è di un rosso intenso, con i caratteristici balconi dalle finestre come dei merletti traforati.  in una visione paesaggistica. La ritroviamo in “Parigi, Notre Dame”, 2013 e “Senna”, 2014, mentre “Notte a Monmartre”, 2014, mostra il tempio nell’oscurità.

Vogliamo concludere con il dipinto più enigmatico, nel titolo e nella composizione, che a differenza degli altri ha dei passaggi cubisti, pennelli in primo piano, un bambino, fotografie e un volto in scomposizione: “Il taglio di capelli è solo all’inizio, ovvero 10 anni di CSI”, 2002, che segue un dipinto dello stesso soggetto del 1997 intitolato “Taglio di capelli nel laboratorio rosso”.  Così lo spiega l’autore: “E’ chiaro che non sono interessato alla rappresentazione di questo processo, sebbene quest’azione contenga un significato recondito. In un certo senso rappresenta l’atto di fare i conti con la vita  e nello stesso tempo l’inizio di un nuovo percorso”. E aggiunge: “Ho vissuto tutto questo in prima persona, e cerco di dare una risonanza completamente diversa, filosofica, universale”.

Ecco, in queste parole, se collegate a quanto detto all’inizio sulla sua arte, si può trovare forse la chiave per comprenderne meglio i contenuti; o per continuare a interrogarsi sul mondo dell’artista, così circoscritto e nello stesso tempo così aperto a significati che ciascuno può percepire con la propria sensibilità, lo spirito di osservazione e l’interpretazione di espressioni ed atteggiamenti.

Info

Complesso del Vittoriano, ala Brasini, Salone centrale, lato Fori Imperiali, via San Pietro in carcere. Tutti i giorni  ore 9,30-19,30, ingresso fino a 45 minuti dalla chiusura . Tel. 06.6780664. Ingresso gratuito.  Catalogo “Yuri Kalyuta. Rosso su rosso”, Skira, luglio 2015, pp.  152, formato  24 x 28., dal catalogo sono tratte le citazioni del testo. Per le mostre e gli artisti citati cfr. i nostri articoli:  in questo sito,  per Matisse  23 e 25 maggio 2015,  De Chirico  20, 26 giugno e 1° luglio 2013;  in “cultura.inabruzzo.it”  per i “Realismi socialisti”  tre articoli tutti 31 dicembre 2011, per De Chirico nel 2009  27 agosto, 23 settembre e 22 ottobre, nel 2010  tre articoli 8, 10 e 11 luglio  (il sito “cultura.inabruzzo.it” non è più raggiungibile, gli articoli saranno trasferiti in questo sito).

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nel Vittoriano alla presentazione della mostra, si ringrazia “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia con i titolari dei diritti, il particolare l’artista  Yuri Kalyuta, anche per avere accettato di farsi riprendere da noi davanti  a una sua opera. In  apertura, “Roma. Colosseo”, 2014, con dinanzi l’autore, l’artista Kalyuta; seguono, “Sera di Natale in via bol’saja Morskaja”, e “Marina e il drago”, 2011,poi  “Lera”, 2011″, e  “Russia, avanti”, 2012; quindi, “Valerija con il berretto nero”, 2012,  e “Tragedie italiane. Triangolo amoroso”, 2013; infine, “Conclave”, 2013, e “Maternità”, 2014;   in chiusura,  “Veej Tze. Della serie dei ritratti ‘Atelier'”, 2014.