Echaurren, l’impegno creativo fuori dalla pittura alla Gnam

di Romano Maria Levante

Prosegue la visita alla mostra “Pablo Echaurren. Contropittura”, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, dal 20 novembre 2015 al 3 aprile 2016 , con oltre 200 acrilici su carta e tela, disegnie grafiche, illustrazioni e fumetti,- con i quali si ripercorre un periodo agitato da movimenti giovanili e funestato dagli anni di piombo che si riflette nelle opere di un artista con forti ideali, impegnato ma non schierato, che giunge a lasciare la pittura per la militanza, per poi riprenderla. La mostra è tematica ed organizzata dalla Gnam conla Fondazione Echuaurren Salaris, a cura di Angelandreina Rorro, che ha curato anche il Catalogo bilingue italiano-inglese della “Silvana Editoriale”.

Abbiamo ricordato la formazione e l’originale espressione artistica iniziale di Echuarren, soffermandoci sui “quadratini” di “Volevo fare l’entomologo”, la 1^ sezione della mostra che  espone una trentina  di queste griglie il cui cromatismo va dal pastello ai colori brillanti ma sempre in una evidente omogeneità compositiva: sono acquarelli e china molto curati su temi diversi, da visioni ancestrali a immagini metaforiche con chiari riferimenti ideologici, a fantasie personali. Ora procediamo. 

Le “decomposizioni floreali”

Siamo negli anni 1971-76, dai 19 ai 25 anni, la sua ricerca di questo primo periodo non si ferma ai “quadratini”,  esplora  nel contempo una forma diversa di “catalogazione”  di tipo collezionistico,  si tratta delle cosiddette “Decomposizioni floreali”, alle quali è dedicata la 2^ sezione della mostra, che segue gli scambi con Boltanski al quale inviava disegni di fiori attratto dalla sua poesia visiva.

La base è il disegno del profilo delle piante ricalcando l’ombra proiettata sul foglio,  alla Twombly, ma soprattutto si nota il cromatismo leggero dato non da colori artificiali, bensì dallo sfregamento  dei petali e delle foglie quali pigmenti naturali; e si intravede anche l’intelaiatura in quadratini.

A ben pensarci sono una forma ancora più diretta di catalogazione e classificazione, addirittura  vere tracce naturali della flora analizzata,  mentre i “quadratini” trasfiguravano nell’allegoria e nel disegno. Infatti le “Decomposizioni floreali” esposte risalgono al 1971, e corrispondono alla prima fase dei “quadratini”. Già nel 1972 erano esposte alla Galleria Rizzoli a Roma come prova scientifica che esorcizza l’infanzia, nello stesso anno è chiamato da Emilio Villa alla Galleria Grifo per una rassegna di giovani artisti e nel 1973 da Achille Bonito Oliva per una mostra internazionale di pittura giovanile. 

L’escalation della prima metà degli anni ‘70

Nel  presentare la mostra  nel 1974 alla galleria Schwartz, che abbiamo citato in precedenza, Henry Martin affermava  che l” “uso delle immagini molteplici”, tipico dei suoi “quadratini”, “è ciò che sta alla base del tentativo di tutta l’arte del ventesimo secolo di affrontare la simultaneità: cubismo analitico, futurismo, ‘Il nudo che scende le scale’ di Duchamp e anche tutte le forme varie di arte cinetica”.  E’ la prova che Echaurren veniva posto dalla critica su un livello particolarmente elevato, come espressione originale di movimenti di  avanguardia,  dal Dada e surrealismo alla Pop Art e Ready made, , minimalismo e concettualismo,  i riferimenti erano André Breton e Tristan Tzara ,  Marcel Duchamp e Max Ernst,  frequentava Kounellis e Schifano, Giosetta Fioroni e Franco Angeli.  Chiunque avrebbe  continuato lungo  quella linea,  magari introducendo innovazioni più o meno accentuate, avrebbe comunque proseguito, la critica più avanzata lo aveva già adottato.

Non solo, ma  aveva raggiunto  la notorietà anche presso il grande pubblico. Come? Con la copertina di “Porci con le ali”, il “diario sessuo-politico di due adolescenti”  della Beat generation. “Questo disegno dal tratto infantile, naif e pop”  scrive Claudia Salaris, “con sottigliezza raffigura l’ingorgo dei sentimenti diffusi tra gli adolescenti dopo gli scossoni del femminismo”: ebbene, si tratta di 9 quadratini con bandiere rosse, particolari di nudi, un pugno alzato e il porco alato al centro, “figura neomitologica che ben sintetizza la condizione della sinistra giovanile di quel tempo sospesa tra utopia e libido”, è sempre la Salaris che cita  le parole di Enzo Siciliano: “A mio avviso, ciò che riesca a rappresentare  il disegno di Eucharren non riesce a rappresentarlo e esprimerlo il romanzo di Rocco e Antonia”.  Il massimo che si può chiedere alla potenza rappresentativa.

Siamo nel 1976, l’anno delle due ultime composizioni a “quadratini” che abbiamo già commentato. Cosa avviene dopo?  Non  la consacrazione  attesa dopo una escalation così precoce, l’artista ha solo 25 anni, e così impetuosa, con il libro best seller i “quadratini”  decollano. Ma il suo abbandono dell”arte pittorica per mettere la creatività al servizio dell’impegno sociale civile.

Via dalla  pittura  per Lotta Continua  e gli “indiani metropolitani”,

La curatrice Angelandreina Rorro afferma che “Pablo matura una sorta di saturazione e di bisogno di allontanamento” mentre, secondo la Salaris, per mettere in pratica l’identificazione arte-vita, “anche Pablo pensava a un superamento dell’arte come fatto individuale e, abbandonata la professione di pittore, si calò in quella realtà molteplice e collettiva”.

Su invito di Adriano Sofri, il guru del movimento,  lavora  in modo stabile nel quotidiano   “Lotta Continua”  al quale aveva collaborato saltuariamente nel 1973 all’insegna del “personale è politico”,  lo interpreta in un modo fantasioso e leggero con  disegni surreali ed espressioni apparentemente senza senso per denunciare i tentativi del potere di assoggettare le masse.

Entra nel movimento degli “indiani metropolitani”, del quale Maurizio Calvesi scrive: “In qualche modo l’apparizione degli indiani metropolitani fu un fatto epocale, destinato a deviare una cultura già in via di esaurimento e così metabolizzata nell’azione, dai binari dell’arte  a quelli della vita  e del consumo esistenziale, con un impatto di dissoluzione”,  attestando che gran parte delle grafiche apparse sulle riviste del movimento erano di Echaurren.

Veniva messa  in pratica la ribellione alle regole precostituite di un  mondo  prefabbricato  e anche agli schemi della politica e dell’ideologia, come reazione libertaria agli eccessi ideologici della contestazione del 1968 che aveva interrotto la rivolta generazionale alimentata dalla musica, dai fiori e dai colori nella spontaneità  gioiosa e libertaria senza leader né rappresentanti,  che si avvaleva dell’ironia e della leggerezza dopo la violenza degli scontri tra opposte visioni per “riappropriarsi della vita” personalmente  senza dare più deleghe.

In questa sua partecipazione ironica e disincantata quanto convinta fu tacciato di futurismo,  grave accusa per gli ambienti di sinistra dato che questo movimento artistico convisse con il regime fascista.  Non si indignò per questa equiparazione, anzi studiò il movimento leggendo i libri di Marinetti, Ardengo Soffici e Palazzeschi,  ricercati con l’aiuto di un amico nelle bancarelle dell’usato,  trovandovi delle positive anticipazioni ai Dada e ai Surrealisti nelle parolibere che uniscono parole a immagini in composizioni creative e libertarie; non solo, ma il suo spirito di collezionista si è esercitato nel raccogliere quanto più possibile di libri, manifesti e giornali  sul movimento fino a formare una delle collezioni più complete esistenti, nel 1981 ha scritto “Le edizioni futuriste di ‘Poesia”.

Intanto nel lasciare la pittura, come promette a Duchamp in un gustoso fumetto, con i suoi disegni e fumetti l’ha portata indirettamente tra il popolo, tra i giovani, in modo da entrare con l’arte nella vita di ogni giorno, nella “concezione dell’arte come impegno diretto e attivo nelle lotte” quotidiane,  come scrive Kevin Rapp nel catalogo delle carte  e taccuini di Echuarren acquistati in blocco dalla Beinecke Rare Book and Manuscript Library of Yale.

La Rorro conclude su questo punto: “Ecco quindi che proprio le sue carte, i suoi taccuini e i suoi giornali diventano le sue opere più importanti, quelle in cui l’alto delle citazioni colte si sposa con il basso della lotta sociale e dell’ironia sulle stesse forme della lotta”.

I piccoli schizzi e i fumetti di “Rrouge Sélany”

“Rrouge Sélavy” si intitola la 3^ sezione della mostra dedicata al 1977,  espressione che figura in un disegno su foglio di quaderno quadrettato, queste parole sono scritte sette volte in rosso e c’è una macchia anch’essa rossa con degli schizzi che troviamo in altri tre fogli contemporanei, “Il passaggio dall’organizzazione alla disaggregazione”, “Duchamp Eliséèe”e “Le malattie senili del comunismo”,in quest’ultimo la macchia rossa con gli schizzi finisce nella celebre “Fontana” di Duchamp, l’orinatoio dissacrante.  La “Fontana” e altri “Ready made” di Duchamp figurano in schizzi rossi  anche in un altro disegno su carta con la scritta in corsivo ripetuta tre volte  al centro del foglio “Epos c’est la vie” e ai margini in maiuscole, “Duchamp è la negazione della contemplazione”, “Duchamp è azione”, “E’ distribuzione di creatività a tous les étages”. E il “Portabottiglie” di Duchamp lo troviamo in uno schizzo in rosso con la scritta “Odio le molotov”.

Vediamo 4 fogli di quaderno con indiani, che evocano i “metropolitani”,  titoli quali “Il movimento è un Ready Made” e “L’ordine del discorso è il discorso dell’ordine”, “Avere l’apprendista nel sole”e “The Bride-Electricity”. I fogli di quaderno esposti sono numerosi, immaginifici e trasgressivi, in “Altrove” le scritte  “Allucianiamo Marx” e “Spaziamo i cortei”, “Duchamp è di sinistra” e “Attenzione arte fresca” con sotto “Attenzione pittura fresca”, fino a “Pipe ai pensionati, canne ai ragazzini”, e tanti altri “Titoli e appunti”tra il surreale e il trasgressivo. Altri titoli, “La realtà non ci va” e “Lascia o raddoppia”, “Meglio smobilitare” e “Macchine coniugi”.

Curiosità suscita la serie dal titolo intrigante “Arp-o-Marx”, con scritto “che cosa apparirà” e l’invito ad arrossare o annerire gli spazi contrassegnati dal puntino, e non mancano i quadratini, in gruppi di 7, con titoli quali “Grazie e disgrazie” e “Anno di grazia  e anno di disgrazia”, contrassegnati dalla macchia rossa sul quadratino centrale; invece sono nere le macchie con schizzi in “Il discorso dell’ordine è l’ordine del discorso-viola”.

Delle stesse dimensioni del foglio di quaderno, grafiche in china con chiavi inglesi, bottiglie e una pistola, con le ricorrenti macchie rosse imperversanti anche sui disegni più grandi sempre con simboli meccanici quali pistoni e meccanismi vari, oltre a una lampadina, una pipa e una ruota,

Le scritte che figurano negli schizzi esprimono il guazzabuglio di stimoli e motivazioni, nonché degli orientamenti e del disorientamento dei giovani impegnati come era Echaurren.

I grandi schizzi con richiami industrialisti ed evocazioni  dadaiste

Molto spesso compare la scritta “Dada” in varie forme, semiserie come “Dada libero”,  e “Dada/ppertutto”, irridenti come “Dada-punpa”  che riecheggia il balletto televisivo cult delle gemelle Kessler, e “Dada-spontex” ;  del resto,  in lui sono stati visti diretti riferimenti  al dadaismo e “Ready made”, e altre forme di avanguardia, oltre che al Futurismo. In “S/mobilitazione”,  un  ventilatore alimentato da “illusioni” distribuisce “primavera” e “strappo teorico” e lo fa “dada/ppertutto”;  stesso riferimento a “Dada” in “Altrove” con un razzo e le scritte “che fare?”, “andare?” e “occupazione”.

Quest’ultima parola è in “D/istillati”, con fumi rossi che escono da una caldaia regolata da una valvola “on” e “off”, alimentata da “rabbia” e “innocenza”. Mentre “dada/ppertutto”  lo ritroviamo in “Corteobabbeo” dove tra leve e chiavi si leggono le parole “autodifesa” e “servizio d’ordine”, “slogan” e “direzione di marcia”; e in “Bleah” senza meccanismi ma con un tracciato segmentato per “emarginati” e una busta di “Presidenza” con “arroganza” e “supponenza”, in mezzo “assemblea” segmentata in rosso. Un circuito in “491” distribuisce  “tenerezze”  e “conformismo”, “protagonismo”  e ” retorica”, “militarismo”  e “oratoria” ,  ma anche “strafattezze”  con un grande “Dadatotò” in rosso.    

Di nuovo “Altrove” su un disegno di macchina con la base nel “movement” e delle pale con “ironia” e “follia”, viene evocato “il compagno Tristan Tzara” , il dadaismo personificato, c’è anche  “Dis/aggregazione” ,  in un altro disegno accompagnata dalle parole “corteo” e “ritornello”, “ironia” e “dogma” che escono da un pistone. “Altrove” esce da un altro meccanismo, insieme a “didascalico”, alla base c’è la scritta “Il passaggio da militante a desiderante”, altre scritte-titolo serie  “Manicheismo, malattia senile dell’estremismo” e “L’arte o sarà collettiva o non sarà”.  E ancora “che fare?” con “minima militalia” tra congegni meccanici.

La macchina di “Il leader include “zombi” “dogma” con le scritte “a ciascuno il proprio dada” e “dada per tutti”. “Il dada è tratto” segna un disegno senza macchine e congegni ma delle note musicali in basso, un “blind/ato” in alto che emette note, e la scritta “Bologna ‘77”.  Non manca la favola in “Alice” e “Alice oltre il labirinto”, sempre nei congegni e meccanismi tra schizzi rossi.

Molti di questi disegni recano una scritta maiuscola in rosso dedicata a  Picabia, l’altro artista d’avanguardia con Tzara, anche lui citato, oltre a Duchamp,  valgano  per tutte le scritte l’impegnato  “Picabia vive e lotta insieme a noi” e il dadaista “Servirsi di Picabia come asse da stiro” il volitivo  “Riprendiamoci Tzarae l’ecumenico Duchamp per tutti”.

In diversi disegni di macchine appare la parola “Oask”. La vediamo in  “Come si fa un giornale, anzi tre” con una pentola di “desir” da cui escono “street” e  “movement”, “abatjour” e    “Wam”, al centro in alto “Oask?!”; poi in  altri meccanismi con la scritta “dada”, “Oask” è sempre al centro, in uno con le derivazioni “kitch” e “naif”, “anti” e “disaggregazione”, in un altro con “The street” e “La rue”.  “Oask?!” è messa in bocca agli indiani nei fumetti “Il molteplice singolare-Il plurale individuale” e “Disaggregarsi è ora”, è ricorrente in posizione dominante.

La spiegazione si trova nella “Testata inedita” della rivista degli Indiani metropolitani, “essere in Oask?!” è una condizione del movimento, figura al centro del vortice di parole che si avvitano come in un gorgo, mentre la pagina reca un fittissimo testo capovolto; l’interiezione dei fumetti diventa così  un simbolo e uno slogan accessibile  a tutti. Le successive quattro pagine della rivista sono un significativo esempio delle “parolibere” degli indiani metropolitani, non isolate ma in fittissime dissertazioni, come quella intitolata “Qualcosa a proposito della indianità del movimento”nella vignetta “I piccioni di Siena sono in Oask?” hanno delle reticelle per catturare minuscoli padroni in frak, fino a “Come fondere cellule e nuclei sconvolti clandestini”, nulla a che fare con le successive cellule eversive delle Br, siamo sempre nel paradosso surreale.

Completano la sezione altre tavole di Fumetti con gli indianiin bianco e nero e a colori, molti con macchie  nere e rosse che schizzano. Vediamo titoli paradossali e irridenti quali “Sporchi indiani metropolitani non si capisce un accidente di quello che dicono” e “Maledetti indiani metropolitani fatevi capire quando parlate”, “Ci siamo stufati, sempre lo stesso cioccolato” e “Azionare il motore desiderio e scendere dal treno blindato; ma anche titoli seri e impegnati come “Il linguaggio dell’uomo totale sarà il linguaggio totale”  e “Per un’arte applicabile e replicabile”, fino a “Il linguaggio dei fatti” e “Potere alle donne”. Siamo sempre nel 1977.

Nello stesso anno la serie di Disegni per “Lotta continua”,  che segnarono il temporaneo abbandono della pittura per l’impegno in una forma di  militanza. Alcuni con figure preistoriche,  altri con riquadri recanti figure di vario tipo, anche Paperino,  con slogan a effetto. In particolare,  “Non si tratta di scegliere l’arte del sacrificio”, “Contro il sacrificio dell’arte”, “La fine del sacrificio come arte”; e “La consuetudine, è vero, ha così ben mutilato l’uomo/, che egli crede,/ mutilandosi,/ di obbedire alla legge naturale” ;  “Quantitativamente vinta dai progressi in materia sanitaria/ la morte/ si introduce quantitativamente nella sopravvivenza”; “E ognuno diventa grande ricacciando la sua infanzia/ fino a che/ il rimbambimento/ e l’agonia/ lo persuadono che è riuscito a vivere da adulto”.

I collage futuristi  di “Ossidazioni”, nel disincanto ideale

Dopo quest’attività  del 1977, oltre a “Lotta Continua” collabora  nel 1978 a  “L’Avventurista” e “Il Male”, esprimendo la sua leggerezza in questi giornali satirici, sempre nello spirito degli “indiani metropolitani”.  Ma torna presto un clima ben più pesante di quello della contestazione  del 1968. Con il sequestro  e l’uccisione di Aldo Moro dopo i 55 giorni di prigionia seguiti alla strage di cinque agenti di scorta, si entra nel periodo cupo degli “anni di piombo” ; l’attacco terroristico e le misure d’emergenza tolgono ogni spazio alla leggerezza e ironia  degli “indiani metropolitani”.

E allora per Echaurren l’unica alternativa è tornare alla pittura. Ma come, senza sconfessare le sue idee e i suoi ideali?  Trova l’ispirazione nelle vie percorse dal Futurismo, al quale si è appassionato. ripartendo dalla concezione di Marinetti che l’arte è più importante di mille impostazioni programmatiche, per tornare all’arte in senso stretto; ma usando soprattutto la carta che è stata sempre il suo supporto preferito, e avvalendosi della tecnica del collage per espressioni più intime e personali. E’ la sua terza modalità espressiva dopo i “quadratini”  del primo periodo e il surrealismo impregnato di ideologia del periodo di “Lotta continua”. 

Nel nuovo clima di restaurazione non rinnega il passato e si proietta verso il futuro  partendo dal “quotidiano”  dei ritagli di giornale, frammenti della realtà da ricomporre  dove la forma esteriore è espressione del pensiero che la origina. “Le ‘ossidazioni’- commenta la Rorro – piccole opere minimaliste e preziose prove compositive, vanno proprio rilette alla luce di una ricerca che non ha mai abbandonato l’attenzione alla realtà, anche nei momenti di apparente ripiegamento interiore”.

Inoltre si dedica alle illustrazioni, sempre in un modo molto personale, e ancora ai  fumetti, ma “colti”, con vite di artisti  corredate dai necessari riferimenti letterari, un altro modo di portare la cultura verso il “basso”. Sono storie disegnate, “graphic novel“, su Marinetti  in “Linus”, su Majakovskij, Pablo Picasso,  Ezra Pound, e tanti altri, la sua comunicazione è a largo raggio.

Ma guardiamo le “Ossidazioni” esposte nella 4^ sezione della mostra, 25 collage su carta da 30  a 50 cm,. Dal  1978 al 1980   10 collage “Senza titolo”, piccoli  frammenti di fogli, di quaderno o giornale, per lo più ingialliti , senza una regola;  non vi sono  scritte, cosa che sorprenderebbe avendone utilizzate tante nel 1977,  come abbiamo visto, se non si considerasse la nuova realtà che ha cancellato tutto quanto aveva consentito il fantasioso movimento degli indiani metropolitani

Nei collage del 1985  appaiono poche  scritte non aggiunte ma esistenti sui ritagli, che danno il titolo al collage il cui colore è sempre sul giallo ma più carico. Vediamo “N.ro 14934” e “Manifesto”, “Azione” e “Taglio e cucito”, “Tandi aughure” e “Semplicismi”, “Musica” e “Italia” “Proudhom” e “Scena comica in un parco”, “Napoleone imperatore” e “Occhi”.

I quattro collage del 1989 presentano una novità, l’intervento grafico dell’artista in aggiunta la frammento cartaceo, appena percettibile  in “Napoleone Imperatore”, 5 macchie come impronte digitali, più evidente in “Occhi” , parola scritta a mano tra riquadri e cerchi appena delineati e due frecce in direzioni opposte molto marcate, insieme a un grande punto interrogativo nero.  Fino a “Esisto” e “Punti di vista” dove il collage cartaceo non è quasi percepibile, sovrastato da segni molto marcati che invadono l’intera superficie: nel primo è la scritta del titolo a caratteri cubitali ripetuta con una grande mano nera, nel secondo  frecce, croci e frecce oltre alla scritta del titolo.

“La tigre è ancora viva”, possiamo dire ricordando la ripresa volitiva di Sandokan dopo la distruzione di Mompracem. Vedremo prossimamente come tornerà a esprimersi nell’arte.

Info

Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Viale delle Belle Arti 131, Roma. Da martedì a domenica ore 8,30-19,30, entrata fino  a45 minuti prima della chiusura; lunedì chiuso. Ingresso euro 8 (mostra + museo), ridotto 4 euro per i giovani UE 18-25 anni, gratuito per i minori di 18 anni e altre categorie previste. http://www.gnam.beniculturali.it/ Tel. 06.32298221.  Catalogo “Pablo Echaurren. Contropittura”, a cura di Angelandreina Rorro, Silvana Editoriale, novembre 2015, pp. 264, bilingue italiano-inglese, formato  23,5 x 28,5, dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Il  primo articolo sulla mostra è uscito  in questo sito il  20 febbraio 2016, il terzo e ultimo articolo uscirà il 4 marzo,   con altre 12 immagini ciascuno. Per gli artisti e i movimenti citati  cfr. i nostri articoli in questo sito sulla mostra di Echaurren alla Fondazione Roma 23, 30 novembre e 14 dicembre 2012 , su Duchamp 16 gennaio 2014,  sul Futurismo  nella mostra “Dolce vita? Dal Liberty al design 1900-1940” al Palazzo Esposizioni14 novembre 2015 e nella “Secessione”alla Gnam21 gennaio 2015, sui futuristi  Marinetti 3 marzo 2013,  Dottori  2 marzo 2014,Tato 19 febbraio 2015,su Giosetta Fioroni   1° gennaio 2014,  su Franco Angeli  31 luglio 2013;  in “cultura.inabruzzo.it”  sul Futurismo al Vittoriano  30 aprile e 29 settembre 2009 , su  Max Ernst, Tzara in  Dada e surrealisti al Vittoriano 6 e 7 febbraio 2010 e in “Teatro del sogno”a Perugia  30 settembre, 1° dicembre 2010;  in “fotografia.guidaconsumatore.it” su Schifano  15 maggio 2011 (i due ultimi siti non sono più raggiungibili, gli articoli saranno trasferiti in questo sito).

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione della mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna che si ringrazia, con la Fondazione Echaurren e i titolari dei diritti,  in particolare l’artista che ha accettato di essere ripreso davanti a una sua opera. In questo articolo, che descrive la 2^,  3^ e 4^ sezione della mostra  le cui immagini sono inserite nel primo articolo, le immagini riguardano la 5^ sezione descritta nel terzo articolo. In apertura, l’artista dinanzi alla sua opera “The Fall of the Wall”, 1989;  seguono, “Wart”, 1989,  e “Ascendenze. Anti-neo”, 1989;  poi, “Vulcanizzatori di anime forate”, 1990, e “Città muta”, 1990; quindi, “Stupid eternity”, 1990, e “Vermi!”, 1990; inoltre, “Artisti estremisti”, trittico, 1990, e “Relativo”, 1991; infine, “Il giudizio”, 1991, “Senza dimensioni”, 1991, e  “Da zero a infinito e viceversa”, 1989; in chiusura, da dx, “Voi siete qui”, 1989, poi “Vulcanizzatori di anime forate”, e “Stupid eternity“, 1990.