CoBrA, “un morso di vita” alla Fondazione Roma

di Romano Maria Levante

Alla Fondazione Roma, nel Palazzo Cipolla in Via del Corso,  la mostra “CoBrA. Una grande  avanguardia europea 1948-1951”, presenta,  dal  4 dicembre 2015 al 3 aprile 2016, una vasta raccolta di opere riferibili a tale  movimento. Sono opere di artisti danesi, belgi  e olandesi, componenti del gruppo di avanguardia identificato dall’acronimo “CoBrA”, dalle  iniziali delle capitali, realizzate nel triennio di vita del gruippo 1948-51 e nei decenni successivi; e di artisti di altri paesi, tedeschi  e francesi, inglesi e italiani, che ne hanno ricevuto l’influenza sul piano artistico; è esposta anche un’accurata documentazione sulla loro attività, con monografie e  riviste.  La mostra, promossa dalla Fondazione Roma e organizzata  dalla Fondazione Roma Arte-Musei, si avvale di prestiti dei più grandi musei;  è a cura di Damiano Femfert e Francesco Poli, che hanno curato anche il Catalogo  bilingue italiano-inglese edito da Skira.

Il presidente della Fondazione Roma Emmanuele F. M. Emanuele ha concluso così la sua presentazione della mostra: “Un ‘morso’ di vita, insomma, quello di CoBrA, che destò l’Europa dal letargo intellettuale in cui l’aveva tristemente relegata la guerra, creando i presupposti di un’arte libera, ansiosa di elaborare nuove teorie estetiche  e critiche, capace di fare ‘tendenza’ ancora oggi, nel momento in cui questa aggancia lo spirito e scopre quanto di più autentico e profondo risiede nell’animo umano”. 

I CoBrA contro il Realismo socialista,  l’astrattismo geometrico e altri modernismi

E’ qualcosa di più di un intervento di routine, del resto la  partecipazione personale di Emanuele appare chiara da queste altre parole: “L’ansia di liberare la fantasia e  dare finalmente sfogo al colore nella sua essenza materica e cromatica ebbe un effetto dirompente, tanto da contaminare letteralmente l’intero continente europeo, arrivando perfino in Italia, dove nacque un’articolata e vivacissima rete di esperienze scaturite da  una visione creativa comune, che successivamente ho avuto l’opportunità di condividere grazie al rapporto amicale e intellettuale con Enrico Baj“.

Siamo nei “favolosi anni sessanta a Milano”, che lui stesso ricorda con riferimento anche a un altro maestro con cui ha vissuto queste esperienze, Ugo Nespolo, prestatore con la sua collezione privata in aggiunta alle maggiori collezioni museali olandesi e danesi, francesi e tedesche, belghe e italiane. Agli “Irripetibili anni sessanta”, esplosione di vitalità dopo gli anni febbrili della ricostruzione postbellica,  Emanuele ha dedicato una mostra, come ai “Realismi socialisti” e al loro maggiore esponente, Deineka – l’arte oltre cortina cui i CoBrA si ribellavano – al Palazzo Esposizioni nel periodo della sua presidenza.

Ma non solo si ribellano ai “Realismi socialisti”, improntati al realismo intriso di retorica a fini di propaganda politica; rifiutano, sul versante opposto, anche l’astrattismo geometrico improntato a una fredda razionalità; e le correnti moderniste improntate al formalismo dei post cubisti e all’astrattismo lirico della “scuola di Parigi”. I CoBrA si distaccano inoltre, più che ribellarsi, dai surrealisti di André Breton, anche se hanno molte assonanze con loro, tanto che Edouard Jaguer ha ricondotto tale ripudio alle “proprie pulsioni edipiche” non superate.

Abbiamo accennato a ciò a cui i CoBrA si ribellavano o da cui comunque si differenziavano. E’ il momento di parlare in positivo di un gruppo che la mostra ha il grande merito di rivelare ai più e comunque di illustrare come mai fatto prima in Italia con una notevole ricchezza espositiva.  Nella visita alla mostra si è risucchiati  in un vortice di colori, non ci si stanca mai di guardare immagini lontane tanto dal figurativo quanto dall’astratto,  prodotte da un creatività personale fuori da ogni schema, lasciata alla gestualità e all’impulso del momento; immagini che mettono  a nudo le pulsioni  interiori come portato della fantasia o della memoria, tali da evocare e configurare ascendenze primitive o infantili. Questo abbiamo provato al primo immediato impatto,  con tutte le sensazioni e le emozioni che ne sono derivate.

Cerchiamo di capirne le motivazioni e le derivazioni, prima di passare in rassegna le opere e gli autori visitando una mostra così coinvolgente e, per tanti versi, sconvolgente.

Una dichiarazione d’intenti di respiro europeo

Di sorpresa in sorpresa, ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso dalle  tendenze di avanguardia che si sono succedute, per tanti motivi  che ne fanno un caso a sé particolarmente intrigante.

Il gruppo ha dato vita a un movimento  vero  e proprio con una precisa dichiarazione d’intenti e appositi eventi espositivi,  non limitandosi all’arte pittorica o scultorea ma aprendosi ad altre forme, poetiche e letterarie, in base a una propria filosofia; un gruppo sorto dopo un incontro dell’8 novembre 1948 di artisti danesi, olandesi e belgi nel caffè di un hotel parigino, e sviluppatosi nel breve spirare di un triennio, dal novembre 1948 al novembre 1951, allorché ha cessato di operare  pur mantenendo la propria spinta propulsiva nell’evoluzione artistica dei suoi maggiori esponenti.

La dichiarazione d’intenti “Le Cause ètait entendue”,  redatta dallo scrittore belga Dotremont  e sottoscritta nell’incontro di Parigi appena citato  dal promotore,  il danese Jorn, e dagli olandesi Constant, Appel e Corneille,  reca questo indirizzo  programmatico: “Noi ci rifiutiamo di essere intruppati in un’unità teorica artificiale. Noi lavoriamo insieme, noi lavoreremo insieme. E’ in uno spirito d’efficacia che noi sommiamo insieme alle nostre peculiari esperienze nazionali un’esperienza dialettica tra i nostri gruppi”. 

Sommare le diverse esperienza nazionali in uno spirito comune, nel confronto tra diverse esperienze è stato un modo per costituire a livello artistico un primo nucleo di quell’unione che doveva poi fare tanta strada nella politica  europea, sia pure con arresti improvvisi e riprese, illusioni e delusioni. Damiano Femfert, curatore della mostra con Francesco Pioli,  sotto il titolo “Iter di una mostra europea”, attribuisce ad essa un particolare  valore nel momento in cui c’è un “clima europeo di odio e frammentazione, di colpevolizzazioni reciproche, di riaffermazione rancorosa delle discrepanze tra le nazioni invece delle loro vicinanze, di crisi fastidiose (Grexit, Brexit, Dexit)”.  Dai CoBrA venne una “nuova idea di convivenza europea”  con ancora aperte le ferite della guerra.

Non si è trattato esclusivamente di un movimento pittorico e scultoreo, le sue espressioni letterarie  e poetiche sono state  altrettanto importanti;  si definivano “artisti sperimentali” impegnati in un lavoro creativo  che prescindeva dal risultato della creatività, espressa  non solo in un quadro o in una scultura, ma anche in una poesia o in una festa. Il lavoro creativo era espressione di una vitalità positiva proiettata anche nella vita come reazione al pessimismo del dopoguerra.

Come non tornare con il pensiero al nostro Futurismo, all’esplosione di vitalità e di rinnovamento che lo animava, proiettato verso la modernità in ogni campo dall’arte alla letteratura,  fino ai tanti aspetti della vita quotidiana e alle “feste futuriste”, veri happening  creativi?  C’era la dichiarazione d’intenti del “manifesto” di Marinetti e dei manifesti successivi sui diversi comparti dell’arte  e non solo, mentre la matrice ideologica era ben diversa, fortemente nazionalista, laddove quella dei CoBrA  è stata  europeista contro le barriere nazionali;  a parte il pacifismo dopo il conflitto distruttivo mentre il Futurismo nacque con  le concezioni belliciste della “guerra igiene del mondo”, prima della disillusione nella vita in trincea degli artisti accorsi volontari nella prima guerra mondiale.

Ma non è al Futurismo che si richiamano i CoBrA, anzi si nutrono di concezioni marxiste, bensì al surrealismo, anche se per il “complesso edipico”  evocato da Jaguer ostentano di distaccarsene. Il riferimento a tale fondamentale corrente artistica del ‘900 ne fa comprenderne meglio la natura.

Dai surrealisti ai CoBrA  con gli artisti fondatori del gruppo

I surrealisti già prima della nascita del gruppo CoBrA ricercavano la liberazione dello spirito nel riflettere la realtà al di fuori da ogni schema quale che fosse lo strumento di espressione prescelto, dalle arti visive alla poesia.  L’immaginazione e la fantasia erano viste come riflesso della realtà, l’immagine  espressa con qualunque strumento, forme e colori per il  pittore,  lessico e sintassi per il poeta. Ciò che contava era la spontaneità con la quale venivano liberate le pulsioni inconsce in modo automatico senza elaborazioni concettuali o ricerche stilistiche.  Non esistevano forme prefissate, la libertà di espressione era assoluta sia nella pittura  e scultura, sia nella poesia.

Queste basi del Surrealismo sono state declinate in vario modo nei diversi paesi europei, e in particolare nei tre cui appartenevano i membri del gruppo CoBrA, Danimarca, Olanda e Belgio, fino  a dar luogo a un movimento originale particolarmente dinamico e propulsivo.

In Danimarca, si poneva l’accento sulla spontaneità creativa; alle forme astratte, che pure i CoBrA non accettavano nella loro variante geometrica, veniva attribuito un valore simbolico come riflesso della vita interiore. Nulla di angoscioso e complessato anche se la psicologia freudiana veniva tenuta in grande considerazione. Jorn, uno dei massimi esponenti del gruppo, proclamava anzi “la nostra forza è che la vita ci dà gioia, che la vita in tutti i suoi aspetti amorali suscita il nostro interesse. Ed è proprio questo il fondamento dell’arte di oggi”. Più che al Surrealismo ciò fa pensare al Futurismo. Jorn va oltre, parlando di “collaborazione organica” e perfino di “fratellanza” come basi vitali delle  diverse forme artistiche senza confini e barriere tra loro.  Lo ricorda Hilde de Bruijn nel suo saggio su “CoBrA e mondo contemporaneo”  riportando quest’altra significativa citazione di Jorn sul “linguaggio della nuova era”: “E’ il passaggio a un altro ritmo di vita, in cui non si privilegia più il privato, il capolavoro, l’individuo… né la divisione della vita in forme chiuse, rubriche e classificazioni, ma il fluire della vita stessa, la sua esuberanza e la libera crescita”; in questo modo si potrà creare “uno stile di vita che sia davvero vitale,  una collaborazione organica tra gli esseri umani, una società organica a tutti gli effetti”.

La distanza dal Surrealismo, pur se ne veniva avvertita fortemente l’influenza nella matrice comune, è  ancora maggiore in Belgio, dove Dotremont,  che scrisse la dichiarazione di intenti iniziale, si oppone all’idealismo del guru del Surrealismo Breton,  pur avendo avuto nella sua poesia un periodo “surrealista”;  lo affianca l’altro poeta presente alla riunione fondativa,  Noiret, che scrive: “Siamo usciti dallo spazio mentale idealista che separa arbitrariamente la mano, la sensibilità, la testa: non esiste spirito poetico senza realtà materiale”.  Un materialismo dichiarato,  con un’adesione esplicita alla visione marxista che Dotremont sulla rivista “Cobra” espresse in forma interrogativa: “Come può definirsi marxista chi non attribuisce alla materia una vita profonda, un potere dell’immaginazione che trascende l’immaginazione stessa, chi non riconosce l’impulso creativo della mano, il ruolo dell’esecuzione nel progetto e del materiale sulla totalità dell’opera?”.

In Olanda, addirittura, il Surrealismo non era penetrato se non in modo episodico e isolato: Gli artisti protagonisti, con i danesi e belgi, della nascita di CoBrA, sentivano in modo autonomo le pulsioni libertarie  come reazione agli anni di occupazione e deportazione; tanto gli artisti quanto i poeti  sono per la spontaneità senza vincoli, la libera ispirazione al posto della  alla costruzione sapiente. Eloquenti le parole  di Lucebert, pittore e poeta, che riassume le due figure: “Mi godo la libertà che riescono a comunicarmi solo i miei quadri, le mie poesie… concreto e astratto, per me è lo stesso, quasi non percepisco la differenza, so solo che si tratta di concetti di un mondo ideologico in cui sono e desidero restare uno straniero xenofobo”.

Tre paesi, tre declinazioni dell’anelito libertario con uno sbocco ricco di vitalità e di carica espressiva nel gruppo dei CoBrA,  che Constant, anch’egli tra i fondatori, ha così rievocato nel 1983, dopo 35 anni: “Per noi non si trattava di rinnovare l’arte, ma di liberarla. Rigettavamo tutto ciò che poteva limitare la nostra libertà: l’importante era l’apertura, che i percorsi che ci si aprivano fossero praticabili e che ciascuno potesse avventurarvisi come meglio credeva. CoBrA era rivoluzionario e CoBrA era primitivo. Ma non esistono né uno stile né un’estetica CoBrA”.

Dopo questa citazione,  Jean-Clarence Lambert conclude così la sua accurata analisi degli ascendenti del movimento: “Sì, CoBrA è stato davvero, per i pittori, gli scultori, i poeti, ciò che Dotremont aveva annunciato nella sua conferenza di Amsterdam: un grande appuntamento naturale”.  E’ sua la definizione dell’ “interspecialismo”: “Il poeta scrive, il pittore dipinge, nello stesso tempo, nelle stesse circostanze, sullo stesso piano, con un ritmo comune, le parole organizzano le forme, le forme fanno nascere le parole”. Anche qui viene spontaneo il riferimento al Futurismo, e non solo alle “parolibere”; viene in mente il dipinto di  Francesco Cangiullo del 1914 in cui le parole formavano la “Grande folla a Piazza del Popolo”.  

I CoBrA visti dall’Italia

I nostri riferimenti al Futurismo, precisiamo, sono soltanto libere associazioni di idee senza alcuna pretesa di collegamento critico, questo avviene con il Surrealismo pur nelle evidenti diversità. Ma dato che abbiamo evocato il Futurismo, e con esso l’Italia,  aggiungiamo qualcosa sulle forme in cui si è prestata attenzione nel nostro paese a questo movimento di artisti danesi, belgi e olandesi.

Enrico Crispolti trova quattro  “punti per una riflessione su CoBrA e l’Italia”. Il primo è l’influsso che ha avuto, anche tramite il risalto internazionale dei dieci fascicoli della rivista “Cobra” pubblicati tra il 1948  e il 1951, come “una sostanziale motivazione liberatoria, d’ascendenza automatistica, esplicitamente di matrice surrealista… verso la fenomenologia operativa informale”.

Il secondo punto di riflessione riguarda la prima effettiva manifestazione italiana  dell’immaginario di marca CoBrA: Enrico Baj e Dangelo sono molto attivi nella seconda mostra di “pittura nucleare” a Bruxelles nel febbraio-marzo 1952 allorché pubblicano un manifesto con  espressioni gestuali ma  diverse dall’ “animismo panico” dei CoBrA, che si sono sciolti solo un trimestre prima. Trascorre meno di un anno e nasce uno stretto rapporto tra Baj  e Jorn con un epistolario e anche mostre:  a Milano nel maggio 1954  Jorn con Appel e Corneille espone alla Libreria Schwarz, Baj aderisce al “Mouvement International pour une Bahaus imaginiste”, di cui è segretario Jorn. E così via. 

Un altro elemento è la diffusione in Italia di scritti dei CoBrA e sui CoBrA nelle riviste specializzate: “Numero” nel 1°fascicolo del settembre-novembre 1949,  l’anno dopo  la nascita del movimento, ospita un articolo sulla “immaginazione liberamente inventiva  [di marca CoBrA] contro la ‘pittura immaginata’ del surrealismo storico” ; nel 1950  e 1951 pubblica articoli di Dotremont, Crispolti prosegue nel suo excursus di articoli ed eventi espositivi nei decenni successivi. Di tutto questo dà conto la mostra con le vetrinette nelle quali è esposto questo prezioso materiale.

Ne discende il quarto punto di riflessione, “il riconoscimento storiografico”  nel nostro paese ai singoli artisti e al movimento nel suo insieme, a partire dal rilievo dato da Schwarz nel 1956, nel suo “Pittura italiana del dopoguerra”, dell’importanza del rapporto  tra “nucleari” milanesi e artisti CoBrA, attraverso “il prolungato dialogo Baj.Jorn”. Poi  l’excursus sui decenni successivi.

Peculiarità e spirito dei CoBrA

Lo spirito del movimento CoBrA ha delle  notevoli peculiarità, oltre quella di unire, in un crogiuolo creativo, artisti di diverse nazioni europee e di varia estrazione, dalle arti visive  a quelle letterarie,

Abbiamo già accennato al loro rifiuto dell’astrattismo geometrico e dell’astrattismo lirico come del Realismo socialista e del formalismo modernista subentrato al cubismo; e del distacco dal surrealismo idealista e individualista per una dimensione materialista e collettiva vicina al popolo. Lo sbocco di tale posizione non è comunque  unitario, assume aspetti diversi nei singoli artisti per cui una fisionomia del movimento può nascere solo dalle loro espressioni personali.

Possiamo tuttavia fornire una serie di spunti, per preparare la visita alle opere esposte, seguendo la ricostruzione della “grande avventura di CoBrA”  fatta da uno dei due curatori,  Francesco Poli. “I CoBrA, in linea di principio rifiutano ogni definizione precisa di stile, essendo per loro fondamentale la spontaneità creativa diretta e vitale. Per loro, un’immagine deve emergere dalla materia in modo assolutamente naturale, come un cambiamento subitaneo del tempo, come un temporale imprevisto. L’automatismo grafico e gestuale, lo sfogo espressivo delle pulsioni del desiderio, e l’enfatizzazione anarchica delle energie dell’immaginario sono considerati come le migliori armi nell’utopica battaglia liberatoria dell’avanguardia”. Con queste modalità espressive: “Sulla scia dei surrealisti, ma con spirito rinnovato e originale, si appassionano alle forme primarie dell’arte dei primitivi, all’iconografia più autentica del folclore e della mitologia nordica, alle espressioni creative infantili, degli outsider e degli alienati”.

Ne nascono composizioni che, sebbene derivino da spessori materici apparentemente informi, frutto di spontaneismo e di gestualità, non sono  mai astratte, ma, aggiunge Poli, “danno vita a un mondo di immagini primordiali, mitiche, simboliche, grottesche e favolistiche con valenze violente  e gioiose, ironiche e poetiche. Un mondo con esplosive accensioni cromatiche e figurazioni provocatorie, popolato da strane figure, da maschere e facce stravolte, da inquietanti troli, da un fantastico bestiario di cani, gatti, serpenti e uccelli minacciosi”.

In questo mondo favolistico  ci immergeremo descrivendo le opere esposte nella mostra, dopo aver cercato di delinearne  le motivazioni e le pulsioni recondite con un approfondimento nato dall’impatto  immediato con la prima sala espositiva allorché ci ha preso il vortice di colori e di vitalità informale quanto mai evocativa e intrigante. Racconteremo prossimamente la nostra visita alla mostra che si preannuncia  come un viaggio ricco di suggestioni e fonte di intense emozioni.

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Info

Fondazione  Roma.Museo, Palazzo Cipolla,  Via del Corso 320,  Roma. Dal martedì alla domenica ore 11,00-22,00. Ingresso intero euro 12,00, ridotto 10,00. Tel. 06.22761260.(per attività didattiche tel. 346.0865728).  http://www.mostracobra.it/, www.fondazioneromamuseo.it, . Catalogo “CoBrA. Una grande avanguardia europea 1948-1951”, a cura di Damiamo Femfert e Francesco Poli, Skira,  dicembre 2015, pp. 272, bilingue italiano-inglese, formato 22 x 28, dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Il secondo e ultimo articolo uscirà il 24 marzo 2016, con 12 immagini.  Per le mostre sulle correnti e gli artisti citati cfr. i nostri articoli: in questo sito,  “Impressionsti  e modernisti” 12, 18 e 27 gennaio 2016, “Secessione”  6, 7 dicembre 2014 e 21 gennaio 2015, “Empire” 31 maggio 2013,   “Guggenheim“anche per Pollock 22, 29 novembre e 11 dicembre 2012, “Astrattisti italiani” 5 e 6 novembre 2012,  i futuristi Tato 19 febbraio 2015, Dottori e le “feste futuriste” 2 marzo 2014, Marinetti  2 marzo 2013, “Cubisti” 16 maggio 2013, “Corporate Art” per Nespolo  9 settembre 2015, Deineka 26 novembre, 1° e  16 dicembre 2012;  in “cultura.inabruzzo.it” su “Gli irripetibili anni ’60”  3 articoli il 28 luglio 2011, “Realismi socia1isti”  3 articoli il 31 dicembre 2011, “Dada e Surrealisti” 6 e 7 febbraio 2010, “Il teatro del sogno” anche per Ernst  30 settembre, 7 novembre e 1° dicembre 2010,  “Futurismo”  30  aprile, 1° settembre e 2 dicembre 2009, “De Chirico… Baj”  23 settembre 2009  (tale sito non è più raggiungibile, gli articoli saranno trasferiti in questo sito).Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nel Palazzo Cipolla della Fondazione Roma, si ringrazia la Fondazione Roma-Musei, insieme ai titolari dei diritti, per l’opportunità offerta. In apertura, Karel Appel, “Visage avec oiseau”, 1970; seguono, Asger Jorn, “Senza titolo”, 1956-57, e Carl-Henning Pedersen, “Det rede slot ved havet”, 1952; poi, Pedersen, “Orange Bird Horse”, 1977, e Karel Appel, “Les Solitaires”, 1953; quindi, Appel, “Senza titolo”, 1958, e Corneille, “La Grande Symphonie solaire”, 1964; inoltre, Corneille, “Petite Musique du printemps”, 1987, e Constant, “De vlam”, 1952; infine, Pierre Alechinsky & Christian Dotremont, “Ondes etremes”, 1974-1979;in chiusura, la Foto con i maggiori artisti del gruppo “CoBrA”