Correggio e Parmigianino nel ‘500 d’oro di Parma, alle Scuderie

di Romano Maria Levante

Alle Scuderie del Quirinale la mostra “Correggio e Parmigianino. Arte e Parma nel Cinquecento”, aperta dal 12 marzo al 26 giugno 2016, presenta una vasta selezione di opere provenienti da oltre 40 istituzioni museali e da altri prestatori, fino ad Amburgo e Londra, Strasburgo e Vienna, Copenaghen e Oxford, New York, Washington e Los Angeles. Curatore della mostra e del Catalogo della Silvana editorialeDavid Ekserdjian, che ha studiato la Scuola di Parma per 35 anni con numerose pubblicazioni,tra cui due monografie sul Correggio nel 1997 e sul Parmigianino nel 2006.

Una mostra molto interessante, questa delle Scuderie del Quirinale, perché non solo presenta due grandi artisti del ‘500  in un allestimento  che li pone testa a testa,  inducendo il visitatore a cercare gli influssi e, di conseguenza, le analogie e le diversità;  ma li inquadra nel periodo d’oro  della città di Parma, attraverso le opere di epigoni contemporanei..

Non sono due presentazioni monografiche, ma le storie intrecciate di due artisti viste in parallelo in un contesto cittadino che fino al loro arrivo era di livello modesto sotto il profilo artistico, ma poi si elevò notevolmente fino rendere la città, dove si era creata la “scuola di Parma”, un centro di attrazione.

Per questo motivo seguiremo, pur se con alcune varianti, la presentazione delle opere nelle 10 sale della mostra, che alterna momenti di singolo approfondimento a momenti di raffronto diretto nelle diverse fasi della vita dei due artisti, isolando in apposite sezioni giovinezza e maturità anche per dare il senso dell’evoluzione di ciascuno pur nella comparazione implicita e spesso esplicita.

Correggio e Parmigianino

Una breve presentazione introduttiva per delineare alcune caratteristiche e peculiarità della vita e dell’arte dei due grandi pittori cinquecenteschi, ma saranno le loro opere la vera presentazione.

La  prima considerazione riguarda i rispettivi soprannomi, Antonino Allegri  fu chiamato “il Correggio”  e Francesco Mazzola “il Parmigianino”, con riferimento alle località di provenienza, componenti  importanti della loro vita. Il primo veniva dalla cittadina vicino Parma dove nacque nell’agosto 1489 e da cui prese il nome, vi rimase fino al 1503,  poi andò a Modena e Mantova; il secondo era nato a Parma nel gennaio 1503 da una famiglia di pittori, di qui il diminutivo riferito alla sua precocità di artista, non alla statura, vi rimase fino al 1524, quando si trasferì a Roma.

Il Correggio a 14 anni  frequentò la scuola di Francesco Bianchi Ferrari, due anni di formazione allo stile aggraziato con colori luminosi proprio del suo maestro; su queste basi si innestò  prima la rudezza stilistica del Mantegna, dominante a Mantova, poi un richiamo alla grazia espressiva nella scuola di Costa succeduto al primo maestro. Nel 1910 è a Parma, ne  rivoluziona il panorama artistico,  prima del suo arrivo la locale scuola di pittura era così poco qualificata che venivano
date commissioni ad artisti forestieri, poi ne divenne il maestro indiscusso.

Sulla sua formazione e la sua arte, il direttore della R. Galleria di Parma Armando Ottaviano Quintavalle,  in occasione del quarto centenario della morte dell’artista,  nel 1934, ha scritto : “Queste  dunque le origini del Correggio: grazia di atteggiamenti e di colore ispirati agli emiliani e forza di disegno, con duri contrasti derivati dal Mantegna”; si aggiunge l’influsso di Leonardo, conosciuto a Milano, “dal quale soprattutto attinse quella dolcezza dello sfumato che riscontriamo fin dalle prime opere, pur se reso in modo sostanzialmente diverso”.  In seguito approda a “strutture più robuste, ad una costruzione più serrata, ad una visione più particolare che, pur conservando nei tratti e nelle dolci espressioni l’originale grazia, e pur non distaccandosi del tutto dalle forme dei maestri, è già saldamente e particolarmente la sua pittura”. 

Sentirà anche l’influsso di Raffaello e Michelangelo, mantenendo la sua naturale grazia espressiva, e avrà momenti di manierismo; prevale in lui la gioiosa serenità, ma si cimenta anche con il dolore.

Il Parmigianino si trasferì a Roma dopo essere rimasto a Parma fino ai 21 anni, a parte il soggiorno a 18 anni a Viadana  – allorché lasciò la sua città assediata dai francesi – quando realizzò comunque una pala d’altare e un dipinto di santi, un affresco mitologico e un ritratto nobiliare.  A Parma sentì  l’influsso del Correggio che Giorgio Vasari nell’edizione delle “Vite” del 1550 definì suo maestro. Nell’edizione successiva del 1568  non si trova più questo riferimento, ma “l’importanza dell’artista più anziano per il più giovane resta in ogni caso enorme”, scrive il curatore David  Ekserdjian.

Aggiunge che “Parmigianino non si affrancò mai dall’influenza di Correggio”, del quale conosceva non solo le opere finite ma anche alcuni lavori preparatori, come provano dei fogli con le copie dei disegni  del Correggio in parte diversi dagli affreschi conclusivi; e sembra accertato che ebbe modo di salire sui ponteggi degli affreschi in lavorazione, alcune sue opere sono conformi.  Resta a Roma fino al Sacco della città del 1527, allorché va a Bologna e vi si ferma 3-4 anni, fino al 1530-31, quando torna a Parma e  vi rimane fino al termine del decennio. Straordinaria la sua maestria nel disegno, nella quale supera il Correggio, con un marcato  influsso michelangiolesco.

La sua peculiare cifra artistica è l’eleganza e il distacco rispetto al soggetto rappresentato, mentre il Correggio ne rende la gamma dei sentimenti umani, dalla  gioia,che è prevalente, fino al dolore, con partecipazione emotiva  evidente; differenze percepibili nella comune raffinatezza e grazia stilistica ed espressiva. 

Intorno a questi due maestri, incrociandosi   con loro anche nell’esecuzione delle committenze, gli altri tre artisti parmensi presenti in mostra, Michelangelo Anselmi, Giorgio Gandini Del Grano e Girolamo Mazzola Bedoli completano la visione d’insieme della straordinaria stagione artistica vissuta da Parma nella prima metà del ‘500, definita “per la città una vera e propria età dell’oro”.

La mostra la fa rivivere nelle 10 sale del percorso espositivo che ne ripercorrono i momenti salienti, dal periodo giovanile dei due maggiori artisti, alla maturità, ai disegni e ai tre epigoni.

Il primo confronto tra i due grandi artisti

Si apre la mostra con la Sala 1 che pone i due grandi artisti a confronto diretto con un’opera sullo stesso tema religioso, il “Matrimonio mistico di Santa Caterina”:quella del  Parmigianino viene dal Louvre, quella delCorreggio dal Museo di Capodimonte di Napoli. 

L’umanità del Correggio, che esprime sentimenti di gioia e dolore,  e l’eleganza del Parmigianino, che trasmette raffinatezza e grazia, sono particolarmente evidenti nelle due opere. Il Correggio presenta una scena familiare con la Santa  e un’altra figura femminile protese sorridenti con dolcezza su un bambino tenuto in braccio che le guarda teneramente  quasi a cercare protezione, con degli alberi e un paesaggio di sfondo; il Parmigianino invece  compone una specie di monumento, la Santa con il bambino è assisa su un piedistallo, intorno i santi Giovanni Evangelista e Giovanni Battista, ricorda le Madonne in trono, nello sfondo in alto delle colonne su una rotonda.Del Parmigianino vediamo anche “Santa Cecilia” e “David”, imponenti figure gemelle tra colonne tortili sovrastate da putti con cesti di frutta, vengono dalla Basilica magistrale di Parma.

 Le loro opere giovanili

Nelle prime opere del Correggio troviamo conferma, sia nelle singole figure, sia nella composizione, dell’influenza di Mantegna, pittore di corte a Mantova dove morì nel 1506, sono accertati i suoi rapporti nel 1512 con il figlio del grande precursore mantovano.  Questi dipinti per lo più  di piccole dimensioni,  esposti nelle Sale 2 e 3,   prefigurano aspetti caratteristici della sua arte che ha avuto una evoluzione graduale evidenziata in mostra  con un’impostazione cronologica oltre che tematica per i ritratti, la mitologia e i disegni.

Sono esposti 10 dipinti,  tra i quali hanno figure in primissimo piano le due “Madonna con Bambino”, precisamente la “Madonna Barrymore” e la “Madonna Campori,  inoltre “La Sacra Famiglia con san Giovannino ” e “La Pietà”, fino al tenebroso “Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne”. Mentre sono composizioni corali il  “Commiato di Cristo dalla madre” e il “Matrimonio mistico di santa Caterina con sant’Anna, san Francesco e san Domenico”,  la santa in trono in una composizione di tono liturgico ben diversa da quella di tono familiare presentata nella prima sala. Il tono familiare riappare nel “Ritorno durante la fuga in Egitto con san Giovannino”,  con il richiamo  naturalistico nel grande albero. Infine un insolito tono orientaleggiante in “David davanti all’Arca dell’Alleanza”, groviglio di figure e trombe con sfondo di cupole e guglie.

Per il Parmigianino, c’è la peculiarità di essere stato precoce, così fin dall’adolescenza ha prodotto opere compiute con una originalità manifestata fin dall’inizio e destinata a confermarsi nel tempo. Di questo periodo iniziale sono esposti soltanto due dipinti, a differenza del Correggio maggiormente rappresentato:  il “Matrimonio mistico di santa Caterina con san Giacomo minore”  sorprende perché ha un tono familiare che lo accosta al primo dipinto su questo tema del Correggio, il quale a sua volta, come abbiamo visto, nell’adolescenza ha reso invece la scena in modo rituale; il “Ritratto di Lorenzo Cybo”, la cui imponenza e solennità è temperata dal sorriso del bambino in basso,  anticipa la galleria dei ritratti della Sala 8.  Le altre 4 opere sono in matita rossa: “Madonna col Bambino, due santi e un donatore” ,  “Studi di putti”,  e “Studi da Correggio”.

 Le  opere della loro maturità

Sono esposte nella Sala 4 opere molto significative dei due artisti, 5 per ognuno, che consentono un raffronto delle rispettive forme artistiche negli anni ’20 e ’30 del ‘500: il Correggio morì nel 1534 a 45 anni e il Parmigianino nel 1540 a 37 anni, per entrambi un’esistenza breve ma intensa.

Del Correggio spicca “Noli me tangere”, con Cristo in piedi e la donna in ginocchio ritratti come in una danza davanti  a un albero con un paesaggio di sfondo, ricorda il suo “Giovane che sfugge alla cattura di Cristo”, con il corpo luminoso ma in uno sfondo buio. Gesù è al centro di altri due dipinti , “Il Redentore in gloria con angeli” e “Volto di Cristo”, quasi un ingrandimento del viso ma con la corona di spine e l’espressione prima gioiosa ora sofferente. Vediamo inoltre il “Martirio dei santi Placido, Flavio, Eutichio e Vittorino” dove nonostante  due carnefici li trafiggano con le spade non vi è dramma ma estatica accettazione del sacrificio supremo. 

Imponenti le figure che dominano due dipinti del Parmigianino, “San Rocco con il donatore Baldassarre della Torre da Milano”, in cui il santo è un vero gigante con gli occhi rivolti al cielo,  e “Conversione di Saulo”, in cui il gigante è il cavallo da cui Paolo cade nel momento della folgorazione guardando in alto con gli occhi che non vedono, su un  paesaggio dall’orizzonte lontano. Inoltre è esposta la “Madonna di san Zaccaria”, con una copia, c’è un senso di intimità nelle figure strette le une alle altre con i due bambini che si abbracciano teneramente. 

Completano l’esposizione della sala i disegni “L’adorazione dei pastori (La Notte)” del Correggio e “Studio delle figure in primo piano nello ‘Sposalizio della Vergine’ del Parmigianino.

 Le opere mitologiche e simboliche

Alla maturità, tra gli anni ’20 e ’30,  appartengono anche i dipinti su temi mitologici,  poco frequenti perché prevalevano le opere di tema religioso e per questo molto curati dagli artisti; Correggio e Pamigianino anche agli inizi affrontarono temi mitologici, ma in forma di affreschi.

Vediamo nella Sala 5 un’esposizione parallela di due opere per ognuno  dei grandi artisti.

Del  Correggio “Danae”,  parte di un ciclo di 4 opere sugli amori di Giove  realizzate negli ultimi anni, tra il 1930 e il 1934, l’anno della morte, nei movimenti e nella composizione obliqua  ricorda “Noli me tangere”, sotto una pioggia dorata Cupido le toglie il drappo che le copre le gambe per offrirla completamente nuda a Giove. Nuda anche  Venere alata come dea dell’amore, nel dipinto “Venere con Mercurio e Cupido (Educazione d’Amore)”,  in cui Mercurio insegna a leggere al loro figlio Cupido.

I  dipinti mitologici del Parmigianino furono eseguiti quasi tutti per un solo committente, il cavalier Francesco Baiardi. In “Saturno e Filira” il nudo di lei contrasta con il grande cavallo bianco in una composizione potente e dinamica,  è definita “bozzata di colore finito”, come fosse incompiuta.

Anche in “Circella” c’è dinamismo nella veste e nei gesti, è un disegno su una figura che ricorda la Maga Circe nell'”Orlando innamorato” del Boiardo.   

Idealizzato e allusivo il “Ritratto di giovane donna detta ‘Schiava turca’”, figura emblematica alla quale è dedicata la Sala 6, insieme al dipinto di Bedoli “Quattro membri della famiglia Bergonzi”.  Non si tratta di una schiava, l’aggettivo “turca” forse deriva dal copricapo molto eleborato, come un turbante, dal quale spuntano capelli scuri e riccioli, sotto una fronte pallida e delle guance rosee, l’abito è sontuoso, le dita affusolate, è l’immagine della bellezza piuttosto che un vero ritratto.

L’esposizione su questi temi prosegue nella Sala 10  con due opere dell’ultima fase della vita del Parmigianino,  “Pallade Atena”, un bel volto con gli occhi rivolti in basso, uno splendido monile con scritto il nome greco; e “Lucrezia”, il petto nudo, il gesto deciso, il viso rivolto in alto. 

Vi è anche “Antea”, un’altra rappresentazione simbolica della bellezza ideale piuttosto che il ritratto della cortigiana romana con questo nome: sguardo intenso, figura eretta, veste sontuosa.

I disegni e i ritratti

Un posto a sé occupano i disegni nel percorso degli artisti cinquecenteschi, perché spesso servivano da preparazione ai dipinti e , in genere, alle opere realizzate con varie tecniche.  Nella Sala 8 vi è un’esposizione particolarmente ricca, sono quasi 60, di cui circa 20 per ognuno dei due maestri, il Correggio e il Parmigianino, e altrettanti  per gli artisti loro epigoni.

Nei disegni si utilizzava in genere la penna  per impostare i contorni e la composizione, la matita per completare e rifinire.

Il Correggio disegnava soprattutto con la matita rossa e alcune sue prove sono di eccezionale valore, siano esse preparazioni pittoriche o progetti architettonici, i disegni esposti si dividono equamente tra le due categorie.

Per le prime,  6 di natura religiosa, di cui 2 studi  per una “Madonna della scodella”, e “Madonna col Bambino e santi”, ‘”Annunciazione” e  “San Bernardo”, “Adorazione dei Magi” e  “Due apostoli seduti con putti“; e 5  di natura profana, come “Venere addormentata” e “Allegoria del vizio”, “Genio che versa un libagione e donna con una cornucopia”, “Uomo a cavallo di un toro con altre figure” e “Nudo seduto di profilo”.

Dei disegni progettuali, 3 per il Duomo di Parma tra cui due sulla “Decorazione della cupola”,  2 sul “Sottarco della Cappella del Bono” e uno “Studio per la decorazione a grottesca di una crociera”.

Il Parmigianino viene ritenuto superiore a lui, nel disegno a penna e ad acquerello, con matita rossa e nera. La sua produzione è vastissima perché oltre che per scopi preparatori disegnava anche per diletto e, non essendo vincolato da committenze, raffigurava scene di vita quotidiana, paesaggi e perfino scene erotiche.

Sono esposti 8 suoi disegni  di natura religiosa, di cui 3 in preparazione dello “Sposalizio della Vergine”, 2 studi per la “Madonna dal collo lungo” e per  la “Madonna nella ‘visione di san Girolamo’”,  per “Annunciazione”, e per una “Testa di Gesù Bambino”.

Gli studi di natura profana in mostra sono 7,  “Figure su un’imbarcazione” e “Uomo seduto con sgabello”,  “Monarca riceve un libro da un sacerdote” e “Donna seduta a terra mentre allatta il bambino”,  “Figura virile seduta di spalle” e Paesaggio”, su temi mitici, “Saturno che divora i suoi figli”  “Diogene” e “Mosè”.  

I disegni progettuali sono 2,  per la “Decorazione della volta in Santa Maria della Steccata a Parma” e “Progetto per la cornice di una pala d’altare” .

La lunga carrellata si conclude con  7 disegni di Giorgio Gandini del Grano e 7 di Girolamo Mazzola Bedoli, 3 di Michelangelo Anselmi e 2 di Francesco Maria Rondani. Ma di questi artisti parleremo nella conclusione, appena terminata la presentazione dei due maggiori con i ritratti. 

I ritratti del Correggio e del Parmigianino sono particolarmente apprezzati nell’ambito della loro produzione artistica, ne sono esposti due per ciascuno, molto significativi: del Correggio“Santa Caterina con libro” e “Ritratto di uomo con libro”; del Parmigianino  “Ritratto di uomo con libro” e “Ritratto di giovane uomo”,  c’è il libro nell’immagine religiosa e in quella laica dei due artisti.

Gli epigoni, Gandini del Grano, Anselmi, Bedoli

Concludiamo la nostra visita alla mostra con gli artisti che  hanno concorso a creare la stagione d’oro nella Parma cinquecentesca, seguendo i due grandi maestri. I loro dipinti sono esposti nella Sala 7, mentre i loro disegni nella Sala 8 insieme a quelli di Correggio e Parmigianino.

Di Giorgio Gandini del Grano, oltre ai 7 disegni, vediamo 3 dipinti dei pochi che ha lasciato – è morto giovanissimo – anche lui come Correggio e Parmigianino si è cimentato nel “Matrimonio mistico di santa Caterina”  che, come la “Madonna col Bambino,  san Michele, san Giovannino e san Cristoforo”,  presenta una scena vivacemente movimentata e dal cromatismo brillante con dei bei paesaggi nello sfondo; mentre “Madonna col Bambino ed angeli” mostra una scena raccolta di grande tenerezza con i due volti accostati in posa inconsueta incorniciati da un tronco d’albero. Stessa maestria compositiva e forte dinamismo nelle figure che si assiepano in varie forme. 

Ancora più brillante il cromatismo di Michelangelo Anselmi in “Cristo e la samaritana”, con intensi contrasti di colori, anche qui il paesaggio domina lo sfondo,  mentre “Lucrezia” , presenta tinte smorte e lo sfondo cupo in carattere con la drammaticità della scena del suicidio col pugnale. 

 n Girolamo Mazzola Bedoli  troviamo ugualmente scene con paesaggi ben evidenti sullo sfondo, la “Madonna con Bambino fra i santi Giovanni Battista e Cristoforo” è posta a confronto con l’opera di Gandini del Grano, è un’originale composizione in atteggiamenti inconsueti, tonalità scure, mentre ha tonalità chiare la “Sacra Famiglia con san Francesco”.  Sono suoi anche i dipinti  “Quattro membri della famiglia Bergonzi”  e “Parma abbraccia Alessandro Farnese”, improntati a grande solennità e rigore compositivo,  esposti rispettivamente nelle Sale 6 e 10.

Le loro opere concorrono all’età dell’oro nel ‘500 a Parma,  dominata dai due maggiori maestri Correggio e Parmigianino che con i loro epigoni hanno creato una straordinaria temperie artistica, rievocata e documentata magistralmente dalla mostra che per questo appare meritoria e imperdibile.

Info

Scuderie del Quirinale, Via XXIV Maggio, 16, Roma. Apertura tutti i giorni ore 10,00, chiusura da domenica a giovedì ore 20,00, venerdì e sabato ore 22,30, la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso: intero euro12,00, ridotto euro 8,00. Tel.  06.39967500, www.scuderiequirinal.e.it. Catalogo “Correggio e Parmigianino. Arte a Parma nel Cinquecento”, a cura di David Ekserdjian, Silvana Editoriale, marzo 2016, pp.256, formato 23 x 28, dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nelle Scuderie del Quirinale alla presentazione della mostra, si ringrazia l’Azienda speciale Palaexpo, con i titolari dei diritti,  per l’opportunità offerta.  Le date dei dipinti non sono indicate in mostra e in Catalogo: per Correggio si collocano tra il 1510 e il 1534, per Parmigianino  tra il 1520 e il 1540, le immagini sono alternate tra i due artisti. In apertura, Correggio, “Noli me tangere”, seguono, Correggio, “Commiato di Cristo dalla madre” e Parmigianino, “Pallade Atena”; poi, Correggio, “Madonna col Bambino (Madonna Campori)” e Parmigianino, “Ritratto di Lorenzo Cybo” quindi, Correggio,  “Martirio dei santi Placido, Flavio, Eustachio e Vittorino”  e Parmigianino, “Ritratto di uomo”; inoltre, Correggio, “Ritratto di dama”  e Parmigianino, “Ritratto di giovane donna detta ‘Schiava turca’”, ancora, Correggio, “Danae”  e Parmigianino, “Conversione di Saulo”; infine, Correggio,Riposo durante la fuga in Egitto” e  Parmigianino, “San Rocco con il donatore Baldassarre della Torre da Milano”; in chiusura, Correggio, “Il Redentore in gloria con angeli”.