Ritratti di poesia, 2. Poesia italiana e straniera nell’annuale rassegna, al Tempio di Adriano

di Romano Maria Levante

Si conclude il nostro resoconto dei “Ritratti di poesia”, l’annuale maratona poetica organizzata dalla “Fondazione Terzo Pilastro” presieduta da Emmanuele F. M. Emanuele,  svoltasi  il 9 febbraio 2018 al Tempio di Adriano con l’intera giornata dedicata a letture di poesia di autori italiani e stranieri intervistati sulle motivazioni e i contenuti del loro impegno poetico. Sono circa 30, di loro daremo conto dopo aver descritto in precedenza le altre parti della manifestazione, dai premi conferiti alle “Idee di carta” e “senza carta”, fino alla performance canora.

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Come abbiamo accennato, non seguiremo l’alternanza  tra le 10 sezioni “Di penna in penna” sui poeti italiani, e “Poesia sconfinata” sui poeti stranieri , ma daremo conto separatamente delle due categorie senza l’ambizione di delinearne il profilo unitario ma con il solo intento di evitare quel cambio di ritmo continuo che invece ha animato positivamente la manifestazione. Di ciascuno riporteremo degli scampoli poetici per dare un’idea dell’atmosfera che si è creata nella sala.

“Di penna in penna”,  20 poeti  italiani

La nostra rassegna inizia con i due primi poeti della mattinata. Di Alessandro Canzian ci ha colpito la descrizione della “ragazza di nome Olga/una ragazza che non conosco/ né me ne sono mai innamorato./ “,  frutto solo d’immaginazione per quanto riguarda le caratteristiche fisiche, mentre per gli aspetti più segreti la sorpresa: “E’ dalle intercapedini del muro/ che conosco la sua fede, notturna,/ quando prega Dio con le ginocchia”.

Mentre Christian Sinicco ,cita “oh che tranquillo mar, che placide onde” della poetessa Vittoria Colonna, e parla di “paura di entrare” , di “inquietudine”,  finché ” fa superare “l’inerzia abituale/ lavando anche solo un pezzo di mare,/ il ramo bianco, coperto di salsedine/ su qualche pietra e le alghe restate all’asciutto; è la marea e questo rende  il tentativo/ ancora più fragile, l’equilibrio precario; dovrei lasciarti dove sei,/ dovrei lasciarti lì, mentre il sole sulle onde ti porta a me”.

Di Cinzia Demi  riportiamo interamente la breve poesia tratta da “Incontro e incantamenti” perché ne rende il fascino: “Se sono fatta solo di carne/ lo scoprirò/ se non ero niente/ niente torneò/ ma se una sola/ piccolissima / invisibile parte di me/ potesse restare/ vorrei che portasse/ il colore del cielo/ l’azzurro luminoso/ laddove tutto è grigio/ e senza tempo/ per ridestare dal sonno gli eterni e la bellezza”.  Al centro della sua poetica la donna e la violenza sulle donne in “Ero Maddalena”.

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 Non è presuntuoso Matteo Fantuzzi  con “La più bella poesia di sempre”, fatta di “poche righe in grado di scavalcare/ in un solo colpo tutto il tempo/ e il resto della storia. Qualcosa/ che rimanga pure quando sarò/ fango, o terra o vivo appena/ in qualche flebile ricordo/ Intanto voglio raccontare a tutto il mondo/ quello che io provo adesso che conosco/ l’istante esatto del tuo sonno ed ogni/ movimento fino al risveglio/ fino a quando di soprassalto( mi chiamerai cercandomi, piangendo”.

Dopo “il ramo bianco” di Sinicco, le “rondini bianche” di Fabio Scotto:”Rondini bianche/ disposte a sciame/ sul prato/ oscura lingua/ sulla pagina del mondo/ ora quiete/ dopo le piogge/ silente greto./ Non basta il segno/  a capire il disegno/ dei corpi tremanti/ sul verde./ Sono lettere/ ma prima delle lettere/ la febbre d’un dire/ oltre la lingua/che trepido vuole nascere/ ali candide sul nero/ Cielo su terra/ Terra su cielo. Non possono lasciare indifferenti, evocano ricordi d’infanzia, a noi e non solo.

Francesca Farina con la sua profezia “Per un poeta curdo e per tutti i senza patria”: “Alan, lo vedi adesso come il cielo/  divora le ossa della pioggia/ come l’angelo di piume / ora si spoglia/ e di lacrime scende un alto velo?/ E’ la pace del mondo, dura spoglia/ dei delitti del cuore/ in cui dispero./ Ma lo sai che verrà alla tua soglia,/ che busserà d’incanto in pieno gelo / sciogliendo la nera neve che ci opprime./ ‘Quando’? dirai e ‘Quando – dico anch’io – senza confini il pianto avrà riposo?”  Ha parlato dei “cieli dei poeti”, non sono come il cielo di Roma, “unico, senza tempo”.

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Ha rivelato di avere uno “sguardo profondo alle piccole cose quotidiane della vita con aperture a orizzonti più vasti” Antonella Palermo, è in uscita “La città bucata” edito da Interno Poesia. “Ti guardo rivangare il prato/ con lo stesso moto delle zampe/ che inneschi ancora prima di entrare in acqua/ rotondo/ ma la tua rimane un’apnea di terra./ Sei fatto per dissodare i grumi/ aprire varchi su per le rozze/ ascoltare come ansima la radice dei miei piedi/ scava, disossami, fa’ che ti capisca”.Per Angelo Sagnelli “Il tempo è energia della materia”, la materia esprime l’energia e il tempo nasce con la creazione, l’arte  non è contemplazione,  “E’ l’arte che compone le avvertenze”: “In questo tempo dove vince il pieno / si assola la ricerca al grande vuoto/ per dar risposte alle domande mute/ accartocciate nella notte buia”/…  Così si annota in sensazione viva/ ciò che ritorna quando c’è poesia/ anche se a volte il verso lentamente sfuma/ lasciando il sé nel vuoto che sospira”.

“Alzare muri” è il tema molto attuale della poetica di Beppe Mariano, simbolo ne sono le montagne in cui occorre salire in alto per vedere l’orizzonte dopo aver faticato, sul mare è più facile vedere l’orizzonte che sfuma. “Un muro/ di possente egizia precisione/  a dividere una nazione dall’altra/ altri tra una famiglia e l’altra./… Vi è spesso un muro tra te e lei, / pur insieme nella stessa abitazione/… in cui vi siete murati./ Vi è, infine, un muro mentale in te/ ad ogni poesia lo abbatti:; ma nell’ordinario/ si riforma Strenuamente lo combatti/ poetando senza interruzione.

Alla figlia Francesca si rivolgono le poesie di Cristina Sparagana, che esclama “se potessi diventare una quercia, o un faggio, o un pero, o un grattacielo luminoso…” lasciamo in sospeso e citiamo “L’albero di albicocche”: “Preparavi la tavola,/ due merli/ venivano ad oscurare le tue mani./ Ed ecco, la tua sagoma odorava / d’accaldato granturco,/ la miniera/ ti frangeva in un bruscolo di rame./ Ora ridi al mio fianco come il pane/ che s’azzurra nel tiglio./ Sul tuo miglio / una rondine in fiamme, un’altra sera”. 

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“La poesia ci mette in contatto con ciò che è più significativo, per capire ciò di cui abbiamo bisogno”, ha detto Luigi Trucillo,  nei versi evoca “Il delfino”: “Il dorso vivo di un delfino/ sussultava stanotte/ nel mio letto./ Con la mia maschera/  io lo guardavo/ da sotto in su/ nuotare/…  e intanto pensavo che i ricordi/ di bambino/ sono impastati alle immagini/ dei nostri testimoni muti/ ormai scomparsi,/ con un tuffo nell’acqua buia/ dove la notte azzurra di tutti/ è una corrente”.

Il pittore-poeta Nicola Vitale ha parlato di “capacità d’immedesimarsi” del poeta e di “stranezza del verso”, del “galleggiare indifferenti alle cose importanti”.  In “Chilometri da casa”  si domanda: “Come può essere un amore in ritardo/ se per eccellenza è in anticipo/ sulla fine del tempo/ Ci siamo fatti domande su questo  paradosso/ del nostro vivere all’alba/ di una felicità che tramonta:/  L’amore conserva se stesso/ quando tutto brucia/ non è esposto alle intemperie/ perché è sempre oggi che offre il suo battito…”

Franca Mancinelli ha un’idea di “poesia come vibrazione, un radar che consente di entrare in sintonia col mondo, nella connessione con ciò che appartiene alla natura c’è la salvezza, torno quello che sono, una lucertola”. Ecco un suo componimento: “Le frasi non compiute restano ruderi. C’è un intero paese in pericolo di crollo che stai sostenendo in te. Sai il dolore di ogni tegola, di ogni mattone. Un tonfo sordo nella radura del petto. Ci vorrebbe l’amore costante di qualcuno, un lavorare quieto che risuona nelle profondità del bosco. Tu che disfi la valigia, ti scordi di partire”. La poesia è “captare all’interno del discorso comune, mettersi in relazione con ciò che è attuale”, secondo Gilda Policastro, compresi i morti per femminicidi e infantici, incidenti stradali e malattie. Il suo “Puzzle”: “Quando vai  a trovare qualcuno malato/ di solito passi davanti a un altro/ malato nella stanza solo/ nel letto sbagliato./ Quando esci dalla stanza lo vedi/ addormentato sul fianco uguale/  al tuo malato soltanto/ nel letto sbagliato./ Te ne ricordi l’indomani/ che sei passato dritto/ non hai salutato/ e nemmeno guardato/ quell’altro/ malato/ uguale/ solo/ nel letto/ sbagliato”. Il ricordo va all’ “infermiere di Tata” , il toccante episodio del libro “Cuore”.

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Romanzi, racconti, poesie nell’attività di Laura Liberale, da “La disponibilità della nostra carne”, di Oedipus, questi versi con un’immagine collimante con quella precedente, qui non c’è il “malato” ma il “moribondo”  circondato dai parenti: “Quando ti attornieranno i vivi/ chiedendoti:  ‘Mi riconosci?’/  non sentirai che la membrana/ di due bocche a sfiorarti/ il pochissimo dei pugni nelle orbite/ a strappare o sguardo che negasti./ Vedranno sé stessi una volta sola/  attraverso i tuoi occhi liminari./ Non ci riconosciamo, ti diranno, non crescono specchi nel nostro prato”.

Per Mary Barbara Tolusso  la poesia resiste e ci aiuta a resistere, ognuno vede ciò che vuol vedere, però è sempre una forma di resistenza”. Si immerge nella quotidianità, da “Velocità della visione” questi versi: “Tutti sappiamo più di quello che fingiamo di sapere/…Per ora ascolto un’orchestra sinfonica/ che è più di quanto si possa sperare./ Nel giardino di fronte/ la famiglia cuore  cerca i pezzi della cucina smontabile/ e accende il barbecue per riempire il cielo di maiale arrosto/… E’ un quadro orribile/ ma è una storia bellissima”.

Quest’anno non c’è stata la sezione della poesia dialettale, ma se ne parla con Giancarlo Consonni, il quale ha iniziato a comporre poesie in dialetto “perché molte cose si possono dire soltanto con quel linguaggio”, poi è passato all’italiano, ora alterna lingua e dialetto, “occorre un controllo soprattutto sul dialetto che può venire tradito”. In italiano la sua brevissima intensa poesia “Rosa”: “Come sospesa/  nel rondò dei giorni/ è la pienezza della rosa./ Ciò che manca/ – un mondo, un sogno si/ palesa”. Il pensiero va a “rosa-rosae” , per la generazione formatasi  nel “latinorum”.

Racconta il luogo in cui vive la sua famiglia da generazioni Roberta Dapunt, la sua poesia esprime il contrasto interiore, lo vediamo nei versi di “De anima”, di prossima pubblicazione in “Sincope” di Einaudi: “Questa è musica del mio tempo, da quando il mio respiro/ ha dato inizio al componimento della mia esistenza./ …e non ti accorgi/ che stai raccogliendo il tuo sguardo sulla mia anima,/ mentre io dal profilo di questa carne/ vedo te, inesorabile nel tuo elemento materiale”.

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Franco Arminio ha detto che “non ci dobbiamo accontentare, non dobbiamo far finire la contentezza, si può fare tutto per la contentezza, che sia con me e con tutti voi”.  La sua poesia inedita “Precetto” dopo un inizio malinconico finisce con una visione positiva: “Sereno e senza speranza ,/ esci di casa,/ guarda!/ Segui la terra,/ regala le tue vertebre/ ai passanti./ Alla fine dei tuoi giorni/ resteranno le tue imprudenze, / più che i calcoli e gli indugi/ resteranno i canti”.  

La poesia come viaggio è la metafora di  Stefano Carrai , che ha parlato del suo rapporto di amore  contrastato con Firenze. Da “La traversata del Gobi”, di Aragno, la poesia “Biografie”: “Quante vite studiate/ anno dopo anno/ in forma di cappelli/ medaglioni/ schede/ cronologie/ o di note/ di notizia biografiche/ quante vite imparate/ classificate/ archiviate in memoria/ per l’interrogazione o per l’esame/ nomi/ titoli/ date/ quante vite inglobate/dentro la nostra vita/ senza che ci sfiorasse/ neanche il pensiero che non era inchiostro/ quello/ era sangue secco/ sangue nero”.

Con Renzo Paris  si chiude la galleria dei poeti italiani, per lui la poesia “sembra legata a un tempo, un’emozione, ma il tempo è antico, la voce interiore ha un’eco antica, omerica”. Da “Il fumo bianco”, Elliot, “Dark Lady”: “Ti ho atteso due ore in piedi/ nei corridoi ventosi della stazione,/ tra muti eritrei e regali senegalesi,/…mi venivi incontro con quel vestito nero,/ da islamica del sud. Mi hai subito/ preso sottobraccio , raccontandomi/ a modo tuo di incroci di metropolitane, / di un confuso tragitto della mente,/ di quello che ti ha spinto, madre, a riabbracciarmi”.   

I poeti italiani, tutti intervistati in conversazioni rapide ma rivelatrici delle motivazioni e dei contenuti del loro impegno, seguite dalla lettura di molti componimenti da parte dei singoli autori, hanno fonito uno spaccato di arte poetica e di vera umanità.

Non è un caleidoscopio ma una galleria la serie di Ritratti di poeti – non quelli che si sono succeduti sulle poltroncine delle interviste e sul podio delle letture poetiche, ma di poeti ben noti da lui conosciuti – eseguiti da Rocco Micale dopo l’incontro nel 2015 con undici  poeti romani nella sua mostra personale presso la case editrice Esperia; così di quei poeti, oltre alle parole scritte vediamo anche l’immagine, come quella ad acquerello che lo stesso Micale donò a Elio Pecora per il suo ottantesimo compleanno.  Micale risce a “restituire alla poesia la fisionomia cercando di interpretare i volti  e le parole”. I ritratti sono esposti nel “parterre”  insieme alle scenografie di Miglio.

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“Poesia sconfinata”, 7 poeti stranieri

La seconda serie di interviste e letture poetiche riguarda la “Poesia sconfinata”, cioè i poeti stranieri presentati in modo intervallato con i poeti italiani, ma che abbiamo preferito raggruppare per darne una visione organica, non dovendo noi alleggerire con questa alternanza la cadenza della maratona.

Un elemento aggiuntivo di interesse è rappresentato dal fatto che le interviste sulle loro motivazioni e il contenuto del impegno poetica sono state condotte dai traduttori, del resto i più qualificati all’operazione di maieutica trovandosi in simbiosi con gli autori per renderne al meglio la poetica.

Sono previste cinque poetesse, due europee, dal Galles e dalla Polonia, due medio-orientali, di Siria e Israele, e una dal Sudamerica, precisamente il Venezuela; e due poeti dagli Stati Uniti..

Non è potuta venire perché ammalata Gwyneth Lewis, del Galles, avrebbe dovuto intervistarla la sua traduttrice Paola Del Zoppo.  Sembra profetica la sua poesia riportata nel Catalogo, si intitola “Virus marino”, anche se il virus che l’ha bloccata sarà stato terrestre:  “Sapevo che non sarei dovuta andare giù/ ma l’ho fatto, e l’aria viziata di sentina e legno/ mi ha riportato indietro./ … Sono rovinata. Neppure la bonaccia potrà/ Tenermi più a terra. Nemmeno tu” . 

A parte la battuta, l’altra poetessa europea, Ewa Lipska, della Polonia, intervistata dalla traduttrice Marina Ciccarini,  ha detto che “al contrario della musica e della pittura la poesia utilizza un materiale semplice come il linguaggio, irripetibile e originale”, e ha parlato della “solitudine che rivela la vulnerabilità, può essere buona e cattiva, ma è comunque indispensabile”.  E poi il rapporto tra oggetti ed esseri umani,  in un antropomorfismo che si colloca nell’imprevedibilità dell’esistenza, fino alla storia e alla creazione dell’universo. Alcuni suoi versi, anzi “Un verso randagio”: “Un verso randagio vagabonda/ nella materia oscura della carta./ Non ha padroni. L’autore l’ha lasciato/ in balia del destino./ Orfano di parole./ A volte sono come cani abbandonati/ che abbaiano alla poesia”.

Dal medio-oriente ecco Hala Mohammad, precisamente  dalla Siria, intervistata dalla traduttrice Elena Chiti,  ha espresso il concetto di speranza, “finché c’è poesia c’è speranza”.  E ha citato “la farfalla  come testimone e simbolo di tanti valori, contro la violenza e l’orrore il suo silenzio chiede giustizia”, è protagonista di diverse sue poesie, eccone una intitolata “Le farfalle emigrate con le famiglie”: “Le farfalle/ emigrate con le famiglie/ sui fagotti dei vestiti/ sugli abiti a fiori delle figlie/ nelle tasche delle nonne/ nella supplica delle mamme/ al confine/svestono i colori/ entrano in esilio:/ foto ricordo/ in bianco e nero”.

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E’ venuta  da Israele Agi Mishol, intervistata dalla traduttrice Anna Linda Callow, riportiamo integralmente la sua poesia “Scrivere” per l’originale  descrive del momento magico della composizione poetica, quando l’ispirazione si traduce in espressione: “La scrittura è la più tortuosa delle vie/ per ricevere amore./  Vivere per lei è/ salire e scendere per le scale minori/ dell’infnzia/ con l’intento di fuori/ e un microfono attaccato alla tempia./ è chinarsi sulle parole/ finchè non si trasformano in porta/ e allora farvi irruzione/ come frattali/ di broccoli/ e sbarrare sempre gli occhi/ dalla seconda alla terza dimensione/ sino a una danza di lettere/ che si inchinano l’una di fronte all’altra con l’umiltà del tempo/ di fronte all’eternità./ vivere per lei è/ cadere dai cieli/ con una lucente coda di cometa/ come un desiderio/ di nessuno”.

La poetessa sudamericana, precisamente venezuelana, Carmen Leonor Ferro, intervistata dal traduttore Matteo Lefévre, dal 2004 è in Italia, avendo lasciato il regime dittatoriale. E’ docente, si occupa di poeti castigliani, ha parlato del rapporto tra poesia e realtà che l’ha vista in passato più realista di come si sente oggi. L'”acrobazia del viaggio” è stato un altro tema, come fonte “non solo di precarietà economica, ma anche esistenziale ed emozionale, con la consapevolezza di essere nessuno insieme al riconoscimento della diversa identità”, rispetto alle due lingue di poeti stranieri. Alcuni suoi versi dalla raccolta inedita “Precarios”: “La città si sveglia/ è settembre/ il tram passa alle sei/ … tutto sembra far parte di un circo/ gli orologi sono utili come non mai/ le edicole scintillano/ solo pensionati e precari/ si abbottonano le lunghe vestaglie/ e vanno lenti in cucina a fare il caffè”.

Ed eccoci agli ultimi due poeti degli Stati Uniti, Ron Padget, intervistato dalla traduttrice Paola Del Zoppo,la stessa di Gwyneth Lewis, che lo presenta come molto noto anche se poco tradotto, la sua poesia è “semplice, essenziale e diretta”.  Secondo lui “la descrizione poetica è un atto spontaneo, anche ironico”, una sua espressione è “vorrei essere il solo a pensare di essere solo”, un’altra “sono uomo, poeta, io, ma la mia casa dov’è, è in questa poesia piccola ma vera”, il grande tema è l’amore. Citiamo “Poesia d’amore”, tradotta da “Collected Poems”, Coffee House Press: “Siamo pieni di fiammiferi a casa/ li teniamo sempre  a portata di mano/ … Le parole che sembrano un megafono,/ come per urlare al mondo/ ‘Ecco il fiammifero più bello del mondo,/… magari accendendo al sigaretta della donna che ami/ per la prima volta, e mai più è stato lo stesso/ dopo. Tutto questo ti daremo’/ E’ quello che tu hai dato a me, io/ divento la sigaretta e tu il fiammifero, o io/ il fiammifero e tu la sigaretta, sfolgorio/ di baci stemperati sotto il cielo”.

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Per ultima la poetica di Frank Bidart, intervistato dal traduttore Damiano Abeni.  Ha espresso la sua filosofia di vita, “alla bellezza arrivi allorché ti rendi conto di quanto siano potenti e dolenti 50 anni di poesia” e ha parlato anche delle nuove tecniche cinematografiche basate sulle immagini. “Noi riempiamo forme preistoriche – ha detto – e nel riempirle le cambiamo e ne siamo cambiati, Mentre tutto vorrebbe continuare nel proprio essere l’io desidera rimanere immutato, questo io ci consente di restare in un inaccessibile spazio magico”. Dalla raccolta “Desiderio”, Edizioni Tlon,la sua poesia “Potessi portare il lutto come una tortora luttuosa”: “E’ a ciò che ricorre che crediamo,/ la tua faccia non in solo in un dato momento che guarda/di lato in su verso di me angosciata o/ eccitata, ma le antiche parole che sgorgano grazie/alla gravità riassettata:/ due settimane prima che tu morissi pieno/ di dolore, consumato, dopo il mio solito saluto informale/ con Tutto il mio amore, il tuo semplice/  solenne il mio amore a te, Frank”.

Con questa struggente dichiarazione d’amore concludiamo la rassegna della “Poesia sconfinata”, ma prima di terminare diamo conto dell’intermezzo “I ‘Landays’, poesie dall’Afghanistan”, nel quale Elsa Griswold è stata intervistata da Moira Ergan sul suo libro “I am the beggar of the world”, edito da Farrar, Straus and Giroux, nel quale ha cercato di “guardare la vita delle donne in quel paese attraverso i loro occhi”, il nostro pensiero è andato alla “afghana girl” di Steve McCurry, la Monna Lisa del ‘900, vera icona dell’orrore della guerra. E ha potuto liberarle nel dire cose anche scomode sui grandi temi della loro esistenza, “guerra e amore, patria, separazione e dolore”, le ragazze afghane che non possono andare a scuola né sentire la radio si esprimono nella poesia in modo clandestino con denunce toccanti nella loro disperata autenticità: “Mi hai venduta a un vecchio, padre. Che Dio distrugga la tua casa, sono tua figlia”.

Dopo questa terribile poesia di ragazza afghana, le “Rovine” della Grishwold: “Un giorno primaverile trasuda da Trastevere/ … l’uovo nel mio petto si spacca/  si apre contro la mia volontà./ Il morto sulla strada in Congo/ era senza un orecchio,/ che avevano mangiato/ o che forse qualcuno portava/ come ciondolo appeso al collo./ Il morto aveva questo aspetto. No, quello./ Ecco un branco di turisti,/ tutti con i cappelli di tela uguali./ Sto guarendo per sbaglio./ Anche Roma è costruita su rovine”.

Dall’amore alle rovine su cui si può e si deve costruire,  la conclusione sulla poesia internazionale dopo quella nazionale. Ripensiamo alla maratona delle Olimpiadi del 1960 vinta dall’etiope Abebe Bikila scalzo sotto l’Arco di Costantino  tra le rovine del foro romano. Abbiamo voluto concludere con questa associazione di idee il nostro resoconto sulla maratona dei “Ritratti di poesia 2018”, sperando che non sia l’ultima ma prosegua per il grande valore che ha assunto nella cultura e nel mondo giovanile. Siamo certi che non mancherebbe mai la presenza, pur in una posizione diversa,  dell’ideatore e promotore per dodici anni, Emmanuele F.M. Emanuele, al quale, da grande sportivo, crediamo non dispiacerà il nostro collegamento con quel momento magico dell’epopea olimpica.

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 Info 

Tempio di Adriano, Piazza di Pietra, Roma.  Compendio della Fondazione Terzo Pilastro – Roma e Mediterraneo,  Ritratti di Poesia. In viaggio con la Poesia”, dodicesima edizione 2006-2018, manifestazione a cura di Vincenzo Mascolo, 9 febbraio 2018, pp.70, formato 20 x 20. .Il  primo articolo è uscito in questo sito il  1° marzo u. s..  Per le manifestazioni degli anni precedenti cfr. i nostri articoli: in questo sito, 3 marzo 2017 “Ritratti di poesia, 11^ maratona poetica al Tempio di Adriano”, 19 febbraio 2016 “Ritratti di poesia, 10^ maratona poetica al Tempio di Adriano”,  15 febbraio 2013 “Ritratti di poesia, al Tempio di Adriano con la Fondazione Roma”; in “fotografia.guidaconsumatore.com”, 30 gennaio 2012 “Ritratti di poesia anche fotografici al Tempio di Adriano”, e in “cultura.inabruzzo.it”, 9 maggio 2011 “‘Ritratti di poesia’  al Tempio di Adriano” (questi due siti non sono più raggiungibili, gli articoli saranno trasferiti su altro sito)..

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante al Tempio di Adriano nel corso della manifestazione, si ringrazia la “Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo” per l’opportunità offerta.  Per lo più, le immagini di momenti della manifestazione sono intervallate da particolari, che non citiamo, degli allestimenti scenografici a cura di Enrico Miglio.  In apertura, il  presidente Emanuele nel suo intervento;  seguono,  lapoetessa  Donatella Bisutti Amaral premiata per la poesia italiana mentre legge le proprie poesie, in fondo, seduti,  Emanuele e Mascolo, e un “volto di poeta” di  Rocco Micale; poi, un primo piano della poetessa  Ana Luisa Amaral mentrre legge le proprie poesie, e il poeta Alessandro Canzian intervistato da Vincenzo Mascolo; quindi, il poeta statunitense Ron Padgett, e un’altra immagine della soprano Sabina Meyer con alla tiorba Simone Colavecchi nella “Lettera amorosa” di Monteverdi  e una nuova visione della sala; in chiusura, una visione dall’esterno del Tempio di Adriano dove si è svolta la manifestazione.

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