Gentili, le “Soglie di luce” alla Casina delle Civette

di Romano Maria Levante

Nel decennale della scomparsa di Pietro Gentili alla Casina delle Civette di Villa Torlonia la mostra “Soglie di Luce” espone dal 17 febbraio al 27 maggio 2018 un’ampia selezione di opere sul tema della luce da lui esplorato sul piano artistico utilizzando i più diversi materiali e le più svariate tecniche innovative,e sul piano speculativo con una serie di scritti raccolti nel volume “Esprimersi nella luce”. La mostra è curata dalla direttrice della Casina delle Civette Maria Grazia Massafra e da Claudio Cerritelli.  dell’Accademia di Brera, che hanno curato anche il Catalogo bilingue italiano-inglese di Pioda Imaging Editore, con i saggi dei due curatori e una Premessa  della figlia dell’artista Emanuela Gentili.

Una vita movimentata, con una forte spinta interiore

La presentazione della mostra che precede fa capire che le opere di Pietro Gentili vanno oltre il pur rilevante fatto artistico, sono il frutto di un’intensa ricerca interiore ed esteriore sulla luce, espressione di una esistenza in cui ha voluto dar corpo al pensiero filosofico maturato nelle sue intense esperienze di vita. Guardiamo, dunque, per prima cosa, la sua biografia.

Dal paese natio, San Vito Romano, si trasferisce a Roma, dove comincia a studiare arte, poi trascorre un anno a Venezia.

Nel 1959, a 27 anni, un anno negli Stati Uniti, soggiorna a lungo a New York, vi tornerà tre anni dopo. Al termine di ciascuno dei due viaggi americani  risiede a Firenze ed entra in stretti rapporti con l’architetto Michelucci e con Fiamma Vigo che gestisce la Galleria Nunero. A 33 anni, nel 1965, sposa Denise Madin, un’artista francese. e si trasferisce a Milano, dove partecipa con gioielli di propria creazione alle sfilate di alta moda con la stilista Germana Marucelli. 


Dopo l’esperienza negli Stati Uniti, una serie di viaggi in Europa, in particolare Svizzera, Francia e Inghilterra, e soprattutto il viaggio in India del 1976, a 44 anni, nella sua piena maturità, lo definisce “il viaggio dell’anima”, e vedremo in seguito perché. Non si tratta del solito viaggio turistico “mordi e fuggi”, raggiunge il continente indiano dopo aver attraversato il Caucaso, l’Iran e il Pakistan con i mezzi di trasporto che trova e visita località lontane dagli itinerari degli occidentali, si immerge nella cultura e nella spiritualità dell’oriente che avranno molta influenza sulla sua vita e sulla sua arte.  

Infatti, tornato nel 1978 al pese natale, San Vito Romano,  vi crea “quattro oasi di pace” ispirate a quella spiritualità e cultura, in particolare  nel rilievo dato alla luce espresso in dipinti e sculture posti all’interno e all’esterno di  spazi così suggestivi. Dopo aver tanto girato in Italia e nel mondo non si ferma neppure questa volta, riprendono i suoi viaggi in Europa e nell’Asia Minore. e cinque anni dopo il trasferimento a San Vito Romano, eccolo di  nuovo a Milano, questa volta per un  periodo molto lungo, quasi 20 anni, dal 1983 al 2001, e anche qui daremo una spiegazione.. 

Lascia il capoluogo lombardo nel 2002 per approdare definitivamente a Roma e a San Vito Romano, dove  scompare  nel 2008.  

 La filosofia Acquariana con l’energia cosmica e la forza della luce 

Abbiamo detto che al suo movimentato  itinerario di vita  si lega un pensiero filosofico mutuato in parte dalle religioni orientali, come risultato di una ricerca spirituale. E lo traduce tangibilmente, se così si può dire trattandosi di elementi immateriali, negli ambienti  suggestivi creati nell’abitazione di San Vito Romano.

La curatrice della mostra, Maria Grazia Massafra, afferma che “è tutt’uno con il suo pensiero spirituale: una sorta di tempio della luce e dell’energia cosmica, energia che vivifica il mondo senza  limiti spazio-temporali”. D’altra parte, è l’abitazione, sempre nelle sue parole, di “un artista oltre il tempo e lo spazio; un artista filosofo, o meglio un artista  ‘guru’, che ha fatto della via spirituale il suo credo di vita e d’arte”.  E lo traduce in “opere scultoree e pittoriche finalizzate al disvelamento delle energie cosmiche che circondano l’uomo e lo conducono alla ricerca del divino”. Di qui il ruolo preminente dato alla luce e all’armonia compositiva espressione di equilibrio spirituale e pace. 

E’ il riflesso diretto del pensiero filosofico del mistico indiano Bada Bedi XVI il quale, dopo aver  fondato a Nuova Delhi nel 1961 l’Istituto per la Ricerca del Non Conosciuto e nel 1963 il Centro per l’Arte Psichica, ne promosse la diffusione in Italia, in particolare nella zona di Milano, e questo spiega anche i lunghi periodi trascorsi da Gentili nel capoluogo lombardo. Il mistico indiano si trasferì nel nostro paese,  dove nel 1992 ha fondato l’Istituto di pedagogia Acquariana di Cittadella, che ha pubblicato gli scritti teorici di Gentili nel libro “esprimersi nella luce” , una “profonda testimonianza del suo pensiero creativo come rivelazione della coscienza cosmica dell’universo”. Definito dal mistico indiano  “artista cosmico”, fu tra i maggiori esponenti della corrente che si formò intorno a queste visioni, la cosiddetta “arte psichica”.

La Massafra, oltre a dare queste notizie preziose per interpretare l’arte di Gentili, fornisce elementi altrettanto interessanti su questo movimento, la cosiddetta filosofia Acquariana, che si basa sulla concezione che siamo all’inizio dell’ “Era dell’Acquario: un’età  nella quale all’essere umano vengono attribuite “nuove capacità, come la Sensibilità Psichica, organo della luce e del ‘risveglio dell’anima addormentata’ della coscienza , che permette l’autonomia dell’individuo, a partire dall’autonomia di espressione; l’opinione deve fluire dalla libera coscienza dell’uomo”. E su questa conclusione riteniamo che la stessa filosofia occidentale e il pensiero liberale concordino. 

E’ una concezione portata avanti dal movimento “New Age” , diffusosi negli Stati Uniti tra gli anni ’60 e ’70, che dava alle filosofie e mistiche orientali, oltre che ai poteri occulti, la capacità di creare l’uomo nuovo che conciliasse la ragione e il cuore, l’intelletto e l’emozione; vi entrò in contatto sia nei suoi viaggi negli USA, sia nei soggiorni in Francia, dove la teoria si andava diffondendo , anche attraverso la moglie francese. Alla base una visone della divinità come immanente in ciascuno, da scoprire con il “risveglio mistico” mediante il quale  avviene la fusione con la coscienza cosmica.   

Viene identificato  un nesso diretto con l’arte: l”opera d’arte “diviene il campo magnetico generatore di vibrazioni psichiche” che riflettono le forze comiche evocate dalla filosofia Acquariana, con il risultato di generare “una purificazione della coscienza , con il conseguente innalzamento del livello spirituale”. La Massafra  precisa che le immagini risultanti, del tutto simboliche, “vanno interpretate attraverso quel campo magnetico vibrazionale che creano intorno a sé”, e fin qui si tratta di un utile ausilio interpretativo; ma aggiunge “che può essere percepito solo da uno spirito puro, in stato di meditazione” e questo da un lato incuriosisce il visitatore, dall’altro lo pone dinanzi a un dilemma autocritico sulla propria purezza. 

Le affermazioni di Gentili riportate a questo riguardo si limitano alla posizione dell’artista, senza coinvolgere direttamente l’osservatore: “L’arte non parte dal  vertice, cioè dalla parte più  levata, ma inizia con il risveglio dell’anima addormentata che comincia a vedere e percepire la bellezza del mondo, allora il cuore verrà sedotto e l’anima incantata, così inizia il processo creativo dell’arte”.

L’Arte la collega alla Compassione nel suo scritto “Una vita e un’arte” pubblicato sempre dall’Istituto di Pedagogia Acquariana nel 2003, seguito da “I centri vibrazionali” nel 2006, in una sorta di escalation speculativa culminata nel già citato “Esprimersi nella luce” del 2011,  La stessa denominazione dell’istituto, intitolato alla pedagogia, ne indica l’orientamento,volto a diffondere tali concezioni ben al di là della ristretta cerchia degli artisti che ne sono i portatori con le loro opere.  Ecco un’altra espressione rivolta all’artista: “Il dolore dell’anima, espresso dalla compassione, squarcia i limiti della nostra possibilità di amare e ogni volta che ciò acacde il dolore dell’anima si traduce in processo creativo e ogni processo creativo, legato al potenziale amore del cuore, risveglia la nostra coscienza addormentata e una nuova visione del mondo appare nell’universo”. Ma ce ne sono anche di portata generale: “Dobbiamo pur confidare nella bontà del cuore, nell’immagine della bellezza del mondo… nella nobiltà dei sentimenti elevati, che sfuggono alla razionalità della ragione”. 

In “A = amore”, del 1972, scriveva evocando lo spirito cosmico: “L’umanità avrà sempre bisogno di imitare i soli che popolano l’universo, ma sarà sempre il sole che governa il cuore a riscaldarla e confortarla nella sua solitudine”. E ancora: “Più che le armonie, le disarmonie sensibilizzano l’essere e naturalmente lo spingono a ricercare consciamente o inconsciamente un universo, il più misterioso, il più elevato, il più bello dell’animo umano”. In “Supernatura” dello stesso 1972, quasi una confessione intima: “Conoscendo il mio universo e la mia anima sensibile, in essa ho sprofondato le mie mani e vi ho strappato i frutti più belli, giorno dopo giorno. Questo atto di amore si è ripetuto nella pienezza emotiva  ed emozionale per te e per me, esprimendo la più dolorosa delle armonie”.

Ancora, in “Urano Congiunto Venere”, del 1975, scrive: “Piangi pure anima mia se ciò ti rende più leggera e bella, abbandonati alla bellezza del mondo e guarda la luce trasparente del mattino e quella dorata al tramonto, guarda il cielo stellato, il mare, le montagne, i fiori e la luce abbagliante del sole, guarda nel fondo del cuore e vedrai nello specchio infinito del mondo il volto di Dio”.  

E’ una visione cosmica dove spiccano due parole, specchi e luce, in cui c’è la massima espressione della sua arte nell’evocare i contenuti di una visione cosmica che parte dal livello filosofico per entrare nel quotidiano. Al punto che nel già citato “A = amore”, del 1972, esclama: “Le nostre case dovrebbero essere luoghi di luce e di bellezza inventiva dell’uomo e le campagne aperte all’interno delle città a completamento di armoniche soluzioni. Ogni casa dovrebbe aprirsi alla luce del sole, ogni ambiente goderne i raggi benefici, ciò è essenziale per uno sviluppo armonico ed estroverso del nostro spirito”.  

Non sono affermazioni visionarie, le ha messe in pratica dopo sei anni, nel 1978, con le quattro “oasi di pace” nella sua abitazione di San Vito Romano trascorsi due anni dal viaggio in India.  Vi ha realizzato “tempietti votivi”, come luoghi di meditazione per sentirsi trasportati nel cosmo. .

Emerge chiaramente che la sua adesione alla filosofia esoterica acquariana è parte di una ricerca interiore volta alla migliore conoscenza di se stesso e dal desiderio di diffondere le sue scoperte per il bene di tutti che avrebbero potuto coglierne i frutti spirituali ed esistenziali. 

Non sono affermazioni visionarie, le ha messe in pratica dopo sei anni, nel 1978, con le quattro “oasi di pace” nella sua abitazione di San Vito Romano trascorsi due anni dal viaggio in India.  Vi ha realizzato “tempietti votivi”, come luoghi di meditazione per sentirsi trasportati nel cosmo. .

Emerge chiaramente che la sua adesione alla filosofia esoterica acquariana è parte di una ricerca interiore volta alla migliore conoscenza di se stesso e dal desiderio di diffondere le sue scoperte per il bene di tutti che avrebbero potuto coglierne i frutti spirituali ed esistenziali.

Le opere all’insegna della luce nella più alta spiritualità verso il divino

Come questa concezione filosofica con i suoi elevati contenuti spirituali può trasferirsi nelle opere d’arte creando nell’osservatore le sensazioni e le emozioni che la funzione pedagogica richiede?

E’ del tutto evidente la complessità di una simile operazione, perché vanno trovati simboli che ne siano  all’altezza. Gentili utilizza materiali preziosi come oro e argento che esprimono purezza, e specchi soprattutto di forma circolare che esprimono spazio e luce.  Luce e specchi sono gli strumenti per la visione cosmica che si innalza sempre più in alto verso il divino con un rilancio di riflessioni, e poi riscende recando  il volto del divino all’artista e anche a noi osservatori. 

L’altro curatore, Claudio Cerritelli, illustra come Gentili abbia operato in pratica fornendo notizie utili per l’interpretazione delle opere esposte. Dopo una prima esplorazione della possibilità di raggiungere la forma pura attraverso il colore, “l’artista si confronta con il mistero dell’assoluto elaborando un sistema di forme elementari che tende  a identificarsi con l’idea di spazio universale”, cominciando con i dipinti, poi creando in parallelo “costruzioni polimateriche , con presenza di particelle specchianti, vibrazioni in continua pulsazione, genesi immaginativa della luce che trascende le certezze misurabili del visibile”.  Tutto ciò dà alla forma un  aspetto mutevole che  la pone nella lunghezza d’onda della luce, e fa trasmutare  il colore verso un’altra dimensione.

A tal fine Gentili utilizza rilievi plastici, forme aggettanti e valenze tattili,  con l’oro e argento e  gli specchi che dilatano lo spazio, e  con la luce danno riflessi mutevoli e suscitano vibrazioni.

Lo vediamo in “Polimaterico”, 1969, un disco dal diametro di 1 metro e 15 cm in tempera e specchi su legno, con gli elementi aggettanti verso l’alto orientati diversamente l’uno dall’altro, dall’estremità circolare a specchio oppure di colore azzurro.  Questa particolare struttura geometrica presenta continue variazioni luminose che si rispecchiano attraverso i molteplici punti irradianti producendo  rifrazioni alle quali in modo simbolico si possono attribuire valenze filosofiche quali “l’avvincente dialettica tra realtà e finzione, artificio e natura, razionalità e sensibilità emozionale”.

Nella serie dei “Moduli”, 1973, sempre su legno, oltre agli specchi c’è la “polvere di specchio”e la sabbia, ma soprattutto l’oro, materiali che  con la forma ondulata del supporto determinano effetti cangianti con “effetti di luce che trasfigurano il fluire dei volumi nella purezza delle sue componenti essenziali”.

Con “Sfera”, 1975,   tali effetti si manifestano nel solido,  sulla cui superficie sono disseminati gli specchi, visti quale “figura primaria che racchiude la totalità dello spazio-tempo come dimensione contemplativa dell’assoluto, perfetta misura che sollecita l’immaginazione cosmica”

Hanno  elementi in comune con “Polimaterico” i tondi  su legno, 1 metro di diametro,  “Fiore azzurro” 1978,  “Fiore del cielo” 1979  e “La nascita degli angeli” 1980,  c’è in più la foglia d’oro con effetti diversi dall’uno all’altro, l'”irradiazione polimaterica” nel primo,  i “bagliori” nel secondo, l’ “armoniosa frammentazione” nel terzo, con la luce simbolica produttrice di energia.

In “Angelo”, 1986, stesso supporto e stessa misura, mentre utilizza la foglia d’argento per rappresentare simbolicamente una figura che “pur inebriata dei palpiti dell’umano sentire desidera essere pura spiritualità, corpo di luce in cui si riconosce il destino di ogni essere”, il cerchio è interrotto per evocare le ali aperte.

Molto diverso il ciclo “Scudo”, sono esposte 2 opere del 1989  e 2 del 1990, in tempera, foglia oro o argento e specchio, Nelle due opere del 1989,  la figura cosmica è al centro di uno spazio siderale, e sembra faccia gravitare su di sé forze e impulsi resi da vibrazioni di luce dorata o argentata; le due opere del 1990, invece, lo spazio  al cui centro c’è l’elemento cosmico – specie di rosa dei venti – non è siderale ma geometrico con cerchi concentrici o losanghe. In tutti si avverte l’effetto gravitazionale che avvicina o allontana in un equilibrio cosmico rassicurante e rasserenante.

Dal ciclo “Scudo” al ciclo “Porte”, stessi materiali su tela, dalla difesa all’apertura tra il mondo materiale e immateriale, divisi da una linea verticale che lascia uno spiraglio.  Si  inizia nel 1991 con la “Porta del cielo”, la cesura con  il varco è immersa in un firmamento trapunto di stelle, nel 1993 la “Porta della terra” con segni indecifrabili come molte espressioni umane, e la “Porta di luce rossa” il cui colore luminoso contrasta con l’oscurità della porta precedente; fino al culmine, nel 1994, della “Porta del Paradiso”, con gli impulsi di luce dorata intensi e coinvolgenti,in sequenza  un’escalation cromatica e di significati come nelle porte del Battistero di Firenze.

Nel 1996 intitola “Cielo” una grande tela in tempera, foglia oro e sabbia, che rappresenta il firmamento con un gran numero di punti colorati scintillanti nell’oscurità, in uno spazio imponderabile che, secondo Cerretelli, “si manifesta in tutte  le direzioni possibili universo con infiniti centri di gravitazione, tonalità del colore – luce che anima il desiderio di attingere alle fonti dell’invisibile”.

Concludiamo la rassegna delle opere in mostra con quelle più legate alla natura che evocano le forze del creato e nella loro  verticalità riflettono la tensione verso il divino. Dalla “Colonna di luce” del 1978 alla “Stele di luce” del 1985, dalle“Sculture luce” del 1989-90 al nuovo culmine, “Cattedrale bianca” 1994, si tratta di “sintesi spaziali” fortemente sentite dall’artista che cerca di “spaziare verso mondi infiniti”, senza condizionamenti” in quanto l’armonia cosmica esige totale indipendenza dai vincoli materiali del vivere collettivo e sociale”. 

Nel sottolineare questi aspetti,Cerretelli  riporta le parole scritte da Gentili, molto eloquenti: “E’ il sogno disincantato che vive al di fuori di ogni confine e limitazione, è il nostro universo surreale, è il nostro irraggiungibile che ci proietta negli spazi sempre più infiniti facendoci dimentichi della nostra  realtà, limitata dallo spazio e dal tempo”. Per concludere: “La mistica è l’essenza stessa della metafisica, senza di essa le dimensioni resterebbero fisse nella loro grandiosità”.

La Massafra  ci tiene a sottolineare come la sua visione della luce quale generatrice di energie spirituali collimi con quella del principe Giovanni Torlonia che diede alle celebri vetrate della sua abitazione, l’odierna Casina delle Civette, il valore simbolico di “comunicazione tra il mondo divino e quello umano”. Così oggi, “la luce policroma  e prismatica delle vetrate e delle opere/ installazioni di Gentili trasforma l’esperienza interiore dell’uomo in rivelazione spirituale, mediando il passaggio dallo stadio profano a quello sacro”.

Dopo quanto ci è stato rivelato sulle motivazioni profonde di natura filosofica e psicologica di Gentili, proiettato verso il divino, ci sembra che la migliore conclusione possa essere la descrizione con cui la curatrice apre la sua presentazione: “Un artista oltre il tempo e lo spazio; un artista filosofo o meglio un artista ‘guru’, che ha fatto della via spirituale il suo credo di vita e d’arte”.  Un ritratto aderente ai valori che Gentili ha sempre professato e messo in pratica.

Info

Museo di Villa Torlonia, Casina delle Civette, Via Nomentana 70, Roma. Da martedì a domenica ore 9,00-19,00, la biglietteria chiude 45 minuti prima. Ingresso alla Casina delle Civette intero euro 5,00, ridotto euro 4,00, per i residenti a Roma Capitale  1 euro in meno e ingresso gratuito la prima domenica del mese. Info 060608, 347.8285211.  Catalogo  Catalogo  “Pietro Gentili, soglie di luce”,  a cura di Claudio Cerritelli e Maria Grazia Massafra, Pioda Imaging Editore, gennaio 2018, pp. 76, formato  25 x 25; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Per le precedenti mostre del 2017 nella Casina delle Civette, cfr. i nostri articoli in questo sito:  per la collettiva sulle  “Civette” il 15 narzo,  per le personali dei “putti” di Wal il 14 luglio e delle “sinestesie” di Annalia Amedeo il 30 novembre.

Info

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione della mostra alla Casina delle Civette, si ringrazia la direzione con i titolari dei diritti per l’opportunità offerta. In apertura, “Polimaterico” 1969: segue un angolo con un’installazione tipo “Scultura luce”, e “Modulo” 1973; poi, “4 colonne votive”1978, e  “Sfera” 1975; quindi, “Scultura luce” 1976, e “Fiore azzurro” 1978; inoltre, altro “Modulo” 1973, e “Cattedrale” 1994; ancora, “La nascita degli angeli”  1980,  e un tondo con sole e mare stilizzati; infine, doppio “Scudo” 1989-90, e  doppia “Porta”  1993.94;in chiusura, una fotografia dell’artista al lato di una vetrata artistica della Casina delle Civette.