Giardetti, 3. I Carabinieri dopo l’8 settembre ’43, nella difesa di Roma e nella RSI

di Romano Maria Levante

Entra sempre più nel vivo la rievocazione della vicenda dei Carabinieri nell’accurata ricerca di Gelasio Giardetti, “I Carabinieri nella storia italiana. In memoria della loro deportazione nei lager nazisti”, libro edito dall’Associazione Nazionale Carabinieri e presentato a Roma l’11 ottobre 2018 presso la Legione Allievi Carabinieri da Umberto Broccoli, il gen. B. Vincenzo Pezzolet e l’autore Gelasio Giardetti. Ricordato il contributo dei Carabinieri al Risorgimento e l’impegno nella 1^ Guerra mondiale, la posizione verso il regime fascista e la  partecipazione alla 2^ Guerra Mondiale, con le spedizioni in Grecia e Russia, Africa Orientale e Settentrionale, consideriamo ora la partecipazione all’arresto di Mussolini seguito dalla sua liberazione per mano tedesca, la “fuga di Pescara” del Re fino alla posizione dell’Arma  verso la RSI e all’occupazione tedesca di Roma culminata nella deportazione degli ebrei, preceduta da quella dei carabinieri romani.

La presentazione del libro, un particolare della sala

 Il  libro cambia passo, i Carabinieri diventano protagonisti assoluti dopo essere stati meno in evidenza dato che nelle guerre  erano utilizzati soprattutto come supporto di sicurezza in numero relativamente modesto rispetto ai militari delle tre armi, esercito, marina, aeronautica; purtuttavia come arma combattente è stata sempre presente in  prima linea e il numero ridotto di forze schierate – in Russia meno di 5.000 carabinieri rispetto ai 250.000 dell’Armir –  ne fa risaltare il valore in campo.  

Perché protagonisti? La risposta appare evidente considerando le vicende che vengono rievocate nel libro, dall’arresto di Mussolini a Villa Savoia alla liberazione a Campo Imperatore sul Gran Sasso, dall’uccisione di Ettore Muti alla partenza del Re da Roma per Brindisi passando per Pescara, dalla resistenza ai tedeschi a Roma e a Napoli, all’internamento di migliaia di loro nei lager per non aver aderito alla RSI, fino alla loro lotta partigiana. Sono tutte storie che li riguardano direttamente, le figure meno in evidenza questa volta sono altre,  inoltre l’Autore dà sempre maggiore spazio alla ricostruzione puntuale dei fatti che fa rivivere in modo tanto suggestivo da tenere avvinti alla lettura.  

1. Rivista al Campo di Marte, di Giovanni Fattori

La morte di Ettore Muti, eroe del fascismo, nella pineta di Fregene, dopo essere stato preso  con un pretesto nella sua casa per il timore che tramasse per liberare Mussolini, è un giallo rimasto aperto: con i carabinieri c’era un misterioso personaggio, forse un agente segreto che aveva l’ordine di eliminarlo, fu inscenata una sparatoria come se avesse cercato di fuggire, sembra che Badoglio in persona avesse voluto questo, prevalse la ragion di Stato contro il ritorno della dittatura. 

I Carabinieri nell’arresto di Mussolini  e nella liberazione da parte tedesca

Cominciamo con l’arresto di Mussolini il pomeriggio del 25 luglio 1943 dopo che era stato sfiduciato dal Gran Consiglio del Fascismo.  Furono  50 i carabinieri – con tre sottufficiali e due capitani, e il comandante del gruppo interno carabinieri di Roma Giovanni Frignani a capo dell’operazione insieme al questore Morazzini –  che si presentarono a Villa Savoia per l’arresto; e fu il capitano Vigneri a far salire il Duce sull’ambulanza replicando al suo primo rifiuto che doveva eseguire gli ordini del Re. La ricostruzione è particolareggiata tanto da riportare perfino le parole di Mussolini preoccupato per la forte velocità dell’automezzo su cui erano saliti anche i tre ufficiali in borghese e tre carabinieri armati di mitra: “Qui finiremo con l’investire qualche disgraziato o con lo sfasciarsi contro un muro”.   

2. Combattimento di carabinieri a La Cava (Pavia), 1849, di Wilfred Constant Beauquesne 

Il ritmo diviene incalzante, viene portato alle caserme romane  “Pastrengo” e “Vittorio Emanuele”, poi  all’isola di Ponza fino al 7 agosto, quindi alla Maddalena fino al 27 agosto, infine nell’albergo di Campo Imperatore sul Gran Sasso fino alla liberazione del 12 settembre da parte di reparti tedeschi su 10 alianti comandati dal maggiore Harold Mors e dal tenente colonnello Otto Skorzeny senza incontrare resistenza. Perché i carabinieri che custodivano il prigioniero ed erano dotati anche di mitragliatrici che avrebbero potuto avere ragione facilmente degli alianti tedeschi non si opposero al blitz nazista?  

Lo ha rivelato, in una relazione del 26 febbraio 1969 che l’Autore ha scovato tra i documenti dell’Ufficio Storico dei Carabinieri, il maresciallo Osvaldo Antichi componente del reparto adibito alla custodia di Mussolini: “Due giorni prima della liberazione di Mussolini, e cioè il 10 settembre del 1943, giunse alla base del Gran Sasso il prefetto dell’Aquila, com. Biancorosso, il quale ci informò che gli ordini che avevamo – cioè impedire la fuga del prigioniero – si dovevano considerare aboliti e che nel caso giungessero i tedeschi per liberare Mussolini dovevamo usare prudenza, il che significava rimanere a braccia incrociate…”. Testuale, nulla da aggiungere. 

3. La breccia di Porta Pia, 1870,stampa popolare

E fu così  che Mussolini liberato salì su una “Cicogna”, aereo così piccolo che a stento riuscì a sopportare anche il peso del grosso Skorzeny, in direzione Monaco dove lo attendeva Hitler, dopo che un generale italiano – Soleti  capo delle Guardie metropolitane di Roma – era sceso da un aliante alla testa dei paracadutisti tedeschi gridando agli italiani di guarnigione “Non sparate! Non sparate!”  Qualche colpo scappò ai tedeschi al posto di blocco dei carabinieri a valle ad Assergi, caddero il carabiniere Giovanni Natale e la guardia forestale Pasquale Vitocco, l’Autore cita pure i nomi dei due feriti.

Svelato il perché i carabinieri non opposero resistenza alla liberazione di Mussolini che pure era stato portato nel luogo ritenuto più sicuro, l’Autore spiega anche perché fu dato quell’ordine dall’alto. E qui entra in scena il Re con la repentina partenza da Roma, destinazione Brindisi dove erano giunti gli anglo-americani, per sfuggire alla possibile cattura da parte dei tedeschi  se fosse rimasto a Roma. 

4. Carabinieri a cavallo entrano per primi a Gorizia, 1916, di Alfonso Artioli

La “fuga di Pescara” del Re, con il governo e lo Stato maggiore dell’esercito

La partenza fu un “trasferimento” per non interrompere la continuità dello Stato come avvenuto anche in altri paesi, oppure  una “fuga”, tanto che è passata alla storia come “fuga di Pescara”? Dopo aver riportato le  ragioni di ciascuna delle due tesi, l’Autore propende per la seconda, non fosse altro che per la cessazione di qualsiasi presenza delle autorità civili e militari dovuta all’assenza totale di direttive che portò al disfacimento dell’esercito lasciato in balia degli eventi, il “tutti  a casa” che conosciamo,  esito evidente di una vera e propria fuga e non di un trasferimento organizzato; del resto venivano chiamate “ritirate strategiche” le vere e proprie rotte in caso di sconfitta sul campo, quindi non sorprenderebbe una simile copertura.

Non soltanto il Re, la famiglia reale e la corte con molti bagagli, ministri e nobili, ma anche l’intero Stato Maggiore dell’esercito prese posto alle 5 del mattino del 9 settembre 1943 su un convoglio di parecchie automobili, scortato da due autoblindo che attraverso la via Tiburtina, passando per Sulmona e Chieti, in sei ore raggiunse Pescara;  il Re e il governo furono ospitati per la notte nel castello di Crecchio dai duchi di Bovino, mentre lo Stato Maggiore, ministri e nobili nel Palazzo Mezzanotte a Chieti 

5. Il Gran Consiglio del fascismo, 1943

L’indomani mattina, il 10 settembre, i reali si imbarcarono a Ortona, mentre Badoglio li precedette sulla corvetta “Baionetta”  salpata da Pescara. Ad Ortona poterono imbarcarsi solo 57 persone tra le oltre 200 che volevano farlo, la corvetta non ne conteneva di più, restarono a terra “fra urla e insulti agli imbarcati” con il molo cosparso dei loro bagagli, di valige e scatole di documenti. Il Re, con la famiglia reale e il seguito, arrivò al porto di Brindisi alle ore 16, mentre Ortona patì le conseguenza di aver fatto imbarcare i “traditori” con una violenta rappresaglia dell’esercito tedesco il giorno dopo. 

Ma che cosa la fa definire all’Autore “fuga” e non “trasferimento”, mentre il presidente emerito della repubblica Carlo Azeglio Ciampi e lo storico Lucio Villari propendono per il “mantenimento della continuità dello Stato”?  Oltre a quanto già accennato, indica le circostanze che fanno pensare a un baratto con i tedeschi, molto grave perché imperniato non solo sulla mancata difesa di Roma con il Corpo d’Armata Motorizzato addirittura dirottato  su Tivoli, e qui la responsabilità del gen. Roatta appare palese  avendo scritto di suo pugno l’ordine; ma anche sull’annullamento del piano americano “Giant II” per la difesa di Roma, lo sbarco a Salerno e non a nord della capitale, fino alla mancata resistenza alla liberazione di Mussolini.  

6. L’arresto di Mussolini, da “La Domenica del Corriere”, 25 luglio 1943

Tutto questo per salvare Re, governo, e vertici militari abbandonando la capitale alla mercè dei tedeschi oltremodo incattiviti dall’armistizio! Gravissimo. D’altra parte, se non fosse così, come si spiegherebbe che il convoglio in cui la presenza del Re era ben riconoscibile, pur sorvolato da ricognitori tedeschi superò tre posti di blocco dei tedeschi senza essere controllato e bloccato? I tedeschi ebbero così via libera, anche perché il nostro esercito non esisteva più lasciato in abbandono senza ordini né comandanti. E Roma fu subito presa di mira, ma se l’esercito si era dissolto i carabinieri opposero strenua difesa. 

I Carabinieri nella difesa di Roma e di Napoli

L’Autore dedica particolare attenzione a queste vicende riportando anche cartine e documenti sulle forze in campo, in particolare  nella difesa di Roma e di Monterotondo, nei sobborghi della capitale. Il racconto è così preciso e dettagliato che vengono indicati anche i nomi dei comandanti della 4^, 5^ e 6^ compagnia, e dei 9 plotoni che ne facevano parte, nonché le armi in dotazione.   . 

7. Mussolini liberato  a Campo Imperatore da un  reparto tedesco con Otto Skorzeny, alla sua dx, 12 settembre 1943

Ci limitiamo a segnalare che un battaglione di Allievi carabinieri, quindi giovanissimi, e lo squadrone carabinieri  “Pastrengo”  furono impegnati sin dalle ore seguenti l’armistizio, per un totale di 600 uomini,  contro una divisione di paracadutisti tedeschi, quindi forze scelte, con loro la Divisione Granatieri di Sardegna e il Reggimento corazzato Lancieri di Montebello.

E questo per iniziativa spontanea dei quadri militari intermedi  e “non su ordine dello Stato Maggiore Italiano che, in fuga verso Brindisi, alle 5,15 del 9 settembre aveva già deciso di lasciare la Capitale alle armate di Hitler”, denuncia l’Autore come risultato della sua accurata ricerca negli archivi dell’Ufficio storico dell’Arma. Insieme ai soldati e ai carabinieri si sono battuti anche i civili, ne rimasero uccisi parecchi. La battaglia si svolse vicino alla basilica di San Paolo, poi si spostò sulle colline “Volpi” e “Montagnola”  – all’epica vicenda sarà dedicato un sacrario a “Piazza Caduti della Montagnola” – e alla Magliana.  

Nel libro,  l’Autore  ricostruisce gli scontri in dettaglio rievocando le tattiche adottate e le azioni svolte dalle singole compagnie,  e soprattutto le prove di eroismo intorno al caposaldo  difeso dai carabinieri, non mancano i nomi dei caduti e  dei feriti, è un racconto coinvolgente di grande forza epica che si conclude con il bilancio delle perdite: 17 carabinieri morti e 48 feriti, con la Medaglia d’Oro al valor militare alla memoria al capitano De Tommaso Orlando, caduto al grido “Avanti!!!! Viva l’Italia”  e 2 Medaglie d’Argento  al carabiniere Colagrossi Antonio, alla memoria, e al vicebrigadiere Cerini Giuseppe.   

8 la “Cicogna”, l’aereo  con cui fu portato dal Gran Sasso in Germania, a Monaco, 12 settembre 1943

Fu eroica la difesa da parte di 70 carabinieri di Palazzo Orsini a Monterotondo, dall’assedio di 800 paracadutisti tedeschi mandati a bordo di 60 aerei Junkers-52, per catturare lo Stato Maggiore del Regio Esercito che vi si era trasferito dopo aver lasciato la capitale, come abbiamo ricordato. L’impari lotta durò dieci ore, dopo che anche alcuni aerei tedeschi erano stati abbattuti, poi i paracadutisti riuscirono a conquistare il palazzo. Il comandante dei carabinieri, tenente Vessichelli, commentò: “E’ innegabile, però, il successo morale che coronò la resistenza al termine della quale il nemico non strinse altro che un pugno di mosche”, perchè il gen. Roatta con l’intero Stato Maggiore aveva lasciato per tempo Palazzo Orsini. 

Anche a Napoli piccoli reparti di carabinieri si trovarono a combattere per difendere la prefettura, la stazione e singole caserme, dopo che l’esercito aveva abbandonato il campo in balia della divisione corazzata “Goering”. I comandanti furono il sottotenente Cavacini alla prefettura, il Col. Minniti alla caserma “Pastrengo”; il palazzo dei telefoni fu difeso con 150 militari del 40° Reggimento  di fanteria, e i  tedeschi furono respinti.    

9. il Re a Brindisi in un hangar dell’Idroscalo, dopo la “fuga di Pescara” del 9-10 settembre 1943

Ma alla stazione di Napoli Porto la vicenda diviene tragica, 14 carabinieri che si batterono fino ad esaurimento delle munizioni furono presi come  prigionieri di guerra, poi barbaramente uccisi per rappresaglia, saranno decorati con la Medaglia d’Argento al valor militare alla memoria, l’Autore riporta tutti i nomi di questi eroi e la motivazione delle medaglie: ciascuno “affrontava  con ammirevole stoicismo il plotone di esecuzione. Nobile esempio di virtù militare e di consapevole sacrificio”

Li  indichiamo anche noi, come abbiamo fatto per tutti gli altri caduti citati nel libro: Egidio Lombardi ed Emilio Ammaturo, Giuseppe Covino e Michele Corvino, Martino Manzo e Nicola Cusatis,  Antonio Carbone e Giuseppe Pagliuca, Giuseppe Ricca e Giovanni Russo,  Ciro Albino e Domenico Franco,  Domenico Dubini ed Emilio Scola..    

10. Il capitano dei carabinieri Antonio Penna guida un gruppo di insorti nelle 4 giornate di Napoli, 27-30 settembre 194

I Carabinieri rispetto alla RSI e all’occupazione tedesca di Roma

Un altro capitolo della storia dei carabinieri riguarda la loro posizione nella Repubblica Sociale Italiana annunciata da Mussolini a Radio Monaco il 18 settembre 1943 e costituita prontamente; la prima riunione del governo  della RSI – nel quale tenne per sé anche il ministero degli Esteri affidando a Buffarini Guidi gli Interni e a Graziani la Difesa – si tenne il 27 settembre, con l’impegno a “continuare la guerra a fianco all’alleato tedesco”.

Fu formato un esercito nazionale costituito da giovani di leva, non una “milizia”, ma gli fu affiancato un corpo  politicizzato, la Guardia Nazionale Repubblicana con i reparti sciolti dal governo Badoglio della MSVN,  la PAI e, grande sorpresa, con l’Arma dei Carabinieri che da apolitica  istituzionale si trovò a dipendere in qualche modo da direttive del Partito Fascista, più o meno mascherate. 

11. Alla stazione di Milano una pattuglia di carabinieri fa prigionieri 60 tedeschi,  10 settembre 1943, di Guseppe Di Stefano;

Ma i carabinieri, ogni volta che si trovavano dinanzi alle efferatezze dei tedeschi – con le SS naziste che esasperavano le leggi di guerra – si prodigavano in difesa del popolo fino all’estremo sacrificio: viene rievocato quello del vice-brigadiere Salvo D’Acquisto, comandante ad interim della stazione di carabinieri di Torrimpietra, il quale offrendo la propria vita riuscì a salvare  i 22 ostaggi innocenti dall’atroce rappresaglia nazista scatenata per un’esplosione accidentale che aveva ucciso due SS, mentre  fu considerato un atto terroristico degli incolpevoli locali. 

L’Autore ne parla a lungo, mettendo in rilievo da un lato la sfiducia dei fascisti che diffidavano dall’Arma per il suo carattere legalitario, dall’altro l’insofferenza dei carabinieri per motivi speculari che portò a continue diserzioni e al passaggio ai primi nuclei di resistenza partigiana. Ma anche quelli che restarono inquadrati nell’Arma, diedero al loro giuramento un significato ben preciso: fedeltà al popolo italiano e non più fedeltà al Re e neppure, a maggior ragione, al regime che non poteva servirsene per le sue vendette politiche, operavano soltanto a tutela dei cittadini e per applicare la legge. 

12.  Il rastrellamento in via Quattro Fontane dopo l’attentato di Via Rasella, 23 marzo 1944

Quella di Salvo D’Acquisto è stata  una “nuova pagina indelebile di purissimo eroismo” insignita della Medaglia d’Oro al valor militare alla memoria, aggiungiamo che dai cappellani militari fu  avviato a suo tempo il processo di beatificazione del “servo di Dio”.  L’Autore ricorda altri eroici carabinieri caduti nell’occupazione di Roma combattendo contro i tedeschi, Giuseppe Crocco e Venerando Leonardi alla Garbatella il 10 settembre del 1943, mentre   Tommaso Troilo, Giuseppe Caringi e Vincenzo Barone furono catturati  e passati per le armi dopo un violento scontro a fuoco vicino al Porto fluviale.   

Gruppi di carabinieri resistettero alle preponderanti forze tedesche, a Forte Antenne, in 20 contro 80, mentre altri a diecine entrarono nella Resistenza, come i 60 carabinieri comandati dal tenente Mario Filippi e dal maresciallo Giuseppe Ventrella che insieme a 38 carabinieri di Cinecittà si unirono alla banda  Caruso; a Tor Sapienza il maresciallo Estevane Carosi rese inutilizzabili 40 carri armati tedeschi con un’azione di sabotaggio nella quale portò via anche armi e munizioni. 

Ci  furono  carabinieri fucilati – vengono citati Augusto Ronzini, Francesco Lipartiti e il brigadiere Carlo Macchi – altri deportati in Germania. Si apre un nuovo capitolo di eroismo e sofferenza.  

13.  L’eccidio delle Fosse Ardeatine con il massacro di 12 carabinieri, 24 marzo 1944, di Vittorio Pisani

La deportazione degli ebrei romani

Queste prime deportazioni individuali furono seguite dalle deportazioni di massa, cominciarono con i carabinieri romani prelevati nelle caserme l’8 ottobre 1943, un mese dopo l’armistizio, come vedremo in seguito; una settimana dopo, sempre a Roma, il rastrellamento di 1.024 ebrei prelevati alle 5 del mattino del 16 ottobre 1943 nel ghetto. Tenuti  per quattro giorni nel Collegio Militare, gli ebrei furono  poi rinchiusi nei vagoni piombati dei treni che, tra  inaudite sofferenze per le condizioni inumane del viaggio, ricordate nel libro,  li portarono nei campi di sterminio nazisti. 

Viene sottolineato che dopo la “grande razzia” del 16 ottobre vi furono, negli 8  mesi successivi, rastrellamenti con la deportazione di altri 1.086 ebrei. E’ noto come la “razzia” fu preceduta dall’ignobile ricatto di consegnare 50 Kg di oro, cosa che gli ebrei fecero per avere l’incolumità, ma la loro sorte rientrava nello sciagurato,  piano nazista di procedere alla “Soluzione finale”, un crimine contro l’umanità che prevedeva l’eliminazione fisica da tutti i paesi europei degli ebrei, considerati “razza nemica”  fatta segno da una propaganda ossessiva seguita da una violenta persecuzione.  

14. La deportazione degli ebrei romani,  16 ottobre 1943

I fascisti assecondarono il piano tedesco volto a neutralizzare i carabinieri romani “nel timore, del tutto fondato, che sarebbero accorsi  in difesa dei cittadini italiani ebraici e avrebbero ostacolato il rastrellamento fino  a poter far fallire l’intera operazione di deportazione”, osserva l’Autore.  Oltre ad evitare questo rischio, in tal modo i fascisti  si sarebbero liberati nella capitale dei carabinieri considerati ostili ai tedeschi e non allineati al regime.   

Ne parleremo prossimamente, concludendo con la partecipazione dei carabinieri alla Resistenza anche con l’azione armata in bande partigiane alcune delle quali da loro stessi costituite  e comandate, ricordando i loro fulgidi esempi di eroismo. 


15. L’immagine simbolo dell’olocausto degli ebrei nei lager tedeschi 

Info

Gelasio Giardetti, “I Carabinieri nella storia italiana. In memoria della loro deportazione nei lager nazisti”, Associazione Nazionale Carabinieri Editrice, ottobre 2018, pp. 394. I primi due articoli del nostro servizio sono usciti in questo sito il   4 e   6   novembre u.s., il terzo e ultimo uscirà il 10 novembre p. v., con 17   immagini ciascuno. Dello stesso autore, “L’uomo, il virus di Dio”, Arduino Sacco Editore, novembre 2014, pp. 184;  “Dio, fede e inganno”, Arduino Sacco Editore, settembre 2013, pp.240; “Gesù, l’uomo”, Andromeda Editrice, giugno 2008,  pp. 320; sui primi due libri ora citati cfr. i nostri articoli in questo sito il 10 e 13 giugno e il 2 febbraio 2014. Per la 2^ Guerra mondiale e la persecuzione degli ebrei cfr. i nostri articoli: in  questo sito, “Vite spezzate” 17 ottobre 2018,  “Razza nemica” 19 aprile, “Le leggi razziali” 28 ottobre, “L’escalation”  2 novembre,  tutti e tre del 2017,  “I lager nazisti” 20 febbraio 2015,  “La grande razzia” 24 novembre 2013; in cultura.inabruzzo.it  “Auschwitz” 27 gennaio 2010;   in fotografia.guidaconsumatore “I ghetti nazisti” 27 gennaio 2012 (i due ultimi siti non sono più raggiungibili, gli articoli saranno trasferiti su altro sito, intanto sono disponibili su richiesta).

Foto

Le immagini – eccettuata quella di apertura ripresa alla presentazione del libro – sono state tratte dal sito  web csrabinieri.it, con le relative didascalie, meno la n.3 da wilkipedia.org e la n. 8 da anpibrindisi.it,  la n. 14 da inlibertà.it e la n. 15 da ilmessaggero.it. Ringraziamo i titolari dei siti e dei diritti dichiarandoci pronti a escludere le immagini il cui inserimento non fosse loro gradito, precisando che sono meramente illustrative e non necessarie, e che manca la benché minima finalità promozionale e tanto meno economico-commerciale.  Sono riportate immagini che vanno dal Risorgimento e  l’Unità d’Italia,  al collasso del regime fascista, fino ai drammatici scontri ed eventi dopo l’8 settembre 1943.  In apertura, la presentazione del libro di Gelasio Giardetti, un particolare della sala conferenze nella  Legione Allievi Carabinieri, la platea; seguono  4 immagini del periodo risorgimentale e unitario;  poi, 11 immagini con  l’arresto e liberazione di Mussolini, la “fuga” del re e la difesa di Napoli e Roma,  fino alla persecuzione degli ebrei; in chiusura, una carica storica dei carabinieri.

16. I carabinieri a cavallo nel fatto d’arme di Santa Lucia,1848