Giardetti, 4. I Carabinieri nella deportazione e nella Resistenza fino alla Liberazione

di Riomano Maria Levante

Si conclude la  rievocazione dell’epopea dei Carabinieri nel libro di  Gelasio Giardetti, “I carabinieri nella storia italiana. In memoria della loro deportazione nei lager nazisti”, edito dall’Associazione Nazionale Carabinieri e  presentato l’11 ottobre 2018 presso la Legione Allievi Carabinieri di Roma da Umberto Broccoli, il gen. B. Vincenzo Pezzolet e l’autore Gelasio Giardetti. L’excursus storico compiuto fin qui é iniziato con il Risorgimento e la 1^ Guerra mondiale, passando poi alla posizione verso il regime fascista, con la campagna di Grecia, e alla 2^ Guerra mondiale, con le campagne di Russia, Africa Orientale e Settentrionale, fino all’arresto di Mussolini e alla “fuga di Pescara” del Re, alla posizione verso la RSI e all’occupazione tedesca di Roma. La storia termina con le deportazioni dei carabinieri nei lager nazisti, la protezione della popolazione dalle efferatezze nazi-fasciste e la partecipazione armata alla Resistenza fino alla Liberazione con eroi e martiri.  

La presentazione del libro, un particolare della sala, la “galleria”

La deportazione dei carabinieri romani nei lager nazisti

I carabinieri a Roma erano sottoposti al regime della RSI, con tutte le conseguenze del caso, ma di fronte all’imperversare della furia nazista, in particolare contro gli ebrei,  si impegnarono in tutti i modi per arginarla.

La conseguenza di questa azione di contrasto alle persecuzioni fu la loro deportazione, dopo il disarmo ordinato dal ministro della Difesa Graziani e fatto eseguire dal generale Casimiro Delfini il 6 ottobre 1943 con un ordine scritto – riportato in fotostatica nel libro in 100 righe dal contenuto che sembrerebbe incredibile se il documento non fosse sotto i nostri occhi – con disposizioni oltremodo minuziose (perfino l’ordine agli ammogliati di non tornare a casa per i presunti rischi del coprifuoco) per  garantire che fossero tutti  nelle caserme ignari, quindi inoffensivi, e potessero essere bloccati e neutralizzati senza che nessuno potesse sottrarsi alla catttura tornando a casa come di consueto.I paracadutisti tedeschi irruppero in pieno assetto di guerra la mattina del 7 ottobre, dieci giorni prima del rastrellamento e deportazione di 1.024 ebrei romani, come si è ricordato. 

1.  I carabinieri deportati nel trasferimento nel lager tedesco, settembre 1943

Così inizia la deportazione in Germania dei carabinieri sui carri bestiame – le notizie sono tratte dal rapporto del maresciallo Sabatini  trovato dall’Autore nell’Ufficio storico – dopo un viaggio interminabile  in treno di alcuni giorni con scarsissimo cibo e tante soste estenuanti, che terminò il 16 ottobre con l’arrivo nello Stalag VI.I/A”.  

Ma non fu l’unica deportazione dei carabinieri in Germania quella dei carabinieri romani di cui parleremo ancora di seguito. Nella conclusione del libro l’Autore rievoca il trasferimento in Germania il 20 giugno 1944, su treni in partenza da Verona e Milano, di 4.000 di loro, ne arrivarono 2.800, molti riuscirono a fuggire nelle ripetute soste dei treni. Erano stati  catturati nelle caserme con dei blitz simili a quello appena descritto operato a Roma più di otto mesi prima, Mussolini scriverà a Goering di aver trasferito in Germania 7.600 carabinieri, in un cinico consuntivo.  

Torniamo alla deportazione  sul treno con Sabatini, il testimone,  erano 900, in tutto forse 2.000, il forse è dovuto alla perdita delle tracce di altri 1.056 anch’essi deportati. “Le terribili condizioni di vita dei carabinieri durante la loro prigionia” è il titolo del capitolo in cui, sulla base delle testimonianze dei reduci riportate anche testualmente, l’Autore rievoca le loro sofferenze.

2. I carabinieri nel lager tedesco 

Patimenti inenarrabili per l’assoluta carenza di cibo, al limite della sopravvivenza, baracche fatiscenti senza protezione dal freddo che nell’inverno scendeva a 20 gradi sotto zero, turni di 12-13 ore di lavoro duro e pericoloso, che risultavano massacranti, con morti e feriti in incidenti anche a causa degli obiettivi da raggiungere per non subire punizioni e maltrattamenti, con scudisciate e colpi di baionetta spesso mortali; nelle miniere di carbone l’obiettivo giornaliero cui era obbligato ogni internato era di 60 q.li, e il lavoro doveva proseguire durante i bombardamenti senza potersi porre al riparo.

La testimonianza del carabiniere a piedi  Giuseppe Fasolino è più eloquente di qualsiasi descrizione: racconta la morte del commilitone Nobile Fimiani costretto ad andare in fabbrica sebbene fosse malato, ma proprio per questo aveva lavorato lentamente a causa della febbre alta e in infermeria fu ucciso a sangue freddo perchè ritenuto ribelle e poco produttivo.   

3. L’interno di un lager tedesco

E’  precisa e ampiamente documentata la rievocazione di questa tragedia – alla quale del resto è dedicato il libro – l’Autore cita, come sempre, nome e cognome di tanti protagonisti, a partire dal primo deportato ucciso dai tedeschi poco dopo la partenza dalla stazione Ostiense a Roma, il carabiniere Efisio Rosas. Il carabiniere Rinaldi, sposato con 4 figli, fu costretto a percorrere 3 chilometri a piedi nudi sulla neve non potendo calzare gli zoccoli di legno per le ferite ai piedi, poi impazzì per i maltrattamenti che seguirono, fu ricoverato nell’infermeria e di lui non si è avuta più alcuna notizia.

Un altro triste esempio, quello del  maresciallo Giuseppe Alberti, costretto  a stringere tra le mani per punizione il tubo rovente di una stufa, quando non resistette più al dolore fu colpito con la baionetta. Inoltre la feroce bastonatura – raccontata dal maresciallo Alberti – subita dai prigionieri il 5 giugno 1944 come rappresaglia per la liberazione di Roma da parte degli alleati.

4. Carabinieri partigiani

Sono tante le rievocazioni di violenze di ogni tipo sui singoli carabinieri internati, ne parlano le testimonianze di Pier Luigi Pezzati e Giovanni Tardini, Giovanni Ometto, Americo Di Marcotullio e Santo Totaro. Sono solo piccoli accenni rispetto alla drammatica dimensione della deportazione, un’epopea  tragica e gloriosa. Al termine del libro è riportato l’“Albo d’onore dei carabinieri caduti per la resistenza nei campi di prigionia e sterminio nazisti”, un dolente elenco di 602 nomi:  per  368 con i dati anagrafici completi, soprattutto minori di 40 anni, molti giovanissimi, e l’anno di morte, i più nel  1944 e il 1945;  di 234 soltanto il nome, si stanno ricercando i dati anagrafici e l’anno di morte. 

E’ la stessa sorte degli internati militari e civili, anch’essa rievocata dall’Autore, che ricorda pure  l’olocausto degli ebrei romani in un capitolo cui si è già accennato:  nel descrivere una tragedia  che non ha nulla di umano, si pone le angosciose domande di tutti e non manca di dare delle risposte che fanno riflettere.  

5. I carabinieri di Bussolengo respingono un attacco dei nazisti, 8-9 settembre 1943 

La lotta antinazista dei Carabinieri  nelle bande partigiane

Ma i Carabinieri non hanno dovuto soltanto subire, dall’intollerabile pressione dell’illegalità e della violenza fascista e nazista con cui dovevano convivere nei territori della RSI fino alla deportazione. Alla reazione con le armi che abbiamo rievocato ricordando la loro resistenza a Roma e a Napoli nei  drammatici giorni dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, è seguita un’azione alle volte meno visibile ma quanto mai efficace nell’aiuto alla popolazione civile per il costante imperativo di tutelarla, riferendovi il giuramento – non più rivolto al Re e tanto meno al regime –  culminata nel sacrificio supremo di Salvo D’Acquisto e in tanti altri episodi di dedizione e di abnegazione.   

L’Autore li ricorda descrivendo le efferatezze tedesche cui hanno cercato di opporsi in tutti i modi possibili. I carabinieri combatterono armi in pugno sia nell’Italia settentrionale che nell’Italia centrale – rimaste sotto il tallone tedesco, mentre il Sud era stato liberato dagli anglo-americani che con lo sbarco a  Salerno iniziarono a risalire troppo lentamente  nella penisola – non solo subito dopo l’8 settembre ma anche dopo, come rievoca l’Autore nel libro. 

6. L’eroismo del carabiniere Giuseppe Cannata a Monterotondo, 10 settembre 1943;

Si è trattato di piccoli gruppi di carabinieri, a volte il loro eroismo è stato sfortunato, come per gli otto militari della “Compagnia Carabinieri Partigiani”  del maresciallo Tarcisio Ballarini che nell’Italia Settentrionale, in Valsesia,  furono torturati dai nazi-fascisti per conoscere la dislocazioni dei nuclei partigiani e fucilati con altri compagni per non aver voluto dare tali  informazioni.

Sul Monte Grappa le formazioni partigiane di 1.400 uomini comprendevano 150 carabinieri; furono accerchiati da 20.000 nazi fascisti – tra Wermacht ed SS,  Brigate Nere e Guardia Nazionale Repubblicana – 500 partigiani caddero  nel conflitto o furono passati per le armi, i superstiti deportati in Germania. La stessa sorte per 18 carabinieri mentre il loro comandante, tenente Luigi Giarnieri,  catturato ferito dalla Brigate nere e torturato, fu impiccato nella piazza di Crespano sul Grappa per non aver voluto svelare la posizione dei partigiani, come Tarcisio Ballarini.     

7. Il sacrificio del vice-brigadiere Salvo D’Acquisto per salvare 22 ostaggi, 23 settembre 1943

Altrettanto nell’Italia centrale, si citano episodi a Città Ducale, San Severino Marche e Macerata dove il comandante, maggiore Pasquale Infelisi, accusato di sabotaggio e cospirazione, fu  fucilato a Montirozzo il 14 giugno 1944, ha avuto la Medaglia di Bronzo al valor militare. In  provincia di Arezzo furono fucilati, dopo torture cui avevano resistito senza parlare, Vittorio Tassi e un seguace giovanissimo, Renato Magi, che avrebbe voluto arruolarsi nei carabinieri a guerra finita, mentre Tassi aveva lasciato la stazione di Chiavaretto cui era assegnato per formare un gruppo partigiano, la “banda Tassi”. 

La sua storia è toccante, ricorda Salvo D’Acquisto nell’essersi denunciato come unico responsabile delle azioni di guerriglia per salvare i 5 partigiani e altri civili arrestati, non riuscì a salvare soltanto Magi perché il giovane era stato trovato in possesso delle armi. Toccante l’ultima lettera di Tassi alla moglie e di Magi alla mamma, puntualmente riprodotte nel libro.  Anche Carlo Alberto dalla Chiesa – di cui tutti ricordano l’atroce fine, ucciso dalla mafia a Palermo il 3 settembre 1982 con la moglie Elisabetta Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo –  a San Benedetto del Tronto si schierò clandestinamente contro i tedeschi rifornendo i partigiani finché, scoperto, riuscì a sfuggire alla cattura raggiungendo incolume il governo legittimo al Sud.  

8. Il sacrificio dei tre carabinieri di Fiesole, Marandola, Sbarretti e La Rocca per salvare 10 ostaggi, 12 agosto 1944

L’Autore ricostruisce nei particolari le epiche vicende nel Bosco Martese, località nel teramano dove vi furono scontri a fuoco sanguinosi dei tedeschi con i  partigiani di Mario Capuani, Ammazzalorso e Rodomonte, di cui facevano parte i carabinieri, con funzioni di comando al capitano Ettore Bianco, che sconfisse i tedeschi in campo aperto. Poi la formazione si frazionò ed Ettore Bianco radunò una banda di 200 uomini che schierò lungo la Salaria, per ostacolare i movimenti tedeschi sulla via di raccordo tra la  litoranea adriatica e il fronte di Cassino. 

Anche a Firenze i carabinieri parteciparono alla resistenza, il vicebrigadiere Giuseppe Amico, che comandava la stazione di Fiesole, coordinava clandestinamente una delle otto squadre d’azione della V^ Brigata partigiana: viene ricordato che il portaordini Rolando Lunari venne scoperto e arrestato con un carabiniere di scorta, Sebastiano Pandolfi, entrambi furono fucilati. Il comandante Amico, arrestato per complicità, evase e i carabinieri della sua stazione lo seguirono;  intanto, si era nell’agosto 1944, entrarono in città le avanguardie dell’8^ Armata britannica con due compagnie di carabinieri comandate dai capitani Fausto Gradoli e Mariano Piazza.   I tre carabinieri rimasti a presidiare la stazione, quando non fu più necessario la lasciarono per raggiungere il comandante rifugiandosi presso una confraternita e poi nella vicina zona archeologica.     

9. L’eroismo del carabiniere Mazzino Ricci, 1944-45

I tedeschi rastrellarono per ritorsione 10 ostaggi civili chiedendo che i tre tornassero in caserma con il proclama: “O saranno fucilati i carabinieri o saranno fucilati i civili”. Ebbene,  pur essendo vicini alle brigate partigiane con il comandante Amico,  si consegnarono spontaneamente ai tedeschi  per salvare gli ostaggi, in ossequio al giuramento di proteggere il popolo, furono fucilati il 12 agosto 1944, poi decorati di Medaglia d’Oro al valor militare alla memoria. I nomi, Vittorio Marandola, Fulvio Sbarretti, Alberto La Rocca, anche il loro gesto va accostato a quello di Salvo d‘Acquisto.  

Abbiamo accennato alle bande partigiane costituite da carabinieri  e a gruppi d’azione all’interno di bande partigiane coordinati o clandestinamente o direttamente. Il caso più eclatante è quello della “Banda Caruso” fondata dal generale dei carabinieri Filippo Caruso, eroe decorato della 1^guerra mondiale. In realtà il nome della formazione era “Fronte clandestino di resistenza dei carabinieri”, che il generale posto in congedo fondò rientrando nei ranghi a Roma per contribuire alla lotta contro le efferatezze dei nazi-fascisti, l’azione militare si svolse in tutta  l’Italia centrale.     

10. L’eroismo del carabiniere Andrea Marchini, settembre 1944

I carabinieri che ne facevano parte operavano sabotaggi con distruzione di ponti sulle vie consolari e agguati  alle forze nazi-fasciste. Entrarono nella “Banda Caruso” più di 100 carabinieri che a Roma si erano battuti negli scontri di Porta San Paolo;  65 della stazione di Porta Cavalleggeri con il maresciallo Giuseppe Ventrella e il tenente Mario Filippi dopo la deportazione del maresciallo capo Sante Natali; 38 della stazione di Cinecittà con il  maresciallo Vito Di Levo; altri della stazione di San Giovanni con il maresciallo Di Iorio,  e tanti ancora: ben  572 furono i componenti del “Fronte Clandestino di  Resistenza”.  

E qui una sorpresa, che diventerà amara, tra i comandanti ritroviamo il tenente colonnello  Giovanni Frignani e il capitano Raffaele Aversa che avevano arrestato Mussolini a Villa Savoia su ordine del Re, come abbiamo riferito in precedenza; entrarono in clandestinità subito dopo la sua liberazione da parte dei tedeschi, e furono ricercati dai nazi-fascisti come partigiani e come traditori del Duce.  

11. L’eroismo del carabiniere Giotto Ciardi, aprile 1945

La sorpresa diventa amara perché Frignani  e Aversa furono arrestati con il maggiore Ugo De Carolis per una delazione, a casa di una amica tedesca dove erano rifugiati, e portati nella sede della polizia tedesca romana in via Tasso,  museo degli orrori. Frignani fu torturato selvaggiamente davanti alla moglie ma non parlò, per la liberazione sua e degli altri arrestati intervenne inutilmente anche mons. Montini a nome  del Pontefice. Giovanni Frignani, Raffaele Aversa e Ugo De Carolis, con altri 9 carabinieri reclusi in via Tasso, finirono tra i 335 ostaggi trucidati alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944, dopo l’attentato di Via Rasella  che aveva ucciso 33 componenti del plotone tedesco di  pattuglia nella zona; nel massacrarne 5 in più dei 330 previsti si andò oltre  le pur spietate leggi di guerra tedesche sulla rappresaglia dopo gli attentati.  

Invece non ebbe una conclusione tragica l’attività di un altro componente del “Fronte Clandestino”, il brigadiere Angelo Joppi, che pure fu catturato, anche lui per una soffiata, dopo aver avuto l’ardire di lanciare bombe  a mano addirittura nel cortile della sede nazista di Via Tasso, oltre a portare altri assalti alle colonne nazi-fasciste nelle vie di Roma.  Joppi fu recluso proprio nelle celle di Via Tasso per tre mesi e torturato ferocemente ma non parlò, il 3 giugno 1944 non fu eseguita la condanna a morte per un guasto al motore del camion che doveva portarlo sul luogo dell’esecuzione.  Il 4 giugno, all’ingresso degli alleati a Roma,  i tedeschi lasciarono cinque guardie che furono sopraffatte dalla “valanga dei morituri”  con lui alla testa al grido  “Tanto siamo condannati  a morire… gettiamoci a basso tutti insieme”; ha avuto la Medaglia d’Oro al valor militare per le azioni belliche e per aver resistito tre mesi “subendo ventotto martorianti interrogatori e le più atroci, massacranti, immense torture per estorcergli rivelazioni sull’organizzazione del fronte militare di resistenza”, così la motivazione.    

12. L’eroismo del carabiniere Lorenzo Gennari,  13 aprile 1945

Altra sorpresa, pure essa con un lieto fine, nelle celle di Via Tasso ritroviamo anche il generale Caruso, che abbiamo visto capo e fondatore del “Fronte Clandestino”, arrestato il 30 maggio 1944 e interrogato  nella caserma di Castro Pretorio dove lo avevano quasi strangolato per recuperare un documento compromettente  da lui ingoiato per salvare i compagni.  Resistette anch’egli alle feroci torture degli aguzzini nazisti e partecipò alla “valanga dei morituri” contro le guardie il 4 giugno 1944, riprendendo poi il comando dei carabinieri di Roma; anche lui ha avuto la Medaglia d’Oro al valor militare. Nell’Italia settentrionale operava un’altra banda, con a capo il maggiore dei carabinieri Ettore Giovannini, la “Banda Gerolamo” di 700 componenti,  impegnata sia in frequenti azioni di sabotaggio e guerriglia  sia in un importante lavoro di collegamento e segnalazione in Lombardia nel 1944 e 1945, 

Oltre al braccio operativo costituito da ufficiali, sottufficiali e carabinieri semplici, la “banda” aveva una rete informativa segreta costituita da quelli che erano rimasti nelle caserme per il lavoro istituzionale su volere di Giovannini, che in tal modo poteva ricevere in incognito da loro informazioni  preziose.  Anche a questo riguardo l’Autore è prodigo di particolari, descrive le azioni di sabotaggio e di contrasto alle colonne nemiche operate dai carabinieri guidati dal brigadiere Antonio Basile e dal sottotenente Franco Alongi, dal maresciallo Antonio Carretto  e dal capitano Silvio Cavanna, definito “il migliore incursore di Giovannini”. Il suo braccio destro, il tenente Antonio Cicerale che curava la rete informativa, arrestato in Svizzera e deportato a Dachau, riuscì a sopravvivere, mentre il sottoposto Giuseppe Andraoni, tradito dall’informatore, fu fucilato.   

13. Carabinieri alla liberazione di Roma

Uno degli ultimi carabinieri caduti nell’estrema resistenza ai tedeschi fu il tenente colonnello Edoardo Alessi, già insignito della Medaglia di Bronzo al valor militare nella 1^ Guerra mondiale e protagonista in Africa settentrionale dell’eroica difesa con 400 uomini e 8 cannoni del caposaldo di Et El Asel attaccato da forze nemiche preponderanti consentendo così ai compagni di ripiegare. Non volle collaborare con la RSI, condannato dal Tribunale di Sondrio a 30 anni di reclusione riparò in Svizzera mantenendo i contatti con le brigate partigiane finché nel febbraio 1945 assunse, con il nome di battaglia di Marcello, il comando della Divisione di Volontari della Libertà della Valtellina.

Il 26 aprile 1945 Alessi cadde in un conflitto a fuoco, insieme a lui il collaboratore Armando Cometti il quale,  già gravemente ferito, fu finito con una pugnalata al cuore da un fascista, gli è stata conferita la Medaglia d’Argento al valor militare.  Il giorno prima c’era stata la Liberazione, i 700 carabinieri della “Banda Gerolamo”, secondo le disposizioni del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, avevano occupato  tutte le caserme di Milano. La morte di Alessi ci ricorda la triste conclusione del romanzo e del film”All’ovest niente di nuovo”, con l’ultimo colpo di fucile che uccide il protagonista ancora nella trincea quando la guerra era già terminata.  

14. Liberazione di Piacenza, il tenente dei carabinieri Fausto Cossu alla testa  dalla divisione partigiana da lui comandata

L’Autore conclude il libro ricordando che il 1° settembre 1944 l’Arma aveva cessato di esistere per disposizione del comandante della Guardia Nazionale Repubblicana della RSI, e aggiunge: “Ma non tutto era perduto poiché, man mano che gli Alleati risalivano la penisola, l’Arma, grazie al radicamento su tutto il suolo italiano, risorgeva come un’araba fenice  ripristinando la sua organizzazione e la sua missione istituzionale. Il tributo di sangue offerto dall’Arma dei carabinieri nei venti mesi di Resistenza e di lotta per la liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo ammontò a 2.735 caduti e 6.521 feriti”.

Ci sembra il migliore sigillo alla sua appassionante rievocazione che per quasi 400 pagine celebra l’epopea dei Carabinieri in oltre 130 anni di  storia d’Italia. Da parte nostra ne abbiamo ricordato alcuni momenti, ponendo in evidenza i nomi di tanti  martiri caduti per la patria, consapevoli che soltanto il libro – con le accurate descrizioni degli eventi, le incalzaanti rievocazioni delle azioni militari anche attraverso le testimonianze e le motivazioni delle Medaglie al valore – riesce a far rivivere fatti epici e atti di eroismo pervasi da una umanità che suscita nel lettore una profonda emozione.   

15. Carabinieri e soldati della colonna partigiana Garibaldi decorati dagli jugoslavi

Info

Gelasio Giardetti, “I Carabinieri nella storia italiana. In memoria della loro deportazione nei lager nazisti”, Associazione Nazionale Carabinieri Editrice, ottobre 2018, pp. 394. I primi tre articoli del nostro servizio sono usciti in questo sito il  4, 6, 8 novembre u.s.., con 17 immagini ciascuno.  Dello stesso autore, “L’uomo, il virus di Dio”, Arduino Sacco Editore, novembre 2014, pp. 184;  “Dio, fede e inganno”, Arduino Sacco Editore, settembre 2013, pp.240; “Gesù, l’uomo”, Andromeda Editrice, giugno 2008,  pp. 320; sui primi due libri ora citati cfr. i nostri articoli: in questo sito il 10 e 13 giugno e il 2 febbraio 2014.

Foto

Le immagini – eccettuata quella di apertura ripresa alla presentazione del libro – sono state tratte dal sito  web csrabinieri.it, con le relative didascalie, meno  la  n. 2 da word.press e la n. 3 da toscananovecento.it. Ringraziamo i titolari dei siti e dei diritti dichiarandoci pronti a escludere le immagini il cui inserimento non fosse loro gradito, precisando che sono meramente illustrative e non necessarie, e che manca la benché minima finalità promozionale e tanto meno economico-commerciale. Sono riportate  immagini che vanno dalla sofferenza nei lager tedeschi agli atti di eroismo dei carabinieri fino alla Liberazione. In apertura, la presentazione del libro di Gelasio Giardetti  un particolare della sala conferenze della  Legione Allievi Carabinieri, la galleria; seguono  3 immagini sulla deportazione nei lager tedeschi e 10 immagini  su atti di eroismo, per lo più ndividuali, dei carabinieri, quelle a colori sono da opere di Vittorio Pisani; in chiusura, una carica storica dei carabinieri.  


16. Una carica storica dei carabinieri, cartolina per il Centenario dell’Arma