I giovani e la cultura, 2. I “Millenians” nell’XI Rapporto di Civita

di Romano Maria Levante

Concludiamo il nostro resoconto della presentazione, avvenuta il 4 aprile 2019  presso la  Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, dell’XI Rapporto di Civita dal titolo “Millennials e Cultura nell’era digitale. Consumi e progettualità culturale tra presente e futuro” sui risultati dell’accurata indagine sul mondo giovanile svolta dal  Centro studi “Gianfranco Imperatori” di Civita con la collaborazione di “Baba Consulting”.  Abbiamo già riportato in estrema sintesi i principali  contenuti dell’intervento di apertura del Presidente di Civita Gianni Letta seguito dal Direttore Generale Musei del MiBAC Antonio Lampis, e delle presentazioni dei risultati della ricerca da parte di Civita, negli interventi del Segretario Generale dell’Associazione Nicola Maccanico e del Responsabile ricerche del  Centro studi  “Gianfranco Imperatori” Alfredo Valeri; quindi  i contributi sul tema “Progettualità culturale tra innovazione e creatività”. Passiamo ora ai contributi su “Millennials sotto la lente”, moderati da Francesco Castelnuovo, di Sky, fino alle proposte di Civita.


Il Segretario generale di Civita, Nicola Maccanico, introduce le relazioni sulla ricerca del Centro Studi dell’associazione

La “social community”,  rilevanza, realtà e  potenzialità

Dei tanti temi analizzati nella ricerca di Civita,  oltre a quelli già ricordati in precedenza, alla Galleria Nazionale gli estensori del Rapporto ne hanno evidenziato altri di particolare rilievo.

Claudio Calveri,  Digital strategist DeRev, ha scandagliato l'”ecosistema della produzione e del consumo culturale digitale  dei giovani”, soffermandosi sulle “social community”, cioè sul luogo elettivo dell’interazione digitale dove si manifestano  gli interessi e le passioni dei giovani in un “consumo culturale personalizzato e connotato da una dimensione collettiva”, ossimoro certamente intrigante. 

Per un maggiore coinvolgimento sono state individuate a livello europeo tre prospettive: attirare nuovi utenti dallo stesso profilo socio-demografico; approfondire le relazioni con il pubblico esistente valorizzandone le esperienze culturali e aprendolo a nuove esperienze; diversificare il pubblico con soggetti di diverso profilo socio-demografico, soprattutto se lontani da arte e cultura.  

I social network più “partecipati” sono Youtube, Facebook e Whatsapp ciascuno con il 60% circa,  (e 34 milioni di utenti nel 2018, + 10% rispetto all’anno precedente), mentre Istagram si attesta sul 33% e Google e Twitter rispettivamente sul 25 e 23%; quasi il 50% degli utenti è tra 25 e 45 anni, mentre solo il 4% è nella fascia 13-17 anni, a dispetto del convincimento diffuso riguardo ai giovanissimi.  

Un’altra notazione importante è che nonostante i tentativi di organismi anche istituzionali per la promozione dei beni culturali, questi non riescono “ad assolvere in maniera realmente efficace (in termini di frequentazione e interazione) alla funzione di catalizzare e coinvolgere le energie creative e partecipative di ragazzi”, presenti in misura ridotta, soprattutto se giovanissimi; mentre si assiste a “un proliferare di aggregazioni legate a soggetti privati o all’autorganizzazione degli utenti”.

Confortante invece è la preferenza del pubblico per i canali di “community” impegnati nella “curation”, cioè nella selezione di notizie  sul segmento culturale di riferimento, di cui è evidente l’importanza ai fini della diffusione e penetrazione dei messaggi sull’offerta culturale.

Sono esplorati anche i “social network”  internazionali relativi alla produzione creativa, in cui i giovanissimi  si esercitano nella scrittura di storie e romanzi cercando il feedback in “una meravigliosa dinamica del tempo della creazione, che si fa sempre più collettiva, partecipata e condivisa”: il maggiore di questi, il canadese Wattpad, ha ben 65 milioni di utenti mensili, con la selezione più recente di 280.000 storie. Vengono pubblicate in modo progressivo, capitolo per capitolo, “in un dialogo con l’autore del tutto orizzontale” dal quale nasce “una sintonizzazione che diventa co-creazione a tutto tondo, trasparente e documentata in tutto il suo percorso,  con migliaia di commenti in itinere che rimangono ‘agli atti’ sul singolo profilo dell’opera”. Gli editori seguono questo processo interessati ad acquisire storie che hanno già un vasto consenso.  

Nonostante la condivisione delle “community”, tuttavia, “l’asseverazione dell’identità  è precondizione se non condizione stessa del valore che nella rete si esprime sulla base di  reputazione, competenze o anche solo posizionamento acquisito”. E’ la  “dimensione umana” sottolineata da Gianni Letta,  che oltre a resistere all’urto della tecnologia regge anche all’impatto della globalizzazione mediatica dei “social network”. 

Di qui nascono gli “influencer”, che possono essere anche persone comuni, emerse per la capacità di  orientare e catalizzare i comportamenti degli utenti dialogando “on line” con loro; è prevista anche l’assegnazione di ruoli di “Top Fan” sulla base delle discussioni attivate per la presa sulla “community” sfociate in commenti e reazioni”. Sono formule di coinvolgimento i che hanno la caratteristica di stimolare i partecipanti a un ruolo attivo e non soltanto di fruitori passivi, cosa di estremo interesse perché dall’impulso all’azione nasce la creatività.

L’esplorazione a largo raggio compiuta porta ad alcune considerazioni in chiave propositiva per uno sviluppo delle attività “social”  volto ad accrescere il favore  soprattutto dei giovani. A tal fine “è bene riempire di senso la presenza proponendo innanzitutto agli utenti un’utilità concreta, da calibrare  naturalmente in coerenza con la propria missione specifica”.  Va potenziata la “curation” che seleziona i contenuti aderenti agli interessi, e insieme va lasciato spazio per  l’interlocuzione degli utenti e va promossa la valorizzazione dei contenuti generati da stimolare e raccogliere in modi semplici ma tali da valorizzare gli utenti più attivi. L’azione degli “influencer” va inserita  nella dimensione globale senza prevaricare l’insieme del sistema. Infine va colta la possibilità di  misurare con i “social network” i risultati delle politiche di comunicazione. 

Il  reponsabile attività di ricerca del Centro Studi di Civita,  Alfredo Valeri, presenta i risultati delle indagini svolte  

Un’indagine compiuta su un campione di giovani, “Giffoni Big Data 2017”,  nell’ambito della vasta partecipazione giovanile all’annuale “Festival Giffoni Experience”,  ha fornito ulteriori elementi sull’approccio giovanile alla cultura.  La stragrande maggioranza dialoga su temi culturali, ma il 20%  lo fa in modo incostante, e  vive “in maniera del tutto personale il consumo culturale, inducendo a riflettere molto bene  chiunque si occupi di audience engagement (ma anche di audience development) nel settore culturale sulle effettive modalità di potenziale coinvolgimento e sulla sensibilità dei giovanissimi, ancora da esplorare in molti dei suoi aspetti”.  

Un aspetto accertato è che, contrariamente a quanto si possa pensare, non sono i “social network” e il “Web” le sedi preferite per sfogare le proprie passioni e condividere i propri interessi, ma vie oltremodo tradizionali, lo abbiamo rilevato all’inizio: il dialogo con amici, anche in modo digitale, con parenti, e insegnanti. Il Web torna ad essere privilegiato, invece, rispetto agli altri media, compresa la televisione, e questo conferma che deve essere il campo in cui impegnarsi per un efficace  dialogo con i giovani. In fondo, anche la ricerca dei rapporti personali si trasferisce sul web e sulle piattaforme digitali.  

 Le  vie del marketing per i  “Millennians”

Quanto detto fin qui sull’identità giovanile e sulla loro intensa attività nel mondo del Web e della “social community” indica che la generazione dei “Millennianl” si muove in un terreno sul quale devono misurarsi istituzioni e privati per stimolarli e coinvolgerli nei campi di interesse. Abbiamo parlato nella prima parte del nostro resoconto della cultura, cui è dedicata la ricerca di Civita, ma naturalmente i giovani sono anche nel “mirino” delle attività di marketing dei gruppi privati.

L’analisi diSimonetta Pattuglia, Professore aggregato di  Marketing, comunicazione e media  alla facoltà di Economia dell’Università romana di Tor Vrgata, ha approfondito l’importanza dei giovani nelle strategie delle imprese. All’interesse a comunicare, di cui abbiamo detto, si aggiunge quello a  proporre e distribuire prodotti, servizi, e idee  a una generazione che ha molte collocazioni: consumatrice ed elettrice, telespettatrice e lettrice, navigatrice “on line” e lavoratrice.  Una comune classificazione generazionale dei diversi gruppi di età sottintende comunanza di esperienze e di eventi vissuti, di situazioni economiche collettive e valori sociali; ma i giovani sono anche “egocentrici, duttili, assertivi, animali sociali ‘speciali'”,  quindi è molto complesso interpretarli.   

I “Millennials” sono la “Great Generation”, Generazione Y  (nati tra il 1980 e il 2000), che viene dopo la Generazione X (nati tra 1964 e 1979), i “digitali adattativi”, a sua volta succeduta ai “Baby Boomers” (anni ’50 e ’60), dopo la “Greatest Generation” dei “Builders” , detta “silente”, vissuta tra le grandi guerre del ‘900; la generazione più recente è la  Generazione Z (nati dal 2000 al 2015), i “nativi digitali”. I “Millennials” in campo digitale si collocano tra gli “adattativi” e i “nativi”. In base alle collocazioni ci sono gradazioni nell’utilizzo dei “social network” e degli “smartphone”: i “nativi” vi passano gran parte del tempo e sono propensi a privilegiare i contatti “on line” nei diversi campi.

Si può dire che, soprattutto per i “nativi digitali”, i confini tra vita “on line” e vita reale spesso non sono distinguibili: questo è sempre più evidente, e a livello di marketing suscita l’interesse delle imprese, considerando che  le loro capacità di spesa sono consistenti attingendo alle famiglie di origine, e che hanno molta influenza sulle scelte di consumo dei familiari, per l’accesso spesso esclusivo alle informazioni e ai canali di acquisto sul Web, come l'”e-commerce”,  che dà loro un ruolo nella famiglia  ben superiore rispetto a quello dei giovani del passato. Il privato familiare, amicale e il pubblico sui “social media” diventano inscindibili perché “la tecnologia ha plasmato e plasma continuamente la vita e l’esperienza pubblica e privata di questa generazione e la fa convergere”.   

Gli “ipercomunicatori” relazionano tendenzialmente attraverso il Web, “ciononostante non si sentono adatti a creare una ‘relazione comunitaria ma sono maggiormente disposti a creare una ‘relazione di scambio’ con basso  coinvolgimento. Il vero impegno affettivo è in ultima istanza rivolto alla famiglia e all’ambiente amicale”, come abbiamo già rilevato. 

Ecco le considerazioni della studiosa sui modi con cui far penetrare nelle giovani generazioni i propri messaggi: “Relazioni, storytelling digitale e reale, creazione di contenuti di qualità, programmazione e formazione, customer care, nuove forme di distribuzione fisica e digitale più coinvolgenti; monitoraggio, misurazione e valutazione costante, sembrano oggi dare le linee-guida di questa nuova empatia verso le nuove generazioni”.   

L’incontro tra domanda e offerta culturale

Annalisa Cicerchia ha tratto una serie di conclusioni in merito a politiche culturali in grado di far incontrare la domanda e l’offerta per le giovani generazioni; Come “primo ricercatore Istat” si basa sugli elementi ricavati con le indagini statistiche che valuta da “economista della cultura”, qualifica che siamo lieti di trovare perché è necessario considerare il lato economico oltre quello identitario;  d’altra parte, è stato vice presidente di Civita fino al 2018  Emmanuele F. M. Emanuele, autore del trattato  “Arte e Finanza”.  

Sul quadro statistico dei consumi culturali citiamo soltanto una constatazione per certi versi sorprendente che risulta da indagini a livello europeo: il forte “gap generazionale” tra la partecipazione culturale dei giovani e quella degli anziani, dato che la prima è quasi doppia, in Italia e in alcuni paesi europei, non in tutti. Ma non va considerata come positiva premessa per una maggiore partecipazione degli anziani di domani che sono i giovani di oggi, tanto che la studiosa osserva addirittura:  “Contrariamente a ciò che accade  in altri paesi europei, in Italia la partecipazione culturale  sembrerebbe una malattia dell’infanzia e della giovinezza, dalla quale si guarisce crescendo”; quindi non viene mantenuta con il passare degli anni: “La Cultura non riesce a sviluppare familiarità permanente, a trasformarsi diffusamente in un’abitudine radicata”.  

Intervengono il Digital strategist DeRev,  l’Eonomista della cultura, la Docente di marketing, comunicazione, media

Si arriva perfino alla “completa inattività culturale”, cioè  a uno stato di totale assenza negli ultimi 12 mesi di spettacoli o intrattenimenti fuori casa e della lettura di quotidiani o libri: ebbene, per gli italiani  oltre 75 anni di età , l’inattività culturale riguarda il 44% , rispetto alla media del 19%, mentre per i giovani fino a 24 anni è limitata al 4-5%, ma poi peggiora molto con gli anni, come si è sopra osservato.

Le iniziative da intraprendere in campo culturale per le nuove generazioni, dunque, oltre a rendere più familiari i beni culturali alla loro età, dovrebbero radicare la positiva abitudine acquisita in quell’età in modo da non perderla con il passare degli anni e gli impegni accresciuti. Vediamo come. 


Una prima considerazione è che va cambiato il modo di vedere la cultura, dato che “la filosofia della cultura come petrolio e del con la cultura non si mangia” sono “due facce della stessa medaglia”, che ne tengono conto solo in termini economici,  per cui si fa più formazione professionale che educazione.  Mentre occorre un’ “educazione culturale”  dei giovani intesa come  “costruzione del gusto”, “coltivazione della creatività personale”,  non come acquisizioni effimere e transitorie, ma consolidate “in abitudini che durino tutta la vita”.  Chi ha questo compito? 

La scuola fa quel che può,  ma poi la sua azione cessa, come lo fanno le biblioteche e  alcuni programmi sul patrimonio culturale presso il MiBAC, nulla di sistematico e incisivo. La “Nuova agenda europea per la cultura” praticamente ignora i giovani mentre la nuova “Strategia sulla gioventù Engaging  Connecting and Empowering Young People” non considera la cultura tra le aree di intervento e neppure tra i relativi strumenti, sebbene la partecipazione ad attività culturali e creative sia definita “una parte vitale della vita dei giovani”, in quanto farebbe sviluppare abilità professionali, acquisire competenze, facilitare la socializzazione e l’integrazione nella comunità.   

Pur se non figura nelle enunciazioni generali, tuttavia, nella “Strategia europea” la Cultura è considerata tra i diversi  temi in cui si articola, con questo solenne proclama: “L’UE sostiene la creatività e l’innovazione dei giovani attraverso l’accesso e la partecipazione alla cultura”, cui seguono una serie di obiettivi, per sostenere e accrescere, facilitare e promuovere, garantire l’accesso: questo con riferimento alla creatività e agli strumenti per stimolarli,  alle nuove tecnologie e ai luoghi deputati, alle sinergie con altri programmi di settore e alle partnership, alla formazione e ai talenti anche per le capacità imprenditoriali, sempre dei giovani, da realizzare mediante i programmi “Creative Europe” ed “Erasmus”.  

Si  tratta, però, di  affermazioni prive di strumenti concreti, per cui, sottolinea la studiosa, emerge che “l’obiettivo dell’accesso alla cultura, motivato come fattore essenziale di crescita umana, sociale e civica dei giovani abbia progressivamente perso di centralità”. E cita il confronto con il 2010  allorché il Consiglio europeo  esortava la Commissione e gli Stati membri “ad agevolare  l’accesso di tutti i giovani alla cultura, riducendo gli ostacoli che vi si frappongono (limitazioni di ordine finanziario, linguistico, geografico e di tempo)” promuovendo l’educazione culturale e artistica dall’infanzia, in una prospettiva di educazione permanente,  incoraggiando il partenariato  tra giovani creativi e soggetti interessati  sostenendo la ricerca nella cultura e creatività giovanile.

Affermazioni, obiettivi ed esortazioni sono rimasti sulla carta, in particolare “lo spazio della cultura nelle politiche giovanili va comprimendosi e si schiaccia sempre di più sulla spendibilità occupazionale delle competenze culturali e creative”  in una pericolosa “retorica dei talenti”, che riducendo la creatività e sensibilità artistica a doni di natura è un alibi all’assenza di percorsi formativi per sviluppare tali competenze con un lavoro in profondità che richiede risorse e impegno.   

Non risultano programmi recenti di promozione culturale del Dipartimento per la Gioventù, mentre programmi interessanti a livello territoriale in campo culturale, artistico, creativo, si riscontrano solo per alcune Regioni, a parte l’attività svolta dalle biblioteche comunali e dalle bande musicali.  Per questo “l’istituzione sulla quale in Italia ricade la parte più grande dell’educazione culturale resta la famiglia”. 

Ma, aggiungiamo noi, vista la disaffezione  con il passare degli anni verso la cultura, considerata “malattia infantile”, non solo non è adeguata e sufficiente, ma crea distorsioni: “oltre che la polverizzazione la  perpetuazione delle disuguaglianze”, che invece dovrebbero essere il primo bersaglio delle politiche culturali, per “la correzione degli squilibri, la riduzione delle distanze, l’inclusione degli esclusi”.

E gli esclusi sono tanti, mentre le barriere sono in primo luogo di ordine economico, come il costo dell’ingresso nei musei e nelle mostre d’arte per la maggioranza dei giovani, a parte determinate classi di età e categorie; perciò sono considerate positivamente le iniziative volte a favorire l’accesso,  come le domeniche gratuite e i bonus culturali,  non soltanto sotto il profilo pratico per i percettori dei redditi più bassi,  ma soprattutto sotto quello più importante di dare valore all’arte e alla cultura promuovendone la diffusione.   

Notevoli differenziazioni  emergono tra le varie categorie, dalle famiglie della classe dirigente a quelle degli impiegati e degli operai fino ai pensionati e agli stranieri,  vengono  analizzati i consumi culturali nei vari settori fino al “digital devide” dei meno abbienti e meno evoluti. In complesso, oltre alle differenze tra le varie situazioni socio-economiche,  un altro dato,  senza dubbio allarmante, va evidenziato: nella media delle famiglie tradizionali della provincia italiana, ben il 42% è stata completamente “inattiva” culturalmente  nel 2016, mentre nel 2008 tale percentuale era soltanto del 34%; e solo il 23% ha svolto almeno tre attività culturali, rispetto al 25% di otto anni prima.

Gli interventi delle responsabili del Culturit Network e del progetto Alternanza scuola-lavoto Maxxi A[r]t Work   

Ne sono direttamente investiti i giovani per i quali la pratica e la partecipazione artistica e culturale   rappresenta un modo non solo per migliorare la qualità del loro tempo libero, ma anche per “l’arricchimento delle loro conoscenze, delle loro abilità, delle loro competenze. Alimentano la loro curiosità, la loro fiducia in sé stessi, lo spirito critico e la capacità di immaginazione e di pensiero creativo. Hanno un effetto positivo sul loro senso di benessere e, in qualche caso, perfino sul loro stato di salute percepito”. Inoltre, cosa altrettanto rilevante, “eliminare le disuguaglianze nelle opportunità di pratica e partecipazione culturale e artistica dovute a motivi fisici, economici e sociali , abbattere le barriere di accesso, tangibili  intangibili, è la forma più compiuta di democrazia culturale”. 

Le proposte di Civita

A conclusione della ricerca, Civita ha avanzato  proposte per avvicinare i giovani al mondo della cultura da considerare un mezzo non solo per impiegare proficuamente il tempo libero, ma anche per affrontare le sfide della modernità. Sono “quattro obiettivi  prioritari per ottimizzare le strategie di audience development  rendendole realmente inclusive e massimizzandone  gli impatti diretti e indotti”: “ampliamento dell’offerta culturale” con prodotti e attività a livello locale personalizzati integrando la dimensione culturale con l’intrattenimento; “creazione di contesti idonei e strumenti ad hoc” per la fruizione culturale e  la sperimentazione creativa con strumenti per giovani “iperconnessi”; “facilitare l’accesso alla cultura” abbattendo  le barriere all’accesso, quella economica, quelle sull’accessibilità, dai mezzi pubblici agli orari, ai servizi; “favorire tutorial e supporti finanziari a favore di iniziative culturali e creative” ideate e proposte dai giovani.

Sono proposte essenziali e concrete, con la solida base conoscitiva data dall’XI Rapporto, cui si aggiungono i rapporti  sulle “Industrie culturali e creative” che scandagliano il più vasto contesto imprenditoriale e produttivo.  L’impegno di Civita è ancora più meritorio in quanto esprime gli orientamenti della galassia di imprese associate, ulteriore garanzia di operatività.

Info

Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, viale delle Belle Arti, 131, Roma,  tel. 06.32298221. Il primo articolo è uscito in questo sito l’11  aprile 2019. “Millennials e Cultura nell’era digitale. Consumi e progettualità culturale tra presente e futuro”,  XI Rapporto Civita, Marsilio-Associazione Civita, dicembre 2018, pp. 174, formato 24 x 21.   Per convegni precedenti di Civita in materia culturale cfr.i nostri articoli:  in questo sito, sul “WeAct per le Gallerie Nazionali d’Arte Antica” 20 dicembre 2018, sulla “Cultura come diritto di cittadinaza” 20 e 25 ottobre 2018, sulle “Imprese culturali e creative”  14, 18 febbraio 2018 e 19 settembre 2014, sul “Soft Power”  11 e 15 febbraio 2018, sulla “Via Francigena”  19 luglio 2018, 18 giugno 2017, 29 agosto 2015, 19 luglio 2014, sul salvataggio di “Civita di Bagnoregio”  20 giugno e 9 luglio 2015, sugli “Itinerari consolari” 16 marzo 2013, sui “Tesori della provincia di Roma” 29 luglio 2013; inoltre, in www.archeorivista.it, sull’ “Archeologia e il suo pubblico” 26 febbraio 2010, e  in cultura.inabruzzo.it, “Appello contro la recessione culturale” 15 luglio 2010,  le “Domus di Palazzo Valemtini”  3 dicembre 2009, “Arte, cultura, territorio” 3 novembre 2009,  la “Via Francigena”  5 ottobre 2009, l'”Hotel della cultura” 17 settembre 2009 (tali siti non sono più raggiungibili, gli articoli saranno trasferiti su altro sito). 

Foto 

Le immagini del Convegno e quella di chiusura sono state riprese da Romano Maria Levante alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea; sono intervallate a riproduzioni di illustrazioni e grafici contenuti nell’XI Rapporto di Civita, si ringraziano le direzioni della Galleria Nazionale e di Civita per l’opportunità offerta. In apertura, il segretario generale di Civita, Nicola Maccanico , introduce le relazioni sulla ricerca del Centro Studi dell’associazione; nella 4^ immagine il  reponsabile attività di ricerca del Centro Studi di Civita,  Alfredo Valeri, presenta i risultati delle indagini svolte; nella 7^ imamgine, intervengono il Digital strategist DeRev,  l’Eonomista della cultura, la Docente di marketing, comunicazione, media; nella 10^  immagine, gli interventi delle responsabili del Culturit Network e del progetto Alternanza scuola-lavoto Maxxi A[r]t Work; in chiusura, l’‘ingresso monumentale della Galleria Nazionale con i “Leoni” di Davide Rivalta. Tra le immagini del Convegno, 4  illustrazioni e 3 grafici dell’XI Rapporto di Civita.

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L’ingresso monumentale della Galleria Nazionale con i “Leoni” di  Davide Rivalta