Radio Radicale dopo Bordin, una voce di civiltà da salvare per il bene di tutti

di Romano Maria Levante

La mattina del  Venerdì santo e la mattina di Pasqua ci sono state a Roma due manifestazioni, rigorosamente laiche, ma la loro collocazione in due momenti speciali della cristianità è significativa. Si tratta delle esequie di Massimo Bordin, “celebrate” il venerdì nella Facoltà Valdese  Teologica, e della orgogliosa difesa di Radio Radicale la domenica davanti al Vittoriano: dal lutto per la perdita dolorosa  alla resurrezione della domenica pasquale. 

Massimo Bordin in sala di trasmissione a Radio Radicale

Non potevamo non andarci, per il debito di riconoscenza verso chi ci ha accompagnato ogni mattina con la magistrale lettura dei giornali, e non solo; perché gli “speciali giustizia”, i collegamenti con gli inviati all’estero, le chilometriche conversazioni domenicali con Marco Pannella per 15 anni, di cui ancora vengono trasmesse le registrazioni, sono state occasioni insostituibili di percorrere gli eventi con la guida discreta e penetrante insieme di una voce amica e affidabile. 

E non potevamo mancare neppure alla mattinata pasquale per Radio Radicale, per quanto ci ha dato l’ascolto diurno e anche notturno delle sue trasmissioni con le dirette – e le registrazioni per offrircele in altre ore se non avevamo potuto seguirle – di avvenimenti fondamentali per la vita economica e sociale, politica e istituzionale, quindi per la vita democratica di tutti noi; avvenimenti trasmessi integralmente, senza le sintesi interessate che impongono un’interpretazione precostituita.

Ci limitiamo a degli accenni su quanto  detto nelle due manifestazioni, per soffermarci sul motivo profondo che le ha unite, lo sgomento e insieme la voglia di reagire, non solo di resistere. Perché la temuta chiusura di Radio Radicale  è la minaccia concreta contro la quale Bordin ha combattuto fino all’ultimo, il suo intervento al recente Congresso radicale è una pietra miliare al riguardo. Perché ha colto il lato sul quale va prodotto il massimo sforzo, in un’azione il più possibile condivisa.  

Massimo Bordin, la dedizione per il suo pubblico di un  giornalista atipico

Ma prima di entrare in questo punto centrale ci preme dire qualcosa sulla figura di Massimo Bordin, cui sono pervenuti universali riconoscimenti, nelle due manifestazioni e da ogni altra parte, cercando di capire il perché dell’emozione che ha preso l’intero mondo politico e giornalistico, e anche tanta gente comune. Nemmeno per Indro Montanelli,  l’indiscusso numero uno del giornalismo, ricordiamo tanto spontaneo cordoglio: il Parlamento subito unito nell’omaggio; le Camere penali che istituiscono un Premio per l’informazione giudiziaria a lui intitolato, annunciato nella manifestazione pasquale dal presidente Giandomenico Caiazza; la commossa partecipazione della folla assiepata in via Pietro Cossa all’esterno della sala delle esequie laiche strapiena; gli omaggi unanimi nella carta stampata e  nei servizi radiotelevisivi; la staffetta nella rassegna stampa mattutina, iniziata il Venerdì santo delle esequie, di grandi giornalisti come Francesco Merlo e Paolo Mieli per una settimana ciascuno, che vuol dire “Repubblica” e “Corriere della Sera”,  seguiti dalla settimana della “Stampa”, con il direttore Maurizio Molinari e Mattia Feltri; l’annunciata pubblicazione da parte di “Il Foglio” di un libro con lui e su di lui. e  altro ancora. A onorarlo nella celebrazione delle esequie ci sono stati tanti giornalisti di cui leggeva e commentava gli articoli nelle rassegne stampa, ma anche i semplici cittadini che lo ascoltavano e come noi hanno provato e provano ancora una stretta al cuore non sentendo più la sua voce spesso roca ma  modulata e accattivante al risveglio ogni mattina.  

Il funerale laico all’interno della Facoltà Valdese Teologica 

Forse sentiamo, come tanti,  che c’è stato in lui un sacrificio per tutti noi, vent’anni di rassegne stampa mattutine, dalle 7,30 alle 9,  vogliono dire levatacce quotidiane alle cinque per essere in redazione alle 6; e averlo fatto fino all’ultimo, con la rassegna del 1° aprile, due settimane prima della fine, che ha colto di sorpresa come quella di Marchionne, anch’egli impegnato fino all’ultimo  provato dalla malattia, la medesima malattia che Francesco Merlo, nella rassegna stampa in suo omaggio lo stesso Venerdì santo delle esequie laiche ha attribuito al fumo, “di fumo si muore”, accomunandolo anche a Pannella scomparso a 85 anni mentre per Bordin l’irreparabile è avvenuto a soli 67 anni.

Ma torniamo alle levatacce mattutine per avere il tempo necessario a comporre, e poi regalare ogni giorno ai suoi ascoltatori, quello che Furio Colombo ha chiamato “il giornale dei giornali”, ma a noi –  lettori nei lontani anni bolognesi del “pastone politico” di Enrico Mattei sul “Giornale dell’Emilia” e poi sul “Resto del Carlino”, quando recuperò l’antica denominazione – ci piace chiamare “pastone giornalistico”. Una lettura meditata degli articoli magistralmente assemblati per assonanze e dissonanze, in una visione non partigiana ma neppure asettica, come certe litanie da mattinale burocratico di cui nelle sue rassegne non c’era neppure l’ombra. La straordinaria cultura politica, e non solo, sorretta da una memoria prodigiosa, gli consentiva di inserire riferimenti e connessioni dalle quali veniva spiazzato o confermato il commento di turno; il tutto con un grado di umiltà tale che se traspariva la propria posizione ne dichiarava subito l’opinabilità. Il “pastone giornalistico” diventava “pastone politico” resuscitando così un genere da tempo sparito sulla carta stampata,  un modo di collocare le singole tessere in un mosaico organico che era la sua visione definibile con un ossimoro, obiettiva ma non neutrale.    

Lo scorcio di una parte della sala della Facoltà Valdese Teologica, in fondo a dx al microfono Fabrizio Cicchitto 

Perché abbiamo detto “un sacrificio per tutti noi”?  E’ evidente che con le allettanti offerte ricevute nel riconoscimento della sua indiscussa valentia avrebbe potuto togliersi di dosso un simile peso quotidiano e  scalare posizioni di assoluto prestigio nel “gotha” giornalistico; invece è rimasto a Radio Radicale per la rassegna stampa, rinunciando anche alla direzione tenuta per vent’anni, e accettando solo il corsivo giornaliero “Bordinline” sul “Foglio”, un modo per essere presente sulla carta stampata quanto mai discreto e modesto.  Noi ascoltatori lo abbiamo capito e  apprezzato, perciò continuiamo a  ringraziarlo. 

Ma attenzione, abbiamo accennato agli altri fronti su cui era impegnato a Radio Radicale, quello dell’amata giustizia in primo luogo, con gli “speciali” in cui accompagnava in modo diverso dalla lettura dei giornali, ms altrettanto coinvolgente, alla lettura dei processi, trasmessi integralmente. Anche qui collegamenti e riferimenti, connessioni e rimandi dall’alto di una conoscenza infallibile, e al riguardo dobbiamo fare ancora riferimento alla memoria. Massimo Teodori, nel saluto funebre del Venerdì santo – nel quale, come persona particolarmente vicina allo scomparso, ha presentato gli intervenuti – ha ricordato come fosse un archivio vivente che, a differenza di Filippo Ceccarelli, grande schedatore di notizie in una sterminata raccolta di ritagli donata alla Camera dei Deputati,  le custodiva nella propria memoria; tirandole fuori alla bisogna con una grande capacità di collegare e interloquire in modo appropriato. Eppure non andava mai in televisione, rifiutando le continue offerte negli infiniti “talk show” politici e non solo, nei quali i giornalisti sembrano fare a gara per andare e apparire. Lui no, umiltà e dedizione, spirito di sacrificio, è stato detto da Alessio Falconio che gli è succeduto ormai molti anni fa nella direzione di Radio Radicale – ma ha continuato a chiamarlo Direttore – che era il primo ad arrivare in redazione la mattina presto, e l’ultimo a uscire nella serata. Che altro dire?  

La folla assiepata all’esterno della Facoltà Valdese Teologica 

Rita Bernardini ha sostenuto la centralità del suo rapporto con Pannella, che abbiamo potuto vivere in diretta per 15 anni nelle conversazioni domenicali di due ore, nelle riproposizioni notturne, ricordiamo i momenti di confronto franco  e leale, come quello delle sue dimissioni da direttore, che Pannella non voleva accettare, e quelli in cui riprendeva Pannella quando citava la “zona Cesarini”, metafora calcistica incomprensibile nell’epoca della normalità dei goal nei minuti di recupero, o lo riportava sul tema dal quale usciva  spesso e volentieri per le sue proverbiali divagazioni; riammentiamo quando lo incalzò all’incirca con le parole “ci dobbiamo sbrigare, al termine mancano solo 45 minuti”, l’episodio è stato citato dal giornalista di “TV 7” che invece, ha detto candidamente, si agita quando l’intervento nel “talk show”  supera i 45 secondi.  

Fiamma Niserstein ha ricordato a sua volta l’interlocuzione intensa e feconda per i collegamenti da Israele nei quali cercava di trarre dal corrispondente tutti gli elementi importanti applicandosi intensamente. 

Tutto questo per gli ascoltatori, i suoi ascoltatori, per loro si sacrificava aiutandoli a conoscere, e quindi a capire. Un impegno culturale, non solo giornalistico, l’informazione era la base, indubbiamente, ma andava oltre, ben oltre, in un approfondimento che trasmetteva con un tono accattivante, ottenendo un risultato di tipo pedagogico. 

La commozione dei radicali storici è stata toccante, da Angelo Bandinelli, il grande intellettuale, al radicale della prima ora  Cicciomessere, a Marco Taradash la prima voce di “Stampa e regime”, sempre alla Facoltà Valdese Teologica; mentre alla manifestazione pasquale dal pacato e autorevole Maurizio Turco al combattivo Maurizio Bolognetti, oltre il 50° giorno di sciopero della fame, da Paolo Vigevano, editore suo malgrado che rifiutò di fare da scultura vivente senza veli,  a  Rita Bernardini che invece fece parte del gruppo “scultoreo”,  all’epoca nei fili diretti “Toni da Roma” la chiamava “voce bella” – ha dimostrato ancora una volta il rispetto della legge e dell’ordine da parte dei radicali chiudendo la manifestazione alle ore 13 in punto, per mantenere l’impegno con la questura, sebbene dovessero parlare ancora autorevoli radicali come Sergio D’Elia, e anche Taradash –  fino al polemico e appassionato  Walter Vecellio, che si è tolto dei sassolini dalla scarpa, ricordiamo il suo saluto al termine della rubrica mattuttina passato dal poco augurale “buona giornata se potete” a “buona giornata e buona fortuna”, fino all’attuale “buona giornata e in bocca al lupo”, è direttore di “Notizie Radicali”.. 

I parlamentari di un vasto schieramento politico sono intervenuti non solo con una solidarietà sentita ma con iniziative concrete come l’ordine del giorno presentato dal deputato della Lega con molti colleghi per impedire la chiusura.      

Un’altra immagine della folla all’esterno della Facoltà Valdese Teologica 

Il “servizio pubblico” dell’infomazione istituzionale e della cultura civile, Radio Radicale e Rai  

Abbiamo ascoltato come un testamento spirituale l’intervento di Bordin al Congresso radicale nel quale ha rievocato l’intera storia della Convenzione per le trasmissioni parlamentari di Radio Radicale delineando chiaramente il terreno su cui occorre battersi per la difesa del diritto di “conoscere per deliberare”, e nel termine “conoscere”  c’è quanto Radio Radicale ha dato ai cittadini in termini di completezza dell’informazione in campi completamente ignorati dalle altre fonti, che si limitano a resoconti sommari laddove questa radio dà le lunghe dirette integrali: ci riferiamo ai congressi dei partiti, tutti i partiti, per lunghe intense giornate, ai principali processi trasmessi integralmente nelle altrettanto lunghe trasmissioni. Ricordiamo ancora le testimonianze rivelatrici del processo Tortora, le arringhe appassionate, fino all’emozione delle ultime parole dette dall'”imputato” alla Corte d’Appello prima della Camera di consiglio, furono coraggiose fino alla temerarietà: “Io sono innocente, spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi!”. Furono innocenti anche loro, con l’assoluzione piena dopo l’odissea della condanna a 10 anni in primo grado.  “La grandezza di Dio è grande e si serve anche di Radio Radicale… ” ebbe ad esclamare Giulio Andreotti aprendo il suo intervento a un Congresso DC al quale era giunto in ritardo ma senza perdersi l’inizio ascoltato per radio, riconoscimento che suona come un ossimoro considerando le posizioni anticlericali – Pannella lanciò lo slogan “Vatican Taleban…” –  ma Andreotti è uno che se ne intende…    L’ossimoro proseguì con l’uso  di quelle parole a fini promozionali, riproposto anche in questi giorni, abbiamo vissuto in quei tempi lontani tutto in diretta, è tra i ricordi indelebili legati alla radio. 

Cultura politica  interna e anche cultura politica internazionale con approfondite corrispondenze dalle principali aree del pianeta, con rassegne stampa sistematiche dall’Europa all’Africa; cultura giudiziaria e cultura economica con le dirette dai tanti convegni e dibattiti, cultura sociale e cultura istituzionale con le dirette dalle istituzioni  di ogni tipo, cultura civile con i fili diretti senza filtro e le interviste per strada non selezionate, fino all’esplorazionr di recessi più nascoti con  “radio carcere”,  cultura letteraria con le presentazioni di libri. In altri termini “cultura”, così si è qualificata servizio pubblico sulla cultura in questi campi, oltre l’informazione, nessun’altro lo fa. 

E soprattutto non lo fa la Rai, nonostante l’obbligo giuridico sancito dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 155 del 2002  che modificò la precedente pronuncia in cui giustificava la devoluzione di quella che era considerata tassa per la ricezione del servizio radiotelevisivo alla Rai che lo forniva in esclusiva; essendosi moltiplicati i soggetti con la fine del monopolio, sancita dalla stessa Corte Costituzionale,  cadeva tale motivazione, la nuova fu “per il miglior soddisfacimento del diritto dei cittadini all’informazione e per la diffusione della cultura, al fine  di ampliare la partecipazione dei cittadini a concorrere alla crescita civile e culturale del  paese”.  “Diritto dei  cittadini all’informazione”, così simile al “diritto alla conoscenza” propugnato strenuamente dai radicali,  e “cultura”, fino a devolvere oltre l’80%  del gettito del canone alla Rai per il servizio pubblico che dovrebbe svolgere, e sono oltre 1,6 miliardi di euro l’anno dei 2 miliadi complessivi,  sebbene si distingua poco dalleTV commerciali.. E non potrebbero trovarsi in tale gettito anche le modeste risorse per il servizio pubblico di Radio Radicale, anche non riducendo quanto devoluto alla Rai e prelevando nell’altro 20% destinato alla “riduzione del debito pubblico”, cosa singolare?  Comunque verrebbe  presa solo una goccia ininfluente per l’indebitamento.   

La folla alla manifestazione per Radio Radicale al lato del Vittoriano 

Che la Rai non  svolga il servizio pubblico della completezza dell’informazione lo dimostrano le ampie aree lasciate del tutto scoperte, e invece presidiate da Radio Radicale, che abbiamo citato, oltre alle dirette con il Parlamento in cui la Rai ha cercato di entrare solo “a posteriori” dopo una latitanza di 7 anni “contra legem”,  ma è solo Radio Radicale a disporre dell’archivio completo di valore storico inestimabile. Un archivio di 40 anni di vita democratica con 19.000 sedute parlamentari e 21.000 udienze giudiziarie dei msggiori processi,  3000 congressi di partiti, associazioni, sindacati e 85.000 interviste,  26.000 dibattiti, presentazioni di libri e 6000 comizi, manifestazioni, 13.000 convegni e 19.500 conferenze stampa, per un totale dell’ordine di 430.000 registrazioni e quasi 200.000 oratori; e sono cifre non aggiornate, il tutto rigorosamente schedato e perfettamente raggiungibile da tutti.

Proprio questo è l’aspetto sottolineato da Bordin in quello che abbiamo chiamato “testamento spirituale”, riascoltato in un silenzio partecipe dalla folla assiepata alla sinistra del Vittoriano accorsa per unirsi alla lotta pacifica e culturale che ha visto in lui un alfiere appassionato,  per la sopravvivenza di Radio Radicale minacciata di chiusura da chi lui stesso ha definito “gerarca minore”  per voler surrogare l’assenza di validi argomenti con un potere che non ha neppure.

E’ inconsistente l’argomento del Presidente del Consiglio Conte che, dopo aver ammesso di essere un ascoltatore della radio per quello che non dà nessun’altra fonte di informazione per cui va considerata come servizio pubblico, ha  affermato che dovrà trovare le risorse sul mercato. Non solo è un ossimoro evidente, dato che il servizio pubblico spesso deve intervenire per offrire quello che non si trova sul mercato per motivi economici pur essendo necessario, tra l’altro nello svolgere tale servizio con la propria Convenzione,  Radio Radicale non ha pubblicità; ma è  in  palese  contraddizione con la Convenzione della Rai che dà a tale emittente  la gran parte del gettito del canone, ben 1,6 miliardi di euro circa l’anno, per il servizio dell’informazione e della cultura, e per di più ammette la pubblicità, mentre a Radio Radicale si vogliono togliere i ben più miseri 10 milioni,  invariati dall’inizio della Convenzione per essere dimezzati e cancellati alla scadenza del 20 maggio.     

I radicali schierati nella manifestazione al lato del Vittoriano con i  loro cartelli e palloncini 

Nel  “testamento spirituale” di Bordin  il terreno comune di confronto

Torniamo dunque a Massimo Bordin, nel “testamento spirituale” si è concentrato sul “sistema di comunicazione”, ed è lì il nodo da sciogliere. Un sistema di cui è “magna pars” la Rai nel suo “servizio pubblico” super pagato, ma non se ne può escludere Radio Radicale, che ne ha fatto parte per decenni da quando – lo ha ricordato Emma Bonino nella manifestazione pasquale – nella loro prima  legislatura i 4 radicali eletti, nelle sedute parlamentari documentavano gli ascoltatori tenendo un telefono aperto, né riuscirono a spegnere quella voce coloro che volevano preservare un’inconcepibile riservatezza del Parlamento, finché da “pirata” la trasmissione divenne ufficiale.

Com’è noto,  i servizi pubblici possono essere resi anche da privati, anzi per la cultura e l’informazione  intesa nel senso dell’approfondimento sarebbero preferibili allo Stato o sue diramazioni come Enti pubblici quali la Rai con nomine interamente pilotate; ne fanno fede gli istituti convenzionati nella sanità e non solo.

Naturalmente possono e devono esserci apposite gare, ma su questo Radio Radicale è senza concorrenti e d’altra parte come preferire dei “new comers” senza i requisiti culturali, oltre che tecnici ed economici, per una simile impresa? E poi sarebbero senza le fondamenta insostituibili costituite dall’archivio sconfinato di registrazioni di Radio Radicale, non solo per le sedute del Parlamento ma anche per gli altri campi di presenza nel tessuto socio-economico e civile del paese – dai congressi dei partiti ai processi, dai convegni alle indagini con interviste, e a tutto il resto  – che danno uno spaccato fedele e genuino della vita democratica nelle varie fasi attraversate, alcune particolarmente critiche.   

Maurizio Turco, al centro, al microfono nella manifestazione del Vittoriano  

Se il terreno a cui ancorare il confronto sul rinnovo della Convenzione a Radio Radicale è quello indicato da Bordin del sistema di comunicazione, si trova già un punto di possibile convergenza con il fronte opposto, che vorrebbe negare il rinnovo. La convergenza è sul rifiuto comune del  sistema attuale basato su elargizioni a pioggia per l’editoria non sulla base di contenuti sostanziali che è interesse pubblico preservare, ma sulla base di requisiti formali facilmente eludibili.

Abbiamo combattuto una battaglia contro tutto questo sin dal 2009, pubblicando gli elenchi delle testate “mantenute” con i soldi dei contribuenti pur senza avere alcun merito nei contenuti  con violazioni evidenti anche nelle forme. Ci sembra che solo “L’Avanti!” sia stato sanzionato – potremmo sbagliare – ma per un coinvolgimento in vicende che hanno richiamato l’attenzione dei magistrati. La lista è impressionante, quando ci siamo impegnati in un’aspra denuncia comprendeva grandi giornali, i conferimenti di allora, dieci anni fa, sono quasi 8 milioni di euro a “Libero”, oltre 6 milioni a  “Unità” e “Avvenire”, 4 milioni al “Manifesto”, “Liberazione” e “Padania”, 3 milioni a “Il Secolo” e “Il Foglio”,  e cifre minori a piccoli  giornali, spesso fantasma con tirature forzate per rientrare nella norma destinati alle discariche perché invenduti e invendibili, testate inconsistenti e improponibili, per un “reddito di cittadinanza” ante litteram a chi ne faceva parte. Anche a Radio Radicale risultava un finanziamento di 4 milioni, ma devoluti proprio alla fornitura del servizio pubblico ai cittadini. 

Quindi,  guai confondere il terreno dei contributi all’editoria – su cui va fatta piazza pulita perché sono immorali sostegni così smaccati di milioni di euro l’anno ai maggiori e di cifre minori ma altrettanto inammissibili per gli altri – con le convenzioni per un servizio pubblico come quello di cui parliamo, reso soltanto da Radio Radicale, per cui venendo meno la convenzione si priverebbero i cittadini di un alimento indispensabile per la vita democratica. E’ stato ricordato il motto einaudiano “conoscere per deliberare”, cui Marco Pannella ha dato voce e corpo con le sue iniziative non violente, scioperi della fame e della sete,  imbavagliamenti e travestimenti da fantasma compresi. Anche i detrattori non possono che convenire su tale necessità confermata dal grido di dolore levatosi da ogni parte dinanzi alla notizia della possibile chiusura. 

Emma Bonino, al centro, al microfono nella manifestazione al Vittoriano 

Altri elementi condivisi per una possibile convergenza

Se questo è o può diventare il terreno comune tra le due posizioni, si può procedere nella ricerca di ulteriori elementi condivisi. Quello della trasparenza in primo luogo, che portò lo schieramento che ora si oppone al rinnovo della Convenzione addirittura alle dirette “streaming” anche di incontri riservati come i contatti di Bersani nei tentativi abortiti di formare  un governo. Si dirà che molta acqua è passata sotto i ponti e tale formazione politica si è rinchiusa al suo interno, ed è vero; ma non può rinnegare il proprio DNA riguardo alla comunicazione  integrale di eventi pubblici fondamentali per la vita democratica fornita soltanto da  Radio Radicale da quarant’anni ormai; che coincidono con la presenza di Bordin, come dimostra la sua prima intervista a tale radio del 23 aprile 1979  al calciatore Vincenzo D’Amico sulla violenza delle tifoserie calcistiche, tema attuale anche oggi, come mostrano le cronache, che allora molto giovane affrontò acutamente.

Un altro elemento condiviso di fondamentale importanza riguarda il maggiore soggetto che si muove su questo terreno, la Rai, e lo fa molto male, per di più con un costo spropositato. Se giustamente – altro punto di condivisione – c’è grande attenzione agli impieghi della spesa pubblica, tanto da voler applicare l’analisi costi-benefici anche ad opere strategiche, potrà esserci condivisione sull’applicazione anche al “servizio pubblico” fornito dalla Rai  per 1,6 miliardi di euro e a quello di Radio Radicale per soli 10 milioni di euro, sottolineando che entrambi sono riferiti alla completezza dell”informazione  e alla cultura in senso lato, non al servizio radiotelevisivo puro e semplice che fa capo a una molteplicità di operatori.

E allora, mentre i costi sono trasparenti – circa 1,6 miliardi di euro per la Rai e 10 milioni di euro per Radio Radicale – non altrettanto lo sono i benefici. Andrebbero individuati i contenuti informativi da garantire integralmente – le notizia sommarie le forniscono tutti – e quelli culturali in senso lato, non limitati a quanto contenuto nelle  trasmissioni per l’estero, regionali, e in qualche nicchia di scarsissimo valore, ai quali riferire il  “servizio pubblico Rai”  e valutarne il valore economico.

Si  vedrebbe subito che non ci sono né i congressi dei partiti trasmessi integralmente da decenni, né lo “speciale giustizia” con l’intera trasmissione dei  processi e non di mere selezioni  con scelte arbitrarie, né Radio carcere, né le rassegne stampa internazionali, né i convegni nei vari campi. Non c’è nella Rai, dunque,  la completezza dell’informazione intesa nella sua integralità in campi cruciali  nei quali si esercita il servizio pubblico in senso onnicomprensivo richiesto dalla Corte costituzionale: che oltre a informazione è cultura, non solo  letteraria e artistica, ma anche cultura giuridica e cultura economica, cultura politica, interna e internazionale, cultura istituzionale e cultura civile. Tutti contenuti da servizio pubblico forniti da Radio Radicale in aggiunta “gratuita” alle trasmissioni delle sedute parlamentari che sono le uniche considerate e contabilizzate nella Convenzione con lo Stato.  

Rita Bernardini, al centro, chiude la manifestazione a lato del Vittoriano 

Affida alla “spending review” la possibilità di contenere la spesa pubblica ed evitare l’aumento dell’IVA  il nostro governo?  E’ “spending review”  anche questa, e certamente può tagliare l’abnorme conferimento alla Rai, mentre per Radio Radicale la revisione sarebbe in aumento, contabilizzando anche gli altri campi: ma non chiede tanto, solo che venga riconosciuto il suo impegno lasciandola in condizione di proseguire anche alle condizioni “minime” finora assicurate.

Eliminazione delle anomalie: rivedere il sistema comunicativo, superare l'”ircocervo” partitico

Fin qui non può che esservi condivisione, considerando che il vice presidente del Consiglio Salvini non solo è contrario a chiudere delle voci libere, ma contesta giustamente il compenso spropositato per una trasmissione  Rai ben nota,  di cui si deve misurare il valore, ma non nei termini  inaccettabili  che hanno portato a tale compenso, cioè il gettito pubblicitario, di certo scontato nell’ora di maggiore ascolto, quindi non riferibile alla trasmissione dovendo coprire i costi delle ore di basso ascolto. E se Salvini è sensibile a tale componente, non dovrebbe esserlo all’intero conferimento di 1,6 miliardi di euro?

Partendo dall’impostazione di Bordin che ha definito il terreno su cui misurarsi, il “sistema di comunicazione” e il connesso servizio pubblico, viene bene la competente indicazione di Vincenzo Vita nell’intervento alla manifestazione pasquale allorché  ricollegandosi  alle parole rivoltegli a suo tempo da Bordin  nel rievocare i contatti su questo tema nei lontani anni in cui era sottosegretario alle Comunicazioni. Ha citato la norma, vigente dal 1998 ma tuttora valida, con cui si rinnovava la Convenzione nell’attesa di una completa revisione del sistema di comunicazione. Ecco, è l’uovo di Colombo, la norma esiste e va applicata, quindi va rivisto l’intero sistema e nel frattempo va  prorogata la convenzione che scade il 20 maggio prossimo. Un aproroga anche di  soli 6 mesi, fino al termine dell’anno, periodo nel quale  si dovranno svolgere i  lavori per  la revisione del sistema, analisi costi-benefici compresa, e modalità di conferimento delleconvenzioni. 

Bordin ha anche ricordato come nacque Radio Radicale, e pure questo è illuminante per trovare una soluzione da tutti condivisa. Il non volere il finanziamento dei partiti da parte di Pannella – risultato impossibile il rifiuto e impraticabile la distribuzione alla gente,  tentata con scarsi risultati – portò all’unica soluzione accettabile dall’etica di partito, la devoluzione a Radio Radicale per svolgere un servizio pubblico. Mantenendo però la radio come “soggetto autonomo”, ha sottolineato Bordin, anche se figura “organo ufficiale della lista Marco Pannella”  per il motivo anzidetto di accogliere il finanziamento pubblico. La convenzione ha dovuto far riferimento, quindi, a una radio, sostanzialmente soggetto autonomo ma formalmente legata a un partito politico addirittura come organo ufficiale, per questo fu dichiarata tale.

In effetti colpisce che all’inizio e alla fine di ogni  “trasmissione in convenzione” si ripeta che “Radio Radicale è l’organo ufficiale della lista Marco Pannella”, andrebbe considerato un fatto formale e non sostanziale date le prove di autonomia date per decenni, a cui si aggiunge l’elemento prima ricordato che al centro della lotta politica radicale c’è il “diritto alla conoscenza”. Ma considerando la forma come sostanza, la dipendenza da un partito potrebbe minare la qualifica di  “soggetto autonomo”  in un campo così delicato, e il servizio pubblico svolto diventare una sorta di “ircocervo”  esposto agli attacchi su questo lato. Cosa ancora più paradossale dato che la “lista Marco Pannella” non è più operativa da decenni sullo scenario politico, sia perché i radicali non si sono più presentati alle elezioni sia perché anche quando delle componenti lo hanno fatto sono stati adottati altri simboli, come ora “+ Europa” e altri in passato, come la “Lista Bonino” e “La rosa nel pugno”. Sembra un “escamotage” come i tanti che coprono abusi, mentre qui è l’opposto, c’è un servizio pubblico altamente meritorio. Anzi, fu un atto dovuto per potervi devolvere il finanziamento ai partiti, all’inizio l’autonomia era anche formale.  

Perché allora mantenere questa forma, peraltro desueta nei fatti,  di “organo ufficiale della lista Marco Pannella?”. Se i finanziamenti ai partiti cessano è del tutto inutile per il finanziamento mentre è controproducente per la Convenzione; se i finanziamenti restano in forma ridotta, rinunciando a essere organo di partito viene meno una parte di finanziamento, ma si dovrebbe recuperare nella Convenzione che andrebbe maggiorata e sarebbe incontrovertibile.  La fine dell'”ircocervo” – il servizio pubblico  a una radio di partito – toglierebbe a Radio Radicale l’unica anomalia liberandola anche nella forma come lo è da sempre nella sostanza. Si potrebbe chiamare “Radio Radicale, la radio di tutti fondata da Marco Pannella” o simili; e l’aggettivo “radicale” evocherebbe più l’intransigenza e il rigore informativo e culturale che la matrice ideologica originaria.  Si avrebbe così un “disarmo bilanciato”, ciascuna delle due parti contrapposte cederebbe  qualcosa, vincerebbero entrambe. 

Alessio Falconio, il Direttore di Radio Radicale intervistato alla Facoltà Valdese Teologica 

L’impegno del  direttore di Radio Radicale per “con-vincere”, vincere insieme

Alessio Falconio, il direttore di Radio Radicale, nel chiudere la manifestazione pasquale, non si è associato agli spiriti più bellicosi, indignati contro chi vorrebbe soffocare  la radio non rinnovando la Convenzione, “gerarca minore” compreso. Ha detto che il tempo stringe, la  scadenza ultimativa del 21 maggio è vicina,  ci si deve impegnare per “con-vincere” nell’accezione di Pannella, cioè “vincere con”, vincere insieme. Una posizione assennata e propositiva, annunciata con tono moderato e insieme deciso, che ci sembra essere  la migliore garanzia dell’auspicato successo.  

L’effetto combinato di quanto esposto fin qui  potrebbe fornire una linea  praticabile anche ai parlamentari pressoché di tutti i partiti intervenuti nella manifestazione con toni appassionati, impegnati attivamente nel cercare di coinvolgere i colleghi finora riluttanti al rinnovo-proroga della Convenzione.   Si può così riassumere:  attivazione della norma citata da Vincenzo Vita per un lavoro di 6 mesi sul riassetto del sistema di comunicazioni comprensivo del servizio pubblico con proroga delle convenzioni senza modifiche, per Rai, Radio Radicale  e altri eventuali soggetti interessati, ma non per i finanziamenti editoriali che è doveroso superare; affinchè la proroga temporanea della convenzione non abbia ostacoli nel riferimento al  partito politico, autonomia anche formale oltre che sostanziale con la dizione nuova “Radio Radicale, la radio di tutti  fondata da Marco Pannella”, o  simili. 

Novità dell’ultim’ora la “segnalazione urgente” dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l’Agcom; del 23 aprile al governo – nel nome del pluralismo e dell’esigenza di non far venir meno un servizio pubblico essenziale – di prorogare la Convenzione a Radio Radicale in attesa della “non più prorogabile riforma” del sistema di assegnazione di questo servizio pubblico essenziale, con una gara cui potrebbe partecipare anche la Rai. Il fatto che il suo Presidente ne ha abbia sottolineato l’importanza lascia ben sperare, anche perché ha avuto larga adesione da parte delle forze politiche; ed è significativo che si citi anche la rassegna stampa di Massimo Bordin come servizio pubblico: Francesco Merlo nella  sua rassegna stampa in omaggio a Radio Radicale lo ha definito il miglior riconoscimento allo scomparso. Anche “Le Monde” e il “Frankfurter Allgemeine Zeitung” si sono uniti alle voci per la salvezza di Radio Radicale, il quotidiano tedesco l’ha chiamata “la migliore radio politica del paese”.

D’altro canto, se fosse posto termine alla  convenzione subito dopo il 20 maggio, ciò si configurerebbe come interruzione di servizio pubblico, inammissibile tanto  più  ad opera dell’istituzione che da vent’anni lo ha asseganto a Radio Radicale.

La possibilità di rivedere attentamente  i conti con la  Rai  applicando  l’analisi costi-benefici relativa a questo servizio pubblico  cui si riferiva la Corte Costituzionale per la destinazione compensativa del canone all’emittente, dovrebbe  attirare l’interesse anche dei parlamentari del movimento del “gerarca minore”.

A questo porta il “testamento spirituale” di Bordin che abbiamo”sentito” risuonare dagli altoparlanti nella mattinata di Pasqua dinanzi al Vittoriano inondato di sole. Pasqua di resurrezione, abbiamo detto, l’auspicio è che lo sia anche per Radio Radicale. Sulle ali delle parole appassionate  di Massimo Bordin che ha dato alla radio la voce e l’anima; e ora, lo speriamo tanto, la spinta decisiva.   


“Ciao Massimo”, da Rita Bernardini l’ultimo saluto a Massimo Bordin che è anche il nostro saluto 

Info

Cfr. i nostri precedenti articoli sui temi evocati nel testo in cultura.inabruzzo.it (sito teramano come Marco Pannella e l’autore): sulla Rai,  nel 2009: 21 ottobre, “Rai, è il tempo delle scelte”, 16 marzo, “La Rai, un servizio pubblico della cultura da rivedere”; Sui  contributi all’editoria:  nel 2011, 30 gennaio, “Contributi a giornali politici e vari: dimezzare, azzerare e rifondare”,  14 gennaio, “Contributi a giornali, politici e vari. Tremonti per ora li dimezza, resisterà?”; nel 2010, 7 giugno, “Risorse  alla cultura e  contributi all’editoria da tagliare”; nel 2009,  14 dicembre, “Contributi all’editoria, ripartire da zero“,  8 dicembre, “Contributi all’editoria: il Governo taglia”. 4  novembre, “Contributi all’editoria, alla radio e alla Tv”  (il sito non è più raggiungibile, gli articoli saranno trasferiti su altro sito, intanto sono disponibili su richiesta).

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nelle manifestazioni alla Facoltà Valdese Teologica e al lato del Vittoriano, tranne  quella di apertura più le n. 7 e 12  tratte dal sito web di “repubblica.it”, e quella di chiusura  tratta da “raiplay.it”.  Non sono immagini essenziali,  le abbiamo inserite a puro titolo illustrativo e senza il minimo intento pubblicitario o tanto meno di lucro; assolutamente inesistente;  qualora i titolari  dei siti citati non gradissero la pubblicazione tali immagini saramno rimosse subito a semplice richiesta.  In apertura, Massimo Bordin in sala di trasmissione a Radio Radicale; le 4 immagini seguenti sono sul  funerale laico della mattina del Venerdì santo nella Facoltà Valdese Teologica, nella 2^ e 3^ l’interno, in fondo a dx sta parlando Fabrizio Cicchitto, al tavolo Massimo Teodori e Alessio Falconio, nella 4^ e 5^ l’esterno, due angolazioni della folla assiepata davanti alla Facoltà Valdese Teologica; le 5 immagini che seguono sono sulla manifestazione della mattina di Pasqua al lato del Vittoriano con intercalata la foto che riprende il Direttore di Radio Radicale, in particolare, nella 6^  è al microfono Maurizio Turco, nella 7^ Emma Bonino, nell’8^ Rita Bernardini mentre chiude la manifestazione alle ore 13; nella 9^ Alessio Falconio intervistato  alla Facoltà Valdese Teologica; nella 10^ “Ciao Massimo”, da Rita Bernardini l’ultimo saluto a Massimo Bordin che è anche il nostro saluto;  in chiusura, un primo piano di Massimo Bordin con l’inseparabile sigaro. 


Un primo piano di Massimo Bordin con l’inseparabile sigaro