Pittura ungherese, la modernità del 1905-25, alla Gnam

di Romano Maria Levante

Al centro dell’Anno culturale Ungheria-Italia 2013 la mostra “Il tempo della modernità. Pittura Ungherese 1905-25”, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna dal 25 giugno al  6 ottobre 2013 con 140 tra dipinti ed altre opere. Realizzata dalla Galleria Nazionale Ungherese di Budapest e curata da Mariann Gergely con  Gyorgy Szucs è una straordinaria  esplosione di colori e di stili in cui si trovano tradizione e modernità, folklore e avanguardia, influssi stranieri e  atmosfere locali; un incontro suggestivo dell’impressionismo e delle avanguardie con il Fauvismo ungherese. Ne tracciamo le linee fondamentali sulla base delle puntuali ricostruzioni contenute nel Catalogo.

L’Anno culturale Ungheria-Italia 2013 comprende una serie di manifestazioni, letterarie e musicali, teatrali e cinematografiche; oltre alle mostre d’arte allestite nei due paesi. Questa in corso alla Gnam è, nelle parole di Laszlò Baàn, Direttore generale del museo delle belle arti e della Galleria nazionale ungherese, “l’esposizione più importante di pittura ungherese realizzata a Roma, una delle capitali culturali del mondo”. E la soprintendente alla Gnam, Maria Vittoria Marini Clarelli sottolinea come “nel periodo 1905-1925, i rapporti con l’Italia furono pochi ma significativi. Il più importante è certamente il rapporto con il Futurismo”, poi “un’altra connessione, più ambigua, è il revival classico degli anni venti, con la percezione scultorea della forma”.

Va premesso che l’intitolazione alla modernità si riferisce alle profonde trasformazioni intervenute in Ungheria nel primo quarto del secolo scorso: dalle canzoni popolari di Béla Bartok alle nuove riviste di arte e letteratura, dall’avanguardia del “Gruppo degli Otto” al rigore intellettuale del costruttivismo ungherese, dagli stimoli del Futurismo italiano al revival classico che impegnò artisti italiani e ungheresi. Tutto questo si riflette nella temperie artistica di quel periodo.

L’ambiente politico era attraversato da crisi e montava il malcontento nei riguardi della monarchia ungherese; gli artisti d’avanguardia, spesso costretti a lasciare Budapest, partecipavano ai Saloni di Parigi, alla Biennale di Venezia  e alle Esposizioni di arti decorative di Milano e Torino. Ci fu un “felice  tempo di pace” fino alla prima guerra mondiale, poi il Trattato che sancì la fine del conflitto portò allo smembramento del paese. All’inizio degli anni ’20  molti artisti si trasferiscono all’estero mentre gli scrittori e intellettuali rimasti  in patria cercavano la restaurazione basata sul realismo.

Fauvismo ungherese, naturalismo “en plein air”: il “neo-impressionismo”

Dall’Accademia di Monaco partì il superamento della tradizione da parte di artisti che, dopo averne frequentato i corsi, ne contestarono gli orientamenti. Tra loro  Simon Hollòskiche fondò una scuola con l’intento di creare un’arte ungherese moderna contrapposta a quella accademica svolta al chiuso, ispirandosi  al paesaggio per un’arte “en plein air”, come gli impressionisti cui associa il naturalismo. Istituì una colonia di pittura estiva  a Nagybàanka (oggi Baia Mare in Romania),che attuò questi principi, con  lo “stile di Nagybàanka”, definiti appunto  “naturalismo en plein air”.

Il nuovo corso si manifesta nell’arte come si può vedere nelle sezioni della mostra. Nella 1^ sezione  facciamo la conoscenza con Jòzsef Reippl-Rònai,  di cui sono esposte 7  opere. Inizia la vita artistica a Parigi, come assistente del maestro  d’Ungheria Munkàcsy, prima subisce l’influenza del Simbolismo francese con grandi macchie di colore e contorni sottili, poi lo stile si fa più  personale, lascia l’ampia gamma di colori per tinte scure che  fanno chiamare questa fase “periodo nero”. Tra gli altri “Tristezza”, 1905, e “Mio padre e zio Piacsek mentre bevono vino rosso”, 1907. Non viene compreso dal pubblico e cambia ancora stile, avvicinandosi ai post-impressionisti, fino ad essere definito “il maestro del post-impressionismo ungherese”. I suoi dipinti ritraggono ambienti, come “Particolare del parco”, 1910,  personaggi a lui vicini, come “La Signora Schiffer con le figlie”, 1911, e scene militari, come “Soldati in marcia”, 1914. Ha successo nel pubblico ed è apprezzato dalla critica, può riprendere le sperimentazioni iniziate  a Parigi: in particolare  raffigura oggetti reali e utilizza colori  sgargianti che scompone in  macchie molto piccole, vediamo anche i “Ritratti di Lajos e Odon”, 1918, e “Zoka Banyai in vestito nero”, 1919.

La 2^ sezione presenta 12 opere dei “fauves” ungheresi che nascono dalla reazione agli indirizzi accademici dopo aver frequentato i corsi dell’Accademia delle Belle Arti di Monaco. C’è un artista particolarmente significativo, Béla Czòbel,che visitò nel 1906 la colonia di Nagybàaanka portandovi le proprie  opere ispirate al pointillismo, colori puntinati contornati da linee nette, che ebbero molta influenza; alcuni della colonia seguirono questo stile. Fu ancora più evidente l’influsso parigino, tanto che furono chiamati “neo-impressionisti”, o soltanto “neo”, in modo riduttivo dato che l’impressionismo veniva considerato decadente dai detrattori. Non si trattava solo di tendenze impressionistiche, oltre al pointillismo  vanno aggiunti influssi di Gaugin  e Matisse. Di lui  vediamo esposti “Via di Parigi” e “Uomo seduto”, 1906, “Natura morta fauvista”, 1907.

Dei  “neo” sono in mostra  opere molto espressive, dal forte cromatismo. Di Vilmos Perlott- Csaba “Ritratto di Sàndor Ziffer”, 1908, e “Paesaggio invernale con recinti”, 1910, “Ragazzi bagnanti”, 1911, e “Autoritratto con modello”, 1922. Sàndor Ziffer è presente con  “Musicisti”, 1907, e “Paesaggio invernale con recinti”. Un altro Sàndor, Galimberti con l’oscuro “Motivo di Nagbànya”, 1911 Naturalmente c’è anche Vilmos Huszàr, tra i fondatori del gruppo olandese De Stijl, con “Nel giardino”, 1906.

L’alternativa al neo-impressionismo, l’espressionismo e il futurismo

Il fervore creativo prosegue nella 3^  sezione con 27 opere. Entra in scena il gruppo “gli Otto”, che  lasciano gli impressionisti e naturalisti per un movimento alternativa a loro oltre che all’Accademia: non si cerca più di cogliere l’attimo fuggente delle impressioni suscitate dalla  realtà, ma di entrare nei significati più profondi.  La mostra “Nuove immagini” del dicembre 1909  presenta sette artisti, l’ottavo è Béla Czòbel che era a Parigi, così nasce il gruppo. C’è l’influsso di Cezanne nelle nature morte con oggetti di uso comune, e troviamo molti nudi immersi nella natura; influssi fauvisti e cubisti sono evidenti, ma solo a tratti dati gli scarsi contatti con tali movimenti di avanguardia. 

Vediamo esposte con questi motivi 4 opere  di Karoly Kernstok, tra cui  i classici “Cavalieri sulla sponda”, 1910, e “Disegno di vetrata”, 1912;   e 3 di Odon Marffy, immagini cubiste di paesaggio in “L’antica dogana di Vàc”, 1910, di nudo in “Nudo di donna sdraiata”, 1910, di ritratto in “Autoritratto”, 1914.  E  5 opere di Robert Berèny, “Ritratto di Leo Weiner” e “Autoritratto”, “Nudo di donna sdraiata” e “Donna in vestaglia rossa”, Composizione” e “Dall’isola di Capri“, tutti tra il 1905 e il 1911.  Dezso Czigàny, che nel 1908 aveva aderito al Circolo degli impressionisti e naturalisti ungherese, l’anno dopo partecipò ad una mostra considerata  la prima esposizione collettiva del “gruppo degli Otto”: di lui vediamo opere dai forti e nitidi contrasti cromatici senza segni impressionistici, la mutazione fu totale: Così “Funerale di un bambino” e “Autoritratto”, 1908-09, e i successivi “Autoritratto”, 1913, e “Natura morta con mele e stoviglia”, 1915.

L’effetto sull’ambiente conservatore fu notevole, anche se dopo tre anni, organizzate altre tre mostre collettive, il gruppo cessò di esistere.

Il rinnovamento non si ferma, ne dà conto la 4^ sezione con una serie di opere, 15 dipinti, 16 litografie,  stampe e incisioni. Irrompe l’espressionismo e il futurismo, artefice è Lajos Kassàk, che fonda la rivista d’arte “L’Azione” intorno alla quale  si forma un nuovo gruppo con lo spirito del futurismo di cambiare la società attraverso un’arte di rottura; era un messaggio così dirompente da suonare come rivoluzionario. Per questo nel  1916 la rivista fu chiusa, ma Kassàk non demorde, fonda “Oggi” (Ma)  che uscirà non solo  a Budapest (tra il 1916 e il 1919) ma anche a Vienna (tra il 1920 e il 1926). Inoltre offre agli artisti d’avanguardia una sala d’esposizione a Budapest, inaugurata nel 1917 con opere di Jànos Mattis Teutsch. Vediamo in mostra,  di Kassak dipinti geometrici, come “Armonia di colori”, 1921,  e la serie “Architettura pittorica”, 1924, più un “Ritratto di Tristan Zara” in omaggio all’avanguardia futurista da lui impersonata. Opere  geometriche ma con un cromatismo intenso,di  Sandor Bortni,  come “Locomotiva rossa”, “Fabbrica rossa” e “Composizione con sei figure”, del 1918-19; “Natura morta con vaso” e il metafisico “Asino verde”, “Il nuovo Adamo” e “La nuova Eva”, 1923-24, quasi dei manichini.  Teutsch è presente con tre “Paesaggi”, 1916-17, dalle linee evanescenti e colori  tenui che nell’ultimo dipinto  diventano intensi, come in “Fiori dell’anima” del 1921.

Le inquiete vicende politiche si ripercuotono sull’arte, i movimenti di avanguardia devono lasciare il paese, Vienna ne diventa il centro dal 1920 sostituendosi a Budapest..

Laszlo Moholy-Nagy- corrispondente da Berlino della rivista MA, fornisce informazioni aggiornate sulle correnti artistiche europee in collegamento con le altre riviste d’avanguardia, tra cui de Stijl; e crea opere scultoree ispirate ai piani geometrici astratti, plastiche in legno e metallo e costruzioni in nichelio. Le espone nel 1922 in una mostra con Laszlò Péri, della stessa rivista, che si ispira ai costruttivisti russi; di  Nagy vediamo 5 composizioni con linee geometriche su fondo nero. Ne sente l’influenza anche il già citato Kassàk le cui composizioni a piani geometrici vengono viste “come modelli di un nuovo ordine visivo”. Di Peri sono esposte incisioni,  disegni e costruzioni di tipo “spaziale”, siamo tra il 1922 e il 1924.  Geometriche anche le composizioni di Béla Ultz, come “”Battaglia” e “Analisi su fondo viola”, del 1922.

L’orizzonte delle avanguardie si allarga, da Vienna a Berlino

Nella 5^ sezione troviamo 14 opere negli stili delle principali correnti artistiche europee, dal cubismo all’espressionismo e  al futurismo, che penetrò nell’ambiente artistico ungherese dopo la mostra del 1913 a Budapest con opere di Boccioni e Russolo, Severini e Carrà. Il centro si sposta da Vienna a Berlino, nella galleria  Der Sturm dove espongono i tardo-espressionisti.

Hugò Scheiber è attratto dai temi futuristi ispirati al movimento e alla frenetica vita cittadina, compresi i cabaret e i locali notturni. Sono esposti 7 suoi dipinti, della metà degli anni ’20, i cui titoli bastano per apprezzare il dinamismo futurista, espresso in immagini ben lontane dal figurativo: citiamo  “Metropoli” e “Sul tram”, “Ballo”, “Folla” e “Carosello”.  

L’altro  artista espressivo di questa tendenza è Béla Kàdàr, che si ispira al folklore dei villaggi, con una scomposizione dove all’ispirazione futurista si associa quella cubista per rappresentare la dimensione spazio-temporale. Vediamo in mostra 3 opere di forte impatto cromatico come “Festaioli”, “Scena bucolica” e “Sotto le stelle”, del 1923, e  3 dal cromatismo più tenue come “Paesaggio con carrozza”, “Vacche” e “Ammazzano il maiale”, tra il 1921 e il 1924.  

Questi artisti espongono in mostre internazionali, da Berlino a New York nel 1926, a Roma nel 1933 nella mostra nazionale dei futuristi inaugurata da Marinetti.

Il ritorno a un nuovo classicismo

I sommovimenti del primo quarto di secolo, dopo aver prodotto il dinamismo innovativo delle avanguardie, determinarono un  contraccolpo verso un ritorno al classicismo. Fu l’effetto della prima guerra mondiale che con i suoi lutti  e le sue rovine spense molti entusiasmi per il futuro facendo sentire il bisogno dell’ordine e dell’equilibrio dei tempi andati. Questo sentimento diffuso nella società ebbe riflessi anche nell’arte come li aveva avuti il sentimento opposto.

Anche questa volta è in un’Accademia che nasce la nuova tendenza, quella di Budapest, come la tendenza  opposta di reazione al classicismo era nata in quella di Monaco.  Un gruppo di allievi dell’Accademia ungherese ancora studenti cerca di tornare all’ideale della bellezza classica pur non rinunciando ad alcune conquiste dell’arte contemporanea. Sono Istvàn Szonyi,Vilmos Aba-Novàk e Kàroly Patkò. Lo vediamo nelle 20 opere esposte nella 6^ sezione: , ritratti e  scene di ambiente classico, ma modernizzati, come autoritratti e paesaggi con  nudi.

In particolare di Szonyi “Autoritratto”, 1919, e “Paesaggio con cavallo”, 1920; di Aba Novàk “Il portatore di legna”, 1024, e “Doppio autoritratto”, 1925, di Patkò “Autoritratto”, 1922, e “Nudi nel paesaggio”, 1926. Oltre a loro Gyula Derkovits, ambienti idilliaci con una certa tensione, come “Concerto” e “Cenacolo”, 1921-22

E’ stato definito “stile neoclassicista ungherese di ispirazione italiana”, con il gusto del classico che entra a permeare l’arte contemporanea ungherese, anche tramite l’Accademia d’Ungheria a Roma, istituita nel 1927, con i citati Szònyi, Aba-Novàk e Patkò  che fruiscono di una borsa di studio, incoraggiati dal curatore dell’Accademia, Tibir Gerevich.

“Gerevich –  si afferma al termine della presentazione della mostra –  nell’affermazione dello stile neoclassicista ungherese di ispirazione italiana, riconosce il trionfo del gusto classico, nell’arte contemporanea ungherese”. E ci sembra il migliore sigillo per una mostra inquadrata nell’Anno culturale Ungheria-Italia, che vede l’incontro delle due  culture.

Conclusione

Abbiamo citato soltanto una parte degli artisti le cui opere sono esposte in mostra, delineando le principali tendenze da loro rappresentate.

L’impressione che si ricava dalla mostra è di una grande apertura alle correnti e tendenze pittoriche del novecento, con un cromatismo forte e intenso, in composizioni per lo più figurative, con i forti segni dell’impressionismo e futurismo, cubismo e fauvismo, fino a qualche tendenza all’astrazione soprattutto attraverso forme geometriche.

E’ un’immersione totale nell’universo pittorico del ‘900 ungherese con le sue assonanze e i suoi richiami ai motivi ispiratori. Che si ritrovano nella sconfinata Galleria d’Arte Moderna a disposizione dei  visitatori della mostra. Si rischia la “sindrome di Stendhal” dinanzi a tanta grazia di Dio artistica, ma di certo dopo la mostra sulla pittura ungherese viene voglia davvero di tornare alle fonti prime,  e sono tutte a disposizione nelle spettacolari sale della Gnam, da vedere e rivedere.  

Info

Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma,Viale delle Belle Arti, 131. Da martedì a domenica dalle 10,30 alle 19,30 (la biglietteria chiude alle 18,45); lunedì chiuso.  Ingresso intero 8 euro;  ridotto 4 euro, tra 18 e 25 anni e per insegnanti delle scuole pubbliche nell’UE; ingresso libero fino a 18 anni e oltre 65.  Tel. 06.32298221, http://www.gnam.beniculturali.it/. Catalogo: “Il tempo della modernità. Pittura ungherese 1905-1925”, della Galleria Nazionale Ungherese, 2013, pp- 240, bilingue italiano-inglese, formato21x27; dal Catalogo sono tratte le notizie del testo.

Per l’arte in altri paesi, a parte i più grandi maestri che non possono essere confinati nella propria nazionalità, cfr. i nostri servizi: in questo sito per l’arte rumena, sulla pitturadel ‘900 il 15 gennaio 2013,  per l‘arte cinese, sui maestri della pittura moderna “oltre la tradizione” il 15 giugno 2013, su “visual China” realismo figurativo contemporaneo il 17 settembre 2013, sullo scultore Weishan il 24 novembre 2012; per l’arte giapponese, sulla pittura “nihonga” il 25 aprile 2013; per l’arte russa, su  Deineka il 26 novembre, 1 e 26 dicembre 2012; per l’arte africana, sullo scultore Wi Waki il  27 gennaio 2013; per l’arte americana, sul Guggenheim  il 23, 27 novembre e 11 dicembre 2012, su Scully il 17 gennaio 2013, sulla Nevelson il 25 maggio 2013;  per l’arte israeliana, su “Israel now” il 6 febbraio 2013; per l’arte turca, sulla Gurses e la mistica di Rumi il 12 marzo 2013; per l’arte greca, sulla pittura moderna di “Ellenico plurale” il 16 dicembre 2012. Inoltre cfr. i nostri servizi in  cultura.abruzzoworld.it: per l’arte africana, su “Africa, una nuova storia”, il 15 e 17 gennaio 2010, per l’arte russa  sui “Realismi socialisti” 3 articoli il 31 dicembre 2011, per l’arte americana,. su Hopper il 12 e 13 giugno 2010  e sulla O’ Keeffe 2 articoli il 6 febbraio 2012; sul “Guggenheim” il 22 e 29 novembre e l’11 dicembre 2012, su “Empire”, arte contemporanea Usa, il 31 maggio 2013.

Infine per l’arte antica e arcaica (archeologia) degli altri paesi cfr. i nostri servizi: in questo sito per l’arte antica indiana, su “Akbar” il 18 e 22 gennaio 2013; in “notizie.antika.it”: per l’arte  georgiana arcaica, sul “Vello d’oro” il 20 novembre 2011; per l’arte messicana  arcaica, su “Teotihuacan” il 9 novembre 2010 e il 24, 27 febbraio 2011; per l’atte cinese arcaica, su “L’Aquila e il dragone” il 4 e 7 dicembre 2011; per l’arte cipriota arcaica sulla “terra di Afrodite” il  9 settembre 2012; per  l’arte albanese arcaica, sui “tesori del patrimonio culturale dell’Albania” il 15 dicembre 2012.

Foto

La immagini sono state fornite dalla Gnam, Ufficio stampa, che si ringrazia, con l’organizzazione e i titolari dei diritti; in successione  viene riportata un’opera per ognuna delle 6 sezioni della mostra illustrate nel testo. In apertura Jòzsef Rippi Rònai, “Particolare del parco”,  1910; seguono  Sàndor Ziffer, “Musicisti”, 1907; e  Ròbert Berény, “Nudo di donna sdraiata”, 1905-06, poi Sàndor Bortniyik, “Il nuovo Adamo“, 1924; e Béla Kàdàr, “Festaioli”, 1923; in chiusura  Gyula Derklovits, “Concerto”, 1921.22.