Carlo Erba, arte ed eroismo, alla Galleria Russo

di Romano Maria Levante

La mostra alla Galleria Russo con esposti 70 disegni di Carlo Erba, dal 21 novembre al 12 dicembre 2013 presenta un artista raffinato, protagonista di una storia esaltante sotto il profilo artistico e commovente sotto l’aspetto umano, perché all’indipendenza nell’arte e nella vita unisce una conclusione eroica: la morte nella prima  guerra  mondiale in cui andò volontario, nell’impossibile assalto all’arma bianca a una postazione nemica. Roberto Floreani, nel  Catalogo di Palombi Editori,  dà conto in modo esauriente della vita e dell’arte di Carlo Erba.

L’indipendenza nella vita e nell’arte

E’ indipendente Carlo Erba fin dai primi passi della sua biografia. Rinuncia al futuro pronto per lui alla guida della grande industria farmaceutica  che porta il nome del nonno fondatore, uguale al suo, per aderire ad idee anarchiche e dedicarsi agli studi artistici diventando presto artista lui stesso. Si conoscono 600 suoi disegni, mentre la produzione pittorica e altre espressioni d’arte sono andate perdute dopo la sua morte.

Il suo spirito indipendente lo ha tenuto al di fuori delle correnti artistiche del momento ma non è stato impermeabile agli influssi, per la carica innovativa che sentiva di dover esprimere.

Tra il 1905 e il 1909 i suoi disegni sono dei chiaroscuri molto ombreggiati, i soggetti paesaggi e ambienti urbani, figure e temi religiosi. Vediamo esposti, di questo periodo, “Notturno con lampioni” e “Interno di giardino con piante”, “Interno di  studio” ed “Esterno di studio”; “Figure in costume” e “Donna seduta che cuce”, fino a “Testa di Cristo” e “Deposizione”.

Quando nel 1909 viene pubblicato il “Manifesto futurista” di Filippo Tommaso Marinetti -.al quale la Galleria Russo ha dedicato tra febbraio e  marzo 2013 la mostra “Marinetti chez Marinetti” – ha 25 anni e frequenta gli ambienti milanesi della “Famiglia artistica”, con i giovani “scapigliati” e gli indipendenti rispetto alla tradizione. E’ attratto dal Futurismo, ma non vi aderisce neppure dopo il “Manifesto dei Pittori Futuristi” dell’11 febbraio 2010;  né coglie l’occasione del 1911 al Padiglione Ricordi che aprirà agli aderenti al Futurismo una serie di esposizioni internazionali da Parigi a Londra, da Bruxelles a Berlino fino a Mosca, con la condizione “dentro o fuori” il movimento.

Carlo Erba per il suo spirito di indipendenza non vi entrerà, rinunciando ai vantaggi di un’adesione, e nel 1914 contribuì a costituire il gruppo “Nuove tendenze” che nel programma fondativo indicava come “criterio fondamentale” proprio “l’esclusione assoluta di tutte quelle manifestazioni che nelle consuete esposizioni trovano già il loro naturale ambiente”. Indipendenza quindi anche rispetto al Futurismo al quale, tuttavia, il gruppo cui aderì era contiguo per spirito innovativo e trasgressivo, al punto da essere chiamato “l’ala destra del futurismo”; vi confluì  uno dei fondatori, l’architetto visionario Sant’Elia, che sottoscrisse il “Manifesto dell’Architettura” futurista. Contiguità non vuol dire partecipazione, anzi gli fu negata nel 1914 l’Esposizione Libera Futurista alla galleria Sprovieri a Roma per un  veto di Boccioni nonostante l’evoluzione del suo stile in senso futurista.

L’arte tra Futurismo, Nuove tendenze ed Espressionismo

Lo si vede dal confronto tra le opere prima citate e quelle  fino al 1911 con le opere dal 1912 in poi: cambia tutto, abbandona i chiaroscuri e le ombreggiature, il segno diventa deciso e preciso, in molti casi frastagliato e dinamico. A questo confronto la mostra in esame fornisce ampio materiale con i disegni dei periodi suddetti. Dal 1908 al 1911 “Il paesaggio lungo il Naviglio” e due “Studi per Corso Vittorio Emanuele”  nonché “Case sul Naviglio”, “Case di periferia”  e “Case e Duomo di Milano” per i temi ambientali; due ritratti del “Padre Luigi”, di profilo e mentre legge, una “Donna con chitarra” e “Studio di figura maschile” con caratteri analoghi al periodo precedente. Ma del 1911 vediamo due “Figure di donna” in cui il segno cambia, diventa più netto e dinamico.

E’ una svolta stilistica impressa dal Futurismo e, pur se lui resta fuori dal movimento, è più marcata nelle opere successive. Di paesaggi urbani ne vediamo soltanto uno, “Ultime case sul Naviglio”, del 1911-12, quasi un simbolico allontanamento, mentre nelle opere dal 1912-13 domina la figura umana: dai due “Ritratti maschili”, in cui le angolature sembrano preannunciare la svolta, a “Figura in movimento”, “Studio di figure”  e “Figure”, molto segnate dal  dinamismo futurista.

Nel 1913-14 abbiamo ancora scene dinamiche, come ” Coppia danzante” e “Figura di danza”, ma anche soggetti visti nella loro intimità, come “Adolescente con l’orsacchiotto” e “Adolescente guarda l’orsacchiotto”, dove c’è un dialogo senza parole tra bambina e il pupazzo; “Fanciulla alla finestra” e “Modella sdraiata con calze”, “Figura femminile” e “La sorella Bianca seduta con ventaglio”: non sono statiche e pur nell’assenza di movimento vibrano di un nervosismo vitale.

I segni interiori si acuiscono rispetto alla ventata futurista restata in superficie, e nelle opere del 1914 si fa sentire sempre più l’influsso dell’Espressionismo tedesco, in particolare di Ernst Ludwig Kirchner. Vediamo soprattutto figure femminili: “Donna con gatto” e “Giovane donna  sdraiata”, “Modella seduta”  e “La  mia bella luna”, “Donna che cuce” e “donna che legge”, fino a “Bimbo che dorme in braccio a un a donna” e “Studio per ‘le trottole del sobborgo (che vanno)'”che Roberto Floreani  definisce “nato dalla conciliazione tra stili diversi”. Poi vediamo disegnati due busti  maschili: “Testa di vecchio pescatore” e “Studio di volto di pescatore”

Del 2014 anche due esterni, uno urbano, “Chiusa sul naviglio”, l’altro ambientale, “Paesaggio montano”, .che ritroviamo nel 1915 in “Paesaggio urbano”, una piazzetta quasi metafisica con le colonne e la solitudine, e in due “Montagne”, con delle casette in grandi spazi sovrastati dai monti.  I soggetti umani in  “Donna con bambino” e nella straordinaria  “Processione di educande”, uno scorcio suggestivo di figure che passano ripiegate su se stesse tra il pudore e la riflessione.

La guerra e l’eroismo, la disillusione e la fine

Il segno è diventato ancora più netto, la visione interiore ancora più intima e profonda. Ma ormai i temi diventeranno altri perché nella vita dell’artista irrompe la prima guerra mondiale. Sull’onda degli impulsi futuristi nei quali la guerra aveva un posto di primo piano tra le scelte doverose, si arruola volontario proprio nel Battaglione Volontari Ciclisti e Automobilisti di Marinetti, di cui fecero parte gli artisti del Futurismo e di Nuove Tendenze, da Boccioni a Sironi, da Russolo a Bucci compreso l’architetto Sant’Elia che abbiamo citato in precedenza. Carlo Erba vi entrò senza proclami e partecipò con spirito cameratesco all’addestramento prebellico a Gallarate nel luglio 1915 e a Peschiera,  e dipinse con Marinetti, Russolo e Boccioni dei cartelloni, purtroppo perduti, per la “Grande Serata Patriottica” in un teatro. Di questo periodo sono rimaste delle fotografie.

In guerra combatte valorosamente al fronte per la conquista dei dossi Casina e Remit e, allo scioglimento del battaglione, entra negli Alpini. E’ tra i vincitori del concorso “Per la migliore impressione di guerra” al quale partecipa alla fine del 1915 con alcuni disegni fatti al fronte.

Ancora battaglie che lo porteranno a riflettere sugli orrori della guerra spegnendo l’entusiasmo futurista nella disillusione;  il “Ritratto di Umberto Boccioni” raffigura il grande esponente del futurismo con la testa rivolta in basso, affamato e affaticato senza più neppure l’ombra dell’entusiasmo con cui si era arruolato.

Combatte ancora eroicamente, viene ferito, decorato sul campo e promosso tenente; riceve un encomio per aver salvato la vita a due alpini feriti il 2 novembre 1916.  Nei suoi disegni in punta di lapis dal tratto sottile emergono gli stati d’animo, come in “Volontari in riposo (Antonio Sant’Elia”)  e “Posizioni dei fucilieri”, “Prove di tiro” e “L’ordine di sicurezza in stazione”.

Quando nel 1917, dopo due anni di guerra, viene trasferito all’Ortigara, subentra in lui il presentimento della fine vicina. Nell’ultimo breve ritorno  a casa nell’aprile 1917 disse queste parole, nei ricordi della sorella Bianca in presenza dei genitori: “Bianca, pensa tu alla mamma e al babbo, dovrete fare senza di me, lassù in montagna è un inferno, questa volta non tornerò”. La “zona K”, cui è destinato, è  definita “il Calvario degli Alpini” per la via Crucis del fuoco delle mitragliatrici degli austriaci asserragliati in grotte che dominavano il “Vallone della morte” e gli altri varchi micidiali dove gli alpini erano costretti a passare votati al massacro.

In un vano attacco notturno all’arma bianca a  Cima Caldiera Carlo Erba morì  il 12 luglio 1917 “incurante di sé,…rincuorando i reparti” come disse il commilitone Osvaldo Valentini. Un altro suo compagno d’armi e di arte, Alberto Bucci, lo ha ritratto esanime con il titolo “Sonno 12 luglio. Sott. Carlo Erba morto a Ortigara”, che fece parte del volume  di disegni “Battaglione 1915”; fu seppellito vicino al punto in cui cadde.

La preveggenza, l’ispirazione artistica e la qualità umana

Aveva descritto con preveggenza questo momento in una nota del  maggio 1917: “Quand’uno riceve una pallottola di fucile nella testa di solito muore – ecco tutto – cade a terra , lo si raccoglie, lo si carica su una barella, e lo si porta in u n luogo dove sia possibile sotterrarlo. Niente di più e niente di meno”. Di meno ci sarà che il suo corpo non verrà più ritrovato, di più che ebbe la medaglia di bronzo alla memoria, e fu ricordato poco dopo la morte da Margherita Sarfatti e Anselmo Bucci in “Gli Avvenimenti” e “Pagine d’Arte”del 15 luglio 1017. 

Nella nota appena citata c’è una sconvolgente descrizione della guerra vista dall’interno da un entusiasta passato attraverso la delusione e la disillusione alla condanna senza appello con la denuncia di coloro che “scrivono tante sciocchezze sulla guerra” solo perché “non la  vedono e non la vivono”.  Ecco la sua denuncia accorata: “Questa è la guerra che non ha vessilli e non ha inni, è la grigia uniforme monotonia di migliaia di uomini che aspettano vigilando, muoiono avanzando nell’irto groviglio di reticolati, e la musica del cannone  e la rabbia delle raffiche di mitraglia”, anche qui  profetico della sua fine. “I topi che vi corrono sul viso la notte fan gazzarra nelle trincee, nei rifiuti che i soldati buttan via. Topi compagni di vita, come noi rintanati in gallerie di umidità e di sporcizia”, tutta l’epopea futurista della guerra “igiene del mondo” completamente rovesciata.

Roberto Floreani nel concludere la sua commossa rievocazione della vita e dell’opera di Carlo Erba, riassume le diverse fasi del suo percorso artistico, dalla tradizione lombarda all’innovazione fuori da ogni schema agli influssi futuristi e poi espressionisti fino alle opere nel vortice della guerra. E conclude definendolo “grande uomo ed artista delle urgenze del suo tempo”.

Noi non azzardiamo definizioni, preferiamo riportare le due che ci sono apparse più appropriate. La prima riguarda l’ispirazione artistica, e ce la dà lui stesso: “A volte le cose che hanno determinato in me l’emozione hanno avuto ragione d’essere nella loro essenza descrittiva, … in altre condizioni le cose  m’hanno interessato non come elementi di descrizioni, ma come valori di movimenti, masse e colori”; la seconda definizione riguarda la qualità umana, è del citato commilitone Valentini: “Semplice volontario,era il capo spirituale del plotone: ci stringemmo tutti, quasi istintivamente, attorno alla grande, serena  figura di Erba. Era infatti uno spirito superiore… sfogava con giovialità la sua natura esuberante… con la sua serenità nel pericolo… con il suo altruismo che gli faceva ricercare i posti di maggior rischio”.

Il tutto nella sua vita intensa consumata in soli 33 anni fino al sacrificio supremo, il Golgota nel “Calvario degli Alpini”.

Info

Galleria Russo, Roma Via Alibert 20, tra Piazza di Spagna e Piazza del Popolo. Orario:lunedì ore16,30-19,30; da martedì a sabato ore 10,00-19,30; domenica chiuso. Ingresso gratuito. Tel. 06.6789949, tel. e fax 06.69920692, http://www.galleriarusso.com/; info@galleriarusso.com  Per la mostra su Marinetti cfr, in questo sito, il nostro articolo “Marinetti, disegni e quadri futuristi alla Galleria Russo” il 3 marzo 2013.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla Galleria Russo all’inaugurazione della mostra. Si ringraziano gli organizzatori della Galleria Russo e i titolari dei diritti.  In apertura, “Deposizione”, 1907-08, seguono “Figura di donna”, 1911, e “Ritratto maschile”, 1912-13; poi “Coppia danzante”, 1913-14, e “Donna con bambino”, 1914-15; in chiusura, “Paesaggio urbano”, 1915.