Rai, 60 anni di TV e 90 di Radio, al Vittoriano

di Romano Maria Levante

Al Complesso del Vittoriano, lato Ara Coeli, dal 31 gennaio al 30 marzo 2014 la mostra “La Rai racconta l’Italia, 1924-2014”, celebra il doppio “compleanno” rievocando  60 anni di televisione e 90 di radio mediante  una selezione nel vastissimo archivio delle “teche Rai”  di trasmissioni antiche e recenti riproposte con video e schermi in un allestimento sobrio che porta alla riflessione personale pur in un’immedesimazione nelle grandi tematiche collettive. Curata da Costanza Esclapan, Barbara Scaramucci della Rai e da Alessandro Nicosia presidente di Comunicare Organizzando che l’ha realizzata; Fabiana Giacomotti per la sezione costumi. Catalogo Skirà/Nuova Eri, e in occasione della mostra monumentale volume rievocativo Rai RicordeRai”. 

La mostra è stata presentata con parecchi giorni di anticipo nella sede della Rai in viale Mazzini dal Presidente Anna Maria Tarantola con il direttore generale Luigi Gubitosi e tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione: il presidente di “Comunicare Organizzando”  Alessandro Nicosia, curatore con i  responsabili delle funzioni più impegnate, Costanza Esclapon Barbara Scaramucci  e i “testimonial” Rai, selezionatori delle riprese in mostra.  Una festa di compleanno doppia, 90 anni per la radio e 60 anni per la televisione, con la ricorrente “cabala del 4” come ricordato dalla Scaramucci: 1924 inizio della Radio, 1944, l’Eiar diviene Rai, 1954 inizio della televisione, 2014 celebrazione del doppio anniversario. .

L’annoso servizio pubblico, ma oggi?

Evidente che il Presidente ha tenuto a sottolinearne la funzione di servizio pubblico ma non ha potuto fare a meno di chiedersi come dovrà esercitarsi nei nuovi assetti del sistema comunicativo e mediatico, una vera rivoluzione rispetto al passato. Ha risposto che la Rai deve fare “una scelta forte: tornare ad essere un televisione e una radio che fanno quello che le altre emittenti non fanno. Realizzare, su tutte le piattaforme, il sempre attuale slogan della Bbc: informare, educare, intrattenere ‘bene’. Tutti ormai danno notizie, basta un tweet, 140 caratteri, ma l’approfondimento quanti lo fanno?”. 

“Tornare ad essere” vuol dire riconoscere una carenza da colmare, e non è poco considerando che al ruolo di servizio pubblico, con i relativi contenuti culturali, la Corte costituzionale ha collegato la legittimità del canone; e vuol dire anche l’indicazione di una strategia, dato che il differenziarsi rispetto alla concorrenza risulta vincente, rispetto all’appiattirsi avvenuto finora. Ma il discorso sarebbe complesso, tanto anacronistico appare l’obbligo del canone, nato all’epoca del monopolio come contropartita del servizio prestato, in presenza di un’offerta così vasta sia generalista sia a pagamento. Discorso da noi fatto in passato, qui ci limitiamo a ricordarne la conclusione: perché non raccogliere la sfida di  “un decoder per la Rai”  nel mercato odierno ancora più concorrenziale?

Anche il direttore generale ha fatto riferimento al “servizio pubblico”, ma ha sottolineato nel contempo il “primato negli ascolti”, la presenza su tutte le piattaforme digitali,.insomma la forza competitiva. E allora perché non affrontare il mercato per guadagnarsi i 3,5 miliardi di introiti ora dal canone con questa forza competitiva ponendoci in condizioni di parità con gli altri concorrenti?

La cavalcata in 60 anni di televisione e 90 di radio

Queste considerazioni non intendono offuscare il  grande spettacolo offerto dalla mostra, una cavalcata nei 60 anni di spettacolo televisivo, in aggiunta ai 90 anni di assidua presenza radiofonica, che fa ripercorrere la nostra vita segnata dagli eventi grandi e piccoli testimoniati dalla Rai. Perché le trasmissioni non vengono viste tanto in se stesse, come fossero produzioni di qualità da ammirare, quanto come specchio di questi eventi, un riflesso condizionato della memoria. E allora  tornano alla mente dei visitatori anche i momenti della loro vita, e se giovanissimi – sono numerose le scuole – fatti ascoltati nei racconti familiari con riferimenti vaghi qui virtualmente evocati.

“Un viaggio a 360°, un’immersione completa nella storia del nostro paese ch parte dal passato, attraversa il presente  e guarda al futuro”, ha scritto Alessandro Nicosia. E questo “perché  la radio e la Tv non sono state solo capaci di disegnare, suggerire e dipingere una nuova Italia, incoraggiare idee e realizzare sogni, offrire opportunità impensabili, fondare mode e inaugurare fenomeni di costumi; radio e Tv l’Italia l’hanno anche raccontata, con modalità e strumenti de tutto nuovi e straordinari, attraverso le voci di poeti e letterati, per mezzo dei racconti dei cronisti, con i reportage, le moviole, le dirette, le edizioni straordinarie  e le ‘mondovisioni’, facendoci sentire uniti, stretti nel dolore della tragedia di Alfredino Rampi o esultanti davanti alla Coppa del mondo”.

Nessun effetto “ieri e oggi”, perché la mostra non si sviluppa in senso cronologico, questo avviene per la sezione dedicata alla radio, dove le postazioni sono articolate in decenni, ma la radio è solo ascolto e quindi il confronto non è impietoso: E’ organizzata per temi, per cui l’oggi si mescola al ieri e all’altro ieri in un insieme omogeneo, senza stacchi e raffronti che farebbero pesare il trascorrere del tempo, che non è il filo conduttore, anche se resta indubbiamente un protagonista. Il tempo della memoria personale che si confronta con le cronache apparentemente impersonali, in realtà affidate  a personaggi divenuti familiari che hanno scandito i diversi momenti. Lo si sente nelle telecronache e nelle interviste, nei programmi di intrattenimento dallo spettacolo alla politica.

L’impostazione tematica attenua l’effetto “nostalgia”  e accentua l’effetto “coinvolgimento”. Proprio perché non ci si misura con il tempo ma con gli eventi, questi diventano tessere di un mosaico atemporale in cui i singoli fatti diventano espressioni di un insieme che si chiama: informazione o spettacolo, cultura o politica, società o economia, scienza o sport.  Sono le sezioni tematiche in cui si articola la mostra sui 60 anni di televisione,  mentre  i 90 anni della radio sono stati condensati, come accennato, in 9 monitor interattivi, ciascuno dedicato a un decennio, oltre che nell’esposizione di documenti e oggetti dell’epoca, dagli apparecchi radiofonici a tutto quanto portato a documentare una presenza così importante nella vita degli italiani.

I “testimonial” e l’allestimento per i singoli temi

Con l’avvento della televisione non si è avuta sostituzione ma compresenza, anche se la presenza della radio è divenuta meno eclatante di quella televisiva. Per questo, crediamo, la sezione della radio è posta  a metà del percorso tematico televisivo, introdotta dalla presentazione di  Marcello Sorgi con l’oleogramma a figura intera, particolarità particolarmente indovinata a introduzione di tutte le singole sezioni, ciascuna con il proprio testimonial:  E’ così naturale e realistica la figura del testimonial in piedi su sfondo nero nel piccolo vano di ingresso alla saletta dedicata alla sezione, che sembra sia in carne e ossa a presentare con voce piana e confidenziale il contenuto da lui dato al tema che gli è stato affidato per la sua notorietà e autorevolezza acquisita nel rispettivo campo.  Ecco, quindi, l’invito bonario e suadente di Sergio Zavoli per l’informazione e Emilio Ravel per lo spettacolo, Andrea Camilleri per la cultura e Bruno Vespa per la politica, Piero Badaloni per la società e  Arnaldo Plateroti per l’economia, Piero Angela per la scienza e Bruno Pizzul per lo sport:

Alla voce sussurrata del “testimonial” che introduce le singole sezioni si aggiunge  un allestimento sobrio, come hanno tenuto a precisare i realizzatori Alessandro Baldoni e Giuseppe Catania: “Sono stati per questo realizzati degli spazi compressi e con un’illuminazione controllata al fine di evidenziare maggiormente i contenuti multimediali rispetto all’involucro”.  In effetti piccoli ambienti foderati di nero nella penombra, il cui risultato è quello di far sentire il visitatore come  a casa propria pronto a far riemergere la propria memoria personale e collettiva mediante le sollecitazioni dei video incessantemente riproposti alla sua attenzione. La curiosità diventa subito interesse, poi partecipazione, volontà di vedere e sentire di più, provare sensazioni ed emozioni.

All’interno delle salette tematiche

La singola saletta diventa così un “confessionale” – e ci dispiace usare un termine di cui si è abusato in senso profano in non memorabili trasmissioni televisive – perché è un confessare a  se stessi ciò che si prova nell’impatto con la realtà  in una successione atemporale, ma cronologicamente marcata, su tematiche fondamentali nella vita personale e, ripetiamo, collettiva; ma nel suo approccio ai video che gli vengono offerti il visitatore è solo con se stesso.

Ogni saletta tematica ha quattro video da scrittoio con cuffie per l’ascolto, ci si può sedere e godere della visione personale di sequenze scelte come particolarmente significative dal “testimonial”. Nel lato opposto del relativo spazio ben organizzato un grande schermo dove si susseguono altre immagini sempre del tema trattato nella sezione, dallo scrittoio si passa  al cinema, anche in queste due forme visive si fissano i due atteggiamenti personale e collettivo che premono nella memoria.

“Abbiamo lavorato per temi che poi lungo il cammino si sono trasformati in emozioni e quelle emozioni in valori”, ha scritto Costanza Esclapon, direttore Comunicazioni e Relazioni Esterne Rai,curatrice: una  bella espressione forse sciupata dal  riferimento al “servizio pubblico” che ci è sembrato burocratizzare qualcosa che il visitatore sente spontaneamente. Le emozioni scaturiscono dalla memoria personale, i valori dalla memoria collettiva le fa assurgere a qualcosa di permanente.

Non chiameremmo “saggi” i presentatori, ma testimoni essi stessi  con la loro presenza oggi di quanto ci ha trasmesso la loro partecipazione diretta ieri degli eventi che ci hanno raccontato. Eventi che tornano nell’espressione virtuale delle trasmissioni nelle quali si sono materializzati nel video casalingo. Sono i protagonisti, con le sorprese e le conferme, le gioie e i dolori a noi trasmessi.

Si potrebbe spigolare “fior da fiore” tra le tante proposte evocative selezionate e offerte ai visitatori che possono loro stessi scegliere le trasmissioni da rivedere in una sorta di interattività virtuale. Ma sarebbe come proporsi di riassumere 60 anni di vita nazionale che diventano 90 anni per la radio, quindi evocare qualche evento va ben oltre la sua espressione radiofonica o televisiva e attiene alla memoria di tutti. Nella selezione c’è un elemento di interesse in più, pensare quale può essere il motivo che, nell’oceano di trasmissioni, ha portato a selezionare quelle proposte; ma viene subito soverchiato dall’attenzione riservata al documento di vita divenuto storia per il fatto stesso di venire presentato, e memoria per il singolo visitatore che lo collega ai momenti personali da lui vissuti.

Dai favolosi abiti di scena alla mitica “giraffa”

Le trasmissioni sono le protagoniste in quanto specchio fedele degli eventi che documentano e ripropongono all’attenzione e alla memoria. Uno specchio virtuale ma quanto mai presente.

Vi sono anche elementi materiali altrettanto evocativi, e con questi si apre la mostra, prima di entrare nell’otto volante di emozioni nelle sezioni dedicate alle singole tematiche. Quale può essere lo spazio dato alla “materia” in un mondo virtuale, e come vi si può collegare ?  La risposta  non è estratta ma concreta, sono i 30 abiti di scena di grande effetto nella prima sala, ciascuno identificato rispetto a chi lo ha indossato e alle rispettive trasmissioni; Mina e le gemelle Kessler, Raffaella Carrà e Heather Parisi, fino ad Abbe Lane, agli inizi della televisione. 

E’  come un “back stage” favoloso, un vero spettacolo dinanzi al quale i visitatori si affollano ammirati, è quanto di più appariscente delle trasmissioni in studio, a parte le scenografie.

Se questo è l’inizio, al termine del lungo percorso della mostra si trova quello che c’è dietro, il meno appariscente, anzi invisibile: dal museo della televisione le telecamere di ripresa nelle successive generazioni e anche la mitica “giraffa”, il microfono aereo che garantiva la preziosa diretta quando si era diffuso il “play back”, così perfezionato che solo l’assenza della “giraffa” lo faceva scoprire. Oltre ai rudimentali apparecchi televisivi degli inizi, oggi addirittura patetici.

Un mostra nella mostra, i quadri d’autore

Inizio e fine, abbiamo detto, ma durante la mostra nulla di “materiale”? Ci riferiamo alla rievocazione della televisione perché in quella della radio ci sono documenti e oggetti. Ebbene, troviamo distribuita in ogni saletta, una “materia” nobilitata al massimo livello, perché è stata toccata dall’arte. Si tratta dei numerosi quadri di celebri artisti appesi dinanzi alle postazioni video, un patrimonio artistico della Rai che giustamente viene esposto al pubblico a corredo del resto.  Anche quattro quadri ogni ambiente, con un numero molto maggiore per il grande salone dove è celebrata la radio, una vera e propria galleria d’arte.

E’ una mostra nella mostra, sono ben 60 opere, e una rivista culturale come la nostra non può non darne conto  e sottolinearne il valore. Con un quadro, Carlo Carrà ed Emilio Vedova, Corrado Cagli e Ottone Rosai, Sante Monachesi e Renzo Vespignani, Mino Maccari e Giuseppe Santomaso, Mario Mafai e Bruno Saetti, Marcello Avenali e Luigi Spazzapan, Achille Funi e Arturo Carmassi, Carol Rama e Mauro Reggiani,  Romano Gazzera e Gianni Vagnetti, Costanza Mennyey e Alberto Zivieri; con due quadri, Giorgio de Chirico e Renato Guttuso, Giulio Turcato e Italo Cremona, Massimo Campigli e Toti Scialoja; con cinque quadri, Felice Casorati, con nove quadri ciascuno Enrico Paolucci e Ugo Nespolo, suo “Viva la Rai”, che è il sigillo visivo della mostra, si intitola come la canzone d’epoca sottilmente ironica di Renato Zero.  E’ esposto anche il bozzetto della scultura di Francesco Messina, il  “Cavallo” di Viale Mazzini. Tanti artisti celebri che si sono ispirati anche a trasmissioni radiofoniche e televisive, non mancano immagini di ripetitori. Nella sezione della radio spicca il grande dipinto di Vincenzo Irolli, “Tre donne ascoltano la radio”.

Il desiderio di tornare

Che dire in conclusione? Si esce dalla mostra con molte sensazioni che si accavallano in una sorta di autoanalisi personale che si estende a una riflessone su quanto di interesse collettivo si è rivisto e rivissuto. Il passaggio dal passato al presente senza sequenze cronologiche ordinate,  e il succedersi di tematiche che nella realtà e nella memoria sono commiste mentre qui vengono isolate e quindi evidenziate è una esercizio mentale e visivo fonte di sensazioni ed emozioni continue. Non si può dire che non se ne viene presi, stretti dal desiderio di vederne di più, sentirne di più, toccarne di più.

Ha scritto la già citata curatrice Esclapon: “Il nostro desiderio è che il visitatore passeggiando tra le sezioni della mostra possa sentirsi dentro la storia, rivedersi e scoprirsi partecipe di una storia collettiva, attraverso e con il proprio bagaglio di ricordi e di emozioni ma con uno sguardo al futuro”. Missione compiuta, è quanto abbiamo provato nel visitare la mostra. E ci siamo tornati, in questo ha avuto ragione pure l’altra curatrice Scaramucci con questa sua presentazione: “Benvenuti quindi più che a una mostra, a un grande spettacolo al quale avete il vantaggio di poter partecipare per due mesi anche tutti i giorni, basta tornarci e vedersi un pezzo per volta ogni giorno”.

Quando uscì il film “Titanic” si disse che dei giovani andavano a rivederlo tutti i giorni, tale era l’emozione suscitata in loro dalla struggente storia. Per “La Rai racconta l’Italia”  si tratta di un’altra storia, ma non è detto che non accada ancora, noi almeno due volte  ci siamo tornati.

Info

Complesso del Vittoriano, Gipsoteca, piazza Ara Coeli,. Dal lunedì al giovedì, ore 9,30-18,30, venerdì, sabato, e domenica ore 9,30-19,30. Ingresso gratuito. Tel. 06.6780664-363. info@comunicareorganizzando.it, http://www.comunicareorganizzando.it/. Catalogo Skirà/Nuova Eri, euro 28, volume documentario “RicordeRai 1924/1954/2014”, a cura di Barbara Scaramucci e Claudio Ferretti, Rai Eri, gennaio 2014, pp.616, euro 29,00., formato 24,5×28,00. Sulla Rai cfr. in “cultura.inabruzzo.it” i nostri articoli:  per i problemi inerenti al “servizio pubblico” e al canone gli articoli del 2009, precisamente il 16 e 28 marzo, 29 settembre, 21 ottobre,   per altri aspetti, sempre nel 2009,  i nostri corsivi del 10,14,  28 settembre, 21 ottobre e 6 novembre, 2, 7 e 9 dicembre; poi nel 2010, 3 marzo, 10 settembre e 13 ottobre.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nella sede di Viale Mazzini alla presentazione della mostra e al Vittoriano. Si ringrazia “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia , con i titolari dei diritti, in particolare la Rai, per l’opportunità offerta. In apertura, Ugo Nespolo, “Viva la Rai”, composizione testimonial della mostra nell’atrio della sede;  seguono i celebri abiti di scena delle più popolari dive della TV, da Mina alla Carrà, una serie di postazioni video con quadri d’autore, e una postazione con video e schermo; infine un   momento dalla presentazione della mostra nella sede mentre parla Piero Angela, al tavolo della presidenza i vertici della Rai; in chiusura  il famoso “Cavallo” di Messina in viale Mazzini, all’ingresso della sede.