Borzelli, le sue porte manzoniane, al Fondaco

di Romano Maria Levante

Alla Galleria Fondaco, nel quartiere Monti di Roma, la mostra “Le porte di Rossana Borzelli”, dal 3 al 19 aprile 2014 con l’estensione fino al 19 giugno al Caffè Vanni nel quartiere Prati, vicino alla Rai, con altre porte e compensati su cui l’artista dipinge volti che si incorporano negli antichi usci il cui legno è segnato dal tempo. E’ stata un’occasione per parlare con l’autrice anche degli altri suoi interessi artistici, come le mani a cui ha dedicato una vera galleria pittorica e la rappresentazione delle donne celebri che l’hanno più colpita in busti totemici con cui ha realizzato una sorta di foresta incantata. Curatrici Flora Ricordy e Francesca Marino.

E’ stato ben più della visita a una mostra e di un’intervista il nostro incontro con Rossana Borzelli in una giornata particolare per diversi motivi.  Abbiamo visto le sue opere e conversato con lei , riscontrando una serie di collegamenti evocativi dell’arte e della vita. Ha partecipato una delle due curatrici della mostra, Flora Ricordy, che con Francesca Marino è titolare della Galleria Fondaco, e ha esibito la vasta raccolta iconografica del suo monitor sull’artista e non solo, descrivendo in modo appassionato la filosofia e  l’attività della galleria

Una storia fonte di ricordi

La storia umana dell’artista ci ha riportato a ricordi lontani, è di una storica famiglia dalle ascendenze nel campo della ceramica ma nota a tutti i romani, almeno dalle recenti generazioni, come imprenditori e artigiani del legno, creativi e innovatori nel campo, precursori lungimiranti dell’assistenza al “fai da te”.

Da “Borzelli” si trovavano tutte le possibili conformazioni dei supporti lignei pronti per l’applicazione finale da parte dell’utente, oltre che i mobili e gli altri arredamenti finiti;  nei ricordi di quella non lontana stagione da loro c’era la soluzione per ogni problema legato al legno, un ausilio prezioso per le famiglie. Le multinazionali come Ikea le sono debitrici, anche se invadendone il campo, con soluzioni diverse e più strutturate, hanno segnato il ritorno degli ultimi epigoni della stirpe Borzelli al mobilio tradizionale di grande qualità.

E Rossana Borzelli? La sua arte nasce in questa famiglia, dove “creatività e intraprendenza erano gli elementi fondamentali del vivere”, dice lei stessa, e ricorda il nonno Umberto e il padre Cesare  muoversi nello stabilimento con i grandi rotoli di carta dei progetti, e soprattutto “l’odore del legno, i compensati su cui erano raffigurati schizzi di mobili disegnati e poi realizzati”.

Il ferma-immagine di questa scena fissa  disegni sui compensati, l’ispirazione da cui nasce nell’infanzia il collegamento con il legno, non più solo dell’artigianato, perché con Rossana entra in campo l’arte.  Il supporto resta  il compensato, gli schizzi  di mobili diventano ritratti di volti, il rapporto con il legno ancora più stretto; perché dal compensato, che resta un supporto costante, passa alle porte fino all’identificazione fissata nel titolo della mostra:  “le porte di Rossana Borzelli” diventeranno un sigillo della sua arte.

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Le porte e i volti  in esse incorporati

Non è soltanto un diverso supporto, c’è molto di più, all’artista si illuminano gli occhi nel parlarne. Il legno è un materiale vivo, le sue fibre  ne segnano caratteristiche e proprietà, diverse sono le condizioni di permeabilità e assorbimento, quando è la base per dipinti ad olio come nel nostro caso; per le porte, scelte tra quelle vecchie e antiche, questa difficile variabilità si accentua per il “vissuto” che ne ha marcato in modo diverso le fibre, per cui anche sotto il profilo tecnico  c’è da fare i conti con la diversa permeabilità della superficie.  Questo aspetto richiede un contatto particolare con il supporto,  una cura e un‘attenzione come per qualcosa di vivente.

Anche  la celebre Louise Nevelson era attratta del “vissuto”  nel legno, al punto di  raccogliere in strada assi e altri pezzi gettati via o in disuso per farli rivivere in composizioni spesso imponenti, ne parliamo con l’artista, il cui interesse si rivolge a una conformazione lignea ben precisa, le porte, con tanto di chiavistelli e cerniere  in bell’evidenza, che hanno una carica evocativa  precisa e diretta. C’è sempre una parta, nella vita, che si apre o si chiude, oppure resta socchiusa nell’attesa; ci sono porte che spesso segnano l’esistenza.

Non si limita all’aspetto tecnico e a quello simbolico quest’attenzione particolare, riguarda anche il lato artistico. Le porte, tanto più quelle vecchie e antiche, come esseri viventi hanno le loro adattabilità e le loro incompatibilità, per cui l’artista “sente” che quella porta può ospitare quel volto e non un altro, in una coabitazione, si direbbe, profondamente umana.  Il rapporto dell’artista con le porte  e i volti che vi dipinge diventa affettivo per la genesi della sua opera  artistica che nasce con la ricerca delle porte  nei diversi ambienti nei quali si possono trovare a seguito delle ristrutturazioni e svecchiamenti, e con l’abbinamento dei volti di persone conosciute o notate per le loro particolarità: sono contrassegnate anche da nomi come titoli, in alcune ci sono delle grandi scritte che attraversano il dipinto. Nessuna seduta di posa, qualche aiuto da ritratti fotografici, per lo più  da ciò che è rimasto impresso nella mente. E sono volti giganteschi che coprono l’intera superficie, nell’abbinamento con le porte ne assumono la dimensione fisica oltre che simbolica.  

Ben diverse ragioni per l’immagine dipinta da Modigliani su una porta dell’abitazione del mercante Zborowski: era il ritratto dell’amico “pittore maledetto” Chaim Soutine, da cui si faceva accompagnare nelle visite quotidiane al mercante, lo dipinse  nel corso delle insistenze per convincere quest’ultimo a prendere Soutine nella sua “scuderia” di cui Amedeo faceva parte, un gesto singolare dettato dall’amicizia. 

Ci viene istintivo a questo punto il richiamo manzoniano, per un’altrettanto spontanea associazione di idee: “Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci” è l’immagine rimasta più impressa nel cuore oltre che nella mente dai tempi della scuola, a segnare l’abbinamento tra quegli “usci” e il volto che ne emerge. La porta non è solo un sipario che si apre, è parte dello spettacolo, la figura umana vi resta impressa, come nei dipinti dell’artista. Manzoni ci mostra “una giovinezza avanzata ma non trascorsa”, “una bellezza velata e offuscata, ma non guasta”, “quella bellezza molle e un tempo maestosa”.  E  lo sguardo:  “Gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’averne sparse tante”,  “c’era in quel dolore un non so che di patetico e profondo”.  Nei volti della Borzelli c’è una pari introspezione, le porte su cui sono impressi ne accrescono la suggestione, come il volto della madre della piccola  Cecilia, indelebile anche perché “scendeva da uno di quegli usci”.

Il riferimento manzoniano riguarda l’intensità  dei volti della Borzelli, che esprimono profondi sentimenti interiori piuttosto che atteggiamenti momentanei, cosa che accentua il contatto con le porte, il supporto più intrigante, anche se il compensato ha una resa pittorica molto interessante: il fondo in legno resta in evidenza, solo i contorni dei volti sono definiti dalla pittura; differenziandosi del tutto dalle pitture su tavola, che a prima vista non si distinguono da quelle su tela quando  il colore ne copre interamente la superficie.

Dei volti restano impressi gli sguardi, i grandi occhi profondi  dai  quali traspare  un’interiorità e un’intensità di sentimenti che sembra alla ricerca di una comprensione o una condivisione,  e porta l’osservatore a interrogarsi su quella persona e su quella casa.

Ci siamo interrogati anche noi e abbiamo considerato in una “luce” diversa i portoncini di recente sostituiti  nella ristrutturazione  di un’antica abitazione dei nostri nonni a Pietracamela – il borgo montano natio tra i borghi più belli d’Italia e tra  i 400 borghi più belli del mondo –  che non ci siamo sentiti di buttare per il “vissuto” che custodiscono.

Rosanna Borzelli riesce a penetrare in questo “vissuto” e a far convivere con le vecchie porte i nuovi volti da lei dipinti che si armonizzano con le sue fibre, altrettante rughe di una vita vegetale che continua  e si amalgama con la vita umana che viene ad essa sovrapposta.  In qualche caso le sovrapposizioni di volti sono multiple, fino a quando non trova l’amalgama giusto, la radiografia di molte porte lo evidenzierebbe; e quando non sono porte è pannello di legno, un compensato che dà profondità con  la tinta lignea che si scolora.

Abbiamo ritratto lei stessa a lato delle sue porte, approfittando della sua cortesia: ebbene, i ritratti ci sono sembrati delle simbiosi,  perciò alterniamo queste immagini riprese con l’autrice al Fondaco a quelle dei soli dipinti nell’altra sede espositiva, il Caffè Vanni..   

Le mani e la foresta totemica femminile

Non sono solo i volti dipinti sugli usci nell’arte della pittrice, anche se “le porte di Rossana Borzelli” oltre ad essere il titolo della mostra e la materia espositiva ne sono diventate una seconda pelle, se così si può dire, un sigillo inconfondibile. In un’altra serie di opere abbiamo anche le mani protagoniste assolute, in tutte le loro possibili gestualità e variazioni. Come per le porte, anche per le mani si può dire che segnano la vita:  rispetto agli altri accolgono o respingono, accompagnano o allontanano, rispetto a noi stessi fanno tutto ciò che ci serve. Anche le mani della Borzelli, come i volti, hanno grandi dimensioni, fanno pensare alla mano gigantesca dal dito puntato nel Campidoglio.  

Ci ha confidato che le persone sono restie a metterle in evidenza, tanto meno a farle fotografare, ne sono gelose più dei volti, tanto che per riprenderle in modo realistico ha dovuto far fotografare le sue stesse mani nelle posizioni più diverse. Flora Ricordy fa scorrere sul proprio monitor  una vasta galleria di mani dipinte dall’artista,  ci viene spontanea l’associazione di idee dannunziana, la bellezza delle mani era un pensiero costante del Poeta, a lui non gli piacevano le mani della “Gioconda”, che disse di aver “ospitato” nel periodo in cui il quadro fu sottratto per poi essere ritrovato, scrisse una novella dal titolo “Come la marchesa di Pietracamela donò le sue belle mani alla principessa di Scurcola”. Nel racconto  il pittore Flamignano mette in posa la “marchesa di Pietracamela” innamorata di lui che lo è andata a trovare, per completare il quadro della principessa con le sue belle mani. Con questa citazione confidiamo il fatto personale, è Pietracamela il nostro paese natale di cui alle vecchie porte conservate per il loro “vissuto”, è  Rossana Borzelli che riesce a muovere i nostri sentimenti.

Ma non è finita, l’incontro va ancora oltre la mostra, verso un nuovo settore in cui si esprime la sua arte, sempre la Ricordy ce ne mostra le immagini al monitor. E’ una sorta di foresta pietrificata di volti femminili, sono figure totemiche in acciaio che rappresentano donne divenute simboli, le chiediamo di Frida Kahlo, non poteva mancare, fa parte della foresta. Anche la Nevelson dopo il legno di risulta utilizzò l’acciaio per  composizioni  da grande arredo urbano, qui il contenuto evocativo è molto diverso  e possiamo dire che porta a un simbolismo femminile di grande efficacia e intensità.

Galleria Fondaco, ne parla Flora Ricordy

Le sorprese non sono terminate, vanno oltre la mostra anche le parole della Ricordy sull’attività della Galleria Fondaco nel promuovere l’arte accessibile, cioè il suo ingresso nelle case e nelle famiglie reso possibile dal prezzo e dalla compatibilità ambientale, condizioni che certa arte contemporanea non offre: di qui l’accurata selezione di artisti e di opere.

E’ un’opera meritoria, come quella di  Michele von Buren della galleria “RvB Arts” che ha dato addirittura il nome di “Accessible Art” al suo programma  di promuovere l’integrazione tra arte e gli arredi domestici sulla base della condivisione e dell’accessibilità economica e non solo. Caterina Falomo, l’appassionata animatrice del “pennarossa press lab”,  ci ha fatto conoscere prima la von Buren, alle cui mostre abbiamo dedicato vari servizi, ora la Ricordy impegnata anche su altri piani  in una prospettiva in cui l’architettura, professione delle due titolari, ha un ruolo importante.La Galleria Fondaco celebra il decennale della fondazione presentandosi come  “realtà poliedrica”: non solo organizzazione e cura di mostre nel quartiere Monti in via degli Zingari e in altri spazi espostivi con ausilio di curatori e critici anche esterni, e vendita  di opere d’arte; ma anche servizi di consulenza per allestimenti artistici, collezionismo e prodotti editoriali  legati all’arte contemporanea.  Ogni anno da 4 a 6 mostre soprattutto personali, ma l’esposizione nella galleria è permanente per gli artisti che vi fanno capo, giovani emergenti e artisti affermati: oltre a Rossana Borzelli, citiamo Irene Campominosi e  Gerdine Duijssens, Stefano David e Dino Ignani, Mojmir Jezek e Fabio Meschini; è possibile anche visionare opere di Enrico Castellani, Piero Guccione, Mario Ceroli.

E’ luogo d’incontro oltre che di artisti, di architetti e arredatori, e consente al pubblico di entrare in contatto con chi è impegnato ad ‘”arredare con l’arte”. Intesa come “espressione dell’interiorità umana” con la funzione di “trasmettere le emozioni e il pensiero dell’artista”, per cui “possedere un’opera d’arte è in qualche modo scegliere di voler ‘ascoltare’ quel messaggio, ma anche di volerlo condividere e trasmettere, nella molteplicità delle diverse percezioni”. Acquistare un’opera d’arte per inserirla nella propria abitazione o per regalarla è “decidere di comunicare anche di noi, delle nostre emozioni. Perché l’arte come la casa è estensione di noi stessi”. Questa la filosofia alla base dell’attività della galleria, e la passione che vediamo trasparire dalla Ricordy ne è sicura garanzia.

Ci siamo allontanati dall’oggetto del nostro incontro, le “porte di Rosanna Borzelli”? Al contrario, perché l’accostamento dell’arte alla realtà quotidiana che viene perseguito ha portato le opere dell’artista in un altro spazio espositivo oltre quello del “Fondaco”: il Caffè Vanni.  Affrontiamo le incognite del centro sconvolto da agitazioni di piazza con i servizi pubblici in parte bloccati, ma il richiamo delle altre porte esposte nel locale vicino a piazza Mazzini ci fa lasciare l’ospitale galleria nel quartiere Monti.

Le porte della Borzelli al Caffè Vanni

La doppia visione è istruttiva, sulle pareti del ristorante, una lunga galleria animata, le porte assumono un aspetto diverso da quello nel piccolo locale del “Fondaco”, come esseri viventi che mutano atteggiamento e apparenza a seconda del luogo in cui si trovano. Valeva la pena di sottoporsi a una traversata  faticosa, è suggestiva  la fuga di volti dipinti sul legno che sovrastano quelli dei commensali seduti ai tavolini del ristorante affollato, in un rimando di espressioni e di emozioni.

Il Caffè Vanni  ha 85 anni di vita, la posizione è strategica nei luoghi simbolo della Rai, è divenuto un centro di iniziative per riqualificare l’area circostante anche con spazi ai giovani, presenta soluzioni innovative non solo nella ristorazione, cura eventi anche artistici come la mostra in corso. Si sente un’aria speciale, Lorenzo Vanni ci dice che vi ha esposto anche Guttuso,  in lui vediamo l’orgoglio di abbinare in modo suggestivo arte e vita reale e pulsante. Guardiamo insieme le opere di Rossana Borzelli nel ristorante dove l’attività è intensa.

Sono le ore 21, da via Col di Lana, all’angolo con il mitico Teatro delle Vittorie  che muove  i ricordi di non dimenticati spettacoli televisivi, iniziamo l’altrettanto lunga traversata per tornare a casa, tra bus e metropolitana, nella direttrice dell’Eur. E non siamo stati soltanto al “Fondaco” e al “Vanni”. L’invito di Caterina Falomo  ci ha portato  anche, in itinere, allo “Spaziottagoni”  in Trastevere  dove abbiamo trovato il “V Stato”  dell’artista sardo Massimo Onnis. Un’altra emozione, ne parleremo presto.

Info

Galleria Fondaco, di Francesca Marino e Flora Ricordy, via degli Zingari 37, Roma, quartiere Monti, pressi via Cavour. Da martedì a sabato, ore 10,00-13,30 e 16,00-19,00, ingresso gratuito. Tel. 06.4873050; cell. 339.8438270. e-mail: info@fondaco.eu;; http://www.fondaco.eu/. Caffè Vanni, via Col di Lana 10, Roma, quartiere Mazzini, orari di apertura, l’esposizione è nel ristorante.  Per gli artisti citati cfr.in questo sito i nostri articoli: sulle mostre alla Fondazione Roma della Nevelson il  25 maggio 2013, di Modigliani tre articoli il 22 febbraio, 5 e 7 marzo, su quella alle Scuderie del Quirinale della Kahlo tre articoli il 24 marzo, 12 e 16 aprile. Inoltre sull”’Accessible Art” della RvB Arts, citata, cfr., sempre in questo sito, i nostri articoli il  21 novembre e 10 dicembre 2012, 27 febbraio, 26 aprile, 21 giugno, 5 luglio e 5 novembre 2013, 14 marzo 2014. Su Dino Ignani, uno degli artisti della Galleria Fondaco, cfr. in http://www.fotografarefacile.it/ il nostro articolo “Roma. Ritratti di poesia anche fotografici al Tempio di Adriano”, gennaio 2012. Cfr. infine, in “cultura.inabruzzo.it”,  il nostro articolo “Rilancio di Pietracamela, il cuore del Gran Sasso”, il 22 giugno 2009, in cui la novella di Gabriele d’Annunzio citata nel testo è riportata integralmente.    

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla Galleria Fondaco e al Caffè Vanni, si ringraziano in particolare Flora Ricordy e Lorenzo Vanni con i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta; si ringrazia soprattutto Rossana Borzelli anche per essersi fatta ritrarre accanto alle sue opere nella Galleria. Le immagini al Fondaco con l’artista sono alternate a quelle riprese al Caffè Vanni; l’immagine di chiusura è al Caffè Vanni, i due dipinti sono esposti all’ingresso tra i fiori.