Romano-Del Monaco, lune e alberi, al Vittoriano

di Romano Maria Levante

“Similitudine & Contrasto” si intitola la mostra al Vittoriano, nella Sala Giubileo in via San Pietro in Carcere, lato Fori Imperiali, dal 4 aprile al 4 maggio 2014,  che espone le lune polimateriche e le sfere di bronzo di Paola Romano, ispirate al manoscritto“Sidereus Nuncius” di Galileo; e le immagini arboree e floreali di Patricia del Monaco ispirate agli acquerelli del ‘600 dell’“Hortus Regius Honselaerdicensis” di Stefano  Cousyns. La similitudine nell’abbinare opere contemporanee con libri del 600, il contrasto nella diversità di forme d’arte e di temi delle due artiste  Realizzata da “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia con la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, curata da Sergio Risaliti, responsabile Maria Cristina Bettini. Catalogo Gangemi Editore.

Un primo commento è che ci troviamo dinanzi a una mostra su un tema posto alle artiste espositrici sulla base di un modello di riferimento. Ci vengono subito in mente la recente mostra “90 artisti per una bandiera”, come le mostre del 2009 “Mitografie” sul mito e “Contemplazioni” sulla bellezza, fino alla mostra del 2010 sulla Carta oleata dell’Ente comunale di Consumo di Roma in cui “43 artisti si interrogano sulla memoria”. In questo caso abbiamo due artiste riferite ciascuna a un tema-testo d’epoca, le loro fonti d’ispirazione sono rispettivamente  la Luna di Galileo e i giardini fioriti seicenteschi.

Il perché di similitudine e contrasto

L’apparente ossimoro del titolo, “Similitudine e contrasto”,  come accennato all’inizio, dovrebbe riferirsi al netto contrasto tra le opere delle due espositrici, e la similitudine all’ispirazione parallela, due tomi della Biblioteca Nazionale di Firenze. Oppure anche ad altri motivi?  Diversi sono i soggetti, la luna  in Paola Romano, gli alberi e i fiori in Patrizia del Monaco, come i materiali e i cromatismi usati per le composizioni, grevi addensamenti nella prima, arabeschi ornati nella seconda; comune l’abbinamento di opere contemporanee a testi d’epoca seicentesca che collimano con i temi prediletti delle due artiste nelle opere precedenti, la Romano nel ciclo delle Lune, la Del Monaco nel ciclo legato alla natura,  dagli alberi ai fiori, in un caleidoscopio di immagini.

Del perché del titolo, e della mostra, ne dà conferma Maria Letizia Sebastiani, responsabile della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze che ha concorso attivamente alla realizzazione del progetto, trovandolo “nell’accostamento di due manoscritti, entrambi celebri e importanti nella materie dagli stessi trattate, con opere artistiche contemporanee”. Mentre Andrea Romoli Barberini  lo spiega così: “Similitudine e contrasto è il titolo di una mostra sostanziata dal confronto tra epoche, discipline, metodi e, non ultimo, visioni del mondo. Ambiti di appartenenza, ad evidenza, estremamente diversi, che sembrerebbero esaltare il concetto di distanza, ma che, al contrario, possono svelare anche insospettate e suggestive prossimità”. Il curatore della mostra Sergio Risaliti  compie  un excursus sui rapporti tra arte e libri, distinguendo i libri artistici dai libri-oggetto.

Le opere delle due artiste si fronteggiamo, per così dire, nella sala espositiva:  le grandi lune  di Paola Romano solide e imponenti, anche come dimensioni, nei loro monocromatismi plurimi con notevole spessore materico di fronte ai delicati arabeschi decorati con raffinatezza e ricchezza cromatica di tipo orientale di Patricia del Monaco.

Un anello di congiunzione, collocato a metà delle due pareti contrapposte, ci è apparso “Il grande albero dei valori” della Del Monaco, che reca nei rami come frutti dei dischi la cui forma e cromatismo richiamano le Lune della Romano. Ma può trattarsi di una mera assonanza senza nessun intento, notata dalla nostra ricerca delle similitudini in un contrasto che più netto non potrebbe essere tra i due mondi: la solidità degli astri, la leggerezza della natura. Accomunati nella visione delle artiste, da lontano l’una, ravvicinata l’altra, che in fondo esprimono la posizione dell’essere umano dinanzi al creato con i mondi extraterrestri e i frutti colorati della terra.

Le Lune polimateriche di Paola Romano

Le opere più imponenti sono le grandi Lune polimateriche di Paola Romano, in una successione cromatica dal bianco al rosso, dall’argento all’oro, accompagnate da sfere bronzee.

Queste ultime, che possono ruotare sull’asse, ciascuna denominata “Cratere”, sono percorse da profonde fenditure, ripetono nella forma le grandi sfere di Arnaldo Pomodoro,  alla Farnesina e alle Nazioni Unite,  e quelle di Silvio Mastrodascio nelle piazze di Teramo e Montorio al Vomano, oltre che in modelli più piccoli di vario tipo, sempre con dei volti inseriti nella struttura sferica. Le sfere di Paola Romano  evocano invece i crepacci lunari, l’astro esprime deserto e lontananza siderale.

Ma le opere più spettacolari sono le Lune polimateriche le quali fanno pensare alle trasfigurazioni nell’immaginario collettivo,  fino alla luna rossa della canzone.  C’è la serie PZ in cui la superficie lunare è come percorsa da pieghe, , mentre nelle altre Lune rugosità e rilievi sono resi da addensamenti materici che l’artista ci dice essere formati dai materiali più vari.

Le dimensioni vanno da 80 a 180 centimetri di diametro, a parte la luna-regina, se così si può dire – che fronteggia l’opera-regina dell’altra artista, prima citata come collegamento tra le due – che occupa l’intera parete di fronte con i suoi tre metri e mezzo di diametro. E’  veramente spettacolare, bianca con una formazione scura che la attraversa, il titolo “Luna Galileo”  la collega direttamente all’opera cui la serie è ispirata, il “Sidereus Nuncius”,  del 1610, manoscritto  autografo di Galileo Galilei in una teca a fianco alla grande tavola polimaterica, aperto alla pagina con le fasi lunari.

Galileo aveva potuto osservare la superficie della luna con il cannocchiale o telescopio all’inizio del 1610, inoltre con questo strumento e le lenti di sua invenzione aveva scoperto corpi celesti, come le Pleiadi, aveva visto più da “vicino” l’ammasso di stelle della Via Lattea e, soprattutto, aveva potuto accertare l’esistenza dei satelliti di Giove,  che chiamò “medicei” ricevendo da Cosimo la possibilità di tornare in Toscana e la carica di “Matematico e Filosofo del Granduca”. L’opera fu una pietra miliare ma non un punto di arrivo, pochi mesi dopo le nuove osservazioni lo portarono a descrivere Saturno “tricorporeo”, le macchie solari e le fasi di Venere, nella progressiva demolizione del sistema aristotelico-tolemaico verso il sistema copernicano.

L’accostamento della pagina con la prima “riproduzione” della superficie della Luna nelle sue cavità e protuberanze, e la grande Luna Galileo di Paola Romano istituisce un ponte tra il passato e il presente, tra la scienza e l’arte, suscitando un’indubbia emozione per il fascino sempre associato al satellite più vicino alla terra, e alle sue fasi che ne scandiscono la luminosità nel firmamento .

Seguono le  Lune cui abbiamo accennato, ne sono esposte sette, anche se l’artista ha dedicato loro un ciclo intenso, ne ricordiamo 34, tutte riprodotte a pagina intera nel Catalogo della mostra con le varianti delle diverse superfici lunari, più o meno tormentate da rilievi e cavità, nei diversi colori che assume per fenomeni atmosferici e per visioni coscienti o trasognate  con dimensioni diverse:  4 Luna bianca e4 Luna grigia, 2 Luna argento e  ben 11 Luna oro, poi Luna rame  e Luna arancio, Luna acqua e Luna azzurra, 2 Luna viola e 2 Luna rossa, fino a Luna petrolio e Luna oro nero, Luna segreta e Luna oltre.

Dopo  aver visto le interpretazioni dell’artista, guardando il satellite della terra nelle serate di plenilunio, non si potrà  fare a meno di ripensare alle sue potenti espressioni materiche.

Gli alberi evocativi di Patricia del Monaco

Cambia tutto, ma non l’emozione, con le opere di Patricia del Monaco, affiancate a loro volta  da un altro manoscritto  del 1600, l’“Hortus Regius Honselaerdicensis”,  un tomo “in folio”  di grande formato con 132 tavole di acquerelli del pittore Stefano Cousyns, 1685-88, che raffigurano fiori locali ed esotici appartenenti al giardino botanico che l’olandese Gaspar Fegel  realizzò a Leewenhorst mandando spedizioni nel  mondo per reperire varietà sconosciute. Lo sostenne nell’iniziativa  Guglielmo III d’Orange che era interessato a favorire le coltivazioni sperimentali nei giardini;  e alla morte di Fegel acquisì le sue coltivazioni e la biblioteca portandole nei propri giardini di Honselersdijk incaricando il pittore  di riprodurli negli acquerelli poi raccolti in volume.

Il libro è esposto con in vista il frontespizio,  opera di Bartholomaeus Brandon, su cui è dipinta l’immagine di una terrazza giardino,  con piante in vasi ornamentali,  inserita in un paesaggio collinare in cui scorre un corso d’acqua che evoca l’Hortus Regius di Guglielmo III: in primo piano quattro figure di donna simboleggiano i quattro continenti da cui provengono le piante.

Queste immagini floreali ci fanno pensare alla vera  e propria galleria botanica senza fine dei dipinti della dinastia di Brueghel, centinaia di specie di fiori riprodotti con straordinaria precisione.

Non è il caso dei dipinti di Patrizia del Monaco,  non intendono riprodurre la natura, si ispirano liberamente al tema degli acquerelli d’epoca rendendone la leggerezza cromatica e ornamentale  ma accentuandone l’aspetto decorativo in una fantasmagoria di motivi preziosi che ricorda Klimt.

Alcune opere sono decorazione assoluta, come “Babilonia”, sei tessere di un mosaico tenue e discreto  che ritroviamo in altre come “Tiffany” e “Moduli primitivi”, non esposte, e “I Giardini di Damasco”, un vero arabesco orientale; oppure, come in “Genesis”,  c’è un nucleo luminoso al centro, lo sviluppo di quanto nei “nuclei primitivi” è accennato dei motivi induisti e precolombiani. In altre sono appena delineate figure femminili, come “Emblema” e “Domina est Hortus”,  con un delicato volto di donna in maschera appena percettibile;  per trovare volti ben delineati  dobbiamo cercare nelle opere non esposte, come “Medusa”  e “Madame Butterfly”, mentre vediamo figure distese in “Gilda” e “L’occhio di Cassandra”, in altre pose in “L’impero dei sensi” e “Frida”, chissà se riferito a Frida Khalo, l’artista eroina del ‘900? Ma sono fuori dal tema e  non esposte.

Rientriamo nel tema con le opere molto delicate esposte in cui si materializza a poco a poco l’immagine che diverrà dominante.  “The eyes” e “Initium horti” recano la sagoma appena percettibile di un albero, poi resa più visibile ma ancora indefinita in “Driadi le ninfee dell’albero” e “Dal giardino dei giusti l’albero di melograno”. Fino a “Il grande albero dei valori”, citato all’inizio, una tela spettacolare di 250 per 200 cm, che fa pensare a un albero della vita per la suggestione che emana con i tanti nuclei dei frutti copiosi resi in dischi preziosi in cui si ritrovano i valori. Ma c’è anche “L’albero della vita” nella sua produzione, con l’allegria delle foglie cerchiate di verde intenso, come“L’albero dei sogni” che trascolora in un celeste leggero, e “L’albero del tempo” dove i nuclei diventano spirali avvolgenti, mentre “L’albero dell’uguaglianza” con l’azzurro intenso ispira serenità, e “L’albero della danza” piega i suoi arancioni come in un inchino; poi tanti altri, da “L’albero tribale” a “L’albero barocco”, da “Infinity White” a “Panta Rei”, nei due ultimi restano dell’albero quasi solo le foglie allusive,  nella sublimazione  estrema.

In mostra è stata avanzata da una collega presente l’idea di far partecipare queste opere alla “Giornata dell’albero”, l’artista è apparsa favorevole,  ci sentiamo di rilanciarla con forza dopo aver visto i preziosi dipinti dei tanti alberi che abbiamo citato in aggiunta a quelli esposti, in  una vera celebrazione dell’albero in tutte le possibili incarnazioni, i cui contenuti enunciati sono altrettanto significativi della forma decorativa estremamente raffinata e ornamentale, di marca orientale e mediterranea, risultato dei numerosi viaggi compiuti dall’artista con i relativi influssi stilistici. Anzi aggiungiamo a questa proposta quella di esporre gli alberi dell’artista nello spettacolare palazzo che ha la forma appunto di un albero  che sarà al centro dell’Expo di Milano del 2015.

L’albero colpisce l’immaginazione, l’associazione di idee ci porta alle progressive schematizzazioni arboree di Mondrian nella sua ricerca della “perfetta armonia”,  poi alla intensa sequenza del film “La battaglia di Alamo” quando nell’ultima sera John Wayne ammira la pianta maestosa dai rami protesi quasi cercando un’estrema impossibile protezione, fino all’opera fotografica di Teresa Emanuele al Padiglione Italia di Vittorio Sgarbi, sezione Lazio, nella mostra a Palazzo Venezia del 2011.

Ora diventano dominanti nelle nostra mente i tanti alberi di Patricia del Monaco, con la loro eleganza, i loro contenuti, le loro evocazioni oniriche e inconsce, che ci accompagneranno ogni volta che la natura ce ne presenterà svettanti, con o senza i frutti copiosi degli alberi evocativi.

Info

Complesso del Vittoriano, via San Pietro in Carcere, lato Fori Imperiali, Sala Giubileo. Tutti i giorni, ore 9,30-19,30, nessuna chiusura settimanale. Ingresso gratuito, l’accesso è consentito fino a 45 minuti prima della chiusura. Tel. 06.6780664. Catalogo: “Patricia del Monaco e Paola Romano, Similitudine & Contrasto”, Gangemi Editore, marzo 2014, pp. 112, formato  24,5 x 28, dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Per le mostre richiamate nel testo cfr. i nostri articoli: in “cultura.inabruzzo.it” su “Mitografie” il 16 giugno 2009 e “Contemplazioni” il 5 agosto 2009; in questo sito su “90 artisti per una bandiera” il 14 e 15 gennaio 2014, su “43 artisti si interrogano sulla memoria” il 1° agosto 2013, su “Mastrodascio”  il 7 ottobre 2013, su “Brueghel” il 5 maggio 2013, su “Frida Khalo” il  24 marzo, 12 e 16 aprile 2014, su “Mondrian” il 13 e 18 novembre 2012, sul “Padiglione Italia” l’8 e 9 ottobre 2013; in http://www.fatografarefacile.it  su “Frida Khalo in 33 fotografie” aprile 2014.  

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante all’inaugurazione della mostra nel Vittoriano, si ringrazia l’organizzazione, in particolare “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia, con i titolari dei diritti,  in  modo speciale le artiste Paola Romano e Patricia del Monaco anche per aver acconsentito di farsi ritrarre da noi a lato della loro opera più significativa.  In apertura “Luna Galileo” con l’autrice Paola Romano in un’oscurità “lunare”, seguono due lune colorate della stessa artista; poi “L’albero della vita” con l’autrice Patrizia del Monaco, seguono altre sue immagini floreali.